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LE RELAZIONI DEI BIPOLARI

I bipolari hanno una serie di relazioni tormentate, e spesso non riescono a chiuderne nessuna ma a continuare a tenerle in essere nel tempo. Sono persone che hanno difficoltà con la perdita, che tendono a non terminare mai le relazioni, a non chiuderle ma a scomparire. Non riescono ad avere un confronto costruttivo sulla relazione, non riescono a affrontare il dolore della separazione.
Quindi come già detto scompaiono.
Le relazioni con un bipolare sono complicate, complesse, dolorose. Il bipolare non ha vie di mezzo, transizioni. Una delle caratteristiche di questo tipo di persone è la noia: si annoiano spesso e facilmente della routine e delle cose. Bisogna essere poliedrici per intrattenere una persona bipolare per lungo tempo. Il bipolare si sente sempre incompreso perché l’incomprensione comincia da se stesso, lui non si capisce. Il bipolare è triste o allegro ma non sa perché; ti ama o non ti ama e non sa perché; è annoiato o meno ma non sa il perché. Il bipolare non si conosce.
Dal punto di vista relazionale per aiutare un bipolare bisogna, stimolare il contatto perché essi tendono ad isolarsi, mentre bisogna stabilire dei legami che li aiutino come andare a ballare, avere abbracci, baci, rapporti sessuali soddisfacenti, comprare un cane. Si parla di contatto perché hanno difficoltà a stabilire il contatto con altri esseri umani, un ottimo consiglio è che si comprino un cane. E’ anche importante favorire relazioni e contatti con le persone, anche come aiuto prestato alle persone perchè il bipolare si deve occupare di altro che non sia se stesso e comincia automaticamente a migliorare. Tutto questo implica un lavoro personale che la persona deve essere disposta ad affrontare. Deve voler dedicarsi a questo lavoro terapeutico. Molti però preferiscono non ritenersi responsabili in prima persona della loro situazione, preferiscono sapere che la loro malattia è organica e che non c’è nulla da fare. La bipolarità non necessariamente è una infelicità. Paradossalmente i bipolari possono essere bravi terapeuti perché sono molto empatici molto comprensivi rispetto a ciò che succede agli altri. Grandi terapeuti del secolo passato come Freud e Jung erano bipolari .

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

ASCOLTARE IL BAMBINO INTERIORE NELLE RELAZIONI

La scultura “Amore” dell’artista ucraino Alexandr Milov ben rappresenta il conflitto tra uomo e donna ed, allo stesso tempo, una possibile via d’uscita

Quante volte uomo e donna si danno le spalle nella relazione (come nella scultura) a sottolineare una difficoltà o incapacità reciproca a comunicare, a sintonizzarsi sull’altro.

Quale possibile via d’uscita da questa contrapposizione relazionale se non ascoltando la parte profonda di se stessi, quel bambino interiore (come nella scultura) che va al di là dei torti e delle ragioni ed ascolta il proprio cuore e quello dell’altro.

I bambini litigano spesso ma si riconciliano subito ed il litigio non crea mai distanza tra loro nel tempo

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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SAPER DISINNESCARE NEL CONFLITTO DI COPPIA

Ho imparato a disinnescare, a non trasformare ogni discussione in una lotta di supremazia. Non credo che sia debole chi è disposto a cedere, anzi lo trovo saggio. Le uniche coppie che vedo durare, sono quelle dove uno dei due riesce a fare un passo indietro…E invece sta un passo avanti…

(Perfetti sconosciuti – Film – 2016)

LA COPPIA ED IL GIOCO DELL’OCA

Un uomo e una donna sedevano presso una finestra che si apriva sulla primavera. Sedevano vicini l’uno all’altra. E la donna disse: “Ti amo. Sei bello, e ricco, e indossi sempre begli abiti”.

E l’uomo disse: “Ti amo. Sei un pensiero meraviglioso, sei una cosa troppo preziosa per tenerla nella mano, sei una canzone nei miei sogni”.

Ma la donna distolse il volto, incollerita, e disse: “Lasciami, te ne prego. Non sono un pensiero, e non sono una cosa che passa nei tuoi sogni. Sono una donna. Voglio che mi desideri come moglie, come madre dei bimbi che un giorno avremo”.

E si separarono.

E l’uomo disse: “Ecco che un altro sogno si dissolve in nebbia”.

E la donna disse: “Che farsene di un uomo che mi trasforma in nebbia e sogno?” (Gibran)

 

Scopo di questo ‘Gioco dell’Oca’ applicato al singolo o alla coppia è quello di fornire una lettura diversa, attraverso il gioco, di determinari eventi.

A livello individuale o di coppia, si scrivono o si raccontano verbalmente 10 eventi significativi della propria vita individuale o di coppia.

Attraverso l’uso delle carte del gioco dell’oca viene attribuito un simbolo ad ognuno dei 10 Eventi.

Il gioco può essere effettuato anche a ritroso, vale a dire si gioca effettivamente al gioco dell’oca ed ogni qualvolta col lancio del dado si capita su un simbolo lo si collega ad un determinato evento personale e di coppia vissuto.

I Simboli sono: oche,prigione,pozzo,hotel, Ponte, labirinto e morte.

OCHE Elementi vissuti dinamici e positivi

PRIGIONE Stagnazione, impossibilità di andare avanti. Luogo o evento difficile da superare. Oppure luogo dove si è protetti dai pericoli esterni. Può rappresentare periodo di solitudine e conoscenza interiore.

POZZO Discesa senza fondo, abisso della disperazione, Ma può diventare occasione di crescita per attingere nuova acqua.

HOTEL Oasi di riposo. Una vacanza magnifica. riflessione recupero delle forze.

PONTE È un elemento di collegamento, permette di superare un ostacolo. Può avere un prezzo da pagare

LABIRINTO Luogo sconosciuto: si deve esplorare a proprio rischio. Non si trova la “strada giusta”. Tuttavia se non si cade nel panico, si trova il coraggio di fare nuove scelte e scoprire l’inatteso.

MORTE E’ la fine definitiva di qualcosa ; brutta o bella. La morte è strettamente legata alla vita : si presenta per lasciare spazio alla nascita di cose nuove.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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RIFLESSIONI SUL MATRIMONIO

Di seguito riporto due ‘letture particolari’ dell’istituto matrimoniale scritte da tre diversi autori. Si può essere o meno d’accordo con le loro affermazioni: ha poca importanza. I tre brani che riporto mi augurano che abbiano lo scopo di accendere una riflessione a 360 gradi su questa istituzione che molti danno in corso d’estinzione.

Dott. Roberto Cavaliere

 

….Il matrimonio moderno è soprattutto un’istituzione di salvezza e non di benessere. Ma gli psicologi, i consulenti matrimoniali, gli psichiatri ecc. continuano a ripetere che soltanto i matrimoni felici sono buoni matrimoni, ovvero che i matrimoni dovrebbero essere felici. In verità ogni percorso di salvezza passa anche per l’inferno. La felicità, nel modo in cui viene proposta ai coniugi d’oggi, rientra nella sfera del benessere e non in quella della salvezza. Il matrimonio è un’istituzione volta prima di tutto alla salvezza, per questo è così pieno di alti e di bassi; è fatto di sacrifici, di gioie e di dolori. Ciascun partner, ad esempio, prima o poi è destinato a scontrarsi con il lato psicopatico dell’altro, vale a dire con quel lato del suo carattere che non è modificabile e che tuttavia ha conseguenze dolorose per entrambi. Affinché il matrimonio non vada in pezzi, uno dei due partner deve arrendersi, e generalmente è proprio quello che nella relazione si dimostra meno psicopatico. Se uno dei due è emotivamente freddo, all’altro non resta che dimostrare in continuazione sentimenti d’amore, anche quando la reazione del partner è debole e spesso inadeguata. Tutti i buoni consigli che si danno alle mogli o ai mariti, del genere: “Questo non và bene, è intollerabile, una moglie/un marito non può lasciarsi trattare così”, sono perciò sbagliati e dannosi.

Un matrimonio funziona soltanto quando si riesce a tollerare proprio ciò che altrimenti sarebbe per noi intollerabile. E’ logorandosi e smarrendosi che si impara a conoscere se stessi, Dio e il mondo. Come ogni percorso di salvezza, anche quello del matrimonio è duro e faticoso. Uno scrittore che crea opere di valore non vuole essere felice, vuole essere creativo. In questo senso raramente i coniugi riescono a portare avanti un matrimonio felice e armonioso come il tipo di matrimonio al quale, mistificando, gli psicologi vorrebbero far loro credere.

Il terrorismo legato all’immagine del ‘matrimonio felice’ procura notevoli danni.

A.Guggenbuhl-Craig – Il matrimonio. Vivi o morti, Moretti e Vitale, Bergamo.

 

“L’amore è una pazzia temporanea, erutta come un vulcano e poi si placa. E quando accade, bisogna prendere una decisione.

Devi capire se le vostre radici si sono intrecciate al punto da rendere inconcepibile una separazione. Perché questo è l’amore.

Non è l’ardore, l’eccitazione, le imperiture promesse d’eterna passione, il desiderio di accoppiarsi in ogni minuto del giorno. Non è restare sveglia la notte a immaginare che lui baci ogni angoletto del tuo corpo.

No, non arrossire, ti sto dicendo qualche verità. Questo è semplicemente essere innamorati, una cosa che sa fare qualunque sciocco.

L’amore è ciò che resta quando l’innamoramento si è bruciato; ed è sia un’arte, sia un caso fortunato.

Tua madre ed io avevamo questa fortuna, avevamo radici che si protendevano sottoterra una verso l’altra, e quando tutti i bei fiori caddero dai rami, scoprimmo che eravamo un albero solo, non due.

Ma, a volte, i petali cadono senza che le radici si siano intrecciate.

(“Il mandolino del capitano Corelli” – Louis De Bernieres)

 

“Molti hanno creduto che un buon matrimonio fosse la mutua promessa che nulla più sarebbe successo né per l’uno né per l’altra.
Una mini-dépendance del museo Grévin, per la quale non è escluso che si possano ricevere sovvenzioni dallo stato – con tre o quattro spuntini di compleanno, infatti, e qualche giorno di festa di fine d’anno, l’affluenza dei visitatori è troppo ridotta perché la cosa possa autofinanziarsi.
Soprattutto non muoversi, non respirare, non guardare né a destra né a sinistra, e l’effetto sarà perfetto. Esistono degli sposi-fossili, come esistono dei credenti-fossili. Sono coloro che aspettano dall’istituto del matrimonio come dall’istituzione della chiesa, che li proteggano dai disordini dell’amore e della fede. Questo tentativo disperato di tenere in vita la luce originaria del lampo, disinnescandone il pericolo mortale, avrebbe un che di quasi commovente se non avesse la pretesa di riuscirvi davvero!
L’istituzione che mantiene il lampo sotto una campana, lo custodisce fissato dentro un reliquario, lo difende come un bottino di rapina, si rende colpevole verso la vita. La speranza che lo stesso bagliore possa conservarsi è la radice del dramma. Come se il fuoco del cielo si potesse tenere sotto un coperchio di tabernacolo! E sotto un globo di vetro, come una corona di sposa, la fiaccola dell’amore. Come se potessero perdurare in altro luogo che non sia il cuore acceso degli uomini e delle donne viventi!
Quando il matrimonio non lascia che i venti folli della vita e del rinnovamento lo scuotano, quando la chiesa non si lascia spettinare dai sismi salutari dell’esperienza mistica, essi diventano regni dei morti. Consegnato corpo e anima all’istituzione, il matrimonio perde il filtro mortale e il nettare. Spogliato, disinfettato, vaccinato, messo sotto vuoto, non fermenterà, non conoscerà l’alto processo di distillazione che attraverso i mosti e le melasse raggiunge, all’altra estremità dell’alambicco, l’oro di distillati preziosi.
Se l’istituzione è anche ferocemente mortifera, è perché teme il cambiamento, lotta contro di esso, e con ciò agisce contro la natura della vita che è incessante metamorfosi. Ogni istituzione finisce, presto o tardi, per affogare il figlio dell’amore nell’acqua sporca del bagno. La sola maniera che abbiamo di onorare la vita è di osare affrontarla di nuovo ogni giorno, senza gravarla delle nostre attese – osare l’unicità del giorno nuovo!
Infatti il disastro non deriva forse dal nostro attaccamento a questa o a quella forma che l’amore ha assunto in un dato momento della nostra vita – il più delle volte al suo inizio – e dal nostro desiderio di conservarlo tale a ogni costo? Ma lo spirito è pura fluidità. Non smette di passare da una forma all’altra, sparisce di là, risorge qui, imprevisto, argento vivo, dove noi non l’aspettiamo – e le vecchie forme alle quali ci attacchiamo sono proprio quelle che lui ha abbandonato da tempo!
E magari aspettiamo tutta una vita in piedi davanti alla casa abbandonata dall'(dalla) amato(a), quando, qualche via più in là, lei (lui) ci attende invano, ogni giorno, a un nuovo balcone.
Pietà per coloro che si sposano per essere felici.
Pietà per coloro che, per disgrazia, saranno troppo a lungo contenti di quella felicità anodina che si è loro augurata nel giorno delle nozze – troppo a lungo amanti dell’amore inoffensivo delle lune di miele!
Pietà per coloro che saranno troppo a lungo fotogenici e presentabili come il giorno delle nozze!
Sono fredde le gabbie di vetro, quando la luce delle vetrine si spegne!
Il matrimonio ha per noi altre ambizioni.
Il matrimonio non ci vuole presentabili, ci vuole vivi! – e ci farà perdere la faccia fino a che, sotto le nostre maschere, appariranno i nostri veri volti”.

Christiane Singer, Elogio del matrimonio, del vincolo e altre follie

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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SUPERARE LE PROBLEMATICHE DI COPPIA

Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione . (A. Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, II, 2, cap. 30, 396)

 

Il rapporto di coppia è una relazione tra due persone che comunicano sulla presunzione di conoscersi più o meno approfonditamente. Ed è proprio questo aspetto, cioè la conoscenza dell’altro l’elemento più critico ed allo stesso tempo significativo della vita a due, che spesso riserva ad entrambi amare sorprese. Infatti, spesso si pensa di conoscere il proprio partner molto bene, salvo poi a scoprire con grande delusione che di questa persona con la quale si può aver vissuto anche a lungo, si aveva una conoscenza piuttosto superficiale, soprattutto se essa (ma a volte sono coinvolti entrambi i componenti la coppia) inconsciamente o magari intenzionalmente ha comunicato ed agito con il preciso scopo di far conoscere al proprio partner la parte migliore di sé, nascondendo volutamente – per non apparire poco desiderabili o peggio ancora vulnerabili – quella parte di sé che non si accetta o che si intende volutamente tenere segreta, o addirittura ignota a se stessi.

Invece importante è la condivisione di ideali, valori, interessi che si possono avere in comune. E’ abbastanza ovvio che sia utile che sin dall’inizio della relazione ci sia un insieme di ideali, valori, interessi in comune che favoriranno il buon prosieguo della relazione stessa. A tal fine non è necessario essere simili, ma non è utile essere totalmente diversi. Uno spazio comune di condivisione è necessario. Se non è presente dall’inizio lo si può costruire insieme. Ma per costruirlo è necessario effettuare una conoscenza approfondita dell’altro da cui poi dipenderà in ultima analisi il buon andamento del rapporto di coppia

Qui di seguito fornisco una serie d’indicazioni che potrebbero essere utili a tutte quelle persone che si frequentano con l’intenzione , il desiderio o la speranza di unirsi stabilmente in un rapporto di coppia.

I suggerimenti che seguono sono regole di buon senso, che costituiscono solo la base per avviare un processo di reciproca e profonda conoscenza, che se da un lato è un ottimo rimedio per non correre il rischio di ritrovarsi a vivere un rapporto di coppia come estranei, dall’altro ci sembra il miglior antidoto per prevenire i mali causati dalla routine, dalla noia, dall’apatia, fondamentale anche per promuovere una buona comunicazione interpersonale all’insegna del rispetto reciproco, della fiducia, della felicità e del benessere della coppia.

Dire “ti amo” in qualsiasi modo:
trovare sempre nell’arco della giornata il tempo e il modo per dire al proprio partner “ti amo”. Può sembrare banale, ma è importantissimo farlo, ovviamente a condizione di sentirlo. Qualsiasi modo va bene (non ci sono limiti alla fantasia): può bastare un fiore, una carezza, un pensiero gentile, una telefonata, una sorpresa o piccole attenzioni, che faranno capire alla persona che amate quanto è importante per voi.

Ma soprattutto l’amore và dimostrato e non solo dichiarato. Comportarsi in maniera coerente rispetto al dire “ti amo” è una strategia salva rapporto di importanza cruciale se si vuole evitare di creare contraddizioni tra quello che viene detto a parole e ciò che viene comunicato con i fatti e le azioni quotidiane. Attenzione, dire al proprio partner “ti amo” e poi non essere presenti nei momenti importanti e nelle decisioni che contano nella vita di coppia, equivale a mentire spudoratamente.

Comunicare in maniera chiara e sincera:
in situazioni di divergenza di opinioni, di contrasto e/o di conflitto, è importante confrontarsi serenamente e ascoltare con calma, rispetto ed empatia anche le ragioni e i punti di vista dell’altro senza alcun pregiudizio, e soprattutto con la piena consapevolezza che l’apparente vittoria dell’uno sull’altro equivale in realtà alla sconfitta di entrambi. Se possibile, non lasciar trascorrere più di 24 ore dall’eventuale litigio per cercare di risolvere il problema o di superare al più presto la situazione conflittuale. E’ bene tener presente, inoltre, che i contrasti e i conflitti, peraltro assolutamente normali in una coppia, possono rappresentare un momento di riflessione, di maggiore conoscenza dell’altro, di confronto e, quindi, di crescita e di evoluzione della coppia, ma possono anche trasformarsi, come più spesso facilmente accade per mancanza di intelligenza sociale, in una trappola mortale per il rapporto che rischia di svuotarsi di ogni sentimento e di rimanere soffocato da violenti scontri diretti ad annientare psicologicamente l’altro. Pertanto, quando ci si ritrova in situazioni di esasperato conflitto è importante domandarsi se si vuole costruire un rapporto migliore o si vuole distruggere quello che si è già costruito.

Non avevo ascoltato una sola parola di quello che diceva. Ero troppo impegnato a pensare che cosa avrei detto io. (Hatwke, Il mercoledì delle ceneri.)

Riconoscere i propri sbagli :
sembra facile, ma non è da tutti riuscire a farlo perché riconoscere di aver sbagliato richiede umiltà, coraggio e soprattutto intelligenza sociale ed emotiva. Un comportamento socialmente competente ed emotivamente intelligente prevede una strategia infallibile in tre punti: a) riconoscere i propri sbagli senza mezzi termini; b) scusarsi sinceramente per l’accaduto; c) impegnarsi a non ripetere lo sbaglio commesso. Le coppie che hanno fatto proprio questo fondamentale principio di comunicazione interpersonale, hanno vita lunga, quelle che invece prediligono giochi pericolosi come “la caccia alle streghe”, “nascondersi dietro un dito” e “il gioco al massacro (è tutta colpa tua se…)” hanno i giorni contati, insieme alla certezza di soffrire.

Imparare a perdonare:
l’amore è anche e forse soprattutto capacità di perdonare. Il perdono è un atto d’amore che appartiene alle persone generose di cuore. Chi non sa perdonare, non può dire di saper veramente amare. Ci sono situazioni in cui il perdono, di per sé difficile da concedere, rappresenta l’unica via d’uscita, da pagare a volte a caro prezzo, ma è un investimento pur sempre conveniente se si tratta di vero amore. In caso contrario, negato il perdono, ci si troverà sicuramente pieni di orgoglio, ma allo stesso tempo più vuoti dentro.

Rinunciare alla perfezione:
ricordarsi che nessuno è perfetto è una regola d’oro spesso dimenticata che, se puntualmente osservata, può evitare inutili tensioni, ansia da prestazione e stress nella coppia. Se non accettiamo i limiti del nostro partner o non tolleriamo i suoi difetti e le sue imperfezioni, con molta probabilità non lo amiamo abbastanza o forse abbiamo (e il ché è ancora più grave) una visione distorta e infantile dell’amore. Questo potrà generare anche aspri conflitti nella relazione, ma a quel punto conviene interrogarsi sulle ragioni di fondo della propria scelta e darsi delle risposte coerenti. Insomma, pretendere la perfezione nel rapporto di coppia o dal proprio partner equivale a chiedere a un cavallo di volare…non sarà mai capace di farlo! Bisognerebbe, invece, imparare ad accettare i propri limiti e quelli altrui e saper essere soprattutto tolleranti per quello che non ci piace in noi o nella persona con la quale si è deciso di condividere un progetto di vita. Non è sicuramente facile, ma è prova di grande maturità e di buon equilibrio interiore.

Esaltare il “senso del noi”:
sembra banale dirlo, ma la coppia è composta da due persone con bisogni, motivazioni, obiettivi, interessi, aspettative e desideri diversi; e fino a quando nella coppia prevarranno interessi personali e forme di egoismo, comunque espresse, non si andrà molto lontano sul difficile cammino della crescita emotiva, dell’amore e della felicità. Questo traguardo, che ogni coppia desidera raggiungere, è invece possibile se i partner sono entrambi capaci di creare da subito quel magico “senso del noi” che è un sentimento profondo, basato sulla condivisione di tutto ciò che crea e rinforza un legame affettivo, e che va alimentato costantemente nel tempo.

Ma come si costruisce il senso del noi ? Innanzitutto con quella complicità, tipica delle coppie molto unite, che pervade anche le piccole cose come i rituali piacevoli e tutti quei momenti emotivamente coinvolgenti che scandiscono il rapporto di coppia, come viaggiare e far vacanza insieme, ritrovarsi a tavola, passeggiare tenendosi per mano, far l’amore, divertirsi, gioire dei momenti di intimità, ma anche affrontando uniti le inevitabili difficoltà della vita, le situazioni di dolore e i momenti di sofferenza, senza dimenticare l’importanza di avere un linguaggio comune che faccia da sfondo al rapporto di coppia, caratterizzandone in modo esclusivo le fasi evolutive.

Questo e molto altro ancora serve a creare il senso del noi, che ovviamente comprende anche le decisioni importanti da prendere insieme per il bene della coppia, come per esempio l’acquisto di una casa, il lavoro, l’educazione dei figli. Insomma, il senso del noi è un potente antidoto allo stress emotivo e relazionale della vita a due, che comporta un “affidarsi reciproco”, ossia una dimensione affettiva che unisce nonostante tutto, e nella quale ognuno si sente protetto da un rassicurante e tranquillizzante noi, capace di creare fiducia reciproca, indispensabile per andare avanti, e di emanare una straordinaria forza ed energia che rinsaldano profondamente il legame, rendendolo inossidabile e invulnerabile alle avversità quotidiane e ai problemi dell’esistenza.

Tener viva la passione:
significa desiderare l’altro e sentirsi fisicamente, sessualmente e emotivamente attratti dall’altro, ma allo stesso tempo rendersi a propria volta sempre desiderabili e attraenti agli occhi del proprio partner. Insieme all’intimità e all’impegno, la passione è un elemento cardine del rapporto di coppia da cui dipende la stabilità relazionale; e forse è anche l’aspetto più difficile da gestire nel tempo. E la difficoltà consiste nel fatto che la passione per sua natura è un fattore che molti considerano legato esclusivamente alla bellezza, all’attrazione fisica, alla corporeità e meno ad elementi più intangibili come il “fascino” che è invece una qualità importantissima che una bella persona è in grado di emanare a prescindere dalla sua età anagrafica. Per mantenere sempre alta la “fiamma” della passione, allora la coppia ha bisogno di evolvere anche sessualmente e di rinnovarsi per riuscire ad essere sempre all’altezza delle aspettative affettive, sessuali ed emotive del partner. Molte coppie commettono invece l’errore fatale di dare tutto per scontato sul piano affettivo e quindi si adagiano, cadono nella routine, pensando che ormai non sia più così importante risultare desiderabili e attraenti agli occhi del proprio compagno con il quale magari si convive già da anni.

Se è vero che invecchiando la bellezza esteriore diminuisce e con essa le prestazioni fisiche e l’esuberanza sessuale, allora è anche vero che coltivare il proprio fascino e la bellezza interiore è un’arte che si può imparare, che forse rimane l’unica, vera arma segreta per mantenere sempre vivo e coinvolgente un rapporto di coppia che permette ai partner di crescere insieme.

Creare intimità nella coppia:
la tenuta di una coppia nel tempo è direttamente proporzionale al grado di intimità che i partner riescono a stabilire tra di loro. L’intimità è uno straordinario collante ancora più forte della passione, ma che per funzionare ha bisogno di essere continuamente alimentato attraverso una fiducia reciproca profonda e incondizionata. Solo su queste basi è possibile rivelarsi completamente all’altro, svelare i propri segreti, mettere a nudo le proprie debolezze o paure senza il timore di apparire fragili, vulnerabili o di essere giudicati per le proprie “zone erronee”. L’intimità, quella vera, richiede soprattutto coraggio ed onestà intellettuale per affermare la propria identità, oltre alla consapevolezza che essa non è mai un punto di partenza, ma un punto di arrivo, un traguardo che si conquista pian piano, giorno dopo giorno nel tempo.

Impegnarsi verso l’altro:
è in assoluto la regola di buon senso più difficile da seguire in un rapporto di coppia. Impegno che vuol dire innanzitutto fedeltà e rispetto per l’altro; nella dimensione psicologica l’impegno assume il significato di fiducia e aiuto fornito al partner per sostenerlo nel suo percorso di autorealizzazione e crescita personale; in ambito affettivo l’impegno sottintende la presenza non solo fisica, ma soprattutto emotiva sia nei momenti belli che in quelli difficili della vita; in ambito professionale, infine, l’impegno per il proprio partner si estrinseca con la disponibilità a cercare insieme occasioni e opportunità che favoriscano il suo successo in ambito lavorativo, magari attraverso una più efficace strategia di valorizzazione delle sue risorse personali, che abbia anche lo scopo di migliorare la sua autostima. Ma perché è così difficile impegnarsi verso l’altro? Forse perché l’impegno richiede sacrificio, rinunce, capacità di donarsi senza pretendere nulla in cambio, impiego di risorse personali a favore dell’altro, altruismo o meglio ancora assenza di egoismo, dedizione. In una parola “amore”, un sentimento davvero grande, capace di raccogliere in sé tutte queste cose che solo chi ama sinceramente riesce a ritrovare con assoluta naturalezza nel suo repertorio comportamentale.

Infine ricordarsi che alla fine di ogni ‘scontro di coppia’ non c’è un vincente ed un perdente. O si vince in due o si perde in due. L’accordo nasce dall’accettazione reciproca dello stesso.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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QUANDO INIZIA A FINIRE UN AMORE ?

“È successo a un certo punto, ma quando? Chi è in
grado di fotografare, di fissare, di toccare con mano l’istante in cui qualcosa si spezza tra due persone? Quando è successo? Di notte, mentre dormivamo? Poco fa, quando sono venuto nell’ambulatorio? Oppure già da molto tempo, solo che non ce ne siamo accorti? E abbiamo continuato a vivere, a parlare, a baciarci, a dormire insieme, a cercare la mano, lo sguardo l’uno dell’altro, come pupazzi a molla ai quali è stata data la carica: malgrado si sia rotta una molla, il meccanismo funziona ancora per un po’ e gira cigolando…”.

Sandor Marai

In questo passaggio è contenuta una scomoda verità: la coppia non riesce a stabilire quando l’amore è incominciato a venire meno da parte di entrambi o anche di uno solo dei due.

Accorgersi di quando inizia la fine piuttosto che accorgersi di quando sia finito è un passaggio importante ed anche ovvio per poter tentare di salvare la relazione.

Roberto Cavaliere

PERDONARE IL TRADIMENTO

Il perdono è un processo lungo durante il quale si attraversano diverse fasi, ciascuna è indispensabile per riuscire realmente a superare la frattura creata dal tradimento

Per capire come arrivare a perdonare è necessario capire cosa è veramente il perdono. Spesso, infatti, si tende a confondere il perdono con la riconciliazionema sono due atti distinti. Perdonare significa riuscire a vedere i limiti di chi ci ha ferito, ridargli una dimensione più reale, di persona con pregi e difetti, comprendere senza per questo giustificare.

E’ un atto che richiede profondo equilibrio interiore nonché l’accettazione piena di noi stessi. Comprendere e accettare i nostri difetti e le nostre fragilità ci permette di farlo poi con gli altri. Perdonare non significa dimenticare ma far sì che il passato non continui a ferirci, ricordare senza provare dolore. In quest’ottica il perdono non è qualcosa che serve a chi ci ha offeso per liberarsi delle sue responsabilità ma innanzitutto un processo per liberare noi delle conseguenze dell’offesa che abbiamo ricevuto.

Non è facile perché molto spesso crediamo di aver perdonato e non è vero. Dopo aver preso consapevolezza di ciò per perdonare un tradimento è necessario compiere una serie di passaggi. Il tradimento rappresenta una profonda ferita personale per chi lo subisce, quasi assimilabile a un vero e proprio lutto.

Quindi, nella fase iniziale della scoperta non è possibile perdonare, è come chiedere a chi ha subito un lutto di dimenticare la persona che non c’è più. E’ necessario vivere la fase emotiva del dolore e della rabbia che segue la scoperta di un tradimento. Al contempo la persona che ha tradito deve permettere allavittima del tradimento di esprimere anche con forza tutto il dolore e la rabbia che ha dentro.

Tentare da parte dell’autore del tradimento di trovare subito delle spiegazioni razionali al proprio gesto non fa altro che amplificare dolore e rabbia della vittima che non solo si sente tale ma paradossalmente anche colpevolizzata. Solo dopo che si è attenuata la fase emotiva descritta, è possibile comunicare nella coppia e chiedersi perché sia successo.

Quindi alla fase emotiva ne segue una cognitiva di consapevolezza dell’accaduto. Solo alla fine di questa fase è possibile veramente perdonare. Il perdono non potrà essere mai totale, la ferita rimane, ha bisogno di tempo per cicatrizzarsi. Ilperdono è quindi un processo lungo e doloroso e non un atto isolato

Quando è un atto isolato e prematuro, non è vero perdono ma potrebbe solo nascondere la paura di perdere il partner, anche se ha tradito o rivelare un’incapacità di prendere atto di un disagio nella coppia che ha prodotto il tradimento. Un perdono come processo emotivo e cognitivo invece può rappresentare anche un momento di crescita psico-affettiva per la coppia.

Dottor Roberto Cavaliere

“Ma si può davvero perdonare, se è vero che l’Io si mantiene vitale solo grazie al suo amor proprio, al suo orgoglio, al suo senso dell’onore? Anche quando vorremmo sinceramente perdonare, scopriamo che proprio non riusciamo, perchè il perdono non viene dall’Io. E allora forse, meglio del perdono, che probabilmente è pratica insincera, a me sembra più costruttivo percorrere il sentiero del reciproco riconoscimento , dove chi ha tradito deve reggere la tensione senza cercare di rappezzare la situazione e, con brutalità cosciente, deve al limite rifiutare di rendere conto di sé. Il rifiuto di spiegare significa da un lato non misconoscere il tradimento ma lasciarlo intatto nella sua cruda realtà, e dall’altro che la spiegazione deve venire sempre dalla parte offesa. Del resto chi, dopo essere stato tradito, sarebbe in grado di ascoltare le spiegazioni dell’altro? Lo stimolo creativo presente nel tradimento dà i suoi frutti solo se è l’individuo tradito a fare un passo avanti, dandosi da sé una spiegazione dell’accaduto. Ma per questo è necessario che il traditore non giustifichi il suo tradimento, non tenti di attenuarlo con spiegazioni razionali, perchè questa elusione di ciò che è realmente accaduto è, di tutte le offese, la più bruciante per il tradito, e allora il tradimento continua, anzi si accentua.”

Da Le cose dell’amore di Umberto Galimberti, Feltrinelli

L’AUTUNNO E’ LA STAGIONE DELLA SEPARAZIONE PER TANTE COPPIE

L’autunno segue l’estate e segna il declino del bel tempo. Declino del bel tempo in tutti i sensi, anche nella coppia.

Metafora climatica a parte cerchiamo di vedere perché per tante coppie l’autunno è la stagione della separazione.

L’autunno segue l’estate e con esso un periodo di ferie estive che comporta che la coppia stia maggiormente in contatto quotidiano rispetto al resto dell’anno. Questo maggiore tempo a disposizione e la maggiore condivisione della coppia possono acuire tensioni che durante l’anno gli impegni quotidiani di entrambi i membri della coppia possono aiutare a stemperare.

Paradossalmente il maggior tempo a disposizione allontana e non unisce. Ecco quindi che si arriva in autunno ‘esasperati’ e se questa esasperazione covava già prima arriva come conseguenza la separazione.

Inoltre la decisione di separarsi potrebbe già essere precedente al periodo estivo, ma ci si concede un ulteriore tentativo di provare a recuperare la relazione, approfittando del maggiore tempo che d’estate si ha per stare insieme.Tentativo che si rivela vano.

Se sono presenti dei figli per un senso di colpa nei loro confronti, si decide di trascorrere almeno l’estate tutti insieme e rimandare all’autunno una decisione che è già stata piena.

Un ultimo fattore potrebbe essere legato che l’autunno è anche correlato a una fase depressiva e nelle fasi depressive si preferisce rimanere soli. Ciò coniugato a un profondo malessere di coppia è la goccia che fa traboccare il vaso. Quindi l’autunno come ‘stagione delle separazioni’ è solo l’anello terminale di un processo di separazione che ha attraversato tutte le stagioni.

Dottor Roberto Cavaliere

“Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza…
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero…
Quelle come me sono quelle che,
nell’autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto…

Alda Merini

LA PAUSA DI RIFLESSIONE NELLA COPPIA

Spesso nelle relazioni, qualsiasi tipo di relazioni, in un momento di crisi della relazione stessa uno dei due chiede una pausa di riflessione o entrambi la concordano insieme. Una prima distinzione è legata appunto se è richiesta solo da uno dei due o da entrambi.
– Se è richiesta da uno solo e l’altro la subisce questo, mette in vantaggio chi la richiede e in svantaggio l’altro che non sa che cosa aspettarsi dalla fine di questa pausa. Quest’ultimo potrebbe viverla come una spada di Damocle che pende sulla sua testa.

– Se è concordata da entrambi, è evidente che rappresenta un vantaggio per entrambi. In coppia bisognerebbe sempre cercare un accordo anche sulla pausa di riflessione.

La condizione più importante per valutare vantaggi e svantaggi di una pausa di riflessione è data dal come si vive questo periodo.

– Se la pausa di riflessione è vissuta in modo attivo, vale a dire che si riflette veramente sulla relazione stessa, sulle sue criticità, su come arrivare a un esito finale, allora è sicuramente un vantaggio averla effettuata. Potrebbe rappresentare un momento di crescita affettiva e relazionale per la coppia.

Se la pausa di riflessione è vissuta in modo passivo, vale a dire è un mero trascorrere del tempo, senza nessun tipo di riflessione, alla fine della stessa ci si ritroverà allo stesso punto di partenza e indubbiamente è stato uno svantaggio compierla. Non solo non ha risolto niente ma potrebbe contribuire ad accentuare le problematiche di coppia che ne sono state all’origine.

Quindi le due variabili dell’accordo della coppia sulla pausa stessa e le modalità di viverla rappresentano lo spartiacque fra vantaggi e svantaggi.

Roberto Cavaliere

“Mio caro Friedrich, ho dovuto fare l’esperienza che non c’è davvero nulla di più arduo che amarsi. È un lavoro, un lavoro a giornata, Friedrich, a giornata. Com’è vero Dio, non c’è altro termine. Come se non bastasse, i giovani non sono assolutamente preparati a questa difficoltà dell’amore; di questa relazione estrema e complessa, le convenzioni hanno tentato di fare un rapporto facile e leggero, le hanno conferito l’apparenza di essere alla portata di tutti. Non è così.

L’amore è una cosa difficile, più difficile di altre: negli altri conflitti, infatti, la natura stessa incita l’essere a raccogliersi, a concentrarsi con tutte le sue forze, mentre l’esaltazione dell’amore incita ad abbandonarsi completamente…

… Prendere l’amore sul serio, soffrirlo, impararlo come un lavoro: ecco ciò che è necessario ai giovani. La gente ha frainteso il posto dell’amore nella vita: ne ha fatto un gioco e un divertimento, perché scorgono nel gioco e nel divertimento una felicità maggiore che nel lavoro; ma non esiste felicità più grande del lavoro, e l’amore, per il fatto stesso di essere l’estrema felicità, non può essere altro che lavoro.

Chi ama deve cercare di comportarsi come se fosse di fronte a un grande compito: sovente restare solo, rientrare in se stesso, concentrarsi, tenersi in pugno saldamente; deve lavorare deve diventare qualcosa”.

(Da una lettera del poeta Rainer Maria Rilke ad un giovane amico)