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LIBRO: QUANDO L’AMORE DIVENTA DIPENDENZA

“NON C’E’ DIPENDENZA CHE NON POSSA ESSERE SUPERATA CON I GIUSTI ESERCIZI PER LA MENTE E LE EMOZIONI”
Dal 9 novembre in tutte le librerie d’Italia ed online il nuovo libro-quaderno d’esercizi di Roberto Cavaliere Psicoterapeuta “QUANDO L’AMORE DIVENTA DIPENDENZA – Esercizi per superare le relazioni malsane” edito da Franco Angeli editore

RETRO COPERTINA

Può un amore diventare dipendente?
Sì. Qualsiasi amore può diventare un legame malsano di dipendenza affettiva e, per quanto possa sembrare paradossale, bisogna sapere che è più facile interrompere una relazione sana rispetto a una nociva perché ciò che fa male oppone una resistenza maggiore al suo superamento.
Come uscirne allora?
Attraverso l’analisi degli aspetti dolorosi di una dipendenza affettiva malsana e mediante gli esercizi proposti dall’autore in queste pagine, è possibile riflettere su se stessi e sulla natura della relazione oggetto di indagine. Il percorso di lavoro qui proposto, infatti, seguirà un iter che ci aiuterà a rendere positivo tutto ciò che è negativo: è un divenire volto a togliere il “mal” affinché rimanga solo il “sano” della relazione.
In questo modo il legame affettivo si libererà dell’attributo “dipendente” per continuare su nuove basi, riappropriandosi della propria libertà.

Pagina fb https://www.facebook.com/quandolamorediventadipendenza/
Possibilità di leggere una anteprima del libro al seguente link
https://www.francoangeli.it/Area_PDFDemo/1166.4_demo.pdf

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

MA SE IL CUORE NON CE LA FA…?

Da “Ma se il cuore non ce la fa…?” (forum “Dipendenze Affettive”)

Argomento: codipendenza Autore: Marrifede

Ho bisogno di condividere con voi ciò che provo e che mi ha portato a fare una cosa che non ha nessuna coerenza con la lotta che sto combattendo da mesi…
Ma se è accaduto, se sento queste cose, è meglio che io le ammetta e le affronti per tentare di capirmi ancora di più, e di riuscire una volta di più a fare qualcosa per il mio bene…

Dopo tanti giorni di silenzio, lunedì scorso il mio ex si era fatto sentire.
Io il telefono lo spengo sempre di più, ma non l’ho mai spento del tutto.
Ogni giorno almeno una volta lo accendo.
Così mi aveva detto di essere stato via 15 giorni da solo, in moto, la moglie e la figlia in vacanza da un’altra parte, lui a cercare di ritrovarsi un po’… Mi aveva chiesto di vederci e gli avevo detto di no.
Mercoledì e giovedì sono andata al mare io, con sorella e nipotini, sperando che mi passasse un po’ il pensiero di lui.
Perchè c’era e forse, nel silenzio, la mia tristezza di dire davvero addio per sempre al sogno di questo grande amore, si era fatta più presente.
Lui mi cerca di nuovo giovedì sera e mi chiede di vederci nel fine settimana…
Ci penso.
E sabato accetto.

Ho passato con lui sabato sera e anche ieri.
Siamo stati anche bene.
Ci siamo lasciati andare anche fisicamente.

Che è un errore lo so.
Che avrei dovuto evitare lo so.
Che così alimento le sue e le mie speranze e soprattutto rafforzo il legame di dipendenza da cui vorrei tanto liberarmi, lo so…

Vorrei capire perchè.
Perchè se non riesco a coglierne i motivi, non riuscirò neanche mai a spegnere per sempre quel telefono che rappresenta il mio legame con lui.

Io ora esco, ho ripreso a fare una vita normale, ho ripreso vecchi contatti e conosciuto nuove persone.
Sto recuperando una serenità e un benessere che avevo perso completamente.
E che sento necessari per me e per vivere bene…

Eppure lui è dentro di me.
Non c’è verso.
Il mio sentimento per lui esiste ed è presente, non è del passato.
Così lo sforzo di non cercarlo sono in grado di farlo.
Ma se mi cerca lui, quando lo fa con modi tranquilli e normali e non con quelli esagerati e squilibrati che tanto mi fanno paura, io ci sono.

Ho accettato di vederlo perchè evidentemente anch’io ne sentivo esigenza.
Se non si ha voglia di fare una cosa, non la si fa, semplicemente.

Devo capire come affrontare questo sentimento perchè, dal momento che esiste e non mi abbandona, devo saperlo vivere e accettare senza che mi sconvolga e mi riporti a lui.

E questo perchè so bene che lui è fatto così e le cose che mi hanno fatto tanto soffrire e portato a dire basta, sono tutte lì e sarebbero ancora più devastanti.

Di fatto promette cambiamenti radicali, ma è sempre allo stesso punto, in primo luogo in famiglia e poi per il resto.
Anzi, a me sembra che la sua capacità di assumersi responsabilità sia ancora più offuscata dal periodo di evidente crisi e confusione.

Eppure il mio sentimento esiste e ne sento la presenza dentro di me pur nelle varie consapevolezze che ho, e nella gioia della ritrovata vita un po’ più serena e normale che tanto ho desiderato e lottato per raggiungerla.
Convive con me anche il sentimento per quest’uomo.

Il mio dott mi diceva, l’ultima volta, che i sentimenti sono di gran lunga molto più forti della ragione.
Con la ragione si fanno valutazioni e considerazioni, che ti portano a determinarti.
Mentre il sentimento sgorga da dentro, ha vita sua, e resta molto legato al ricordo delle sensazioni belle che abbiamo vissuto..

Io so anche che ho sempre fatto molta fatica a liberarmi dai sentimenti.
Fanno parte di me anche quelli di storie passate (ne parlavo anche in un altro thread)e il mio mondo interiore è sempre stato molto in balia dei sentimenti.
Nelle storie importanti che ho avuto, è sempre accaduto che, anche dopo la fine, ci si vedesse magari ogni tanto e si continuassero a vivere momenti intensi che poi non portavano a niente, così, sospesi. Come tornare a casa a ristorarsi dopo un lungo viaggio, sapendo già però di dover comunque ripartire e proseguire il viaggio, sapendo di non potersi fermare…

Mi rendo anche conto che è necessario che questa volta io affronti la cosa in modo diverso.
Sarebbe deleterio sia per me che per lui incunearsi in questo limbo in cui ci si vede magari ogni tanto, lui lasciandomi in pace negli intervalli, mentre ognuno si fa la sua vita.
Lo so..
Eppure saperlo non è bastato …

Devo accettare di provare questo amore dentro, ma devo altrettanto accettarne l’impossibilità perchè se no non esco più e mi rovino la vita…

Oggi sono un po’ sotto sopra, penso sia il minimo visto il guaio che ho combinato!
Ma sento anche che è ora di affrontare questo aspetto del problema, ossia il fatto che anche per me dentro al cuore non è finita ed è difficile finirla…

Spero di poterne trarre qualche insegnamento positivo e che le conseguenze non siano devastanti..

Marrifede

 

Cara Marrifede,

il tuo messaggio mi ha colpita molto, perché riguarda molto anche me.

E’ vero: si fa tanta strada verso se stessi, ci si riappropia di parti importanti del proprio essere, si comincia ad essere “curiosi” del mondo esterno, ci si emancipa dall’impeto della gelosia e dall’ansia di possesso, si sente il fresco di una serenità nuova, si sorride e si ride. E poi…però c’è ancora quel legame così profondo dentro di noi, che proprio nel momento in cui sembra staccarsi definitivamente, e finalmente, torna a stringere, a stringerci, a confonderci, a fare paura.

Quello che è nuovo fa paura, crea ansia, disagio, non solo serenità, e così è spesso più semplice tornare giusto un passo “indietro” per sentirsi di nuovo un po’ “a casa”, anche se è sempre stata una casa in cui non ci siamo sentiti totalmente felici e appagati, quella casa/situazione/persona la conosciamo.

Personalmente mi sto rendendo conto di quanto la mia “paura dell’intimità” mi faccia spesso tornare indietro. Mi scopro curiosa, come ho detto sopra, e mi sento serena, ma quando sento che la mia vita potrebbe effettivamente “cambiare”, o qualcuno o qualcosa vorrebbe entrare nel mio bozzolo, mi richiudo in me stessa e continuo a cercare lui, perché stare con lui mi è ormai “familiare” e mi rende una felicià momentanea che ho paura di cercare altrove, non ho il coraggio di farlo, mi sembra di perdermi, di perdere me stessa, invece in quel legame così precario e instabile, così carico di dolori e piaceri allo stesso tempo, ci sono io e c’è quel mio “amore” che mi caratterizza, che in questo momento mi dà un’identità fittizia, e mi lascia in “sospensione”.

Faccio molta fatica a non “giudicarmi” e non colpevolizzarmi, perché sento che “dovrebbe” essere arrivato per me il momento di crescere, e invece sto prolungando e prolungando ancora la costruzione della mia serenità, perché ho ancora tanta paura, e spesso le mie parole “sagge” si scontrano inesorabilmente con la realtà, ed eccomi di nuovo, ancora, tra le sue braccia ad elemosinare qualche carezza oppure ad avvertire una gelosia devastante quando riceve una chiamata che non so di chi sia, senza occuparmi invece di chi sono io e di quelli che sono i miei obiettivi.

D’altro canto però credo che tutte queste paure, la paura di ri-cadere, la paura di soffrire nuovamente e tanto come in passato, faccia perdere di nuovo e ancora di più il punto di osservazione su noi stesse. Perché se mi osservo con attenzione, nonostante io sia ancora totalmente decentrata e impelagata in un’ossessione, ho cominciato a costruire altre parti di me, a costruirmi a poco a poco quel percorso parallelo di auto-conoscenza, che oggi mi fa essere “diversa” e mi fa reagire diversamente a ciò che mi accade intorno, dandomi la possibilità di ferirmi meno o comunque di reagire diversamente a una stessa situazione, che magari un anno fa mi era totalmente insopportabile. Insopportabile perché non sapevo da dove venisse tutto quel dolore, mentre adesso di quel dolore e di quel sentimento ne ho riconosciute le tracce e ho imparato a riconoscerle e distinguerle.

Non credo che tu abbia combinato un guaio, se è accaduto questo riavvicinameto l’unica cosa da fare è osservarlo, ed è quello che tu stai già facendo, considerando la consapevolezza che hai nel dire: “ma sento anche che è ora di affrontare questo aspetto del problema, ossia il fatto che anche per me dentro al cuore non è finita ed è difficile finirla…”

Non è finita ed è difficile finirla. E’ così, questo mi “rallenta”, ma non posso fare altro che accettarlo e nel frattempo continuare a prendermi cura di me, fino a che il distacco “definitivo” diventi un dolore sopportabile e non devastante.

Intanto ti mando un sorriso e un abbraccio,
Elegys

 

 

Ciao Federica,
chi di noi può dire esattamente cosa è successo?
Ho provato ad immedesimarmi in questa tua dinamica per comprenderti al meglio, ed ho spinto la mente a tempi lontani, quando anche io tentavo disperatamente di staccarmi da storie distruttive, ma mi ritrovavo a cedere spesso e volentieri alle manifestazioni prepotenti delle mie emozioni.

E’ difficile scindere la costruttività per noi stessi e per la coppia dalle emozioni che scaturiscono dalla relazione stessa e che ci portiamo inevitabilmente dentro. O meglio, anche quando si riesce a fare questa operazione, come dici tu, è molto dura resistere davvero al tremore dei nostri sentimenti.
Il problema, per come la vedo io, è che anche in presenza di “oggettiva” (se così si può definire) dipendenza, questo non esclude la presenza di sentimenti ed emozioni.
Sta proprio qui la difficoltà secondo me, nel senso che le dinamiche distruttive alle quali sottostiamo sono le “colpevoli” di innescare un circolo vizioso cui non possiamo resistere, sono quelle che attivano emozioni verso determinate persone o una in particolare, ma appunto: le emozioni esistono, sono state attivate, per quanto non siano ascrivibili entro ciò che l’amore aspira ad essere (rispetto, libertà, comprensione, condivisione ecc.).
Un’emozione forte ed irresistibile per noi, è un’emozione forte ed irresistibile. Non la si può certamente scacciare con un ragionamento razionale, anche se lo si vorrebbe.

Il problema è “disattivare” il meccanismo che ci rende così vulnerabili e “conquistabili” da determinate situazioni e persone, disattivare quel meccanismo così forte che ci fa percepire quell’emozione forte come irresistibile e necessaria per noi. Ma questo è un processo lungo e tortuoso, che include spesso delle ricadute, a volte imprevedibili.

Arrivo al punto.
Io credo che una via percorribile potrebbe essere quella di accettare che la realtà dei fatti attualmente è questa: tu oggi sei ancora quella persona che è catturata da quest’emozione, da quest’uomo, a livello affettivo, e che sente ancora la necessità di abbandonarsi a tutto ciò.
Perchè? Lo devi senz’altro scoprire tu, perchè la risposta è strettamente personale.
Se così è, è chiaro che la questione non è semplice a livello pratico, perché di fatto per te questa persona riesce ad essere davvero pericolosa.
La strada potrebbe essere quella di staccarti “forzatamente” (vista la potenziale gravità dei suoi atteggiamenti) e contemporaneamente lavorare sulle cause più profonde che ancora ti portano istintivamente lì.
So che è quello che già stai facendo, ma forse manca l’accettazione nei confronti di te stessa di non essere ancora giunta al traguardo, ma di essere ancora nella fase dei “lavori in corso” e che questo prevede delle crisi “di astinenza” che ti possono fare inciampare.

Alcuni spunti per riflettere: una via di fuga?
Le vie di fuga possono servire per scaricare stress accumulato in eccesso dovuto ad un comportamento autopunitivo in cui alcune nostre dimensioni sono state represse da noi stessi (in riferimento ad un insegnamento ricevuto in proposito).
Nel momento in cui si attua consapevolmente “repressione” nei confronti di una situazione affettiva che sappiamo ci fa del male (come nel tuo caso), ma non si è superata ancora la causa emotivamente, si viene a creare un conflitto.
Anche perché di fatto si sta tentando di aiutarsi attraverso la stessa dinamica che può aver originato la problematica: la forzatura, l’autocostrizione.
Così si sente ancora la necessità di lasciarsi andare al proprio bisogno che, simultaneamente, ci permette di scaricarci e di soddisfare l’emozione e la spinta ancora esistenti, rispondendo però ad un dettame preciso interiorizzato (un pò come dire: “posso lasciarmi andare, perchè ne ho bisogno emotivamente, purchè questo non pregiudichi l’imperativo sotteso ed originario, per esempio: “non devo essere felice, perchè non lo merito”)

In questo cedimento può centrare anche molto semplicemente una “resistenza”: la paura inconscia ed incontrollabile di prendere davvero una strada nuova e di abbandonare quella vecchia, fatta di schemi che abbiamo scoperto non sono funzionali al nostro benessere, ma a cui ancora rispondiamo in modo reattivo.

Intraprendere sul serio un percorso di distacco dal modo di essere vecchio è qualcosa di duro da accettare e realizzare e porta con sè anche un pò di nostalgia.
La nostalgia di lasciare davvero il mondo della fanciullezza (a livello affettivo) per entrare in un mondo più adulto fatto anche di più responsabilità e di maggiori rinunce.

Non so quanto tutto questo possa avere a che fare con la tua situazione e so che di certo non ti risolverà il problema, ma è quello che mi è venuto in mente anche in riferimento alle mie esperienze passate.
E magari sviscerare alcuni punti un po’ di più, può favorire il raggiungimento di una soluzione, magari non prevista. Spero che riuscirai a trovarla, e nel frattempo spero che questa tua nuova condivisione ti aiuti a continuare a percorrere la strada per te più giusta.

Un abbraccio
Yana

 

Grazie a tutte,
perchè tutte mi fate sentire compresa e non giudicata ed è importante, perchè oggi mi sento già molto in colpa.
E tutte dite cose che esistono dentro di me e mi ci ritrovo, mi danno spunti per riflettere ancora…

Penso che il fatto del bisogno di lasciarmi andare un momento, dopo mesi che lotto non solo con lui ma anche con me stessa per “fare la cosa giusta”, ci sia stato e ci sia.
Mesi di lotta, la cura dal dott, l’ascolto della musico terapia ogni giorno, gli sforzi di reinserirmi in un contesto di socialità dopo tanto tempo.
Tutte cose molto faticose, anche se hanno portato evidenti risultati.

Forse però anche tutto questo forzarmi ed imporre cose a me stessa e a lui è stato duro.
Il bisogno del momento in cui ti lasci andare e non pensi a niente arriva…

Il mio è un legame che dentro di me esiste ancora e continuerà ad esistere.
Ma so anche che è distruttivo.

IL fatto è che ci sono mille implicazioni emozionali: nel momento che sento veramente che sto “lasciando andare”, ossia davvero giungendo alla fine sia per me che per lui, è tuttora molto duro e se proprio in quel momento lui mi cerca, probabilmente mi blocco per questo motivo. Perchè fare il passo successivo significherebbe lasciare davvero definitivamente andare ed emotivamente forse non sono ancora pronta a farlo.

Penso che il legame sia molto profondo e questo rappresenta un ostacolo grande ad andare oltre, sia per me che per lui.
Lui sarà anche bugiardo, disequilibrato, ossessivo ecc., ma penso che anche per lui si tratti, a questo punto, di dipendenza e non di un capriccio.
E’ quasi un anno da quando ho iniziato a dire “basta” e penso che se siamo ancora qui a cadere, evidentemente c’è un legame di dipendenza molto radicato per tutti e due, che tutti e due facciamo fatica a superare, andando finalmente avanti con le nostre vite e lasciando che anche l’altro lo faccia.

Purtroppo però devo trovare il modo di far fronte perchè le conseguenze per me possono essere davvero pesanti e pericolose, come dice Yana.

In effetti oggi mi ha già chiamata, per dirmi di pensare alla possibilità di andare una settimana in vacanza…
E visto che io ho reagito male, dicendo che allora ricomincia tutto come prima e ci eravamo detti di no, mi ha subito accusata di avere un altro…
Insomma la solita vecchia storia, proprio quel delirio che tanto mi distrugge…

E l’ennesima prova che lui non cambia: solo ieri diceva che non si sente più di essere geloso, che ha capito e che non mi accuserebbe più tanto per partito preso, ed oggi eccolo qua…

Ma non gliene faccio una colpa: è ovvio che dopo due giorni così lui mi cerchi, cosa speravo?
I patti chiari del “vediamoci poi ti prometto che ti lascio stare di nuovo” sono frutto del desiderio di vedermi, poi dopo è altrettanto chiaro che quello stesso desiderio spinge molto di più dell’impegno preso.
Non è neppure che mi manchi di rispetoo: sono io che manco di rispetto a me stessa, cosa pretendo da lui?
Lui mi cerca per lo stesso motivo per cui io faccio fatica ad eliminarlo del tutto: perchè ci sono emozioni che non si dominano, peggio ancora se vengono ancor più sollecitate…

LE dinamiche del “vedersi ogni tanto”, come dicevo prima, sono già sbagliate con una persona normale.
Ma con uno così sono boomerang che ti tornano addosso con una forza e violenza ipoteticamente dirompenti…

Ed è inutile che pretenda sforzi da lui, che era riuscito a stare silente per più di venti giorni e 25 senza vedermi..
Se poi però mi cerca e ci sono e per di più condivido con lui momenti nuovamenti belli e intensi, sono IO a dovermi chiedere qual è il mio problema e come risolverlo.
Lui mi cercherà finchè percepirà questo. Che io sono ancora legata a lui dentro di me.
E sparirà quando io non gli darò più questa percezione…

Ma IO come e quando arriverò a questo?
A che prezzo ancora?

Il sentimento c’è, è innegabile.
Ma porca miseria se al mondo c’è un amore sbagliato è sicuramente questo mio!

Lui promette, racconta che ha capito la mia libertà e la mia onestà e oggi è già lì che accusa, solo perchè gli ricordo la situazione che ci siamo ripetuti ieri…

Quindi LUI NON CAMBIA.

E io non reggo una situazione così.
Anche se è una persona che sento dentro di me.

Non so se sia la paura di qualcosa a tenermi ferma.
Non saprei di cosa.

Ma forse invece sì: il VUOTO.
Le uscite, le amicizie, i fine settimana al mare, il lavoro, le piccole cose: tutto bello che da serenità lì per lì.
Ma che non cancella il vuoto.

E allora se tu hai una persona dentro, e quella persona per di più ti cerca con un’insistenza che va avanti nonostante tutto, forse arriva anche il momento che la tentazione di riempire quel vuoto dall’esterno, con quella forma di amore che quella persona è in grado di darti, prevale…

E poi dopo come sempre, la vita presenta il conto.
Per ogni mia debolezza, tutta la vita, ho sempre pagato prezzi molto alti per me.

Ma è inutile il vittimismo.

C’è che ci sono anche attimi in cui, dopo, mi chiedo se davvero non sarebbe possibile un miracolo, un cambiamento, un lieto fine.
Poi un attimo dopo sorrido amara con me stessa, per la mia testarda ingenuità, per il mio modo così triste di credere nell’amore a tutti i costi…

Spero di riuscire a trarre anche da questo passaggio un insegnamento, qualcosa che mi aiuti ad andare avanti.
Perchè è avanti che voglio andare, non di certo tornare indietro..

Grazie del vostro aiuto!

Marrifede

 

“Eppure lui è dentro di me.
Non c’è verso.
Il mio sentimento per lui esiste ed è presente, non è del passato.
Così lo sforzo di non cercarlo sono in grado di farlo.
Ma se mi cerca lui, quando lo fa con modi tranquilli e normali e non con quelli esagerati e squilibrati che tanto mi fanno paura, io ci sono.”
Cara Federica, penso che il nocciolo di quello che stai vivendo sia qui. al momento attuale tu, per tutto quello che hai maturato e compreso della tua storia e di te stessa in rapporto alla tua storia, riesci a non cercarlo. questo non era scontato qualche mese fa e tutto il forum è testimone del grande cammino di crescita che c’è dietro. al momento attuale, però, non riesci a sottrarti se lui ti cerca nei modi che, probabilmente, gli sono stati propri quando la storia è cominciata. penso che molti di noi maldamorati siano allo stesso punto in cui ti trovi tu. ed è per questo, dopo tutto, che siamo ancora qui. lui è ancora dentro di te, probabilmente lo sarà sempre, il problema è, come dici bene, che lo è nel presente, non nel passato.
ieri una cara amica mi ha fatto riflettere sulla forza e l’inganno dei ricordi. i ricordi ti legano alle persone come erano non come sono attualmente. allo stesso modo cristallizzano noi stessi in sentimenti e sensazioni che vorremmo superare ma che ci riproponiamo alimentate dal ricordo.
Penso che la via d’uscita sia, ancora una volta, la consapevolezza di cosa sia il tuo bene, come hai detto benissimo nel tuo intervento, che non significa negare un sentimento che c’è ed è reale. si tratta di “tagliarli” i viveri, non rifornirlo più di emozioni nuove e non alimentarlo coi ricordi del bello che c’è stato. Leggendoti e leggendo gli altri interventi mi sono anche interrogata sulla mia definizione di amore, acnhe a me piacerebbe che l’amore fosse, senza ombre, solo connotato da aspetti positivi, condivisione, comprensione libertà etc (per citare yana) ma per me non è così. non ho conosciuto amore che non avesse lati oscuri, che accanto alla comprensione non mettesse magari un pò di opportunismo, che a fianco della libertà non avesse anche cinismo etc.. l’amore è un sentimento molto “denso” che si ciba di tutto quello che siamo stati e siamo, non mi sento di dire che c’è un modo giusto di amare, nè che nell’amore non ci possa essere negatività odio addirittura… è giusto tendere a un amore che rispetti noi stessi e l’altro, che sia il nostro bene e il bene dell’altro… ma in modo sufficiente. questo l’ho imparato essendo madre e sperimentando l’amore più assoluto che si possa provare per un altro essere umano, cito non so più che psicologo o psicoterapeuta che di questo concetto ha fatto la sua teoria principale, si può solo sperare di diventare madri sufficienti non già buone madri. e se ne deve essere orgogliose! un abbraccio a tutte e a tutti

Zoe29

 

” Leggendoti e leggendo gli altri interventi mi sono anche interrogata sulla mia definizione di amore, acnhe a me piacerebbe che l’amore fosse, senza ombre, solo connotato da aspetti positivi, condivisione, comprensione libertà etc (per citare yana) ma per me non è così. non ho conosciuto amore che non avesse lati oscuri….”

Ciao Zoe,
il tuo intervento mi è piaciuto molto anche perchè secondo me hai toccato in modo molto acuto una questione subdola e difficile da controllare: quella dei ricordi, i ricordi che possono confonderci nel presente.
Ed aggiungo, come hai anche accennato tu, che oltre ai ricordi ci sono i lati “buoni” della persona (tutti ne hanno) che possono riemergere nel presente, ricollegarsi ai tempi “belli”, ed alimentare il sentimento e/o la dipendenza.

Ho riportato questo stralcio del tuo intervento perchè vorrei specificare una cosa. Anche io sono d’accordo che l’amore non sia solo un elenco di belle intenzioni e buoni atteggiamenti.
Le ombre ci sono e secondo me è normale che sia così: chi crea una relazione amorosa sono due esseri umani e gli esseri umani, con tutti i percorsi di autocostruzione che possono intraprendere, rimangono delle creature che contengono sempre e comunque delle ombre, dei limiti e dei difetti.

Ma un conto è non essere perfetti, avere anche dei punti su cui non si è in piena sintonia, attraversare delle crisi (che, per come la vedo io, fanno parte, prima o poi, di una relazione duratura); un altro è il totale non rispetto e la totale insanità di un rapporto.
Credo che il caso di Federica sia una situazione delicata e pericolosa, e probabilmente parlo così anche perchè ho vissuto la sua stessa esperienza.

Quello che lei ha subito e potrebbe subire ancora non sono delle piccole ombre, ma degli abissi che secondo me bisogna imparare a decidere di non sopportare.
Un conto è non cercare ed aspirare all’uomo ed alla relazione perfetti, un altro è accettare di annullarsi per non sentirsi soli, accogliere violeza psicologica e quant’altro pur di non lasciare andare….

Ecco, volevo solo specificare questo perchè non vorrei si fosse frainteso ciò che intendevo.
Una relazione soddisfacente di certo non può contenere solo esperienze e sentimenti “positivi”, ma per me di certo si deve “basare” sul rispetto. Il rispetto implica (in percentuale ed intensità differenti, a seconda delle persone, della storia, dlle esigenze ecc..) libertà, comprensione ecc…
Insomma credo che una relazione, qualsiasi, ci debba fare stare bene.
Questo vale anche e soprattutto proprio se si hanno dei figli.
Poi il modo per arrivare a questo ognuno lo fa a modo proprio, percorrendo il percorso che sente più suo e che riesce ad intravvedere.

Un abbraccio

Yana

 

Ciao Yana,
è proprio come dici tu.
sono consapevole che non esiste l’uomo perfetto e la relazione perfetta, io per prima non lo sono e nessuno può dire di esserlo.

Che l’amore ha anche ombre.

Ma il mio caso purtroppo è un caso limite, perchè ho toccato con mano che le sue “ombre” sono per me devastanti: si tratta non solo di difetti, ma di squilibri che lo portano a non rispettarmi, a invadere la mia testa con la sua gelosia ossessiva che mi aveva portato ad isolarmi dal mondo, lo portano a mentire anche su cose delicatissime, pur di trovare una via d’uscita, sempre in modi manipolatori per me e il mio cervello e le mie emozioni.
Senza contare che lo vedo come una persona che tuttora non è in grado di assumersi una responsabilità.
Continua in fondo a fare come ha sempre fatto, anzi anche peggio.
Non se ne va da quella casa, perchè in fondo non ce la fa, però con l’alibi del dolore e della disperazione, e del fatto che deve trovare se stesso, impone a moglie e figlia un modo di vivere totalmente ai margini, ai confini.
Lui è sempre più assente e distaccato anche dalla vita della bimba, però non se ne va.

E questo non mi da l’idea di alcuna affidabilità e stabilità, se lo guardo come compagno di vita.

E poi questa gelosia che lo porta ad accusare sempre.
A cercare sempre il marcio negli altri…

Se lui cambiasse…
Sì, se cambiasse ci sono lati di lui che indubbiamente mi piacciono e si incastrano con i miei, creando quell’alchimia che ci fece avvicinare tanto all’inizio…
Ma non cambia.
Le persone non cambiano, specie se non ci lavorano con reale esigenza di superare aspetti di se che percepiscono come disequilibri.
E non è il suo caso.

Sì, nella mia situazione io so che se mi lascio andare mi rovino la vita.
Ne ho il terrore e so che ho il dovere per me stessa e verso me stessa di non correre questo rischio.
Penso che è un rischio che, se poi va male, potrebbe annientarmi perchè se già sta volta faccio così fatica, dopo come potrei fare a rialzarmi?

Ma altrettanto sento che, seppure rafforzata, non sono ancora oltre.

A livello emotivo c’è ancora amore e lasciare amando ancora è molto difficile.
Mi è già successo in passato e infatti è stata una storia che ha segnato indelebilmente la vita.
Quella volta però fu più “facile” (se così si può dire), perchè dall’altra parte non c’era un matto.
QUindi dovetti affrontare “solo” il dolore immenso della perdita.

Qui c’è una persona che è squilibrata e dipendente come e più di me.
Tutto è più difficile.

Eppure ho 38 anni ed è necessario che io capisca che questo amore è un lusso che non posso permettermi….

Marrifede

 

Ciao Federica,
quando io ho vissuto la storia che somiglia molto alla tua, ho provato queste tue stesse sensazioni ed emozioni per un bel pò di tempo dopo la rottura finale (che è sopraggiunta dopo mille tira e molla come quelli che descrivi tu).

Anche per me accettare di perdere lui equivaleva a perdere per sempre il “vero amore”, come se stessi rinunciando alle emozioni ed ai sentimenti più forti e vivi che potessi provare.
Non sai quanto ti comprendo e leggendoti mi viene in mente tutto.
Questa è anche una caratteristica abbastanza normale e comune di quando si deve accettare il distacco da una persona per la quale ancora proviamo delle emozioni.

Quando si ama qualcuno, o comunque si sono condivisi esperienze e sentimenti che ci hanno toccato e coinvolto profondamente, si identifica questa persona con l’amore e questo dura fintanto che queste emozioni persistono.
Ci sono persone che vengono picchiate violentemente dai loro compagni per anni, che non riescono a lasciarli e che, a dispetto delle vere motivazioni che stanno sotto a questi rapporti insani, continuano a sostenere che non lo fanno perchè, nonostante tutto, “li amano”.

Un mese dopo la rottura definitiva con il mio ex, io ero ancora distrutta e pensavo ancora a lui.
Ricordo che pensavo, e scrivevo anche, che per il mio bene avevo rinunciato a lui, ma che sicuramente non avrei mai vissuto un amore più forte e che l’amore per me era finito.
Non è stato assolutamente così, anzi.
Anni dopo l’ho rincontrato e ti assicuro che ho provato rifiuto, assolutamente nessun tipo di attrazione o forte emozione nei suoi confronti, forse un pochino di pietà (brutta parola) per aver notato che era rimasto dove lo avevo lasciato e non aveva fatto nessun passo avanti per recuperarsi.

Ma dopo quell’incontro sono andata avanti con la mia vita come prima.
Poi tutte le storie sono diverse, non è dtto che la tua debba finire esattamente come la mia, e ci sono altre persone, magari meno disturbate di lui, che mi sono invece rimaste dentro molto di più.
Però mi riconosco in tutti i moti che descirvi riguardo a lui, compresa la connessione che fai dell’amore con la sua presenza nella tua vita e tutti i pensieri e le destabilizzazioni che ne conseguono.

Dopo aver sofferto molto per le sue violenze e poi per la sua mancanza (sembra assurdo, ma è proprio così), quando sono riuscita a riprendermi davvero, nè lui nè il suo pensiero riuscivano più a sconvolgermi nè mi sucitavano desiderio, pensieri d’amore o forti emozioni.
Anzi, ho provato per un pò di tempo paura, rifiuto, rabbia.
Alla fine tutto è diventato indifferenza e a pensarmi come ero nel periodo che lo frequentavo, quando ERO CONVINTA che nonostante tutto lui fosse l’uomo della mia vita, mi sembra di essere un’altra persona.

Mi colpisce molto quando scrivi che sicuramente non smetterai mai di contenere dentro di te queste emozioni per lui, perchè è la stessa cosa che pensavo io.
Ripeto che magari non ci sarà lo stesso epilogo, ma di certo non puoi ragionare col “per sempre” riguardo al futuro.
Non pensare al “mai più”, perchè non lo sai quale evoluzione potrai avere tu e nemmeno le tue emozioni attuali.
Ora le tue emozioni sono collegate fortemente non solo a lui, ma anche a quello che sei tu oggi e che non è lo stesso di ciò che potresti essere domani.

Questo per dirti che anche se non posso prevedere il tuo futuro, posso di certo dirti che quella mia esperienza del passato, molto simile alla tua nelle esperienze e nelle emozioni, nel tempo è stata superata in toto e che oggi io sto bene e non mi condiziona più.
Ma per arrivare a questo ho passato un anno molto travagliato, ho sofferto tanto e mi sono sentita per lungo tempo proprio come te.
Spero questo possa infonderti un minimo di speranza.

Un abbraccio forte

Yana

 

Grazie Yana,
lo so che col tempo si supera il peggio.

Forse a me spaventa vedere che il tempo per ora è contato un po’, ma non abbastanza…

Ossia: ad agosto sarà un anno che io ho iniziato a dire il basta, lo ricordo ancora.
Dopo avere sofferto come un cane tutti i mesi precedenti, andai dal dottore e feci il punto della situazione.
E poi dissi il mio basta.

E da lì scaturì tutto il delirio che sai.

E allora vedere che a distanza di quasi un anno sono ancora messa così, mi sgomenta, mi fa paura non più tanto di lui, ma proprio di me stessa.
Perchè a livello emotivo evidentemente c’è un legame fortissimo che ancora son ben lungi dall’avere supereato.

E questa precoccupazione aumenta se penso che, nel frattempo, ho concretamente compiuto passi avanti e, grazie anche alla terapia, ho iniziato un percorso di recupero della mia serenità che mi ha portato anche ad un reale miglioramento sia dei miei stati d’animo che della qualità della mia vita…
E allora a maggior ragione mi chiedo perchè tutto questo non sia stato e non sia ancora sufficientemente rafforzativo per me, per le mie determinazioni, quando è di tutta evidenza quanto è diversa la mia vita con lui dentro o fuori di essa…

Questo mi preoccupa e mi amareggia per me stessa, ripeto, ormai più che per lui…
E’ come se tutti gli sforzi che ho fatto li vedessi non dico vanificati, ma certo sviliti se il risultato è ritrovarmi fra le sue braccia…

Eppure lo so che le cose che dici sono vere.

Lo so razionalmente ma evidentemente emotivamente c’è stata e c’è una battuta d’arresto o non so bene come chiamarla, c’è un disagio dentro che devo in un qualche modo affrontare…

Grazie per il tuo sostegno!

Marrifede

 

Cara Federica solo in questa altalena fra piani diversi, razionalità, sentimenti, nuove consapevolezze, cadute, affermazioni, si cresce. e tu lo hai già fatto tanto! è una “danza relazionale” che non finisce mai, io sento da quello che dici e da come lo dici che tu sei già molto distante da questa esperienza, questo “tornare indietro” può servirti per prendere lo slancio per allontanarti ancora di più da quella esperienza e da quella persona. credi in te e nel tuo personale progetto di vita, in definitiva è quello il punto cardinale a cui restare ancorati, un abbraccio pieno di stima e di affetto

Zoe29

 

E’ come se tutti gli sforzi che ho fatto li vedessi non dico vanificati, ma certo sviliti se il risultato è ritrovarmi fra le sue braccia

Comprendo la sensazione, è legittima.
Ma la realtà dei fatti, come la tua stessa situzione (interiore e relazionale) ti dimostra, non è così lineare e scontata.

I tuoi sforzi non sono di certo vani, e nemmeno la tua continua introspezione e il tuo modo di riappropriarti piano piano di una vita più serena ed in un certo senso più adatta a te.
I passi che fai ti stanno dando delle piccole grandi soddisfazioni, comprese non solo le esperienze che hai accettato di accogliere nella tua vita quotidiana, ma anche le relative sensazioni di bellezza e libertà di cui ci hai resi partrecipi non molto tempo fa.

Tutto questo è il segno che qualcosa sta cambiando, ma nella vita non è come nei film americani, dove nel giro di due ore di riprese il protagonista passa da un passato infuocato ad un lieto fine definitivo ed assoluto grazie a qualche seduta dallo psicoterapeuta e magari qualche visitina ad un gruppo di autoaiuto
Nella realtà tutto è molto più complesso, articolato ed intrecciato.
Mentre si fanno passi avanti, la vita continua ed è comunque difficile tenerle testa, perchè ci sono mille cose cui far fronte, compreso lo stress quotidiano dovuto non solo al nostro particolare problema, ma a tante altre cose (sentimenti, implicazioni, ricordi, imprevisti, momenti di debolezza, doveri, responsabilità, paure, incostanza dell’umore, ecc..)

Il nostro modo di interagire con la vita non cambia certo da un giorno all’altro: sono tutte cose che sai, ma io te le voglio ricordare
Mentre procediamo, abbiamo bisogno di continuare a vivere, e non è che solo perchè stiamo procedendo e sforzandoci di pensare a noi stessi in modo più costruttivo, questo ci riesce automaticamente in modo perfetto ed immediato.
La ricostruzione di noi stessi abbiamo detto tante volte che si esplica attraverso un percorso. La durezza di questo percorso non è solo rappresentata dal tempo e dal dolore, ma anche dalle cadute, dai tentativi che falliscono, dalla debolezza che sopraggiunge (in alcuni momenti più di altri, è normale) e dalle resistenze che ci inducono sempre in tentazioni e che molte volte, purtroppo, quando non siamo ancora abbastanza forti, vincono.
Ma non essere ancora abbastanza forti, non vuol dire che non abbiamo fatto passi avanti, tutt’altro.

Senza contare che poi durante la vita, e durante la crescita, si imparano molte cose, se ne acquisiscono tante altre, ma ognuna a suo tempo. Non necessariamente tutto si evolve contemporaneamente, ed inoltre ciò che abbiamo appreso su di noi necessita anche di un certo periodo per essere digerito ed interiorizzato.
Stai riprendendo contatto con le belle sensazioni che puoi sperimentare anche senza di lui. Questo non ti ha fatto allontanare completamente dal bisogno e dalla tentazione di lui? Ebbene, ciò non deve indurti a pensare che allora sei allo stesso punto in cui eri prima.
Datti tempo, ancora, non pensare di aver fallito perchè non è così.
Tra il completo distacco e la completa ed inconsapevole dipendenza ci stanno delle vie intermedie e tu le stai attraversando.
Ci vuole costanza e pazienza e tutte le cose “piccole” che ti stai costruendo sono la base per poter essere più forte domani. Nel frattempo qualche caduta è praticamente normale, forse prevedibile.
E continuerà ad insegnarti qualcosa, non solamente in termini razionali, ma anche per quanto riguarda il tuo bagaglio emozionale ed esperenziale.

Quando la mia storia devastante è terminata, non senza conseguenze, in seguito non ho più desiderato contatti con lui nè ho ripetuto un’esperienza simile sotto molti aspetti. Ma sotto altri aspetti ho continuato a relazionarmi (con altre persone) in maniera prima inconsapevole ed insana, poi insana ma consapevole. Poi si è spezzato qualcosa, è nata una consapevolezza ancora nuova su di me, sulla mia vita, sono andata ancora in profondità, ho accettato di dialogare con alcune parti profonde che mi facevano paura come il mio senso di solitudine, e molto altro ancora..
Insomma, sono ancora in cammino, ma guardandomi indietro non posso certo dire di essere la stessa persona di parecchio tempo fa: mi sento non solo più consapevole, ma molto arricchita, più forte, più coraggiosa e più serena, nonostante le continue umane crisi che ogni tanto attraverso.
Questo per dirti che ognuno cammina sulla propria strada in modo personale ed assecondando le sue parti più intime, che non sono mai identiche a quelle degli altri, ma se decide di farlo, progredisce sempre.
Io l’ho fatto attraverso diverse relazioni, dove ho dovuto affrontare differenti aspetti del mio problema, tu magari stai facendo gran parte del lavoro tramite una sola relazione, ma questo non implica assolutamente un fallimento.

Ti sono vicina in questo momento di crisi

Yana

Le vostre osservazioni esterne, sul percorso fino ad ora fatto, mi sono di conforto.

Si sa che nei momenti difficili si tende a vedere tutto nero e le cose positive scompaiono o almeno si fanno piccole piccole ai nostri occhi.

In realtà io lo sento di essere andata anche avanti .
In due mesi e mezzo ho realizzato un’apertura e riaccarezzato il senso di libertà e benessere che erano veramente insperati sino a poco prima.
Se penso a quanto mi sentivo annientata e senza più la voglia e la forza di niente, capisco che i miei sforzi a qualcosa sono serviti…!

Forse per questo sono un po’ delusa da me stessa: io ho la tendenza a pretendere un po’ molto da me, e questi scivoloni mi fanno arrabbiare.
Anche perchè mi viene da dire che proprio in una fase positiva, in cui non sono più sola e isolata come prima, in cui sento la possibilità di una vita serena e piacevole per me, in cui ho toccato con mano la differenza fra con lui e senza di lui e ho avuto conferma che senza è meglio…
Proprio qui vado a cadere?
Capisco quando sei più sola e indifesa, ma ora…

E allora affronto il fatto che il mio sentimento è vivo e vegeto, annidiato nella mia pancia come un piccolo parassita che vive di vita propria in parallelo alla mia vita e nutrendosene anche quando non me ne accorgo…

PEnso anch’io che sia tutto un fluire, questa benedetta vita.
In cui l’attimo determinante non è mai un miracoloso bagliore, ma frutto di tanti altri attimi, ore, giorni, a volte anni di cammino..

Questo momento mi insegna qualcosa ancora di me stessa.
Della mia fragilità.
Del mio essere donna (anzi, il mio dottore diceva che sono femmina, non donna!) che vive anche di emozioni e sentimenti, a causa o grazie alla mia natura molto molto sensibile che mi ha portato tanti dolori, ma certo mi ha donato anche di assaporare tante emozioni belle e di sentirmi viva. E non posso negare le mie emozioni tanto arrivano e dirompono quando poi meno me lo aspetto.

Del mio sentimento per quest’uomo che è per ora ancora presente, forse legato a ricordi e nostalgie, forse amplificato da attimi che vivi e neanche ti accorgi, ma ci sono.
Ma è presente.

Mi insegna anche che c’è ancora tanta strada da fare e un altro aspetto importante di me da approfondire: la mia difficoltà di sempre a chiudere i rapporti senza voltarmi indietro.
Questa non è la prima volta che, con la storia già finita e per mio volere, mi trovo a rivedere “ogni tanto” l’ex, trascorrendo momenti intensi, senza che ciò porti a niente senon a prolungare ed allungare il legame.
Siccome questa caratteristica tende a ripetersi in modo “seriale” nelle mie relazioni,anche questo forse è giunto il momento che io lo affronti e comprenda perchè, se voglio che questa volta sia diverso.

E con umiltà accetto che la mia fragilità può portare anche me a cadere, a vivere debolezze e insicurezze e non per questo non posso rialzarmi…

Forse ho tanta paura che la ricaduta di un attimo porti conseguenze ben peggiori, sia per come sono fatta io che per come è fatto lui. La paura è quella di non saper far fronte al momento e magari lasciarmi travolgere, mi terrorizza questa idea…
Però sono qua a parlarne proprio per scongiurare questo e darmi tempo di accettare il momento senza che le conseguenze si propaghino.
Spero che saprò davvero fare di questo momento un altro piccolo passo avanti e non una caduta libera in un precipizio!

Il forum come sempre è fonte non solo di comprensione e speranza, ma anche di aiuto concreto ad affrontare le situazioni..

Grazie a tutte di questo sostegno!

Marrifede

 

Due considerazioni: non sentivo lì per lì, quando lottavo per allontanarlo da me, di reprimere i miei sentimenti.
Mi pareva anzi di ricominciare a dare ascolto ad un amore più sano e veritiero: ossia quello per me stessa.
Sapevo di provare ancora amore per lui, ma era un amore privato di componenti essenziali: speranza, che è stata la prima che ho perso, poi fiducia, capacità di credere, stima, rispetto.
Quindi era un amore svuotato.
Ne restava la compoenente irrazionale, la emozione forse più per un sogno d’amore accarezzato nel primo anno bello e che vedevo infrangersi contro i muri di realtà che percepivo come ineluttabili…

Più che repressa, la componente dei sentimenti si era ridimensionata da se, senza uno sforzo mentale particolare in tal senso.
Anche perchè lui coi suoi comportamenti invasivi e manipolatori mi ha costretta ad una estenuante lotta per mesi e mesi semplicemente per sopravvivere, per sottrarmi finalmente a tutto ciò e ricominciare la mia vita.
Ho passato tanto tempo a lottare contro di lui, perchè quella era l’urgenza del momento, che non avevo semplicemente attenzioni per i miei sentimenti.
Era necessario pensare ad altro, a come andare avanti, a come liberarmi..

Finalmente ricomincio a vivere.
Due mesi e mezzo di libertà.
Lui che si fa vivo ogni tanto ma meno, sempre meno.
IL che mi permette di respirare.
Di conoscere di nuovo le sensazioni di serenità e libertà, di vita normale.

Ricordo che il 15 giugno me lo sono trovato sotto casa ad aspettarmi, dopo tanto tempo che non lo faceva.
E che lì per lì mi ero arrabbiata, ci ero stata male, mi ero anche avvilita.
Ma durò un giorno.
Poi ricominciai a spegnere il telefono e fare la mia…
Perchè si era trattato della ennesima sua manifestazione invasiva nei miei confronti, si era di nuovo manifestato per quello che era stato sino ad allora: gelosia ossessiva, mancanza di rispetto ecc.
Il tutto quindi mi aveva confermato nelle mie determinazioni…

Invece dopo sono seguiti 20 giorni di silenzio assoluto.
E io quando lui sparisce devo sempre affrontare il fatto che davvero non c’è più.
Che potrebbe essere la fine, sta volta.
E fa male.
Quindi i pensieri malinconici alla distanza arrivavano.
MA come qualcosa di necessario da superare per andare avanti ancora..

Poi lui si è fatto vivo e questa volta non invasivo, non con la sua solita mancanza di rispetto,col suo delirio.
Ma con toni dolci e rispettosi.
Mi ha chiesto di vederci,non me lo ha imposto.
Gli ho chiesto tempo per pensarci e lui me lo ha dato, senza tempestarmi di telefonate ansiose come sempre.
E così ho accettato.
E nel vederci è prevalsa la componente positiva del nostro rapporto, probabilmente perchè quella distruttiva l’abbiamo tutti e due voluta tenere a bada…

Insomma penso che è stata risvegliata la parte di me che lo ama, forse perchè lui si è proposto e dato a me non coi modi che me lo hanno fatto odiare (la rabbia di cui ti parlavo ieri), ma con quelle caratteristiche che me lo hanno fatto amare…

E ora forse lui ha più coraggio nel lasciarmi stare perchè ha percepito che se non devo combattere ogni giorno solo per un po’ di pace, può anche darsi che l’amore torni in superficie….

Marrifede

 

non sentivo lì per lì, quando lottavo per allontanarlo da me, di reprimere i miei sentimenti. 

Più che repressa, la componente dei sentimenti si era ridimensionata da se, senza uno sforzo mentale particolare in tal senso. 

Ho passato tanto tempo a lottare contro di lui, perchè quella era l’urgenza del momento, che non avevo semplicemente attenzioni per i miei sentimenti. 
Era necessario pensare ad altro, a come andare avanti, a come liberarmi.. 

Ciao Fede,
ho voluto portare l’attenzione su queste tue riflessioni.
La mia personale sensazione è che ci sia stata, come dice Innuendo, una qualche repressione dei sentimenti.
Purtroppo a complicare tutto, nelle situazioni già difficili di per sè, è il fatto che non tutte le nostre azioni sono coscienti, quanto meno nel momento in cui le stiamo sperimentando.
Questo avviene quanto meno si sono superate realmente le dinamiche legate alla situazione, o che la situazione in qualche modo ci risveglia.
Peggio ancora se il vissuto è condito da quell’urgenza impellente di salvaguardare la propria vita, o comunque di affrontare problematiche concrete e pericolose.
Secondo me la verità sta, in parte, in ciò che hai detto tu nelle righe che ho riportato: hai dovuto affrontare un momento in cui c’era l’urgenza di un distacco perchè eri ormai lucidamente consapevole della pericolosità del rapporto. Questa ricerca del distacco è in qualche modo diventata, volente o nolente, la tua priorità, che corrisponde a quell’istinto di sopravvivenza a cui, con parole diverse, alludi sopra.
Almeno secondo la mia percezione.
Questo ti ha portata a “non avere attenzioni per i tuoi sentimenti”, come hai detto tu, quindi ad accantonarli per un pò, per consentirti di concentrarti davvero su ciò che razionalmente avevi concepito essere la cosa “giusta”.
Accantonare i sentimenti non vuol dire superarli.

La razionalità, molto utile in questo caso per affrontare la necessità prima rispetto alla tua incolumità, non va di pari passo con l’emotività.
Quando un tossicodipendente smette di assumere droghe perchè questo è ciò che gli viene prescritto in comunità e che lui ha compreso essere una cosa pericolosa, il bisogno ed il desiderio nei confronti della droga non lo abbandonano immediatamente e per ottenere questo egli deve affrontare un lungo percorso interiore.

Può darsi che dopo una sbornia quasi letale un alcolista si spaventi e decida di mettersi in salvo da se stesso e dall’alcol buttando nella spazzatura tutti gli alcolici presenti in casa.
Ma finchè non avrà elaborato le cause che lo portano al bisogno del bere, molto probabilmente prima o poi andrà a comprarsi altre bottiglie.

Anche volendo non considerare per un attimo la dimensione “insana” di questo rapporto e delle dinamiche implicate, la stessa cosa accade anche con i sentimenti.
Non considerarli, negarli, accantonarli, non conduce all’estinguerli.
Molto spesso anzi, questi tornano più violenti. Bisogna affrontarli di petto, e ci vuole tempo.

Poi..prova ad immaginare se una bottiglia d’alcol potesse parlare e dicesse a chi ha bisogno di lei “da oggi ti prometto che ti offrirò solamente gli effetti divertenti di me e non più quelli distruttivi!”
Sarebbe invitante no?

Un abbraccio Fede..

yana

 

..ti ringrazio anzi tutto perchè mi hai fatto sorridere, all’idea della bottiglia parlante!

Sì, in fondo io ho sempre detto e ripetuto e pensato dentro di me che io lasciavo per necessità, a causa della distruttività delle dinamiche del rapporto, poichè così tanto lesive del mio equilibrio.
Per necessità perchè avevo capito che non c’era speranza comunque di vita nè comune nè serena, per noi due…
Non certo perchè fosse finito l’amore.

Ho messo tutte le mie forze per riuscire a staccarci e a riprendermi un po’ della mia vita e della mia serenità.

Ma l’amore non se n’era andato, altrimenti quel telefono che rappresenta il mio legame con lui (visto che ne ho un altro con un altro numero da mesi…!), non mi sarei limitata a tenerlo sempre più spento, specie quando ero fuori casa: lo avrei buttato.
Ma buttarlo significava perdere ogni legame.

Ed evidentemente non ero e non sono ancora pronta…

Ed eccolo qua, il sentimento, che mi fa confondere e tremare di paura.

Meglio così: forse questo momento doveva arrivare.
Lo devo affrontare.
Accettare che provo ancora amore e capire che cosa farne, di questo amore…

I rischi che sono in gioco li sanno anche i muri, ormai, ma al cuore e all’istintualità e al desiderio dei rischi non importa un accidente!
Il cuore sente e basta…

IO non so e non saprò mai cos’ha nella testa lui: forse ha ragione Innuendo, forse anche lui ha capito che ottiene di più così, lasciandomi anche in pace, e che in questo modo in ogni caso anche lui sarà sempre sollevato dal fare la scelta che tanto non saprebbe fare. A maggior ragione visto che gli dico che i problemi sono tanti, anche se lui si separasse…

Ma quel che pensa e sente lui non mi aiuterà a capire che cosa sento e desidero io PER IL MIO BENE.

Però mi rendo conto che devo affrontare anche questo momento con tutta la confusione che porta, ascoltare la componente emozionale che è rimasta inascoltata e sopita per troppo tempo.

Sono convinta che mi servirà in ogni caso per andare ancora avanti, anche se spero che questo non abbia il prezzo di altri errori e sofferenze troppo devastanti…

Infatti mi chiedo: in un caso così, ascoltare il cuore vorrebbe dire dare spazio di nuovo al rapporto e vedere che succede?
Eppure sappiamo tutti che sarebbe pericolosissimo per me.
E allora se io ascolto il segnale di pericolo e razionalmente evito e sopprimo, metto di nuovo a tacere quella componente che oggi esplode proprio perchè troppo a lungo soffocata…

Non è facile…

marrifede

Ciao ragazze,
mi viene da dire che questi legami sono la risonanza dei vostri legami con le vostre ferite (quelle che riguardano voi stesse) e che quindi vanno di pari passo.
Niente di nuovo, lo so, ma per dire che ognuna di voi, a modo suo, sta percorrendo un percorso in questo senso e quindi prima o poi, passo per passo, ne potrà uscire.

Certo non si può prevedere il futuro, nè a mio parere è costruttivo “giustificare”, procrastinare o scrivere le regole del percorso valide per tutti.
Però fare un respiro, “concedersi” di non essere ancora uscite emotivamente dal tunnel e non essere eccessivamente dure con se stesse, quello sì.

Ci vuole tempo, l’importante è utilizzarlo al meglio questo tempo.
Se ci mettete 1 anno a lavorare parallelamente per voi, ma lo fate, questo anno sarà stato costruttivo e non “tempo perso”. E sarà “propedeutico” all’allentamento di questi legami.
Lo stesso anno fingendo di non vedere il problema sarà stato probabilmente meno costruttuivo.
Lo dico perchè penso a me stessa anni fa e a quante volte ho ignorato certe “cose” che stavano dentro di me: in questo modo ho solo permesso loro di perseguitarmi; ogni tanto, quando meno me lo aspettavo, ritornavano a galla e mi distruggevano.

I sentimenti, le paure, le ferite, gli squilibri interiori e gli eventi e le storie della nostra vita sono tutti interconnessi.
Non si può pensare di sfuggire ad alcuni di loro e di migliorare il corso della propria vita.

Allo stesso tempo non si può pensare di superare le proprie paure e i propri disequilibri in modo immediato o semplice.
Già decidere di farlo è una scelta coraggiosa e non così comune.

Io vi auguro di sciogliere al più presto tutti i vostri conflitti più radicati, primo fra tutti quello di pretendere “tutto subito” da voi stesse.
So bene che molte di voi sono alle prese da molto tempo con questi legami che non si riescono a dissolvere, ma non vedo, oggi, alcuna strada alternativa se non quella di procedere per passi.
Evidentemente è solo da relativamente poco tempo che avete preso coscienza di alcuni aspetti legati a queste storie e che avete cominciato a sentirli emotivamente, quindi tutto il resto avverrà, con il vostro impegno certo, ma non si possono saltare tutte le fasi intermedie sia di consapevolezza che di evoluzione emozionale.

Se siete ancora qua ci sono delle motivazioni, probabilmente diverse per ognuna di voi, è su quelle che secondo me dovete lavorare di più.
Accettate di avere questa debolezza e anche che questo comunque non fa di voi dei mostri (neanche dei “rispettivi”, però, se mi posso permettere..).
Altrimenti è come ripetersi di volersi bene ma continuare a mettersi in punizione e prendersi le mani a bacchettate per ogni errore.

Un bacio

Ps. Fede..sono contenta di averti fatto sorridere..vedo che gli “oggetti parlanti” non funzionano solo con i bambini!!

Yana

Ciao Yana,
concordo sul fatto che non si deve aspettarsi così tanto da noi stesse e soprattutto che occorre continuare incessantemente ad analizzare i motivi profondi del nostro così complesso modo di vivere ancora questi legami…

Anzi,ti dirò che ieri sera, ad esempio, mi sono detta che ok, ora è un’altra fase che affronto e se smetto di torturarmi per trovare una soluzione immediata, il tempo e la mia ricerca mi porteranno là dove devo andare..Dopo stavo già meglio e la serenità devo dire, anche in questi giorni turbati, non mi ha abbandonata…

Tuttavia a volte l’urgenza si fa sentire più forte.
Nel mio caso, posso dire che penso di avere talmente paura delle conseguenze di gesti d’impulso, di come potrebbero di nuovo rosicchiarmi la vita, che mi sento di dover far qualcosa subito per evitarmi ilpeggio..
Nel senso che nel mio caso, sapendo le dinamiche malsane in cui tutti e due siamo stati per tanto inghiottiti, non posso dire “lasciamo andare le cose e vediamo”: lo sperimentare le emozioni e viverle fino in fondo, nel mio caso potrebbe essere devastante…
Di qui la sensazione di dover far qualcosa subito per evitare tutto questo…

E nello stesso tempo però, capisco che facendo così le cose non si chiariscono.
Nel senso che dovrei davvero sentire il mio bene e non impormi ancora cose in nome della sopravvivenza…
Non è facile..

Ma le sensazioni sono tutte sintomatiche di qualcosa che è in noi: nel mio caso il sentimento risvegliato, ma certo anche questa paura che sento di ritrovarmi di nuovo a terra è una sensazione altrettanto forte…

Penso solo che vorrei sentirmi libera di sentire le cose e magari sperimentare, come fa lui, che non filtra mai fra cuore e azioni (nei miei confronti, per lo meno), senza porsi il problema delle conseguenze.

Invece io me lo devo porre e a volte è questa l’ansia di risolvere che mi prende…

Marrifede

Ciao Fede,
lo so bene che “non è facile”.
La prima persona qui dentro che ha preteso e che per certi versi ancora tende a pretendere troppo da se stessa..sono io!
Proprio comprendendolo, lavorando ed affrontando questa cosa, cercando di scorgerne le cause ma anche di invertire questo atteggiamento così automatico per me, ho iniziato ad intravedere un’ “apertura”.

L’apertura è verso me stessa, perchè è proprio di questo che ho (abbiamo) bisogno in fondo.
Alla radice di tutto c’è una chiusura verso se stessi, per ognuno sviluppata attraverso vissuti intimi e diversi da quelli degli altri.
Questa secondo me è la chiave e l’inizio di tutto. Un vero percorso di ricostruzione non può esistere senza accoglienza ed apertura verso di sè.
Certo questa può non arrivare subito, può costituire uno dei traguardi, dopo aver lavorato su altro, ma quando ci si comincia ad arrivare diventa il vero inizio.
Perchè da lì in poi tutto cambia, anche il dolore stesso, che non si può smettere di incontrare nella vita.

Prima parlavo in generale, ma riferendomi a te, sono d’accordo: come ho detto altre volte, concordo sul fatto che la tua situazione è palesemente intrecciata con reazioni per te pericolose da parte dell’altro.
Per questo necessita, nella misura in cui ci riesci, di soluzioni a volte un pò drastiche.

Non consiglierei mai ad una donna che subisce violenza (di qualsiasi natura sia) di “lasciare che le cose vadano come devono andare e..poi si vedrà”.
Il mio discorso era un pò diverso e si riferiva ai sentimenti.
Credimi, ci si può allontanare fisicamente da una persona, magari aiutate, per proteggere la propria incolumità (se si vuole), e nello stesso tempo continuare ad accogliere il sentimento ed il legame dentro di sè.
Per il semplice fatto che “rifiutarlo” o “rinnegarlo” (peggio ancora “negarlo”) non porta ad un vero distacco emotivo e ad una vera elaborazione. E in questo modo si protrae la sofferenza e si procrastina la guarigione di sè.
Certamente questo “non è facile”, è proprio questo il punto: che per affrontare davvero i problemi di strade facili non ce ne sono.
L’elaborazione e il superamento prevedono sempre sofferenza, anche se poi pagano più delle scorciatoie.
Queste ultime danno la sensazione di ristoro momentaneo, ma continuano a trascinare nelle nostre vite gli stessi mostri con cui stiamo combattendo.

Accogliere la debolezza ed il dolore vuol dire non rifuggirli quando emergono, ma questo è un processo che si fa con se stessi e non si traduce necessariamente nella frequentazione concreta dell’altro.
E questo è sicuramente un atto che prevede coraggio e pazienza perchè è estremamente doloroso.
Per meglio spiegarmi ti faccio l’esempio di una cosa che mi tocca profondamente da vicino, anche se preferisco non esplicitarla perchè non mi va di renderla pubblica.
Io sto combattendo con un legame che dentro di me è molto vivo da anni e dal quale molte volte ho pensato di poter fuggire dando il classico colpo di spugna.
Così facendo, in realtà, ho permesso a questo legame di perseguitarmi. Di tanto in tanto si fa sentire ed in modo molto violento.
Molto probabilmente questo è un legame che non si estinguerà mai, ma io posso scegliere di conviverci in modo sereno e quindi ridimensionarne la “drammaticità”, accettando anche che c’è e che non c’è nulla di male in sè se persiste, oppure di accanirmi nel volerlo cancellare.
Compiendo questo lavoro di accettazione sto imparando a ridimensionarlo e a fare in modo che non mi condizioni nel raggiungimento del mio benessere.

Non so se mi sono spiegata..

Un bacio

Yana

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

AVERE CURA DELL’ALTRO: SINDROME DELLA CROCEROSSINA

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, 
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te. 

Vagavo per i campi del Tennessee 
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. 
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza.
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…
io sì, che avrò cura di te.

TESTO CANZONE “LA CURA” DI BATTIATO

 

Nelle problematiche e dipendenze affettive e relazionali ed in particolare nella Codipendenza, prendersi “cura” dell’altro, nel senso della canzone di Battiato, è un ritornello di fondo del proprio amore.

Ma siamo sicuri che prendersi cura, anche nella canzone di Battiato, abbia una valenza affettivo-assistenziale? O non è piuttosto un anelito, una speranza che si scontra con ben altra realtà? O addirittura tale atteggiamento sortisce l’effetto contrario? Come afferma la Norwood:

“Donne che amano troppo sviluppano relazioni in cui il loro ruolo è quello di comprendere, incoraggiare e migliorare il partner; questo produce risultati contrari a quelli sperati: invece di diventare grato e leale, devoto e dipendente, il partner diventa sempre più ribelle, risentito e critico nei confronti della compagna. Lui, per poter conservare autonomia e rispetto di se stesso, deve smettere di vedere in lei la soluzione di tutti i suoi problemi, e considerarla invece la fonte di molti se non della maggior parte di questi. Allora la relazione si sgretola e la donna piomba nella disperazione più profonda. Il suo insuccesso è totale: se non si riesce a farsi amare neppure da un uomo così misero e inadeguato, come può sperare di conquistare l’amore di un uomo migliore e più adatto a lei? Si spiega così come mai queste donne fanno seguire a una cattiva relazione una peggiore: perchè con ciascuno di questi fallimenti sentono diminuire il loro valore. E sarà per loro difficile rompere questa catena finchè non saranno giunte a una comprensione profonda del bisogno che le riduce a comportarsi così.”

Non dimentichiamo che prima di prendersi cura dell’altro, capire i suoi bisogni, è necessario prendersi cura di sè stessi, comprendere i propri di bisogni.

 

Testimonianza dal Forum

Mia madre non ha mai creduto fosse un danno negarmi le sensazioni che vivevo, così le risposte senza senso alle mie domande scomode, invece di chiarire, mi confondevano al punto che ero giunta a credermi incapace di sentire. C’è da dire pure che nella mia famiglia non servivano le parole perché tutto era chiaro per tutti, ma io ero molto piccola e non sapevo come fare, portavo diligentemente e silenziosamente la mia parte di fardello ma non ne capivo il senso. Mi sentivo una pazza. Con il tempo e il confronto con il mondo esterno, mi sono resa conto che non solo sentivo ma lo facevo prima degli altri, fino quasi alla chiaroveggenza. Figuriamoci! Sembravo matta peggio di prima. Un giorno di molti anni fa diedi una risposta a quello che oggi è il mio ex marito rispondendo alla fine di un discorso che però lui non aveva ancora fatto! Ne scaturì una lite furibonda e impiegai due ore per fargli capire quello che intendevo. Mi avevano insegnato che le situazioni scomode vanno risolte in fretta e senza spiegazioni come quando c’è una situazione di pericolo imminente: se vedo un bambino arrampicato su un cornicione al terzo piano, non mi metto a spiegare che si potrebbe far male, prima lo afferro e lo tiro via, poi gli spiego perché.

Ho sempre vissuto così: io giudico che una cosa che ti potrebbe far male, la risolvo prima che accada perché è così che si fa, tu non sai cosa sia accaduto, io mi offendo perché sei un ingrato che non apprezza! Ma è roba da matti! …e pure da presuntuosi. Che diritto ho io di togliere a qualcuno un pezzo di vita fosse pure doloroso? Ringrazio Dio per avermi dato la possibilità di capire quel momento e oggi quando mi succede di percepire in anticipo certe cose, ho la pazienza di aspettare che il mio interlocutore mi faccia tutte le domande del caso oppure faccio la domanda “dove vuoi andare a parare?” e di questo ringrazio la mia analista. Non anticipo più gli altri nei loro percorsi e non fornisco più risposte a domande prima che mi vengano poste.

L’esempio lampante della mia guarigione definitiva l’ho avuto l’anno scorso quando mio figlio ha manifestato un certo calo di entusiasmo per lo studio :“vedi ma’, io lo so come ci si sente a prendere ottimo, lo faccio spesso! …allora hai deciso di vedere come ci si sente a prendere insufficiente? “Non so…” …lo studio è una cosa tua, e anche se io la considero una cosa importante, non lo fai per me. Nella vita ci sono cose che si devono fare, altre che si possono fare. Nella tua testa hai chiara la scala dei valori…vedi tu…sappi che molto probabilmente non ne sarai soddisfatto…
Alla pagella di metà anno i professori mi hanno chiamata e io dentro di me sorridevo già! INSUFFICIENTE! Solo in tre materie ma… pazientemente ho spiegato agli insegnanti quanto stava accadendo, quali erano le mie intenzione e con una certa soddisfazione, ho riscontrato che anche loro erano in accordo con me: questa prova con se stesso, gli sarebbe stata utile.
Tornata a casa ho dato la pagella a mio figlio che era così impaziente di leggerla…che faccia! Sembrava un fantasma! Dopo un po’ mi dice “ma’ avevi ragione…non mi piace mica prendere insufficiente.” 
…bèh meno male…sappi che adesso dovrai riparare.
Ecco ho imparato che non tutte le situazioni sono di grave pericolo! Ho avuto fiducia nella mia capacità di giudizio e in quella di mio figlio. Ho capito che non devo e non posso intervenire se il caso non lo richiede. Ho imparato a valutare e a fidarmi sia di me sia degli altri e anche se l’impulso primario sarebbe quello di intromettermi sempre e comunque, cerco di astenermi dal farlo.
Non è stato facile. Ho dovuto capire cosa scattava dentro di me in certi momenti e come fosse stata una serratura reale, ho dovuto riconoscere il clak. Adesso so che quando sento quel clak devo prendere fiato e ragionare: dico a me stessa che nessuno da un momento all’altro sarà travolto da una valanga, se non intervengo; mi fermo a sentire cosa emana la persona che ho di fronte e tutta la fiducia che mi ispira; mi fermo a ragionare su quali conseguenze può comportare realmente quel suo atteggiamento; non mi assumo responsabilità che non sono mie.
Se e quando intervengo, lo faccio in maniera molto chiara e sempre per me, cercando di non aspettarmi in cambio nulla. Presto favori solo quando le richieste sono esplicite e pretendo che lo siano, non mi faccio ingannare dal gioco “tu sai quello che voglio perché sei così sensibile”.

Rispetto le esigenze degli altri ma prima vengono i miei bisogni.

Averlo fatto prima! Ma forse non e mai troppo tardi per essere felici.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

MA SE IL CUORE NON CE LA FA…?

Da “Ma se il cuore non ce la fa…?” (forum “Dipendenze Affettive”)

Argomento: codipendenza Autore: Marrifede

Ho bisogno di condividere con voi ciò che provo e che mi ha portato a fare una cosa che non ha nessuna coerenza con la lotta che sto combattendo da mesi…
Ma se è accaduto, se sento queste cose, è meglio che io le ammetta e le affronti per tentare di capirmi ancora di più, e di riuscire una volta di più a fare qualcosa per il mio bene…

Dopo tanti giorni di silenzio, lunedì scorso il mio ex si era fatto sentire.
Io il telefono lo spengo sempre di più, ma non l’ho mai spento del tutto.
Ogni giorno almeno una volta lo accendo.
Così mi aveva detto di essere stato via 15 giorni da solo, in moto, la moglie e la figlia in vacanza da un’altra parte, lui a cercare di ritrovarsi un po’… Mi aveva chiesto di vederci e gli avevo detto di no.
Mercoledì e giovedì sono andata al mare io, con sorella e nipotini, sperando che mi passasse un po’ il pensiero di lui.
Perchè c’era e forse, nel silenzio, la mia tristezza di dire davvero addio per sempre al sogno di questo grande amore, si era fatta più presente.
Lui mi cerca di nuovo giovedì sera e mi chiede di vederci nel fine settimana…
Ci penso.
E sabato accetto.

Ho passato con lui sabato sera e anche ieri.
Siamo stati anche bene.
Ci siamo lasciati andare anche fisicamente.

Che è un errore lo so.
Che avrei dovuto evitare lo so.
Che così alimento le sue e le mie speranze e soprattutto rafforzo il legame di dipendenza da cui vorrei tanto liberarmi, lo so…

Vorrei capire perchè.
Perchè se non riesco a coglierne i motivi, non riuscirò neanche mai a spegnere per sempre quel telefono che rappresenta il mio legame con lui.

Io ora esco, ho ripreso a fare una vita normale, ho ripreso vecchi contatti e conosciuto nuove persone.
Sto recuperando una serenità e un benessere che avevo perso completamente.
E che sento necessari per me e per vivere bene…

Eppure lui è dentro di me.
Non c’è verso.
Il mio sentimento per lui esiste ed è presente, non è del passato.
Così lo sforzo di non cercarlo sono in grado di farlo.
Ma se mi cerca lui, quando lo fa con modi tranquilli e normali e non con quelli esagerati e squilibrati che tanto mi fanno paura, io ci sono.

Ho accettato di vederlo perchè evidentemente anch’io ne sentivo esigenza.
Se non si ha voglia di fare una cosa, non la si fa, semplicemente.

Devo capire come affrontare questo sentimento perchè, dal momento che esiste e non mi abbandona, devo saperlo vivere e accettare senza che mi sconvolga e mi riporti a lui.

E questo perchè so bene che lui è fatto così e le cose che mi hanno fatto tanto soffrire e portato a dire basta, sono tutte lì e sarebbero ancora più devastanti.

Di fatto promette cambiamenti radicali, ma è sempre allo stesso punto, in primo luogo in famiglia e poi per il resto.
Anzi, a me sembra che la sua capacità di assumersi responsabilità sia ancora più offuscata dal periodo di evidente crisi e confusione.

Eppure il mio sentimento esiste e ne sento la presenza dentro di me pur nelle varie consapevolezze che ho, e nella gioia della ritrovata vita un po’ più serena e normale che tanto ho desiderato e lottato per raggiungerla.
Convive con me anche il sentimento per quest’uomo.

Il mio dott mi diceva, l’ultima volta, che i sentimenti sono di gran lunga molto più forti della ragione.
Con la ragione si fanno valutazioni e considerazioni, che ti portano a determinarti.
Mentre il sentimento sgorga da dentro, ha vita sua, e resta molto legato al ricordo delle sensazioni belle che abbiamo vissuto..

Io so anche che ho sempre fatto molta fatica a liberarmi dai sentimenti.
Fanno parte di me anche quelli di storie passate (ne parlavo anche in un altro thread)e il mio mondo interiore è sempre stato molto in balia dei sentimenti.
Nelle storie importanti che ho avuto, è sempre accaduto che, anche dopo la fine, ci si vedesse magari ogni tanto e si continuassero a vivere momenti intensi che poi non portavano a niente, così, sospesi. Come tornare a casa a ristorarsi dopo un lungo viaggio, sapendo già però di dover comunque ripartire e proseguire il viaggio, sapendo di non potersi fermare…

Mi rendo anche conto che è necessario che questa volta io affronti la cosa in modo diverso.
Sarebbe deleterio sia per me che per lui incunearsi in questo limbo in cui ci si vede magari ogni tanto, lui lasciandomi in pace negli intervalli, mentre ognuno si fa la sua vita.
Lo so..
Eppure saperlo non è bastato …

Devo accettare di provare questo amore dentro, ma devo altrettanto accettarne l’impossibilità perchè se no non esco più e mi rovino la vita…

Oggi sono un po’ sotto sopra, penso sia il minimo visto il guaio che ho combinato!
Ma sento anche che è ora di affrontare questo aspetto del problema, ossia il fatto che anche per me dentro al cuore non è finita ed è difficile finirla…

Spero di poterne trarre qualche insegnamento positivo e che le conseguenze non siano devastanti..

Marrifede

 

Cara Marrifede,

il tuo messaggio mi ha colpita molto, perché riguarda molto anche me.

E’ vero: si fa tanta strada verso se stessi, ci si riappropia di parti importanti del proprio essere, si comincia ad essere “curiosi” del mondo esterno, ci si emancipa dall’impeto della gelosia e dall’ansia di possesso, si sente il fresco di una serenità nuova, si sorride e si ride. E poi…però c’è ancora quel legame così profondo dentro di noi, che proprio nel momento in cui sembra staccarsi definitivamente, e finalmente, torna a stringere, a stringerci, a confonderci, a fare paura.

Quello che è nuovo fa paura, crea ansia, disagio, non solo serenità, e così è spesso più semplice tornare giusto un passo “indietro” per sentirsi di nuovo un po’ “a casa”, anche se è sempre stata una casa in cui non ci siamo sentiti totalmente felici e appagati, quella casa/situazione/persona la conosciamo.

Personalmente mi sto rendendo conto di quanto la mia “paura dell’intimità” mi faccia spesso tornare indietro. Mi scopro curiosa, come ho detto sopra, e mi sento serena, ma quando sento che la mia vita potrebbe effettivamente “cambiare”, o qualcuno o qualcosa vorrebbe entrare nel mio bozzolo, mi richiudo in me stessa e continuo a cercare lui, perché stare con lui mi è ormai “familiare” e mi rende una felicià momentanea che ho paura di cercare altrove, non ho il coraggio di farlo, mi sembra di perdermi, di perdere me stessa, invece in quel legame così precario e instabile, così carico di dolori e piaceri allo stesso tempo, ci sono io e c’è quel mio “amore” che mi caratterizza, che in questo momento mi dà un’identità fittizia, e mi lascia in “sospensione”.

Faccio molta fatica a non “giudicarmi” e non colpevolizzarmi, perché sento che “dovrebbe” essere arrivato per me il momento di crescere, e invece sto prolungando e prolungando ancora la costruzione della mia serenità, perché ho ancora tanta paura, e spesso le mie parole “sagge” si scontrano inesorabilmente con la realtà, ed eccomi di nuovo, ancora, tra le sue braccia ad elemosinare qualche carezza oppure ad avvertire una gelosia devastante quando riceve una chiamata che non so di chi sia, senza occuparmi invece di chi sono io e di quelli che sono i miei obiettivi.

D’altro canto però credo che tutte queste paure, la paura di ri-cadere, la paura di soffrire nuovamente e tanto come in passato, faccia perdere di nuovo e ancora di più il punto di osservazione su noi stesse. Perché se mi osservo con attenzione, nonostante io sia ancora totalmente decentrata e impelagata in un’ossessione, ho cominciato a costruire altre parti di me, a costruirmi a poco a poco quel percorso parallelo di auto-conoscenza, che oggi mi fa essere “diversa” e mi fa reagire diversamente a ciò che mi accade intorno, dandomi la possibilità di ferirmi meno o comunque di reagire diversamente a una stessa situazione, che magari un anno fa mi era totalmente insopportabile. Insopportabile perché non sapevo da dove venisse tutto quel dolore, mentre adesso di quel dolore e di quel sentimento ne ho riconosciute le tracce e ho imparato a riconoscerle e distinguerle.

Non credo che tu abbia combinato un guaio, se è accaduto questo riavvicinameto l’unica cosa da fare è osservarlo, ed è quello che tu stai già facendo, considerando la consapevolezza che hai nel dire: “ma sento anche che è ora di affrontare questo aspetto del problema, ossia il fatto che anche per me dentro al cuore non è finita ed è difficile finirla…”

Non è finita ed è difficile finirla. E’ così, questo mi “rallenta”, ma non posso fare altro che accettarlo e nel frattempo continuare a prendermi cura di me, fino a che il distacco “definitivo” diventi un dolore sopportabile e non devastante.

Intanto ti mando un sorriso e un abbraccio,
Elegys

 

 

Ciao Federica,
chi di noi può dire esattamente cosa è successo?
Ho provato ad immedesimarmi in questa tua dinamica per comprenderti al meglio, ed ho spinto la mente a tempi lontani, quando anche io tentavo disperatamente di staccarmi da storie distruttive, ma mi ritrovavo a cedere spesso e volentieri alle manifestazioni prepotenti delle mie emozioni.

E’ difficile scindere la costruttività per noi stessi e per la coppia dalle emozioni che scaturiscono dalla relazione stessa e che ci portiamo inevitabilmente dentro. O meglio, anche quando si riesce a fare questa operazione, come dici tu, è molto dura resistere davvero al tremore dei nostri sentimenti.
Il problema, per come la vedo io, è che anche in presenza di “oggettiva” (se così si può definire) dipendenza, questo non esclude la presenza di sentimenti ed emozioni.
Sta proprio qui la difficoltà secondo me, nel senso che le dinamiche distruttive alle quali sottostiamo sono le “colpevoli” di innescare un circolo vizioso cui non possiamo resistere, sono quelle che attivano emozioni verso determinate persone o una in particolare, ma appunto: le emozioni esistono, sono state attivate, per quanto non siano ascrivibili entro ciò che l’amore aspira ad essere (rispetto, libertà, comprensione, condivisione ecc.).
Un’emozione forte ed irresistibile per noi, è un’emozione forte ed irresistibile. Non la si può certamente scacciare con un ragionamento razionale, anche se lo si vorrebbe.

Il problema è “disattivare” il meccanismo che ci rende così vulnerabili e “conquistabili” da determinate situazioni e persone, disattivare quel meccanismo così forte che ci fa percepire quell’emozione forte come irresistibile e necessaria per noi. Ma questo è un processo lungo e tortuoso, che include spesso delle ricadute, a volte imprevedibili.

Arrivo al punto.
Io credo che una via percorribile potrebbe essere quella di accettare che la realtà dei fatti attualmente è questa: tu oggi sei ancora quella persona che è catturata da quest’emozione, da quest’uomo, a livello affettivo, e che sente ancora la necessità di abbandonarsi a tutto ciò.
Perchè? Lo devi senz’altro scoprire tu, perchè la risposta è strettamente personale.
Se così è, è chiaro che la questione non è semplice a livello pratico, perché di fatto per te questa persona riesce ad essere davvero pericolosa.
La strada potrebbe essere quella di staccarti “forzatamente” (vista la potenziale gravità dei suoi atteggiamenti) e contemporaneamente lavorare sulle cause più profonde che ancora ti portano istintivamente lì.
So che è quello che già stai facendo, ma forse manca l’accettazione nei confronti di te stessa di non essere ancora giunta al traguardo, ma di essere ancora nella fase dei “lavori in corso” e che questo prevede delle crisi “di astinenza” che ti possono fare inciampare.

Alcuni spunti per riflettere: una via di fuga?
Le vie di fuga possono servire per scaricare stress accumulato in eccesso dovuto ad un comportamento autopunitivo in cui alcune nostre dimensioni sono state represse da noi stessi (in riferimento ad un insegnamento ricevuto in proposito).
Nel momento in cui si attua consapevolmente “repressione” nei confronti di una situazione affettiva che sappiamo ci fa del male (come nel tuo caso), ma non si è superata ancora la causa emotivamente, si viene a creare un conflitto.
Anche perché di fatto si sta tentando di aiutarsi attraverso la stessa dinamica che può aver originato la problematica: la forzatura, l’autocostrizione.
Così si sente ancora la necessità di lasciarsi andare al proprio bisogno che, simultaneamente, ci permette di scaricarci e di soddisfare l’emozione e la spinta ancora esistenti, rispondendo però ad un dettame preciso interiorizzato (un pò come dire: “posso lasciarmi andare, perchè ne ho bisogno emotivamente, purchè questo non pregiudichi l’imperativo sotteso ed originario, per esempio: “non devo essere felice, perchè non lo merito”)

In questo cedimento può centrare anche molto semplicemente una “resistenza”: la paura inconscia ed incontrollabile di prendere davvero una strada nuova e di abbandonare quella vecchia, fatta di schemi che abbiamo scoperto non sono funzionali al nostro benessere, ma a cui ancora rispondiamo in modo reattivo.

Intraprendere sul serio un percorso di distacco dal modo di essere vecchio è qualcosa di duro da accettare e realizzare e porta con sè anche un pò di nostalgia.
La nostalgia di lasciare davvero il mondo della fanciullezza (a livello affettivo) per entrare in un mondo più adulto fatto anche di più responsabilità e di maggiori rinunce.

Non so quanto tutto questo possa avere a che fare con la tua situazione e so che di certo non ti risolverà il problema, ma è quello che mi è venuto in mente anche in riferimento alle mie esperienze passate.
E magari sviscerare alcuni punti un po’ di più, può favorire il raggiungimento di una soluzione, magari non prevista. Spero che riuscirai a trovarla, e nel frattempo spero che questa tua nuova condivisione ti aiuti a continuare a percorrere la strada per te più giusta.

Un abbraccio
Yana

 

Grazie a tutte,
perchè tutte mi fate sentire compresa e non giudicata ed è importante, perchè oggi mi sento già molto in colpa.
E tutte dite cose che esistono dentro di me e mi ci ritrovo, mi danno spunti per riflettere ancora…

Penso che il fatto del bisogno di lasciarmi andare un momento, dopo mesi che lotto non solo con lui ma anche con me stessa per “fare la cosa giusta”, ci sia stato e ci sia.
Mesi di lotta, la cura dal dott, l’ascolto della musico terapia ogni giorno, gli sforzi di reinserirmi in un contesto di socialità dopo tanto tempo.
Tutte cose molto faticose, anche se hanno portato evidenti risultati.

Forse però anche tutto questo forzarmi ed imporre cose a me stessa e a lui è stato duro.
Il bisogno del momento in cui ti lasci andare e non pensi a niente arriva…

Il mio è un legame che dentro di me esiste ancora e continuerà ad esistere.
Ma so anche che è distruttivo.

IL fatto è che ci sono mille implicazioni emozionali: nel momento che sento veramente che sto “lasciando andare”, ossia davvero giungendo alla fine sia per me che per lui, è tuttora molto duro e se proprio in quel momento lui mi cerca, probabilmente mi blocco per questo motivo. Perchè fare il passo successivo significherebbe lasciare davvero definitivamente andare ed emotivamente forse non sono ancora pronta a farlo.

Penso che il legame sia molto profondo e questo rappresenta un ostacolo grande ad andare oltre, sia per me che per lui.
Lui sarà anche bugiardo, disequilibrato, ossessivo ecc., ma penso che anche per lui si tratti, a questo punto, di dipendenza e non di un capriccio.
E’ quasi un anno da quando ho iniziato a dire “basta” e penso che se siamo ancora qui a cadere, evidentemente c’è un legame di dipendenza molto radicato per tutti e due, che tutti e due facciamo fatica a superare, andando finalmente avanti con le nostre vite e lasciando che anche l’altro lo faccia.

Purtroppo però devo trovare il modo di far fronte perchè le conseguenze per me possono essere davvero pesanti e pericolose, come dice Yana.

In effetti oggi mi ha già chiamata, per dirmi di pensare alla possibilità di andare una settimana in vacanza…
E visto che io ho reagito male, dicendo che allora ricomincia tutto come prima e ci eravamo detti di no, mi ha subito accusata di avere un altro…
Insomma la solita vecchia storia, proprio quel delirio che tanto mi distrugge…

E l’ennesima prova che lui non cambia: solo ieri diceva che non si sente più di essere geloso, che ha capito e che non mi accuserebbe più tanto per partito preso, ed oggi eccolo qua…

Ma non gliene faccio una colpa: è ovvio che dopo due giorni così lui mi cerchi, cosa speravo?
I patti chiari del “vediamoci poi ti prometto che ti lascio stare di nuovo” sono frutto del desiderio di vedermi, poi dopo è altrettanto chiaro che quello stesso desiderio spinge molto di più dell’impegno preso.
Non è neppure che mi manchi di rispetoo: sono io che manco di rispetto a me stessa, cosa pretendo da lui?
Lui mi cerca per lo stesso motivo per cui io faccio fatica ad eliminarlo del tutto: perchè ci sono emozioni che non si dominano, peggio ancora se vengono ancor più sollecitate…

LE dinamiche del “vedersi ogni tanto”, come dicevo prima, sono già sbagliate con una persona normale.
Ma con uno così sono boomerang che ti tornano addosso con una forza e violenza ipoteticamente dirompenti…

Ed è inutile che pretenda sforzi da lui, che era riuscito a stare silente per più di venti giorni e 25 senza vedermi..
Se poi però mi cerca e ci sono e per di più condivido con lui momenti nuovamenti belli e intensi, sono IO a dovermi chiedere qual è il mio problema e come risolverlo.
Lui mi cercherà finchè percepirà questo. Che io sono ancora legata a lui dentro di me.
E sparirà quando io non gli darò più questa percezione…

Ma IO come e quando arriverò a questo?
A che prezzo ancora?

Il sentimento c’è, è innegabile.
Ma porca miseria se al mondo c’è un amore sbagliato è sicuramente questo mio!

Lui promette, racconta che ha capito la mia libertà e la mia onestà e oggi è già lì che accusa, solo perchè gli ricordo la situazione che ci siamo ripetuti ieri…

Quindi LUI NON CAMBIA.

E io non reggo una situazione così.
Anche se è una persona che sento dentro di me.

Non so se sia la paura di qualcosa a tenermi ferma.
Non saprei di cosa.

Ma forse invece sì: il VUOTO.
Le uscite, le amicizie, i fine settimana al mare, il lavoro, le piccole cose: tutto bello che da serenità lì per lì.
Ma che non cancella il vuoto.

E allora se tu hai una persona dentro, e quella persona per di più ti cerca con un’insistenza che va avanti nonostante tutto, forse arriva anche il momento che la tentazione di riempire quel vuoto dall’esterno, con quella forma di amore che quella persona è in grado di darti, prevale…

E poi dopo come sempre, la vita presenta il conto.
Per ogni mia debolezza, tutta la vita, ho sempre pagato prezzi molto alti per me.

Ma è inutile il vittimismo.

C’è che ci sono anche attimi in cui, dopo, mi chiedo se davvero non sarebbe possibile un miracolo, un cambiamento, un lieto fine.
Poi un attimo dopo sorrido amara con me stessa, per la mia testarda ingenuità, per il mio modo così triste di credere nell’amore a tutti i costi…

Spero di riuscire a trarre anche da questo passaggio un insegnamento, qualcosa che mi aiuti ad andare avanti.
Perchè è avanti che voglio andare, non di certo tornare indietro..

Grazie del vostro aiuto!

Marrifede

 

“Eppure lui è dentro di me.
Non c’è verso.
Il mio sentimento per lui esiste ed è presente, non è del passato.
Così lo sforzo di non cercarlo sono in grado di farlo.
Ma se mi cerca lui, quando lo fa con modi tranquilli e normali e non con quelli esagerati e squilibrati che tanto mi fanno paura, io ci sono.”
Cara Federica, penso che il nocciolo di quello che stai vivendo sia qui. al momento attuale tu, per tutto quello che hai maturato e compreso della tua storia e di te stessa in rapporto alla tua storia, riesci a non cercarlo. questo non era scontato qualche mese fa e tutto il forum è testimone del grande cammino di crescita che c’è dietro. al momento attuale, però, non riesci a sottrarti se lui ti cerca nei modi che, probabilmente, gli sono stati propri quando la storia è cominciata. penso che molti di noi maldamorati siano allo stesso punto in cui ti trovi tu. ed è per questo, dopo tutto, che siamo ancora qui. lui è ancora dentro di te, probabilmente lo sarà sempre, il problema è, come dici bene, che lo è nel presente, non nel passato.
ieri una cara amica mi ha fatto riflettere sulla forza e l’inganno dei ricordi. i ricordi ti legano alle persone come erano non come sono attualmente. allo stesso modo cristallizzano noi stessi in sentimenti e sensazioni che vorremmo superare ma che ci riproponiamo alimentate dal ricordo.
Penso che la via d’uscita sia, ancora una volta, la consapevolezza di cosa sia il tuo bene, come hai detto benissimo nel tuo intervento, che non significa negare un sentimento che c’è ed è reale. si tratta di “tagliarli” i viveri, non rifornirlo più di emozioni nuove e non alimentarlo coi ricordi del bello che c’è stato. Leggendoti e leggendo gli altri interventi mi sono anche interrogata sulla mia definizione di amore, acnhe a me piacerebbe che l’amore fosse, senza ombre, solo connotato da aspetti positivi, condivisione, comprensione libertà etc (per citare yana) ma per me non è così. non ho conosciuto amore che non avesse lati oscuri, che accanto alla comprensione non mettesse magari un pò di opportunismo, che a fianco della libertà non avesse anche cinismo etc.. l’amore è un sentimento molto “denso” che si ciba di tutto quello che siamo stati e siamo, non mi sento di dire che c’è un modo giusto di amare, nè che nell’amore non ci possa essere negatività odio addirittura… è giusto tendere a un amore che rispetti noi stessi e l’altro, che sia il nostro bene e il bene dell’altro… ma in modo sufficiente. questo l’ho imparato essendo madre e sperimentando l’amore più assoluto che si possa provare per un altro essere umano, cito non so più che psicologo o psicoterapeuta che di questo concetto ha fatto la sua teoria principale, si può solo sperare di diventare madri sufficienti non già buone madri. e se ne deve essere orgogliose! un abbraccio a tutte e a tutti

Zoe29

 

” Leggendoti e leggendo gli altri interventi mi sono anche interrogata sulla mia definizione di amore, acnhe a me piacerebbe che l’amore fosse, senza ombre, solo connotato da aspetti positivi, condivisione, comprensione libertà etc (per citare yana) ma per me non è così. non ho conosciuto amore che non avesse lati oscuri….”

Ciao Zoe,
il tuo intervento mi è piaciuto molto anche perchè secondo me hai toccato in modo molto acuto una questione subdola e difficile da controllare: quella dei ricordi, i ricordi che possono confonderci nel presente.
Ed aggiungo, come hai anche accennato tu, che oltre ai ricordi ci sono i lati “buoni” della persona (tutti ne hanno) che possono riemergere nel presente, ricollegarsi ai tempi “belli”, ed alimentare il sentimento e/o la dipendenza.

Ho riportato questo stralcio del tuo intervento perchè vorrei specificare una cosa. Anche io sono d’accordo che l’amore non sia solo un elenco di belle intenzioni e buoni atteggiamenti.
Le ombre ci sono e secondo me è normale che sia così: chi crea una relazione amorosa sono due esseri umani e gli esseri umani, con tutti i percorsi di autocostruzione che possono intraprendere, rimangono delle creature che contengono sempre e comunque delle ombre, dei limiti e dei difetti.

Ma un conto è non essere perfetti, avere anche dei punti su cui non si è in piena sintonia, attraversare delle crisi (che, per come la vedo io, fanno parte, prima o poi, di una relazione duratura); un altro è il totale non rispetto e la totale insanità di un rapporto.
Credo che il caso di Federica sia una situazione delicata e pericolosa, e probabilmente parlo così anche perchè ho vissuto la sua stessa esperienza.

Quello che lei ha subito e potrebbe subire ancora non sono delle piccole ombre, ma degli abissi che secondo me bisogna imparare a decidere di non sopportare.
Un conto è non cercare ed aspirare all’uomo ed alla relazione perfetti, un altro è accettare di annullarsi per non sentirsi soli, accogliere violeza psicologica e quant’altro pur di non lasciare andare….

Ecco, volevo solo specificare questo perchè non vorrei si fosse frainteso ciò che intendevo.
Una relazione soddisfacente di certo non può contenere solo esperienze e sentimenti “positivi”, ma per me di certo si deve “basare” sul rispetto. Il rispetto implica (in percentuale ed intensità differenti, a seconda delle persone, della storia, dlle esigenze ecc..) libertà, comprensione ecc…
Insomma credo che una relazione, qualsiasi, ci debba fare stare bene.
Questo vale anche e soprattutto proprio se si hanno dei figli.
Poi il modo per arrivare a questo ognuno lo fa a modo proprio, percorrendo il percorso che sente più suo e che riesce ad intravvedere.

Un abbraccio

Yana

 

Ciao Yana,
è proprio come dici tu.
sono consapevole che non esiste l’uomo perfetto e la relazione perfetta, io per prima non lo sono e nessuno può dire di esserlo.

Che l’amore ha anche ombre.

Ma il mio caso purtroppo è un caso limite, perchè ho toccato con mano che le sue “ombre” sono per me devastanti: si tratta non solo di difetti, ma di squilibri che lo portano a non rispettarmi, a invadere la mia testa con la sua gelosia ossessiva che mi aveva portato ad isolarmi dal mondo, lo portano a mentire anche su cose delicatissime, pur di trovare una via d’uscita, sempre in modi manipolatori per me e il mio cervello e le mie emozioni.
Senza contare che lo vedo come una persona che tuttora non è in grado di assumersi una responsabilità.
Continua in fondo a fare come ha sempre fatto, anzi anche peggio.
Non se ne va da quella casa, perchè in fondo non ce la fa, però con l’alibi del dolore e della disperazione, e del fatto che deve trovare se stesso, impone a moglie e figlia un modo di vivere totalmente ai margini, ai confini.
Lui è sempre più assente e distaccato anche dalla vita della bimba, però non se ne va.

E questo non mi da l’idea di alcuna affidabilità e stabilità, se lo guardo come compagno di vita.

E poi questa gelosia che lo porta ad accusare sempre.
A cercare sempre il marcio negli altri…

Se lui cambiasse…
Sì, se cambiasse ci sono lati di lui che indubbiamente mi piacciono e si incastrano con i miei, creando quell’alchimia che ci fece avvicinare tanto all’inizio…
Ma non cambia.
Le persone non cambiano, specie se non ci lavorano con reale esigenza di superare aspetti di se che percepiscono come disequilibri.
E non è il suo caso.

Sì, nella mia situazione io so che se mi lascio andare mi rovino la vita.
Ne ho il terrore e so che ho il dovere per me stessa e verso me stessa di non correre questo rischio.
Penso che è un rischio che, se poi va male, potrebbe annientarmi perchè se già sta volta faccio così fatica, dopo come potrei fare a rialzarmi?

Ma altrettanto sento che, seppure rafforzata, non sono ancora oltre.

A livello emotivo c’è ancora amore e lasciare amando ancora è molto difficile.
Mi è già successo in passato e infatti è stata una storia che ha segnato indelebilmente la vita.
Quella volta però fu più “facile” (se così si può dire), perchè dall’altra parte non c’era un matto.
QUindi dovetti affrontare “solo” il dolore immenso della perdita.

Qui c’è una persona che è squilibrata e dipendente come e più di me.
Tutto è più difficile.

Eppure ho 38 anni ed è necessario che io capisca che questo amore è un lusso che non posso permettermi….

Marrifede

 

Ciao Federica,
quando io ho vissuto la storia che somiglia molto alla tua, ho provato queste tue stesse sensazioni ed emozioni per un bel pò di tempo dopo la rottura finale (che è sopraggiunta dopo mille tira e molla come quelli che descrivi tu).

Anche per me accettare di perdere lui equivaleva a perdere per sempre il “vero amore”, come se stessi rinunciando alle emozioni ed ai sentimenti più forti e vivi che potessi provare.
Non sai quanto ti comprendo e leggendoti mi viene in mente tutto.
Questa è anche una caratteristica abbastanza normale e comune di quando si deve accettare il distacco da una persona per la quale ancora proviamo delle emozioni.

Quando si ama qualcuno, o comunque si sono condivisi esperienze e sentimenti che ci hanno toccato e coinvolto profondamente, si identifica questa persona con l’amore e questo dura fintanto che queste emozioni persistono.
Ci sono persone che vengono picchiate violentemente dai loro compagni per anni, che non riescono a lasciarli e che, a dispetto delle vere motivazioni che stanno sotto a questi rapporti insani, continuano a sostenere che non lo fanno perchè, nonostante tutto, “li amano”.

Un mese dopo la rottura definitiva con il mio ex, io ero ancora distrutta e pensavo ancora a lui.
Ricordo che pensavo, e scrivevo anche, che per il mio bene avevo rinunciato a lui, ma che sicuramente non avrei mai vissuto un amore più forte e che l’amore per me era finito.
Non è stato assolutamente così, anzi.
Anni dopo l’ho rincontrato e ti assicuro che ho provato rifiuto, assolutamente nessun tipo di attrazione o forte emozione nei suoi confronti, forse un pochino di pietà (brutta parola) per aver notato che era rimasto dove lo avevo lasciato e non aveva fatto nessun passo avanti per recuperarsi.

Ma dopo quell’incontro sono andata avanti con la mia vita come prima.
Poi tutte le storie sono diverse, non è dtto che la tua debba finire esattamente come la mia, e ci sono altre persone, magari meno disturbate di lui, che mi sono invece rimaste dentro molto di più.
Però mi riconosco in tutti i moti che descirvi riguardo a lui, compresa la connessione che fai dell’amore con la sua presenza nella tua vita e tutti i pensieri e le destabilizzazioni che ne conseguono.

Dopo aver sofferto molto per le sue violenze e poi per la sua mancanza (sembra assurdo, ma è proprio così), quando sono riuscita a riprendermi davvero, nè lui nè il suo pensiero riuscivano più a sconvolgermi nè mi sucitavano desiderio, pensieri d’amore o forti emozioni.
Anzi, ho provato per un pò di tempo paura, rifiuto, rabbia.
Alla fine tutto è diventato indifferenza e a pensarmi come ero nel periodo che lo frequentavo, quando ERO CONVINTA che nonostante tutto lui fosse l’uomo della mia vita, mi sembra di essere un’altra persona.

Mi colpisce molto quando scrivi che sicuramente non smetterai mai di contenere dentro di te queste emozioni per lui, perchè è la stessa cosa che pensavo io.
Ripeto che magari non ci sarà lo stesso epilogo, ma di certo non puoi ragionare col “per sempre” riguardo al futuro.
Non pensare al “mai più”, perchè non lo sai quale evoluzione potrai avere tu e nemmeno le tue emozioni attuali.
Ora le tue emozioni sono collegate fortemente non solo a lui, ma anche a quello che sei tu oggi e che non è lo stesso di ciò che potresti essere domani.

Questo per dirti che anche se non posso prevedere il tuo futuro, posso di certo dirti che quella mia esperienza del passato, molto simile alla tua nelle esperienze e nelle emozioni, nel tempo è stata superata in toto e che oggi io sto bene e non mi condiziona più.
Ma per arrivare a questo ho passato un anno molto travagliato, ho sofferto tanto e mi sono sentita per lungo tempo proprio come te.
Spero questo possa infonderti un minimo di speranza.

Un abbraccio forte

Yana

 

Grazie Yana,
lo so che col tempo si supera il peggio.

Forse a me spaventa vedere che il tempo per ora è contato un po’, ma non abbastanza…

Ossia: ad agosto sarà un anno che io ho iniziato a dire il basta, lo ricordo ancora.
Dopo avere sofferto come un cane tutti i mesi precedenti, andai dal dottore e feci il punto della situazione.
E poi dissi il mio basta.

E da lì scaturì tutto il delirio che sai.

E allora vedere che a distanza di quasi un anno sono ancora messa così, mi sgomenta, mi fa paura non più tanto di lui, ma proprio di me stessa.
Perchè a livello emotivo evidentemente c’è un legame fortissimo che ancora son ben lungi dall’avere supereato.

E questa precoccupazione aumenta se penso che, nel frattempo, ho concretamente compiuto passi avanti e, grazie anche alla terapia, ho iniziato un percorso di recupero della mia serenità che mi ha portato anche ad un reale miglioramento sia dei miei stati d’animo che della qualità della mia vita…
E allora a maggior ragione mi chiedo perchè tutto questo non sia stato e non sia ancora sufficientemente rafforzativo per me, per le mie determinazioni, quando è di tutta evidenza quanto è diversa la mia vita con lui dentro o fuori di essa…

Questo mi preoccupa e mi amareggia per me stessa, ripeto, ormai più che per lui…
E’ come se tutti gli sforzi che ho fatto li vedessi non dico vanificati, ma certo sviliti se il risultato è ritrovarmi fra le sue braccia…

Eppure lo so che le cose che dici sono vere.

Lo so razionalmente ma evidentemente emotivamente c’è stata e c’è una battuta d’arresto o non so bene come chiamarla, c’è un disagio dentro che devo in un qualche modo affrontare…

Grazie per il tuo sostegno!

Marrifede

 

Cara Federica solo in questa altalena fra piani diversi, razionalità, sentimenti, nuove consapevolezze, cadute, affermazioni, si cresce. e tu lo hai già fatto tanto! è una “danza relazionale” che non finisce mai, io sento da quello che dici e da come lo dici che tu sei già molto distante da questa esperienza, questo “tornare indietro” può servirti per prendere lo slancio per allontanarti ancora di più da quella esperienza e da quella persona. credi in te e nel tuo personale progetto di vita, in definitiva è quello il punto cardinale a cui restare ancorati, un abbraccio pieno di stima e di affetto

Zoe29

 

E’ come se tutti gli sforzi che ho fatto li vedessi non dico vanificati, ma certo sviliti se il risultato è ritrovarmi fra le sue braccia

Comprendo la sensazione, è legittima.
Ma la realtà dei fatti, come la tua stessa situzione (interiore e relazionale) ti dimostra, non è così lineare e scontata.

I tuoi sforzi non sono di certo vani, e nemmeno la tua continua introspezione e il tuo modo di riappropriarti piano piano di una vita più serena ed in un certo senso più adatta a te.
I passi che fai ti stanno dando delle piccole grandi soddisfazioni, comprese non solo le esperienze che hai accettato di accogliere nella tua vita quotidiana, ma anche le relative sensazioni di bellezza e libertà di cui ci hai resi partrecipi non molto tempo fa.

Tutto questo è il segno che qualcosa sta cambiando, ma nella vita non è come nei film americani, dove nel giro di due ore di riprese il protagonista passa da un passato infuocato ad un lieto fine definitivo ed assoluto grazie a qualche seduta dallo psicoterapeuta e magari qualche visitina ad un gruppo di autoaiuto
Nella realtà tutto è molto più complesso, articolato ed intrecciato.
Mentre si fanno passi avanti, la vita continua ed è comunque difficile tenerle testa, perchè ci sono mille cose cui far fronte, compreso lo stress quotidiano dovuto non solo al nostro particolare problema, ma a tante altre cose (sentimenti, implicazioni, ricordi, imprevisti, momenti di debolezza, doveri, responsabilità, paure, incostanza dell’umore, ecc..)

Il nostro modo di interagire con la vita non cambia certo da un giorno all’altro: sono tutte cose che sai, ma io te le voglio ricordare
Mentre procediamo, abbiamo bisogno di continuare a vivere, e non è che solo perchè stiamo procedendo e sforzandoci di pensare a noi stessi in modo più costruttivo, questo ci riesce automaticamente in modo perfetto ed immediato.
La ricostruzione di noi stessi abbiamo detto tante volte che si esplica attraverso un percorso. La durezza di questo percorso non è solo rappresentata dal tempo e dal dolore, ma anche dalle cadute, dai tentativi che falliscono, dalla debolezza che sopraggiunge (in alcuni momenti più di altri, è normale) e dalle resistenze che ci inducono sempre in tentazioni e che molte volte, purtroppo, quando non siamo ancora abbastanza forti, vincono.
Ma non essere ancora abbastanza forti, non vuol dire che non abbiamo fatto passi avanti, tutt’altro.

Senza contare che poi durante la vita, e durante la crescita, si imparano molte cose, se ne acquisiscono tante altre, ma ognuna a suo tempo. Non necessariamente tutto si evolve contemporaneamente, ed inoltre ciò che abbiamo appreso su di noi necessita anche di un certo periodo per essere digerito ed interiorizzato.
Stai riprendendo contatto con le belle sensazioni che puoi sperimentare anche senza di lui. Questo non ti ha fatto allontanare completamente dal bisogno e dalla tentazione di lui? Ebbene, ciò non deve indurti a pensare che allora sei allo stesso punto in cui eri prima.
Datti tempo, ancora, non pensare di aver fallito perchè non è così.
Tra il completo distacco e la completa ed inconsapevole dipendenza ci stanno delle vie intermedie e tu le stai attraversando.
Ci vuole costanza e pazienza e tutte le cose “piccole” che ti stai costruendo sono la base per poter essere più forte domani. Nel frattempo qualche caduta è praticamente normale, forse prevedibile.
E continuerà ad insegnarti qualcosa, non solamente in termini razionali, ma anche per quanto riguarda il tuo bagaglio emozionale ed esperenziale.

Quando la mia storia devastante è terminata, non senza conseguenze, in seguito non ho più desiderato contatti con lui nè ho ripetuto un’esperienza simile sotto molti aspetti. Ma sotto altri aspetti ho continuato a relazionarmi (con altre persone) in maniera prima inconsapevole ed insana, poi insana ma consapevole. Poi si è spezzato qualcosa, è nata una consapevolezza ancora nuova su di me, sulla mia vita, sono andata ancora in profondità, ho accettato di dialogare con alcune parti profonde che mi facevano paura come il mio senso di solitudine, e molto altro ancora..
Insomma, sono ancora in cammino, ma guardandomi indietro non posso certo dire di essere la stessa persona di parecchio tempo fa: mi sento non solo più consapevole, ma molto arricchita, più forte, più coraggiosa e più serena, nonostante le continue umane crisi che ogni tanto attraverso.
Questo per dirti che ognuno cammina sulla propria strada in modo personale ed assecondando le sue parti più intime, che non sono mai identiche a quelle degli altri, ma se decide di farlo, progredisce sempre.
Io l’ho fatto attraverso diverse relazioni, dove ho dovuto affrontare differenti aspetti del mio problema, tu magari stai facendo gran parte del lavoro tramite una sola relazione, ma questo non implica assolutamente un fallimento.

Ti sono vicina in questo momento di crisi

Yana

Le vostre osservazioni esterne, sul percorso fino ad ora fatto, mi sono di conforto.

Si sa che nei momenti difficili si tende a vedere tutto nero e le cose positive scompaiono o almeno si fanno piccole piccole ai nostri occhi.

In realtà io lo sento di essere andata anche avanti .
In due mesi e mezzo ho realizzato un’apertura e riaccarezzato il senso di libertà e benessere che erano veramente insperati sino a poco prima.
Se penso a quanto mi sentivo annientata e senza più la voglia e la forza di niente, capisco che i miei sforzi a qualcosa sono serviti…!

Forse per questo sono un po’ delusa da me stessa: io ho la tendenza a pretendere un po’ molto da me, e questi scivoloni mi fanno arrabbiare.
Anche perchè mi viene da dire che proprio in una fase positiva, in cui non sono più sola e isolata come prima, in cui sento la possibilità di una vita serena e piacevole per me, in cui ho toccato con mano la differenza fra con lui e senza di lui e ho avuto conferma che senza è meglio…
Proprio qui vado a cadere?
Capisco quando sei più sola e indifesa, ma ora…

E allora affronto il fatto che il mio sentimento è vivo e vegeto, annidiato nella mia pancia come un piccolo parassita che vive di vita propria in parallelo alla mia vita e nutrendosene anche quando non me ne accorgo…

PEnso anch’io che sia tutto un fluire, questa benedetta vita.
In cui l’attimo determinante non è mai un miracoloso bagliore, ma frutto di tanti altri attimi, ore, giorni, a volte anni di cammino..

Questo momento mi insegna qualcosa ancora di me stessa.
Della mia fragilità.
Del mio essere donna (anzi, il mio dottore diceva che sono femmina, non donna!) che vive anche di emozioni e sentimenti, a causa o grazie alla mia natura molto molto sensibile che mi ha portato tanti dolori, ma certo mi ha donato anche di assaporare tante emozioni belle e di sentirmi viva. E non posso negare le mie emozioni tanto arrivano e dirompono quando poi meno me lo aspetto.

Del mio sentimento per quest’uomo che è per ora ancora presente, forse legato a ricordi e nostalgie, forse amplificato da attimi che vivi e neanche ti accorgi, ma ci sono.
Ma è presente.

Mi insegna anche che c’è ancora tanta strada da fare e un altro aspetto importante di me da approfondire: la mia difficoltà di sempre a chiudere i rapporti senza voltarmi indietro.
Questa non è la prima volta che, con la storia già finita e per mio volere, mi trovo a rivedere “ogni tanto” l’ex, trascorrendo momenti intensi, senza che ciò porti a niente senon a prolungare ed allungare il legame.
Siccome questa caratteristica tende a ripetersi in modo “seriale” nelle mie relazioni,anche questo forse è giunto il momento che io lo affronti e comprenda perchè, se voglio che questa volta sia diverso.

E con umiltà accetto che la mia fragilità può portare anche me a cadere, a vivere debolezze e insicurezze e non per questo non posso rialzarmi…

Forse ho tanta paura che la ricaduta di un attimo porti conseguenze ben peggiori, sia per come sono fatta io che per come è fatto lui. La paura è quella di non saper far fronte al momento e magari lasciarmi travolgere, mi terrorizza questa idea…
Però sono qua a parlarne proprio per scongiurare questo e darmi tempo di accettare il momento senza che le conseguenze si propaghino.
Spero che saprò davvero fare di questo momento un altro piccolo passo avanti e non una caduta libera in un precipizio!

Il forum come sempre è fonte non solo di comprensione e speranza, ma anche di aiuto concreto ad affrontare le situazioni..

Grazie a tutte di questo sostegno!

Marrifede

 

Due considerazioni: non sentivo lì per lì, quando lottavo per allontanarlo da me, di reprimere i miei sentimenti.
Mi pareva anzi di ricominciare a dare ascolto ad un amore più sano e veritiero: ossia quello per me stessa.
Sapevo di provare ancora amore per lui, ma era un amore privato di componenti essenziali: speranza, che è stata la prima che ho perso, poi fiducia, capacità di credere, stima, rispetto.
Quindi era un amore svuotato.
Ne restava la compoenente irrazionale, la emozione forse più per un sogno d’amore accarezzato nel primo anno bello e che vedevo infrangersi contro i muri di realtà che percepivo come ineluttabili…

Più che repressa, la componente dei sentimenti si era ridimensionata da se, senza uno sforzo mentale particolare in tal senso.
Anche perchè lui coi suoi comportamenti invasivi e manipolatori mi ha costretta ad una estenuante lotta per mesi e mesi semplicemente per sopravvivere, per sottrarmi finalmente a tutto ciò e ricominciare la mia vita.
Ho passato tanto tempo a lottare contro di lui, perchè quella era l’urgenza del momento, che non avevo semplicemente attenzioni per i miei sentimenti.
Era necessario pensare ad altro, a come andare avanti, a come liberarmi..

Finalmente ricomincio a vivere.
Due mesi e mezzo di libertà.
Lui che si fa vivo ogni tanto ma meno, sempre meno.
IL che mi permette di respirare.
Di conoscere di nuovo le sensazioni di serenità e libertà, di vita normale.

Ricordo che il 15 giugno me lo sono trovato sotto casa ad aspettarmi, dopo tanto tempo che non lo faceva.
E che lì per lì mi ero arrabbiata, ci ero stata male, mi ero anche avvilita.
Ma durò un giorno.
Poi ricominciai a spegnere il telefono e fare la mia…
Perchè si era trattato della ennesima sua manifestazione invasiva nei miei confronti, si era di nuovo manifestato per quello che era stato sino ad allora: gelosia ossessiva, mancanza di rispetto ecc.
Il tutto quindi mi aveva confermato nelle mie determinazioni…

Invece dopo sono seguiti 20 giorni di silenzio assoluto.
E io quando lui sparisce devo sempre affrontare il fatto che davvero non c’è più.
Che potrebbe essere la fine, sta volta.
E fa male.
Quindi i pensieri malinconici alla distanza arrivavano.
MA come qualcosa di necessario da superare per andare avanti ancora..

Poi lui si è fatto vivo e questa volta non invasivo, non con la sua solita mancanza di rispetto,col suo delirio.
Ma con toni dolci e rispettosi.
Mi ha chiesto di vederci,non me lo ha imposto.
Gli ho chiesto tempo per pensarci e lui me lo ha dato, senza tempestarmi di telefonate ansiose come sempre.
E così ho accettato.
E nel vederci è prevalsa la componente positiva del nostro rapporto, probabilmente perchè quella distruttiva l’abbiamo tutti e due voluta tenere a bada…

Insomma penso che è stata risvegliata la parte di me che lo ama, forse perchè lui si è proposto e dato a me non coi modi che me lo hanno fatto odiare (la rabbia di cui ti parlavo ieri), ma con quelle caratteristiche che me lo hanno fatto amare…

E ora forse lui ha più coraggio nel lasciarmi stare perchè ha percepito che se non devo combattere ogni giorno solo per un po’ di pace, può anche darsi che l’amore torni in superficie….

Marrifede

 

non sentivo lì per lì, quando lottavo per allontanarlo da me, di reprimere i miei sentimenti.

Più che repressa, la componente dei sentimenti si era ridimensionata da se, senza uno sforzo mentale particolare in tal senso.

Ho passato tanto tempo a lottare contro di lui, perchè quella era l’urgenza del momento, che non avevo semplicemente attenzioni per i miei sentimenti.
Era necessario pensare ad altro, a come andare avanti, a come liberarmi..

Ciao Fede,
ho voluto portare l’attenzione su queste tue riflessioni.
La mia personale sensazione è che ci sia stata, come dice Innuendo, una qualche repressione dei sentimenti.
Purtroppo a complicare tutto, nelle situazioni già difficili di per sè, è il fatto che non tutte le nostre azioni sono coscienti, quanto meno nel momento in cui le stiamo sperimentando.
Questo avviene quanto meno si sono superate realmente le dinamiche legate alla situazione, o che la situazione in qualche modo ci risveglia.
Peggio ancora se il vissuto è condito da quell’urgenza impellente di salvaguardare la propria vita, o comunque di affrontare problematiche concrete e pericolose.
Secondo me la verità sta, in parte, in ciò che hai detto tu nelle righe che ho riportato: hai dovuto affrontare un momento in cui c’era l’urgenza di un distacco perchè eri ormai lucidamente consapevole della pericolosità del rapporto. Questa ricerca del distacco è in qualche modo diventata, volente o nolente, la tua priorità, che corrisponde a quell’istinto di sopravvivenza a cui, con parole diverse, alludi sopra.
Almeno secondo la mia percezione.
Questo ti ha portata a “non avere attenzioni per i tuoi sentimenti”, come hai detto tu, quindi ad accantonarli per un pò, per consentirti di concentrarti davvero su ciò che razionalmente avevi concepito essere la cosa “giusta”.
Accantonare i sentimenti non vuol dire superarli.

La razionalità, molto utile in questo caso per affrontare la necessità prima rispetto alla tua incolumità, non va di pari passo con l’emotività.
Quando un tossicodipendente smette di assumere droghe perchè questo è ciò che gli viene prescritto in comunità e che lui ha compreso essere una cosa pericolosa, il bisogno ed il desiderio nei confronti della droga non lo abbandonano immediatamente e per ottenere questo egli deve affrontare un lungo percorso interiore.

Può darsi che dopo una sbornia quasi letale un alcolista si spaventi e decida di mettersi in salvo da se stesso e dall’alcol buttando nella spazzatura tutti gli alcolici presenti in casa.
Ma finchè non avrà elaborato le cause che lo portano al bisogno del bere, molto probabilmente prima o poi andrà a comprarsi altre bottiglie.

Anche volendo non considerare per un attimo la dimensione “insana” di questo rapporto e delle dinamiche implicate, la stessa cosa accade anche con i sentimenti.
Non considerarli, negarli, accantonarli, non conduce all’estinguerli.
Molto spesso anzi, questi tornano più violenti. Bisogna affrontarli di petto, e ci vuole tempo.

Poi..prova ad immaginare se una bottiglia d’alcol potesse parlare e dicesse a chi ha bisogno di lei “da oggi ti prometto che ti offrirò solamente gli effetti divertenti di me e non più quelli distruttivi!”
Sarebbe invitante no?

Un abbraccio Fede..

yana

 

..ti ringrazio anzi tutto perchè mi hai fatto sorridere, all’idea della bottiglia parlante!

Sì, in fondo io ho sempre detto e ripetuto e pensato dentro di me che io lasciavo per necessità, a causa della distruttività delle dinamiche del rapporto, poichè così tanto lesive del mio equilibrio.
Per necessità perchè avevo capito che non c’era speranza comunque di vita nè comune nè serena, per noi due…
Non certo perchè fosse finito l’amore.

Ho messo tutte le mie forze per riuscire a staccarci e a riprendermi un po’ della mia vita e della mia serenità.

Ma l’amore non se n’era andato, altrimenti quel telefono che rappresenta il mio legame con lui (visto che ne ho un altro con un altro numero da mesi…!), non mi sarei limitata a tenerlo sempre più spento, specie quando ero fuori casa: lo avrei buttato.
Ma buttarlo significava perdere ogni legame.

Ed evidentemente non ero e non sono ancora pronta…

Ed eccolo qua, il sentimento, che mi fa confondere e tremare di paura.

Meglio così: forse questo momento doveva arrivare.
Lo devo affrontare.
Accettare che provo ancora amore e capire che cosa farne, di questo amore…

I rischi che sono in gioco li sanno anche i muri, ormai, ma al cuore e all’istintualità e al desiderio dei rischi non importa un accidente!
Il cuore sente e basta…

IO non so e non saprò mai cos’ha nella testa lui: forse ha ragione Innuendo, forse anche lui ha capito che ottiene di più così, lasciandomi anche in pace, e che in questo modo in ogni caso anche lui sarà sempre sollevato dal fare la scelta che tanto non saprebbe fare. A maggior ragione visto che gli dico che i problemi sono tanti, anche se lui si separasse…

Ma quel che pensa e sente lui non mi aiuterà a capire che cosa sento e desidero io PER IL MIO BENE.

Però mi rendo conto che devo affrontare anche questo momento con tutta la confusione che porta, ascoltare la componente emozionale che è rimasta inascoltata e sopita per troppo tempo.

Sono convinta che mi servirà in ogni caso per andare ancora avanti, anche se spero che questo non abbia il prezzo di altri errori e sofferenze troppo devastanti…

Infatti mi chiedo: in un caso così, ascoltare il cuore vorrebbe dire dare spazio di nuovo al rapporto e vedere che succede?
Eppure sappiamo tutti che sarebbe pericolosissimo per me.
E allora se io ascolto il segnale di pericolo e razionalmente evito e sopprimo, metto di nuovo a tacere quella componente che oggi esplode proprio perchè troppo a lungo soffocata…

Non è facile…

marrifede

Ciao ragazze,
mi viene da dire che questi legami sono la risonanza dei vostri legami con le vostre ferite (quelle che riguardano voi stesse) e che quindi vanno di pari passo.
Niente di nuovo, lo so, ma per dire che ognuna di voi, a modo suo, sta percorrendo un percorso in questo senso e quindi prima o poi, passo per passo, ne potrà uscire.

Certo non si può prevedere il futuro, nè a mio parere è costruttivo “giustificare”, procrastinare o scrivere le regole del percorso valide per tutti.
Però fare un respiro, “concedersi” di non essere ancora uscite emotivamente dal tunnel e non essere eccessivamente dure con se stesse, quello sì.

Ci vuole tempo, l’importante è utilizzarlo al meglio questo tempo.
Se ci mettete 1 anno a lavorare parallelamente per voi, ma lo fate, questo anno sarà stato costruttivo e non “tempo perso”. E sarà “propedeutico” all’allentamento di questi legami.
Lo stesso anno fingendo di non vedere il problema sarà stato probabilmente meno costruttuivo.
Lo dico perchè penso a me stessa anni fa e a quante volte ho ignorato certe “cose” che stavano dentro di me: in questo modo ho solo permesso loro di perseguitarmi; ogni tanto, quando meno me lo aspettavo, ritornavano a galla e mi distruggevano.

I sentimenti, le paure, le ferite, gli squilibri interiori e gli eventi e le storie della nostra vita sono tutti interconnessi.
Non si può pensare di sfuggire ad alcuni di loro e di migliorare il corso della propria vita.

Allo stesso tempo non si può pensare di superare le proprie paure e i propri disequilibri in modo immediato o semplice.
Già decidere di farlo è una scelta coraggiosa e non così comune.

Io vi auguro di sciogliere al più presto tutti i vostri conflitti più radicati, primo fra tutti quello di pretendere “tutto subito” da voi stesse.
So bene che molte di voi sono alle prese da molto tempo con questi legami che non si riescono a dissolvere, ma non vedo, oggi, alcuna strada alternativa se non quella di procedere per passi.
Evidentemente è solo da relativamente poco tempo che avete preso coscienza di alcuni aspetti legati a queste storie e che avete cominciato a sentirli emotivamente, quindi tutto il resto avverrà, con il vostro impegno certo, ma non si possono saltare tutte le fasi intermedie sia di consapevolezza che di evoluzione emozionale.

Se siete ancora qua ci sono delle motivazioni, probabilmente diverse per ognuna di voi, è su quelle che secondo me dovete lavorare di più.
Accettate di avere questa debolezza e anche che questo comunque non fa di voi dei mostri (neanche dei “rispettivi”, però, se mi posso permettere..).
Altrimenti è come ripetersi di volersi bene ma continuare a mettersi in punizione e prendersi le mani a bacchettate per ogni errore.

Un bacio

Ps. Fede..sono contenta di averti fatto sorridere..vedo che gli “oggetti parlanti” non funzionano solo con i bambini!!

Yana

Ciao Yana,
concordo sul fatto che non si deve aspettarsi così tanto da noi stesse e soprattutto che occorre continuare incessantemente ad analizzare i motivi profondi del nostro così complesso modo di vivere ancora questi legami…

Anzi,ti dirò che ieri sera, ad esempio, mi sono detta che ok, ora è un’altra fase che affronto e se smetto di torturarmi per trovare una soluzione immediata, il tempo e la mia ricerca mi porteranno là dove devo andare..Dopo stavo già meglio e la serenità devo dire, anche in questi giorni turbati, non mi ha abbandonata…

Tuttavia a volte l’urgenza si fa sentire più forte.
Nel mio caso, posso dire che penso di avere talmente paura delle conseguenze di gesti d’impulso, di come potrebbero di nuovo rosicchiarmi la vita, che mi sento di dover far qualcosa subito per evitarmi ilpeggio..
Nel senso che nel mio caso, sapendo le dinamiche malsane in cui tutti e due siamo stati per tanto inghiottiti, non posso dire “lasciamo andare le cose e vediamo”: lo sperimentare le emozioni e viverle fino in fondo, nel mio caso potrebbe essere devastante…
Di qui la sensazione di dover far qualcosa subito per evitare tutto questo…

E nello stesso tempo però, capisco che facendo così le cose non si chiariscono.
Nel senso che dovrei davvero sentire il mio bene e non impormi ancora cose in nome della sopravvivenza…
Non è facile..

Ma le sensazioni sono tutte sintomatiche di qualcosa che è in noi: nel mio caso il sentimento risvegliato, ma certo anche questa paura che sento di ritrovarmi di nuovo a terra è una sensazione altrettanto forte…

Penso solo che vorrei sentirmi libera di sentire le cose e magari sperimentare, come fa lui, che non filtra mai fra cuore e azioni (nei miei confronti, per lo meno), senza porsi il problema delle conseguenze.

Invece io me lo devo porre e a volte è questa l’ansia di risolvere che mi prende…

Marrifede

Ciao Fede,
lo so bene che “non è facile”.
La prima persona qui dentro che ha preteso e che per certi versi ancora tende a pretendere troppo da se stessa..sono io!
Proprio comprendendolo, lavorando ed affrontando questa cosa, cercando di scorgerne le cause ma anche di invertire questo atteggiamento così automatico per me, ho iniziato ad intravedere un’ “apertura”.

L’apertura è verso me stessa, perchè è proprio di questo che ho (abbiamo) bisogno in fondo.
Alla radice di tutto c’è una chiusura verso se stessi, per ognuno sviluppata attraverso vissuti intimi e diversi da quelli degli altri.
Questa secondo me è la chiave e l’inizio di tutto. Un vero percorso di ricostruzione non può esistere senza accoglienza ed apertura verso di sè.
Certo questa può non arrivare subito, può costituire uno dei traguardi, dopo aver lavorato su altro, ma quando ci si comincia ad arrivare diventa il vero inizio.
Perchè da lì in poi tutto cambia, anche il dolore stesso, che non si può smettere di incontrare nella vita.

Prima parlavo in generale, ma riferendomi a te, sono d’accordo: come ho detto altre volte, concordo sul fatto che la tua situazione è palesemente intrecciata con reazioni per te pericolose da parte dell’altro.
Per questo necessita, nella misura in cui ci riesci, di soluzioni a volte un pò drastiche.

Non consiglierei mai ad una donna che subisce violenza (di qualsiasi natura sia) di “lasciare che le cose vadano come devono andare e..poi si vedrà”.
Il mio discorso era un pò diverso e si riferiva ai sentimenti.
Credimi, ci si può allontanare fisicamente da una persona, magari aiutate, per proteggere la propria incolumità (se si vuole), e nello stesso tempo continuare ad accogliere il sentimento ed il legame dentro di sè.
Per il semplice fatto che “rifiutarlo” o “rinnegarlo” (peggio ancora “negarlo”) non porta ad un vero distacco emotivo e ad una vera elaborazione. E in questo modo si protrae la sofferenza e si procrastina la guarigione di sè.
Certamente questo “non è facile”, è proprio questo il punto: che per affrontare davvero i problemi di strade facili non ce ne sono.
L’elaborazione e il superamento prevedono sempre sofferenza, anche se poi pagano più delle scorciatoie.
Queste ultime danno la sensazione di ristoro momentaneo, ma continuano a trascinare nelle nostre vite gli stessi mostri con cui stiamo combattendo.

Accogliere la debolezza ed il dolore vuol dire non rifuggirli quando emergono, ma questo è un processo che si fa con se stessi e non si traduce necessariamente nella frequentazione concreta dell’altro.
E questo è sicuramente un atto che prevede coraggio e pazienza perchè è estremamente doloroso.
Per meglio spiegarmi ti faccio l’esempio di una cosa che mi tocca profondamente da vicino, anche se preferisco non esplicitarla perchè non mi va di renderla pubblica.
Io sto combattendo con un legame che dentro di me è molto vivo da anni e dal quale molte volte ho pensato di poter fuggire dando il classico colpo di spugna.
Così facendo, in realtà, ho permesso a questo legame di perseguitarmi. Di tanto in tanto si fa sentire ed in modo molto violento.
Molto probabilmente questo è un legame che non si estinguerà mai, ma io posso scegliere di conviverci in modo sereno e quindi ridimensionarne la “drammaticità”, accettando anche che c’è e che non c’è nulla di male in sè se persiste, oppure di accanirmi nel volerlo cancellare.
Compiendo questo lavoro di accettazione sto imparando a ridimensionarlo e a fare in modo che non mi condizioni nel raggiungimento del mio benessere.

Non so se mi sono spiegata..

Un bacio

Yana

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

CODIPENDENZA

Amare una persona è…

Averla senza possederla.

Dare il meglio di sé senza pensare di ricevere.

Voler stare spesso con lei,

ma senza essere mossi dal bisogno di alleviare la propria solitudine.

Temere di perderla, ma senza essere gelosi.

Aver bisogno di lei, ma senza dipendere.

Aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine.

Essere legati a lei, pur essendo liberi.

Essere un tutt’uno con lei, pur essendo se stessi.

Ma per riuscire in tutto ciò, la cosa più importante da fare è…

accettarla così com’è, senza pretendere che sia come si vorrebbe.

OMAR FALWORT

 

Varie sono le definizioni della codipendenza che ci sono succedute nel tempo, a seconda anche del settore in cui la si studiava (prevalentemente quello della tossicodipendenza ed alcolismo). Personalmente ritengo che parliamo di

Codipendenza è quando una persona fà in modo che sia influenzata in modo eccessivo dal comportamento di un’altro ed al contempo cerca di controllare in modo eccessivo quello stesso comportamento.

L’altro può essere una qualsiasi delle persone significative della propria vita: marito, genitore, figlio, amico. Quest’ “altro”, solitamente è affetto a sua volta da qualche forma di dipendenza patologica.

Il concetto di codipendenza nasce nel campo della tossicodipendenza ed alcolismo. Si notava come molti partner degli alcolisti e tossicodipendenti tendevano sia a ripetere copioni passati (la presenza di un genitore con la stessa dipendenza del partner) che a mettere al centro della propria vita il benessere e la salvezza dell’altro.

Taluni studiosi estremizzano la codipendenza arrivando a definirla una vera e propria patologia psicologica, cronica e progressiva. In questi casi i codipendenti necessitano di relazionarsi con persone dipendenti per un’insana forma di benessere. Scelgono ad esempio un’alcolista, perchè quest’ultimo necessita anche di un salvatore, e dipenderà dal codipendente. Anzi, a volte, se riescono nel loro ruolo di salvatori, la relazione finisce, e cercano subito un altro da salvare.

Entrando nello specifico le caratteristiche del codipendente sono:

  • concentrano la loro vita sugli altri
  • la loro vita dipende dagli altri
  • cercano la felicità fuori da sé
  • aiutano gli altri invece che se stessi
  • desiderano la stima e l’amore degli altri
  • controllano i comportamenti altrui
  • cercano di cogliere gli altri in errore
  • anticipano i bisogni altrui
  • sono attratte dalle persone bisognose d’aiuto
  • attribuiscono agli altri il proprio malessere
  • si sentono responsabili del comportamento altrui
  • sopportano sempre più comportamenti altrui che non avrebbero sopportato in precedenza
  • avvertono sintomi d’ansia e depressione
  • hanno una paura ossessiva di perdere l’altro
  • sviluppano sensi di colpa per i compartamenti sbagliati dell’altro
  • provengono spesso da famiglie con esperienza di codipendenza

L’elenco è lungi dall’essere esaustivo. Ma già dall’elenco di queste caratteristiche vediamo molti punti in comune con le dipendenze affettive e relazionali. La differenza di fondo è che nelle dipendenze affettive non sempre c’è un partner problematico come nella codipendenza.

La codipendenza può essere anche caratterizzata come una relazione disfunzionale di tipo simbiotico. Tale tipo di relazione si viene a creare quando uno o entrambi cercare nell’altro la compensazione delle proprie carenze, dei propri bisogni insoddisfatti, al fine di sostenersi reciprocamente. Ad esempio chi è maggiormente istintivo cerca persone che hanno sviluppato maggiormente l’aspetto razionale e viceversa. In questo modo ci si illude che l’altro è fondamentale per il proprio equilibrio in quanto compensa nostre carenze.

Se uno dei due decide di “evolvere”, cioè di superare o compensare i propri bisogni, l’altro si sente inevitabilmente tradito e abbandonato, in quanto sente il venir meno di quella relazione che lo faceva sentire al sicuro. Infatti questo tipo di relazione disfunzionale come tutte le relazioni simbiotiche non prevede cambiamenti, ma equilibrio, staticità, dipendenza.

Per superare tale relazione disfunzionale bisogna innanzitutto riconoscere l’esistenza di bisogni insoddisfatti che causano tali comportamenti errati e poi cambiare il proprio modo di relazionarsi con gli altri.

Utile è citare la parabola di Gesù su Marta e Maria. Maria se ne stava seduta a conversare con Gesù e i suoi discepoli, Marta ordinava in casa e cucinava. Ad un certo punto Marta incominciò a sbattere i piatti accusando Maria di non fare nulla, lamentandosi di dover far tutto da sola mentre la sorella chiacchierava. Gesù, inaspettatamente per Marta, rimproverò proprio lei. Per Gesù Maria si stava comportando bene, era lei che aveva ragione. Perché per Gesù l’importante è stare con le persone, pensando un po’ anche a sé stessi, non solo preoccuparsi di ordinare e cucinare per loro. Nella codipendenza si commette l’errore di sostenere l'”altro” dipendente a scapito di sé stessi, e lo stesso sostegno che si fornisce spesso è di tipo materiale, non attento alle esigenze interiori dell’altro.

Và ricordato, in conclusione, che se diversi sono i punti di contatto fra dipendenza affettiva e codipendenza c’è, però, una differenza fondamentale fra le due. Nella codipendenze è necessario che l’altro sia un partner problematico mentre nella dipendenza affettiva non c’è questa necessità.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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