Il Puer Aeternus, l’eterno fanciullo, ben rappresenato in molti libri è la dimensione particolare di questo essere fanciulli che, se si protrae al di là dell’età fisiologica, diventa aeternus. Bisogna saper maturare il fanciullino che c’è in noi senza per questo cancellarlo,, proprio come sostiene il “piccolo principe” ricordando di non dimenticare di essere stati fanciulli. J. Hilmann, Puer Aeternus, Adelphi
Nel trattare la sindrome di Peter Pan mi rifarò alla concezione del “Puer Aeternus” (l’Eterno Fanciullo) formulata dallo psicanalista Junghiano Hilmann.
Nella concezione generale un Peter Pan è colui che non vuole crescere, che è rimasto fermo alla propria infanzia ed adolescenza dove tutto è bello, tutto è possibile, e c’è il rifiuto di calarsi nel mondo, con le limitazioni che questo comporta.
Egli è un essere perfetto che vive in un suo mondo ideale; è vivace, curioso, brillante; ha un’ inestinguibile sete di novità e di esperienze; è egocentrico, impaziente, “al di là del bene e del male”; è incapace di fare i conti con la realtà; è ottimista, impulsivo, incostante. Vive in un mondo che non esiste, l’Isola che non c’è, e non ha nessuna intenzione di abbandonarla, anzi, essa rappresenta per lui l’unica realtà possibile.
Nel suo mondo egli è il padrone assoluto, tutto esiste unicamente per lui, in funzione dei suoi desideri e dei suoi umori. L’unica cosa che conta è stare bene, essere felici. L’importante è non avere bisogno di nulla e di nessuno. Nulla gli serve, egli è perfetto in se stesso, un Dio a cui tutto è dovuto, e davanti a cui il mondo s’inchina ammirato. Le piccole banalità quotidiane, le fastidiose difficoltà della vita gli scivolano addosso, egli è speciale, superiore, vive nel futuro, nell’immaginario, nello straordinario. Egli non ha dolori o affanni, quindi non li può riconoscere nell’altro: una battuta, uno scherzo, ed ecco che se ne va, pronto per un nuovo gioco. Essendo un Dio, tutto gli è permesso, senza alcun limite. Tempo, spazio e possibilità sono concetti non compresi dal Puer. Se vuole qualcosa, lo vuole subito, e non contempla la possibilità di non essere esaudito, anzi, non contempla nemmeno il dover chiedere per ottenere. In questo, anche, consiste il fascino del Puer, che scappa da un’avventura all’altra, imprendibile, sfuggente, sempre altrove.
Il Puer usa l’intelligenza, ed è estremamente attento al mondo esterno: ma l’attenzione può venire distorta, nel tentativo di difendersi da ciò che può essere spiacevole. Attenzione non necessariamente vuol dire consapevolezza, anzi: qui è spesso un attenzione selettiva che elimina alcuni aspetti di realtà, e porta quindi ad una percezione distorta dell’esperienza.
Il vivere nell’ Eden implica evidentemente un’altra caratteristica: l’ottimismo. In un mondo perfetto, non si può che essere ottimisti. Tutta va sempre, comunque, bene. E per caso qualche piccolo intoppo si frappone nel raggiungimento dell’obiettivo, questo viene sdegnosamente spazzato via. Il Puer vive nel mondo dell’innocenza, ed è facile rilevare in lui una tendenza ad essere ingenuo, credulone e idealista. Si tratta di un ottimismo cieco che nega la realtà, a favore del mantenimento dell’illusione.
Il mondo del Puer è un’esplosione di entusiasmo, in cui ogni cosa conferma la sua eccezionalità. Il Puer rifugge dal banale, dal quotidiano, non si sofferma sulle piccolezze della vita, non è interessato a ciò che sta in basso. Il Puer mira altrove, e non si capacita di come gli altri, invece, siano ancorati ad una realtà così restrittiva. Rifiutare la mediocrità della vita significa rifiutare la vita stessa, poiché “il mistero dell’essere è nascosto dentro la banalità (); soltanto della massima piccolezza possiamo vedere e conquistare la grandezza.”(C.G. Jung citato da M-L. von Franz).
Il rifiuto della banalità è evidentemente un modo per confermare la propria unicità; la solitudine, l’individualismo e il non adattamento alle regole sociali sono tentativi di alimentare l’ideale di sé. Ma il voler essere diversi a tutti i costi è una forzatura, e smaschera l’inconsistenza del Puer: “se fuggiamo l’adattamento pensando di essere qualcosa di speciale, () il risultato è che diventiamo proprio persone prive d’individualità.” ((M-L. von Franz). Allo stesso modo, l’estrema flessibilità e la capacità di adattamento del Puer diventano mancanza di specificità. Volendo essere tutto, il Puer si trova a non essere nulla, a non avere una individualità ben definita. Il Puer è come aria fresca, leggera, inafferrabile, senza forma né direzione.
A tratti, nel Puer, l’opposto fa capolino. Quando il Puer giocherellone non riesce nei suoi intenti, oppure viene smascherato dagli eventi, è possibile intravedere in lui l’ombra: “quella figura fredda e brutale, nascosta sullo sfondo, che compensa l’atteggiamento troppo idealistico della coscienza (M-L. von Franz). Nelle relazioni emerge come “brutalità glaciale, priva di sentimenti umani”(M-L. von Franz). E la stessa lucida e brutale freddezza appare anche nel rapporto col denaro. Il Puer “non vuole adattarsi socialmente, e neppure è disposto ad impegnarsi in un lavoro regolare, tuttavia ha pur bisogno di denaro. Per procurarselo, agisce per vie traverse, lo ottiene in modi anomali, a volta meschini” (M-L. von Franz).
A volte, accade che il Puer si trasformi in quello che Hillman chiama Senex (l’anziano), che il sognatore si trovi ad affrontare la dura realtà, ed assuma un atteggiamento cinico, disilluso e meschino rinnegando come stupidi sogni giovanili la propria parte fanciullesca: “questo atteggiamento è dovuto ad una coscienza debole, che non può concepire di resistere alle difficoltà della realtà senza sacrificare i propri ideali” (M-L. von Franz). Evidentemente questa non è un’evoluzione, bensì il precipitare nella polarità opposta, il rifiutare la parte di sé spensierata ed idealistica in nome di un gretto ed amaro materialismo. L’identificazione con l’archetipo opposto non è un movimento di crescita, è semplicemente un oscillare fra le due polarità, escludendo l’altro dalla vista. Il Puer non cresce diventando Senex. Certamente, per evolvere il Fanciullo dovrà affrontare il proprio aspetto ombra, quindi dovrà integrare quegli elementi di concretezza, senso pratico, impegno, e consapevolezza dei propri limiti che appartengono al Senex. Tuttavia, non è questo il dovere primario che spetta al Puer, la sua crescita non avviene semplicemente appoggiando i piedi per terra.
Ciò che davvero manca al Puer è la capacità di amare. Entrare nei rapporti significa esporsi al rischio di soffrire, e la fuga dal dolore è quanto di più caratteristico del Puer. Nel suo mondo, naturalmente, il dolore non esiste. Ma questo implica mantenere la distanza, da una parte di sé innanzitutto, e poi dall’altro. Il Puer si protegge dalla vita, con tutte le pene che questa comporta, con una patina di giocosità, di superiorità e lucida razionalità. Nella lotta fra emozione e pensiero, quest’ultimo è il vincitore assoluto. Tuttavia, dare spazio all’emozione significa sperimentare la pienezza della vita. In questo senso, il Puer non vive, poiché non è connesso al cuore. La sua vita è nella testa, nelle idee, nella fantasia, nei voli immaginativi, nel potere dell’intelletto. Il potere del sentimento è negato, il femminile è segregato.
L’evoluzione del Puer implica quindi, più di tutto, l’integrazione del femminile: “prima la Psiche, poi il mondo; o il mondo attraverso la psiche” (J. Hillman); egli deve abbandonare l’egocentrismo onnipotente e calarsi in quegli aspetti della realtà che cerca con tutto se stesso di evitare, una realtà fatta di sofferenza ma anche di profondo nutrimento: “è il sentimento che dà valore al presente, perché senza di esso non è possibile stabilire alcuna relazione con la situazione: il sentimento porta il senso di responsabilità, attraverso la quale acquistiamo il senso della nostra individualità” (M-L. von Franz). Il Puer deve riconoscere in sé il bisogno, deve abbandonare l’idea di essere completo in se stesso, deve mescolarsi agli uomini, per poi comprendere che egli è davvero perfetto. Se non c’è questo tuffo nel mondo, questa apertura all’altro, il Puer rimarrà soltanto una sterile idea di perfezione.
Inizia ad evidenziarsi un tratto importante. Nei suoi tratti inferiori, il Puer è un fanciullo capriccioso ed egocentrico, ciecamente onnipotente. In una visione più ampia, egli è puro spirito. L’aderenza ad un Io ideale si evolve in un idealismo spirituale, superiore. E la metafora del volo assume un altro aspetto: da modalità per mantenere una distanza dal mondo, per non calarsi nella vita, diventa “desiderio spirituale esteriorizzato” (M-L. von Franz), nasconde quindi la ricerca di una realtà superiore. “Per forza il Puer è debole sulla terra, egli non appartiene alla terra. () Egli non è destinato a camminare, ma a volare” (J. Hillman)
Il Puer può crescere solo abbandonando la propria visione autocentrata e aprendo gli occhi sull’altro. L’evoluzione del Puer passa necessariamente per la scoperta del dolore dentro di sé, che aprirà le porte all’amore.
Il Puer deve intraprendere il viaggio che lo riporterà ad essere quello che è. Egli dovrà affrontare il crollo della propria illusione, calandosi nel mondo “reale”, per poi scoprire che la sua illusione era, in fondo, l’unica vera Realtà. Il Puer deve imparare ad amare, innanzitutto se stesso, non come fredda immagine idealizzata ma nella propria pienezza di essere umano, facendo i conti con i limiti, il dolore, la caducità. Da qui, egli potrà vedere l’altro e amarlo, riconoscere se stesso nell’altro.
Riferimenti bibliografici
- Hillman Puer Aeternus Adeplhi
M-L. von Franz L’Eterno Fanciullo Red
Dott. Roberto Cavaliere
Psicologo, Psicoterapeuta
Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)
per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it