Testimonianza: La favola bella che a lungo mi ha illusa

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Te lo ricordi quel pomeriggio? Quelle due ore sul tuo letto a fare l amore? E poi quel temporale e l odore della terra bagnata? Te lo ricordi quel profumo di erba che veniva dalla tua finestra? E la poesia di D’Annunzio, la pioggia nel Pineto, te la ricordi? E ricordi che non la conoscevi? E quando ti telefonai (ti telefonavo sempre, mentre rientravo a casa, piena d’amore, con l’odore del tuo corpo sulla mia pelle, sulle mie labbra, sulla mascherina e sui miei vestiti) me ne leggesti un paio di strofe. Mi resi conto in un istante che avevo finalmente compreso quale fosse la favola bella alla quale faceva riferimento D’Annunzio: stavo vivendo io stessa in una favola bella … E io ero felice, ma quanto ero felice.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove (…)
su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Sono sicura che tornerò ad essere felice: di certo, questa è solo una fase della mia vita, tu stesso sei stato solo una breve parentesi e se è vero che tutti i momenti passano, tutti, siano essi terribili o meravigliosi, non mi resta che aspettare che tutto questo dolore mi attraversi, invada ogni parte di me e infine mi lasci in pace.
Quando mi ritrovo a piangere inizio a odiare me stessa perché mi sento responsabile di questa rottura, mi colpevolizzo forse per trovare una ragione che mi consenta di andare avanti. Odio la mia famiglia, perché non è stato altro che un impedimento alla realizzazione della mia felicità. Odio il mio lavoro perché ogni cosa che dico, ogni gesto che compio mi riporta in qualche modo a te. Odio anche la terapia, perché in quell’ ora non faccio altro che parlare di te, di quanto io stia male, di quanto tutto questo farmi soffrire sia ingiusto e quanto tu sia stato egoista a non condividere con me nulla di ciò che ti sia accaduto, nessuno dei tuoi pensieri: mi hai semplicemente salutata con dei messaggi senza trovare neppure il coraggio di guardarmi negli occhi mentre mi lasciavi: perché dire “ci vediamo tra sei mesi” è solo un procrastinare un saluto che avresti dovuto concedermi tempo fa. Pusillanime. Come se fossi stata l ultima delle persone in questo mondo, senza importanza, senza merito, senza dignità. Ora sto piangendo, era da tanto che non mi capitava.
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
Spero di tornare a piangere presto di gioia, perché adesso vedo solo tanto buio dentro di me.
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
Eppure, nonostante tutto questo dolore, io sono grata a tutto quello che siamo stati: grazie a questi mesi incredibili ho capito che cosa significhino le parole passione e amore… Perché tu, Federico, sei stato il mio grande amore, il sentimento più importante che io abbia mai vissuto e non so che cosa farò della mia vita nei prossimi anni, ma sono certa che non proverò mai più qualcosa di così totalizzante e così profondo.
Grazie per quella favola bella, che a lungo mi ha illuso fosse vera. Grazie.

Testimonianza di una donna seguita in Psicoterapia dal dottor Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa). Possibilità anche di effettuare consulenze tramite video chiamata

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

IL RANCORE IN FAMIGLIA

Da “Il rancore in famiglia” (forum “dipendenze affettive”)

Selezione a cura di Carlotta Onali

Argomento: dipendenza e rancore in famiglia

Ciao a tutti,
spero di instaurare un confronto con questo tema, perchè ne sento il bisogno.
Già detto che sono dipendente affettiva, o meglio, che lo sono sempre stata e che da un paio d’anni sto adoperandomi in vari modi per uscire dai condizionamenti più dannosi che non mi hanno mai permesso di relazionarmi, e di conseguenza di vivere, in modo sereno ed equilibrato.
Il percorso va avanti, procede con alti e bassi, la consapevolezza si fa sempre più strada, arricchendosi di sfumature sempre più illuminanti.
Per certi versi si va un po’ per tentativi, io ne ho attuati molti.
Terapia, confronto, dialogo, studio, letture, forum, sofferenza, relazioni, correzioni, impegno, isolamento, abbandono, accettazione, fiducia, autostima, pazienza…e molto altro ancora.

Oggi mi sento più forte sotto tanti aspetti.
Attualmente sono single, l’ultima relazione (finita male) per la quale sono finita su questo forum e’ stata determinante perchè mi ha permesso dopo tanto tempo di espormi nuovamente a quegli stimoli che attivavano la mia dipendenza, la mia non autosufficienza emotiva.
Ho potuto affrontare i miei limiti, le mie paure, le mie insicurezze relazionali sotto una nuova luce e cioè quella di quando si vive e si fronteggia una cosa chiamandola con il suo nome esatto ed avendone piena coscienza.
Inoltre, il fatto di non aver saputo gestire serenamente l’ultima relazione, mi ha fatto arrivare qui, dove ho potuto crescere ulteriormente.

Ma la dipendenza si sviluppa nel contesto familiare.
Si ripropone attraverso le relazioni, ma nasce all’interno della famiglia.

Questo e’ il mio problema di oggi. Mi rendo conto che sono ancora rabbiosa nei confronti della mia famiglia.
Razionalmente ho capito che loro hanno fatto del loro meglio per me, pur compiendo errori fatali; ho capito che mi hanno dato tutto ciò che avevano e cioè quello che hanno a loro volta ricevuto dalle loro famiglie d’origine.
Ho capito perfettamente che quando si vive una vita dura, sia a livello emotivo che a livello pratico, come la loro, e’ già tanto se non ci si trasforma in mostri veri e propri.
Incapacità di comunicare, anaffettività, ossessione, fobie, aggressività, dipendenza, assenza fisica ed emotiva: tutte cose che loro hanno conosciuto da molto piccoli e per tutta la loro esistenza. Come potevano educarmi attraverso altre risorse?
Lo so, eppure ancora non l’ho accettato pienamente, nonostante io ami immensamente i miei genitori e sia consapevole di quanto loro amino me.
Lo accetto razionalmente, sono anche capace di scriverlo, ma sento nei loro confronti ancora un enorme rancore, che non riesco a superare, forse perchè non l’ho affrontato come si deve.
Non riesco a tradurre in sensazione ciò che ho appreso intellettivamente.

Oggi ho riscoperto in me una forza maggiore, che consiste nel fatto che il mio desiderio più grande e ciò di cui sento davvero il bisogno sono io. Io con le mie aspirazioni, i miei gusti, la mia strada, il mio futuro, i miei sentimenti, i miei principi, il mio valore, le mie sensazioni, le mie scelte.
Oggi, per la prima volta, sto contribuendo alla costruzione della mia vita con un’attenzione per me stessa del tutto nuova. Oggi non sento il bisogno asfissiante di avere di fianco una figura maschile da cui dipendere emotivamente per risolvere ciò che ancora non va nella mia vita e dentro di me.
Sento il bisogno di farlo io, pur non chiudendomi dentro casa. Non avrei paura di accogliere una nuova relazione, ma la cosa oggi non mi preoccupa. Non quanto prima, almeno.
Mi sento più stabile e mi sento di poter affidarmi alla vita e a me stessa un pochino di più.

Ma non riesco ad abbandonarmi al perdono totale nei confronti dei miei genitori, c’e’ qualcosa che mi ostacola, e non sono loro. Oggi loro hanno capito qualcosa del mio dolore, sanno che sto affrontando un percorso personale per tirarmene fuori, hanno capito tanti dei loro sbagli e, a modo loro e per quanto possono, cercano di rimediare.
Il problema sono io, sono io che non riesco ad andare oltre, a fare un passo decisivo verso la loro completa accettazione. Continuo a sentire un senso di ostilità nei loro confronti.
Ed ho paura che finchè non riuscirò ad accettare e perdonare loro, non potrò in realtà accettare e perdonare totalmente me stessa.

Non e’ che io sia convinta di aver superato tutti gli altri aspetti insiti nella dipendenza affettiva, ma credo, anzi, che per fare un ulteriore passo in avanti verso il mio benessere emotivo, sia necessario superare questo nodo.

Sono consapevole che qui nessuno può fare nulla al posto mio, e che molto probabilmente nemmeno io da sola avrò mai tutti gli strumenti necessari per risolvere tutto ciò. Sono convinta di avere dentro le risorse, ma credo di avere bisogno di qualcuno che mi indichi meglio la strada e che mi supporti, che mi stimoli e che mi accompagni nell’affrontare un discorso così cruciale con me stessa (terapia). Almeno questo e’ ciò che penso oggi.
Ma spero, nel frattempo, di poter confrontarmi con qualcuno qui su questo argomento perchè per me e’ davvero un tasto dolente.
Grazie per aver letto, Yana

Ciao Yana, stasera iniziando a leggere il tuo post il mio pensiero è andato a mio padre.
Ho pensato subito che avrei trovato delle similitudini tra il tuo sentire ed il mio nei confronti di quest’uomo ma mi sono accorta che non è così.
Anche stasera, serata di lavoro importante per me, lui è venuto ed io ho dovuto chiedergli alla fine se gli fosse piaciuto ciò che avevo fatto: la risposta è stata un timido si, come a dire si abbastanza.
So già per certo che domani mi elencherà con dovizia di dettagli ciò che non gli è piaciuto e si scorderà di dirmi cosa è andato bene.

Eppure io non sento rancore ma solo tanta tristezza per qualcosa che non avrò mai perchè al contrario dei tuoi genitori, mio padre ancora non ha capito cosa del nostro non-rapporto mi fa soffrire. Anzi credo non abbia nemmeno capito che mi fa soffrire!
Forse di fronte a questa totale forma di incomunicabilità io ho ceduto le armi: non mi aspetto più nulla e non nutro rancore.

Credo che questo, il nutrire rancore, avvenga quando comunque noi ci aspettiamo dagli altri di più di quello che riceviamo perchè li riteniamo abbastanza intelligenti e capaci da darci di più.
Per esempio io nutro una profonda stima nei confronti di mia madre e quando lei, per stanchezza o per distrazione, non mi comprende o non risponde con la solita prontezza, io mi irrito.
Sono cosciente che tutto ciò non è giusto e mi sono chiesta più volte perchè accada e mi sono risposta che non accetto che lei non si comporti come io reputo essere alla sua altezza.
Così non mi irrito o provo rancore per mio padre.

Però comprendo perfettamente il tuo stato d’animo, perchè io non lo vivo con i miei genitori ma con mio marito: cambia il soggetto ma non l’effetto.
Io sento di dover fare ancora un ulteriore passo per far coincidere ciò che razionalmente ho compreso con ciò che sento.
A volte mi sembra di riuscirci ma poi succede qualcosa che mi riporta alla mente un episodio che mi ha ferito e allora riemerge il dolore, la rabbia di aver permesso a qualcuno di ferirmi così tanto, di aver deluso le mie aspettative.
Ma come ha potuto un uomo che conosco bene assumere atteggiamenti così rovinosi?
La risposta la conosco bene eppure non mi aiuta.

Ho cercato aiuto nella psicoterapia in questo ma alla fine, forse perchè non sono riuscita ad approfondire, anche così nulla è cambiato.
Vorrei tanto poterti offrire una risposta, quella che anche io cerco da mesi ma ho solo le considerazioni che ti ho già scritto per ora.
Chissà che magari insieme non riusciamo a capirci qualcosa di più!!!
Un abbraccio grande Zebretta

Cara Yana,
stai ripercorrendo e hai ripercorso a ritroso le tappe della tua esistenza. Hai capito certi meccanismi da dove sono stati scaturiti e hai scoperto i tuoi e i loro limiti. La rabbia che provi dentro è quella che hai provato da bambina, la rabbia perché i bambini non hanno altre difese che questa. I bambini sono egocentrici e nello stesso tempo si aggrappano al “sole” che è il padre e la madre. Per il bambino il genitore è come un “Dio” che è amorevole e benigno e non può avere cedimenti, se ne ha il bambino lo “odia” perché dimostra di essere fragile così come si sente lui fragile, allora chi lo proteggerà? si chiede. Oltretutto il bambino non ha coscienza di sè altro dai genitori e, quanto più nel tempo questo diventerà più evidente, tanto più lui sentirà rabbia nei confronti dei genitori che hanno nella coppia (equilibrata o disequilibrata che sia) il loro vero nucleo; il bambino si sente tagliato fuori da quell’amore o da quell’odio che sente tra i genitori. Si sente come Adamo scacciato dal Paradiso.
Tu dici di aver riconosciuto e che loro hanno riconosciuto di avere delle responsabilità, ma probabilmente sei in una fase del riversare su di loro la maggior parte della responsabilità emotiva. Riconosci razionalmente le tue responsabilità ma non quelle emotive non riesci ad accettare che ciò di cui loro ti hanno privata è stato determinante perché tu hai reagito delegando a loro.
Tu pensi che essendo una bambina dovevano essere loro a fare il meglio per te, e non accetti il fatto che i tuoi genitori sono diversi hanno esperienze e caratteri diversi, cultura diversa; per loro ciò che hanno fatto era il giusto, era quello che avevano imparato e che gli era stato insegnato. Sei tu che emotivamente devi riconoscere che probabilmente fino ad oggi non hai avuto fiducia nella tua forza e hai deciso che era la loro forza a dover fare per te. Non hai avuto la forza per staccarti emotivamente da loro, loro non lo hanno fatto perché non è nella loro formazione mentale; la responsabilità è tua, perché tua è la tua vita. Ognuno deve imparare che può fare della propria vita ciò che desidera a prescindere da ciò che gli è stato dato e non dato.
Se ogni ostacolo diventa la giustificazione per delegare la responsabilità emotiva sui genitori, vuol dire che il bambino dentro di noi non ha ancora preso coscienza del fatto che è lui a determinare la propria vita ma vive ancora la nostalgia della vita simbiotica vissuta nei primi due anni dell’esistenza. Quando emotivamente riuscirai a vederlo (ci vuole analisi ma anche tempo) la fase successiva sarà perdonare te. Quando questo sarà consolidato allora sarai in grado di perdonare anche loro e riuscire ad essere serena anche se loro non sono ciò che desideri o speri. Questo periodo è utile per tirare fuori la rabbia di anni, quando sentirai che quella rabbia non nutre più la tua soddisfazione allora passerai alla fase della coscienza di cui parlavo prima.

Per Zebretta:
Quando non sarà più determinante e non farà più male che tuo padre non riconosca il tuo valore, perché tu sai di averne uno a prescindere da lui, allora questa malinconia non pungerà più. Anzi non cercherai più di essere brava o bella ai suoi occhi perché tu sai di esserlo comunque, mentre capisci che lui non è in grado di reggere il confronto con te perché in realtà è molto più insicuro di quanto non ti sia mai sembrato sin da bambina che per te era la “cartina tornasole” del mondo maschile. Un abbraccio ad entrambe. Pat
P.S.: è dura, durissima, io l’ho passato prima di voi. Ma quando si è fuori da tutto questo, nonostante qualsiasi dolore possa tornare a farvi male sarete in grado di affrontarlo con una forza nuova. Pat

Cara Yana, ti comprendo benissimo. Ho vissuto provando rancore per tutta la mia vita nei confronti soprattutto di mio padre ma anche per mia madre ma credo di avere superato questa fase. Purtroppo non so darti un consiglio che vada bene per te. Ognuno ha il suo percorso. Per me quello che mi ha “liberata” dal rancore, è stato il confronto come genitore: il comprendere che anche io, che sono certa dell’amore immenso che provo per mia figlia, sto facendo i loro stessi errori quando non ne aggiungo altri di miei. Questo mi ha fatto comprendere fino in fondo che gli errori non derivano dal poco amore ma dai limiti che noi abbiamo. Io amo mia figlia immensamente come ogni madre eppure sbaglio.. come ogni madre… Saprai dare amore se ne hai ricevuto ma non averlo ricevuto non vuol dire che non siamo stati amati. Mio padre aveva una madre che incuteva terrore.. la sua vita era stata davvero dura… I nostri genitori hanno vissuto delle vite terribili.. e i loro genitori ancor di più.. hanno vissuto due guerre e avevano “camionate” di figli. Altro che pensare a come rispondere alle richieste dei figli.. loro dovevano cercare di fare in modo semplicemente che i figli sopravvivessero…Questo nel passato della mia famiglia. So che questo non basta per fare la pace con i nostri genitori. Temo che, come in ogni tappa del nostro percorso, il primo gradino per risolvere i nostri problemi sia la consapevolezza che non è abbastanza, però.. una volta raggiuntala credo sia necessario lasciare che la vita ci guidi cogliendo i suoi suggerimenti. La mia vita mi ha posto innanzi alla malattia di mio padre e solo così ho iniziato il percorso che mi sta portando ad elaborare vecchie ferite che credevo insanabili. La rabbia si è sciolta lasciando posto al dolore, all’amore e a tante sensazioni ed emozioni profondissime ed intensissime che erano racchiuse dentro un contenitore di rabbia. E sai una cosa? Credevo che la rabbia fosse l’unica cosa da “combattere” invece era solo un piccolo sintomo che mascherava un mondo di emozioni sommerse.
Talvolta mi lascio prendere dalla paura di queste sensazioni che escono fuori che sono sconosciute.. mi sorprendono come un fiume in piena che travolge ogni cosa…. Se ti accadrà non averne paura… accogli quel fiume come sto cercando di accoglierlo io.. è l’unico modo per fare la pace con se stessi e con le nostre radici: i nostri genitori che amiamo. Non avere fretta e non avere paura… se quello che vuoi davvero è fare la pace con loro vedrai che la vita di dirà come fare.. ti mando un abbraccio fortissimo
Gio62

Ciao a tutti, molto interessante questo tema, e grazie per averlo proposto.
Io a volte mi chiedo: perchè sei qui a farti mille domande sul passato, su come si sono comportati loro (i genitori), sulle scelte che hanno fatto, che inevitabilmente hanno pesato sul mio futuro, sui modelli e valori che mi hanno trasferito,etc.. Tu, a questa età, dovresti gestire la tua vita in modo autonomo e libero, dovresti farti una famiglia come la vuoi tu, a coltivare una relazione sana e costruttiva con un compagno, e non dovresti passare il tuo tempo a distruggere tutto come Attila! E invece scopro che ho ancora bisogno della loro approvazione, io che sono praticamente cresciuta da sola (e questo lo dico con una punta di orgoglio!) , che ho scelto tutto da sola (dalle scuole superiori, agli sport alle elementari, le amicizie da frequentare, i vestiti da comperare..) che non ho mai fatto pesare i miei problemi, che non ho mai fatto pesare il peso delle loro scelte su di me. Io che fino a ieri ero il simbolo dell’autonomia, mi scopro debole, dipendente dal mio compagno, dentro una relazione che contava moltissimo per me, e che a causa dei miei comportamenti asfissianti e scostanti è finita. Come ho perdonato tutto ai miei (apparentemente) non perdonavo niente a lui. E coltivo sempre di più il sospetto, di non averli perdonati veramente e per questo di essere ancoràta ancora a loro; di essermi autoboicottata, perché scegliere il mio compagno significava probabilmente rinnegare mio padre, e il sistema dei valori nei quali sono cresciuta. Scegliere il mio compagno e la vita insieme a lui era una sorta di tradimento nei confronti della mia famiglia, alla quale mi sentivo e mi sento tuttora legata da un sentimento anomalo, (una dipendenza?). E oggi sento più vivo che mai questo rancore, non solo per il passato, ma per il fardello che mi sento dentro oggi, e che non riesco a scrollarmi di dosso. Come se paradossalmente quella presenza che chiedevo invano da piccola, fosse diventata una realtà solo oggi , fuori tempo massimo, con tutto il peso e l’ingombro delle cose fuori posto.

Buona giornata! Piggy

Cara Zebretta,
Il nostro sentire nei confronti dei nostri “padri” ha invece molte similitudini. O meglio, tu provi piu’ tristezza e io rancore (misto ad un’infinita tristezza), ma la sensazione che provi quando lui non e’ capace di apprezzarti, o non in grado di esternarlo, e’ la medesima.
Sono cresciuta in mezzo ai suoi rimproveri, alle critiche; anche quando le cose andavano bene..potevano sempre andare meglio, per lui. Di conseguenza, anche per me.

Conosco bene questa sensazione che ti ferisce e t’influenza per tutta la vita, e che ti fa inglobare in fondo a te stesa una subdola errata convinzione: quella di non essere mai all’altezza, di non essere adeguata.
Per me combattere contro questa sensazione, che e’ sempre stata molto inconscia e quindi presente in modo latente, e’ qualcosa di molto difficile, anche adesso che me ne rendo conto.
Forse perche’ le emozioni più nascoste riguardo a questa ferita le ho razionalmente comprese ampiamente , ma non sono mai emerse realmente per un contatto vivo con me stessa.
E’ di questo che ho bisogno, ma probabilmente continuo ad erigere delle barriere perchè ho paura di farmi sopraffare dal vortice di sofferenza che si scatenerebbe.
Credo di non avere il coraggio, o la forza, di lasciarmi andare veramente su questo punto.
Forse non e’ ancora arrivato il momento, o ci sto arrivando piano piano: il nostro inconscio e’ rimasto bambino, ma lavora per proteggerci in fondo, ed ha una logica che forse non apprezziamo abbastanza. Ci permette di affrontare le nostre angosce limitatamente a quanto il nostro organismo (mente e corpo) e’ in grado di sopportare gradualmente.
Quindi forse devo solo farmi trasportare dagli eventi, come dice Gio62, e lasciare sfogare gradualmente tutti i sentimenti che mi porto dentro da una vita. La rabbia, il rancore, ma anche tanti altri.

C’e’ una frase che hai detto, che mi ha fatto riflettere tantissimo:

Credo che questo, il nutrire rancore, avvenga quando comunque noi ci aspettiamo dagli altri di più di quello che riceviamo perchè li riteniamo abbastanza intelligenti e capaci da darci di più.

Non mi ero mai soffermata su questo aspetto e credo tu abbia perfettamente ragione.
E’ vero, credo di aspettarmi sotterraneamente qualcosa di più dai miei genitori da sempre, e non ho ancora smesso di farlo. Questo continua a significare che non ho ancora imparato ad accettarli veramente, a perdonarli e a smettere di delegare a loro tutta la responsabilità della persona che sono oggi.
Ragazze, com’e’ difficile!

Grazie Zebretta, mi hai fornito uno spunto importantissimo per continuare a capire..e forse a liberarmi un pochino di più..
Un bacio enorme Yana

Pat,
tutto ciò che dici e’ vero, verissimo.
Mi riconosco in tutto, riesco a vedere tutto, ma non riesco a sentirlo pienamente con il cuore. Emotivamente, non ho ancora superato, non mi prendo per ora ancora tutte le mie responsabilità, come dici tu, nonostante lo abbia capito, letto, sentito dire, addirittura scritto, molte volte.
E’ questo che mi rende inquieta. Vorrei decidere di sentire tutte queste cose, ma non e’ così che succede.

Ci sono stati momenti in cui ho pensato che stava per sopraggiungere la fase in cui tutto sarebbe sgorgato fuori. In parte e’ successo, ci sono stati diversi periodi della mia vita in cui ho provato una rabbia accecante, un dolore acuto, e nelle ultime situazioni in cui tutto ciò e’ accaduto, non sono stata in grado di trattenere nulla. Ho buttato fuori, ed e’ stato un inferno, anche se in parte mi ha liberata.
Ma sento che non e’ finita, perchè oggi, ancora, dopo tutto questo, mi sento ancora rancorosa ed in certi frangenti la cosa e’ incontrollabile (ed io cerco comunque di tenerla sotto controllo).

Oramai il tempo dell’infanzia e’ passato, ed anche il tempo in cui non capivo, ma, anche se sotto molti aspetti i miei hanno potuto vedere l’angoscia e l’odio scaturito dal nostro e dal loro rapporto, anche se per certi versi si sforzano di venirmi incontro, loro sono comunque e saranno sempre le persone che sono.
Dovrei accettarli esattamente per ciò che sono, arrendermi, amarli per le loro qualità e per i loro limiti, eppure i loro limiti continuano ad urtarmi.

L’indifferenza non e’ possibile quando si parla della propria famiglia, e non posso e non voglio allontanarmi da loro, come si può fare con una relazione che non fa per noi. L’unico modo e’ accettare, lo so, ma faccio una tremenda fatica.
In questo, tempo fa, pensavo di essere più avanti, oggi mi rendo conto che sono indietro.

Grazie infinite Yana

Recupero questo thread di Yana perché quest’argomento oggi mi sta particolarmente a cuore. Penso, infatti, che per me il non aver superato il rancore in famiglia sia ciò che più di qualunque altra cosa sta ostacolando la mia crescita e il mio cammino verso la serenità.

Il rancore, come ho già scritto, ci annebbia e ci rende incapaci di misurarci in modo lucido con noi stessi e con gli altri. Quando il rancore si “materializza” come sentimento negativo verso un’altra persona è per lo meno “tangibile”, lo vedi e sai che lo puoi affrontare, puoi fare finta di non vederlo, è una tua scelta… ma è comunque lì, assume la forma della persona “odiata” e ci sfida ad affrontarlo…

Il rancore che si origina nella famiglia di origine, per quanto riguarda la mia esperienza, ha una connotazione molto più subdola. Non è un sentimento che mi induce a vedere mio padre o mia madre come miei carnefici, come responsabili delle mie frustrazioni e delle mie sofferenze, dei miei traumi e delle mie paure… Proprio per quello non l’ho riconosciuto. Per tanti anni, in particolare dal periodo universitario sino ad oggi (parliamo di 15 anni circa) questo sentimento negativo mi ha corroso lentamente senza prendere una forma ben definita. Erano una serie di comportamenti interiorizzati che a volte si manifestavano come ossessività nello studio, a volte come rigidità nei rapporti interpersonali, a volte come eccessivo senso del dovere e della moralità, a volte come arroccamento e chiusura mentale. Quando tutte queste dinamiche si sono accumulate hanno creato una sovrastruttura al di sopra del mio carattere, che pur non facendo parte dell’ essenza della mia personalità l’hanno condizionata drammaticamente. Io non mi rendevo conto che tutto quello non era parte di me, quindi non riuscivo ad essere obiettivo, perché la sovrastruttura deformava la mia visuale.

Le situazioni di sofferenza affrontate nell’infanzia e nell’adolescenza erano troppo pesanti da affrontare, quindi le ho intellettualizzate per non sentire la loro portata dolorosa… mi sono “contratto” per trattenerle dentro di me. La mia esperienza traumatica di qualche mese fa è stata però una svolta in termini di consapevolezza, sono riuscito a ricondurre finalmente tutte le mie nevrosi alla loro origine e quello che era vago e non ben definito ha preso finalmente forma. E’ stato devastante accorgermi, ed è stato un momento che non dimenticherò mai, che nel “rispondere male” ai miei genitori veniva fuori esattamente quello che per anni mi ha fatto vivere una profonda inquietudine, ha fatto crollare la mia autostima, mi ha reso debole, vulnerabile e… dipendente . L’origine era la stessa. Finalmente conoscevo la radice dei miei mali.

Lavorare su queste dinamiche è difficilissimo, perché si tratta di pensieri irrazionali ormai stratificati e sedimentati dentro… ci vuole un lavoro enorme per scardinarli dalle fondamenta… eppure quando ho avuto consapevolezza di tutto ciò ho trovato dentro di me una forza di volontà che non pensavo assolutamente di avere tra le mie risorse (ero ormai completamente “scarico”). Quest’energia proviene dalla volontà di interrompere, finalmente, lo spreco di energie mentali e poterle incanalare in un cammino, pur lungo e faticoso, che porta a stare bene con me stesso .

Sto già meglio e questo è il segno che la strada è quella giusta.

Un abbraccio Dentwilliams

Ciao dent,
tu stai vivendo ciò che io ho vissuto e continuo ad affrontare ogni giorno. Per molti anni ho pensato che la colpa dei miei comportamenti negativi o dei miei fallimenti fosse imputabile alla mia incapacità, alle mie mancanze. Poi quando ho recuperato l’amore per me stessa ho riconosciuto che se errori avevo commesso era perché nessuno mi aveva insegnato a credere in me stessa; anzi i miei genitori mi hanno cresciuta minando proprio le mie sicurezze interiori. Non perché non mi amassero ma perché erano anch’essi una coppia di insicuri in modo uguale e inverso l’uno nei confronti dell’altro e avevano bisogno di sentire la dipendenza dei figli. A tre anni ho subito un trauma e piuttosto che ammettere a loro stessi che non erano riusciti a proteggermi proprio per la loro stessa dipendenza affettiva nei confronti della famiglia di origine, hanno preferito negare (tuttora mia madre non riesce ad ammetterlo e sono discorsi recenti…di contro ho avuto la soddisfazione questa estate di avere conferma da una mia zia che fortunatamente sta facendo un proprio percorso di crescita) e farmi sentire bugiarda, visionaria e colpevole. Oggi non ho più intenzione di convincerla, so di essere nel giusto, so che lei mi vuol bene; in modo malato però, da dipendente. Lei non riesce a vivere una sua vita autonoma con mio padre, ha bisogno di sentirsi continuamente occupata con la vita degli altri, soprattutto noi figli. Quando ho capito all’inizio del mio percorso che veniva da lì la mia dipendenza è stato un fiume in piena di rabbia. Sono andata a vivere per mio conto, i rapporti con loro sono diventati conflittuali o formali..oggi ho messo un freno a tutto questo. Capisco che non sono in grado (papà ha altri limiti)di amarmi come vorrei e non gliene faccio una colpa, sono cresciuti così e all’epoca avevano altre esigenze primarie che non quelle psicologiche; ma non intendo ricalcare la vita che loro vorrebbero per me nè permettergli di invadere il mio privato. Cerco di amarli come posso e di trovare un terreno di comunicazione possibile. Mi è più facile quando la mia vita è serena, quando ho momenti di confusione, dubbi, cerco di tenerli fuori; di isolarmi perché so di non poter contare sul loro aiuto tranne che quello economico. In questi ultimi cinque anni ho analizzato il mio profondo, ho scoperto forze dentro di me che non sapevo di avere; mi sono sentita un individuo e non più l’appendice di qualcuno. E’ stata una sensazione bellissima e auguro a tutti di arrivare a provarla. Prosegui su questa strada: qualche volta avrai dei dubbi; qualche volta potrai essere sommerso da una sensazione di perdere quasi la rotta, di avere le vertigini…proseguire ti farà sentire di avere il timone tu nelle tue mani. Un abbraccio e grazie mi hai dato modo di parlare un po’ del mio percorso. Pat

Ciao a tutti. Lo avevo promesso ( in un altro thread) e lo scrivo! Lo scrivo perchè penso possa essere di aiuto a qualcuno e anche perchè è un’esperienza molto bella da condividere.
Non mi riferisco ad un post piuttosto che ad un altro ma quello che voglio assolutamente dire è che non bisogna avere fretta nel risolvere la rabbia. Vorrei dire che, nella mia esperienza, lo scorrere della vita ci aiuta.. dobbiamo solo essere pronti ad accettare e ad essere più recettivi e le soluzioni ai nostri problemi arriveranno. Provare rancore è normale.. è una fase.. io ci ho convissuto per decenni.
Il rapporto con mio padre ha minato i miei rapporti con il sesso maschile per anni. Ma ha reso differenti anche i rapporti con il resto del mondo perché buona parte della mia insicurezza la devo alla mancanza affettiva di mio papà.
Lui fisicamente c’era ma mai una carezza, mai un apprezzamento.. tutto il contrario!
Fin da quando ho ricordi vedo una bambina che avrebbe fatto ogni cosa per raggiungere suo padre ma che non riusciva a raggiungerlo e si sentiva infelice.. Nell’adolescenza vedo un padre che mi ha ostacolato in ogni modo, che mi ha criticato in ogni modo… e una madre che non era da meno nonostante facesse la parte della mia amica .
Vedo una Gio che ha portato tanto rancore alle figure maschili in alcuni momenti della vita, una Gio che ha odiato suo padre disegnandolo come un mostro.
Poi un giorno Gio ha guardato suo padre con occhi diversi e ha visto un uomo: è stato come se cadesse una maschera ..
E ho capito.. ho visto tutta la sua fragilità. Ho visto nello specchio nel quale mi riflettevo l’immagine di mio padre che avrebbe voluto tante volte raggiungermi ma non sapeva come e probabilmente aveva sofferto molto. Ho visto un vecchio sofferente che non ha più voglia di vivere perché gli manca la capacità di amare e senza amore si muore… si muore dentro.
Non so come è successo ma da quel momento qualcosa è scattato.. La sua malattia ci ha aiutati e, per assurdo, i momenti in cui io mi curo di lui ( ad esempio accompagnandolo a fare esami) e siamo soli senza la presenza di mia madre, sono talmente belli ed intensi da sembrarmi dei miracoli.
E ho capito alla mia veneranda età cosa voglia dire avere un padre vero, sentire la presenza di un padre. Ho provato quelle sensazioni che le mie amiche provavano e che non comprendevo. Ho compreso che esiste un filo che lega il padre e la figlia. Lo immaginavo ma non lo sapevo.
E’ assurdo ma la sua presenza.. la presenza di un uomo vecchio che sta malamente in piedi e probabilmente ha poco da vivere.. mi da sicurezza come non ne ho mai avuta.
Ho scoperto che mia madre ha giocato un ruolo fondamentale in questo nostro rapporto conflittuale allontanandoci, probabilmente, per potere lei avere il controllo e la gratificazione totale della mia presenza ed affetto…..
Non ho mai visto questo aspetto di mia madre.. non l’ho mai considerata così.. per me era la donna succube e debole del marito/papà/padrone: la vittima… ma i ruoli non erano così. L’anello debole era mio papà. Era mia mamma che esercitava il controllo.
Ma scoprire questo aspetto di mia madre non me la fa odiare… io sono madre ora e so cosa vuole dire esserlo, so quanto facilmente si fanno errori e lei mi ha amata più di se stessa! Ma questo mi apre un mondo che non conoscevo.
Incredibilmente la scoperta di questo ha aperto un varco in quel muro che pareva insormontabile. Mio papà parla poco.. non parlerà mai dei suoi sentimenti e delle sue emozioni. Non mi ha dato mai un abbraccio forse mai me lo darà perché sarebbe fare una violenza al suo modo di essere. Sto smettendo di desiderarlo tanto perchè le nostre anime si sono abbracciate comunque.Ho scoperto la via del suo cuore.. Quando gli ho parlato l’altro giorno ( vedi che schifo! Uno sfogo) lui non ha detto nulla. Si è rinchiuso in se stesso dicendo “basta o me ne vado” perché non voleva farsi vedere emozionato ma poi non ha dormito per tutta la notte… poi era sorridente nonostante non sia nel momento migliore della sua vita.
E’ stranissimo ….avere avuto il coraggio di parlargli mi ha fatto fare la pace anche con me. Mi sento più leggera ed è come se avessi un peso in meno …
In rancore ci distrugge. Io pensavo di provarlo solo nei suoi confronti e invece era parte di me, e ora sono in pace ed è bellissimo.
So che davanti a noi c’è un momento molto duro e non voglio neppure pensare a come potrà essere soprattutto quando mi lascerà.. ma ora so che siamo in pace…La vita scorre e finisce.. l’importante è viverla al maglio.
Io non ho mai sperato tutto questo e se lo avessi voluto raggiungere non ce l’avrei fatta… Ecco quello che volevo soprattutto dire. Ognuno di noi ha una strada e nessuno può dirci cosa è meglio.. dobbiamo solo ed unicamente imparare ad ascoltarci.. ad affidarci. Ragionando non avrei mai potuto giungere a questo. E’ certo importante comprendere ma è ancora più fondamentale lasciarsi andare al fiume della vita accogliendo le possibilità che ci vengono date.
Spero che questo post possa essere di aiuto a qualcuno.
Un abbraccio a tutti
Gio62

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

OSSESSIONE D’AMORE IDEALIZZATO

TESTIMONIANZA DI UNA DONNA IN TERAPIA COL DOTTOR ROBERTO CAVALIERE

Sono tre anni  che il mio pensiero in modo leggero e poi sempre piu’ forte va a lui.

Il primo pensiero della mattina è lui e l’ultimo prima di coricarmi è sempre rivolto a lui. Spesso anche nei sogni c’è lui da solo o accompagnato da qualcuna. Quando parlo con qualche amica rivivo minuziosamente quei pochi istanti vissuti insieme e vivisezione ogni parola e gesto compiuto per torturarmi e capire dove ho sbagliato e cosa avrei potuto fare o non dire per salvare un altro incontro con lui.

Ogni volta che incontro un uomo che vuole conoscermi o semplicemente scoparmi parlo di lui. Alcuni credono che io abbia vissuto una storia d’amore, invece nulla: tutto è costruito nella mia mente, idealizzato e vissuto fantasticamente sperando che un giorno o l’altro possa accadere qualcosa ma più passano i giorni più c’è silenzio, vuoto, speranza, illusione.

In modo speculare mi analizzo da tre anni a tal punto da arrivare a fare psicoterapia ultimamente: ossessione, dipendenza affettiva, bassa autostima, insicurezza, gelosia, poca fiducia in se stessa, pensieri negativi. Tutto mi era già chiaro, avevo raggiunto da sola e con l’aiuto delle mie amiche la consapevolezza di quello che mi faceva star male.

Ho sofferto tanto per lui, non so se ho mai toccato la depressione, ma di certo mi sono fatta un gran male.

  • E’ un “amore malato”, non corrisposto. Mi diceva lo psicologo.
  • Vorrei mandargli un sms. Il mio grido disperato e lui mi ripeteva:
  • Ma oggi ha voglia di farsi del male?

Per la prima volta mi sono innamorata. Quando lui mi cercava e mi desiderava io lo evitavo. Avevo paura di non essere all’altezza, di star bene. Ero insicura, bloccata. Chiedevo consigli a mia cugina, alle mie amiche perché non volevo sbagliare.

Sono stata sempre una donna determinata, ho raggiunto dei traguardi importanti e da soli per avere l’approvazione degli altri più che per esser felice io. Da qui il mio malessere, il mio maldamore e non essere mai contenta di quello che faccio.

  • Tu ti sminuisci, di cosa hai paura? Un giorno mi disse il mio Dirigente scolastico.

Sono docente ma precaria da anni. Nel lavoro ho avuto molte soddisfazioni. Entrare in classe per un periodo era l’unica cosa bella che potesse fermare il mio pensiero per lui.

Da quando ci siamo conosciuti, il mio rapporto con facebook è stupido e infantile. Mi sono accorta di quanto sono fragile e gelosa.

Controllavo tante volte in un giorno cosa postava, con chi si faceva fotografare, quando era in linea, i commenti e i mi piace che metteva. Andavo sul profilo delle donne che secondo me gli piacevano e osservavo le loro foto e i link. In questo modo mi facevo un’idea di chi fossero, se avrei potuto competere o no.

Andavo sempre sulla pagina della sua ex con la quale avevano convissuto sei anni. Si erano lasciati perché lei lo cornificava e un giorno il messaggio inviato all’amate finì sul suo telefono.

Poi seguivano messaggi a cui a volte rispondeva ed altre volte no. E la mia ansia, il mio desiderio di vederlo cresceva fino a diventare un’ossessione.

A volte mi chiedo perché non sono riuscita a vivere una bella storia d’amore lunga. Mai. Storie di giorni, settimane massimo sei mesi. Tutte distrutte sul nascere perché c’era sempre qualcosa che non andava. Impulsiva, afferravo la cornetta del telefono e mettevo in atto tutti i meccanismi di difesa e di attacco che conosco per tener lontano l’amore. Nessuno mi poteva amare perché io non mi sono mai data il permesso di farmi amare e di farmi conoscere per come sono. Quando mi sono aperta a lui, lui mi ha bloccata. Oppure quando mi sono aperta ad altri ho ricevuto due di picche e gelo.

Mi sono rifugiata nello sport, con a volte due allenamenti al giorno per combattere per convogliare le mie energie in modo salutare e trascorrere le mie giornate vuote in modo forse più terapeutico possibile.

Che programmi hai per ferragosto? E dopo un’assenza di due giorni arriva la risposta: lavoro. Buon proseguimento!

A ferragosto gli auguri e nessuna risposta, dietro sollecitazione arriva la risposta Ovvio lavoro!

Ultimo sms in cui ho preso l’iniziativa. Mai più prendere iniziative con soggetti simili. Con uomini che non hanno alcun rispetto della donna, che guardano l’orologio dopo aver fatto sesso e vanno via lasciandoti col vuoto esistenziale lacerato. Gente senza scrupoli, che pensano solo a se stessi e non si accorgono del male che ti possono arrecare. Gente che non si accorge della tua solitudine, della tua sofferenza, della tua richiesta di affetto. Sorda per comodità. Lui è stato sincero in un certo senso mi dicevano, ti ha detto che non ti voleva, che non voleva impegni che usciva con altre donne. E perché vedermi allora, solo quando dice lui?

Il personaggio della storia è una donna ipersensibile e fragile, una persona in cammino, che vuole spiccare il volo per approdare sulla strada del volersi bene, chiave di volta per la sua guarigione interiore.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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FINALMENTE E’ ANDATO VIA DALLA MIA TESTA E DAL MIO CUORE

TESTIMONIANZA DI UNA DONNA IN TERAPIA COL DOTTOR ROBERTO CAVALIERE

Oggi 25 giugno 2016

Sono passati quattro anni da quando ti ho incontrato, conosciuto, infatuata e presto da lì a poco innamorata. “Ossessione, mal d’amore,non ti vuol bene” continuava a ripetermi il mio analista, mia madre, le mie amiche.

  • “Lui non ti vuole, non ti merita, voleva divertirsi, non ci tiene, gli hai dato fastidio e ti ha eliminata, ci sei stato troppo addosso…”
  • “So tutto” rispondevo a tutte e questi ritornelli duravano da mesi.

Mi sono esaurita, ho pianto sono stata male ma a tutto oggi, sebbene non lo vedo da un anno e mezzo mi manca. Cosa poi? Non ho avuto una storia d’amore, non c’è stato quasi nulla se non rifiuti, scuse e bugie. Delirio: lui ritorna, qualsiasi oggetto mi fa pensare a lui, una frase, un viaggio, un numero come un film rivisto mille volte ritorna vivo alla mia mente.

“Che senso hai? Perché non lo riesco a dimenticare? Cosa vuoi da me Dio? A volte penso di impazzire, di non farcela più. Io non vorrei pensarlo, voglio dimenticare. Gli ansiolitici mi aiutano a star in uno stato motivo più tranquillo, ma non sono io”.

Il mio unico sogno è stare con lui. Sara’ vero poi? Perché devo continuare a soffrire la sua mancanza in questo modo?

“Mi va bene tutto tranne l’amore. Mi sono chiesta tante volte perché non mi sono data la possibilità di farmi amare e rispettare, perché non mi sono lasciata andare come faccio con altre persone che non mi interessano. Perché mi sono sentita impaurita, con lancinanti mal di stomaco appena ci salutavamo e dopo i suoi messaggi chiedevo consiglio al mondo prima di rispondergli. Perché non mi sono fidata di me stessa? Perché in quel momento non ho saputo organizzarmi e catapultarmi dall’unico uomo che ho amato?Perché non gli ho parlato chiaramente? Da donna di spessore quale sono? Perché non gli ho detto quello che pensavo sinceramente nel bene e nel male?”.

Avrei tanti buoni motivi per odiarlo, per eliminarlo dalla mia vita ma non ci riesco. Allora ti chiedo Signore tu l’hai messo nel mio cuore, tu lo devi togliere perché io non ce la faccio più.

Non posso più raccontarlo perché la gente considerata normale, che riesce a cambiare partner con la velocità dell’alternarsi del giorno e della notte, mi direbbe è troppo tempo che soffrire e soffri per il nulla.

Tutto vero ed esatto ma è così, devo accettare anche se è un continuo torturarmi. Spesso penso di non riuscire più a liberarmi da questa ossessione per non avermi dato la possibilità di vivereciò che era il mio sogno. La situazione mi è sfuggita di mano. Tante volte mi sono autosabotata. Lui mi cercava, mi messaggiava una sola volta al giorno e a me ciò non andava. Mi telefonava e non ero contenta. Mi corteggiava ma io pensavo che non era sufficiente. Poi la proposta del viaggio e della convivenza ed io non ho saputo dirgli di si. Un no dettato dalla paura, che mi è costato una malattia.

Quando io avevo capito di aver sbagliato tutto, lui mi ha bloccata. Tutto ciò che è seguito tra me e lui me lo sono cercato. Mi sono fatta male ma di brutto. Ho provato in tutti i modi a cercarlo, a fargli capire che per me era importante. Poi dopo mesi ci riuscivo ma lui scherzava ed io frustata me la prendevo. Un disastro. Incompatibilità, non lo so. So solo che a distanza di quattro anni non ho incontrato nessuno che me lo facesse dimenticare. Ora ho deciso di partire da me, di chiudere col mondo maschile perché vivo le storie con troppa ansia, facendo del male a chi alla fine non lo merita.

L’ansia, la sfiducia, la paura di innamorarmi sono stati i colpevoli del mio non aver vissuto la storia con te.

Forse anche tu vivevi quest’ emozioni, probabilmente anche tu hai assunto atteggiamenti di difesa nei miei confronti o solo perché non te n’è mai fregato nulla. Sta di fatto che non mi hai più dimostrato nulla.  I tuoi tre mesi di attenzioni nei miei confronti e i miei quattro anni di richiesta d’amore, di letture scelte per capire  come avrei potuto riconquistarti, mi insegnano che quando si ama e non si è corrisposti si è tristi da morire.

Penso a come sarebbe stato bello passeggiare, ballare, mangiare, praticare sport, dormire insieme, sorridere come è successo quelle rare volte che ci siamo viste: tre volte in un anno.

Da un po’ di tempo che non parlo più di te quasi a nessuno, tutti i miei link su fb, speravo che arrivassero direttamente al tuo cuore. Qualche volte è successo ma appena sei ritornato l’hai fatto dicendomi che non volevi impegni, che io mi buttavo addosso e che era colpa mia se ci vedevamo.

Ti avvicinavi e ti allontanavi per settimane senza scriver mai un ciao come stai? Il silenzio e il vuoto crescevano a dismisura ma continui ad essere nei  miei pensieri perché ancora mi accuso di non aver vissuto la nostra storia d’amore. Ma spiegami: come avrei potutovivere una storia serenamente con l’ansia che mi prendeva tutto il mio essere quando ti vedevo. Stavo male. Avrei dovuto farmi rispettare di più.

05/12/2019

Aprendo il computer e ritrovando questa pagina di diario mi sono accorta che tanta strada ho dovuto percorrere e finalmente dopo sette anni sei andato via dalla mia testa e dal mio cuore.

Buon natale Alessandra.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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TESTIMONIANZA: LA RELAZIONE TRA FAVOLA E REALTA’

“…dopo viene Maria Mezzomondo, sette anni, detta così perché ha la doppia vista: con l’occhio destro vede le cose della realtà, e col sinistro le fiabe.
Dopo di lei c’è Bimbo Dumbo, sei anni, detto così per le sue grandi orecchie a sventola, con cui sente benissimo tutti i rumori del mondo vicini e lontani.

– Allora attraversiamo? – chiede Pam, che vuole andare dall’altra parte della strada a trovare la sua amica Federica.
– No, – dice Valentino, – stiamo giocando a chi passa lungo il fiume.
– Chi passa lungo il fiume? Quale fiume? – chiede Pam.
– Ma non lo vedi? – dice Maria Mezzomondo coprendosi l’occhio della realtà, e guardando la strada con quello delle fiabe. Così vedeva il largo fiume Congo, nonno d’acqua, pieno di schiene di tartarughe e coccodrilli.
– Ma non lo sentì? – dice Bimbo Dumbo, orientando le orecchie giganti chissà a quale foresta lontanissima. Così sentiva uccelli e scimmie gridare, foreste fronzute stormire, correnti di acque frusciare.”
Da “Storie del viavai” di Bruno Tognolini.

Anche voi avete un occhio della realtà e uno delle fiabe? E le orecchie di Bimbo Dumbo che possono sentire suoni provenienti da spazi lontanissimi e luoghi profondissimi?

Io si!

Se mi copro l’occhio della realtà, con quello delle fiabe posso vedere arcobaleni quando il cielo è sereno e scoiattoli arrampicarsi veloci sugli alberi del mio giardino. E con le orecchie magiche posso sentire note melodiose ad ogni passo dei miei gatti, o i pesci del laghetto che parlano tra loro.

Il guaio è che, molte volte, con l’occhio delle fiabe ho visto scenari meravigliosi dove di meraviglioso non c’era assolutamente niente, ma proprio niente! E mi sono pure ostinata a tenere coperto l’occhio della realtà, mentre le orecchie giganti sentivano perfettamente la mia VOCE INTERIORE che gridava e mi scongiurava di non buttarmi in certi fiumi pieni di coccodrilli, ma non le ho dato ascolto.

Ma fa niente, il necessario è che i coccodrilli non mi hanno mangiata se sto qua a scrivere questo post.
C’è ancora vita!
Nuova, diversa, migliore!

Maria Rosaria Esposito https://www.facebook.com/mariarosaria.esposito.58

VIOLENZA NELLA COPPIA

Tratto dal thread “vi racconto la mia storia….”

Autore: Virna

Argomento: violenza nella coppia

Selezione a cura di Carlotta Onali

 

Ciao a tutti, ho 30 anni. vi racconto la mia storia perchè spero sia d’aiuto e di speranza a tutti quelli che come me hanno subito o subiscono ancora violenze psicologiche o fisiche, perchè oltre a queste righe ci sia un messaggio che anche nelle giornate sterili e disperate un seme può fiorire.
ho 30 anni, lui l’ho conosciuto a 19 perchè era venuto a studiare nella mia città. amore bellissimo, travolgente, di quelli che per anni ti baci e senti dentro “le farfalle” che borbottano, che lo sogni tutte le notti e ti svegli col sorriso sapendo che poi lo vedrai… poi.. poi il tracollo. la mia famiglia di origine si sfascia, nel giro di tre mesi mi ritrovo orfana di padre, stroncato da un tumore, e con una madre invalidata da un ictus. e lui al mio fianco, un pò più oscuro, più nervoso, fino al suo ricovero in ospedale per esaurimento nervoso. andiamo a vivere assieme, facciamo il “grande passo” e mi sembrava di essere felice, ma poco a poco le cose peggiorano. sempre più nervoso e distante, capita che mi insulta per la fiamma del gas troppo alta, perchè gli sposto le cose… non che si litiga o si discute, mi sento insultare, dare della stupida, della superficiale.. si alza la voce per un nonnulla, all’inizio rispondo, poi inizio a far parte di questo gioco, poco alla volta le discussioni si fanno più accese, lui non lavora, non è nella sua città, io ho una mamma alla quale dedicare certe attenzioni… l’alcool entra prepotentemente nella sua vita, due o tre bottiglie prima di birra poi di vino al giorno, ogni volta che provo a farlo smettere sono nomi e “sono io l’essere inferiore invidioso della sua vita rock and roll”. non si decideva a trovare lavoro, avevamo perso tutti gli amici..tre anni fa le prime botte, eravamo in montagna a cuocere della carne alla brace e allo squillo del mio telefonino ha preso dei sassi, 4 o 5, grandi come una mano, e me li ha lanciati urlandomi che mia madre non doveva disturbarci in montagna. all’inizio credevo fosse un episodio sporadico, volevo dimenticare e godermi quei mesi di pace e serenità che sarebbero seguiti, pensando che se mi fossi comportata bene non ce ne sarebbero stati più. forse nel mio inconscio speravo anche di “cambiarlo”, di renderlo mite come l’avevo conosciuto. un anno dopo, dopo una serata tranquilla ad ascoltare musica, mentre mi apprestavo a dormire .. ha iniziato a prendermi a calci, a insultarmi in ogni modo, a darmi degli schiaffi urlandomi dietro che non mi potevo permettere di addormentarmi senza il suo consenso, perchè lui era ancora li che ascoltava musica e io l’avevo abbandonato. quando sei dentro a certi meccanismi, non è facile come per chi legge capire le cose, quando giorno dopo giorno e per anni sei abituata a certe cose, come dire, ci fai il callo, l’amore diventa ossessione, morbosità, paura, fobia, essere succube dell’altro e infine giustificare certe azioni. quella sera prese una bottiglia cercando di spaccarmela in testa, mi mise le mani sul collo, la bava alla bocca, e io urlavo se potevo, altrimenti tacevo in silenzio, io non so quant’è durato quel raptus, in quei momenti mi sentivo come spettatrice, la paura mi paralizzava e una parte di me diceva non stà succedendo davvero… sangue, sangue caldo da dietro la testa, poi il suono del citofono, i carabinieri allarmati da qualche vicino che probabilmente aveva sentito le mie urla, o la mia testa contro il muro.. poco importa.. ad ogni modo la salvezza. voi direte… ma poi l’hai lasciato? no, non ancora, dopo due settimane durante le quali mi sono fatta negare ho ceduto alla mia debolezza, ancora una volta sono stata debole, non mi sono amata come avrei dovuto, e sono tornata da lui, che era in un mare di lacrime, forse pentito, sicuramente mi sono fatta impietosire dallo stato in cui si era ridotto in mia assenza. un’altro anno c’è voluto prima che lo lasciassi, un altro anno di insulti, schiaffi, isolamento dal resto del mondo (solo andando da mia madre o a lavorare mi distraevo) e quel che fa più male quella minaccia psicologia, quel sottile stato di continua tensione, quel fino a qui tutto bene…. ma anche quell’ossessione che se me ne fossi andata mi sarei sentita in colpa di averlo abbandonato, quell’intestardirmi sul pensiero di amare che in realtà era un gioco morboso in cui ero vittima e carnefice, incapace di liberarmene e succube della situazione. una volta si arrabbiò con me perchè entrai in un pub a chiedere se avevano un bagno, e si ruppe una mano dal pugno violento che diede contro a un cartello stradale mentre mi urlava che ero una stupida a chiedere le cose, ad essere gentile.. un’altra volta alzò le mani anche contro mia madre facendola cadere, per fortuna su un letto, e dovemmo passare la notte io e mia madre chiuse a chiave in camera con la paura che lui, nella stanza a fianco, tornasse a darci il resto delle botte. quest’estate, di ritorno da un concerto, l’ennesima crisi, un raptus in autostrada mentre guidavo, all’improvviso ha iniziato a darmi dei pugni forti in testa. ho accostato, sono scappata, ho chiamato la polizia. pronto soccorso, prognosi di 7 giorni per trauma celebrale…- lei signorina lo vuole denunciare? – -no, ha dei disturbi, sicuramente è solo perchè ha bevuto troppo- iniziai a soffrire di attacchi di panico, all’improvviso il respiro si faceva convulso e il cuore mi saliva alla gola, iniziavo a urlare, a piangere, a sbattere la mia testa contro a un muro. poi a settembre, la liberazione. l’ho lasciato. ho sofferto della lontananza, si, ho perso 5 kg in meno di un mese. come prima cosa mi sono rivolta a un istituto di igiene mentale spiegando degli attacchi di panico, dell’apatia che avevo addosso, raccontando la mia storia a una psicologa e uno psichiatra che mi seguono tutt’ora. che dire… finchè non raggiungi il fondo, ma proprio il fondo, non te ne accorgi, e forse a volte non serve neanche quello. ad ogni modo ora è aprile e sono qui, e capita sempre più spesso che sono serena. di notte lo sogno, a volte, che mi mette le mani addosso o mi dice che torna e non mi lascia più, e io nel sogno mi sento soffocare, inizio a piangere. anche stanotte l’ho sognato, era dolce e premuroso come i primi anni e poi mentre mi baciava mi stringeva sempre più forte il collo…
e continuo a ricevere telefonate anonime, e so che lui è stato ricoverato in condizioni pessime e con ricovero obbligatorio in psichiatria, minaccia di uccidermi una volta uscito, a me sembra di vivere un incubo senza fine perchè più cerco di rifarmi una vita più so che lui è ancora ossessionato da me, e spero solo che i medici che lo hanno in cura si rendano conto della situazione e della pericolosità del soggetto.
che dire ancora? sul perchè io abbia voluto subire, sui meccanismi celebrali, ci stò lavorando, sulla qualità della vita ora non ne ho dubbi, anche se con molte cicatrici e qualche ferita aperta sono io, con la mia integrità, e voglio vivere. ho conosciuto un ragazzo qualche mese fa, ed è stato colpo di fulmine, ci conoscevamo già da qualche anno, ma eravamo entrambi alle prese con relazioni infelici. sto vivendo un rapporto sereno e alla pari, lui sa tutto del mio passato e mi appoggia e ogni mattina mi sorride solo perchè è contento che al mondo ci sono anch’io, senza pretese ma semplicemente amandomi. progettiamo un futuro assieme, senza fretta, passo a passo e nel completo rispetto uno dell’altro, sono felice, e come me anche voi lo sarete, ne sono certa.
un abbraccio.

Virna

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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IO SCELGO L’AMORE

Tratto dal thread : “Io scelgo l’amore”

Autore: Yana

Selezione a cura di Carlotta Onali

 

Non e’ recentemente che ho scoperto questi pensieri dentro di me, ma oggi ho deciso di metterli per iscritto e di condividerli con voi.
Più che veri e propri pensieri, questo e’ un fluire di sensazioni spontanee dentro di me, di cui mi nutro ogni minuto sempre di più.

“Scelgo l’amore”, si, dunque scelgo di dialogare con me stessa, con il mondo e con gli altri attraverso questo bene prezioso di cui molto spesso mi sono privata.
Perché scegliere di vivere amando significa decidere di confrontarsi con gli spettri della propria vita, sentire dentro la voglia di combattere quelle paure scolpite dentro a noi stessi da così tanto tempo, da figurare erroneamente come un tempo infinito ed irrecuperabile.

Significa, per me, comprendermi ed accarezzarmi amorevolmente, come se fossi la madre di me stessa, accompagnarmi per mano e con tenerezza anche negli spazi più offuscati del mio sentire più profondo e fermarmi ad ascoltare..
Ascoltare, capire, sorridermi, e non più giustificarmi, o schermarmi.
Dialogare attivamente con me stessa e con la vita intorno a me.
Solo cosi facendo posso amarmi e posso accettarmi. Mi accetto perché il mio valore esiste ed io voglio nutrirmene e voglio esprimerlo agli altri senza pretendere nulla in cambio.

L’amore e’ scambio naturale, io esprimo e regalo qualcosa di me, senza sforzarmi di essere ciò che non sono, ne’ pretendere troppo da me stessa.
Semplicemente sono, e sono ciò che più liberamente e naturalmente posso essere perché mi permetto di esserlo. Ho il diritto di esserlo!
Nessuno ha l’obbligo di scegliermi, di apprezzarmi o di condividermi, ma altrettanto nessuno ha il diritto di non rispettarmi, neppure io stessa. E il rispetto che io volgo a me stessa e’ l’accesso di quello degli altri: solo io posso permettere a qualcuno di non rispettarmi.
Solo io posso decidere di trattenere dentro di me la durezza, l’amarezza, la debolezza che gli altri mi porgono.

Scegliere l’amore per me significa smettere di elemosinare attenzioni, vivere senza sentirne il bisogno soffocante, volgere lo sguardo verso dove l’amore per me sboccia e si alimenta liberamente.
L’amore vive nell’aria, e se io non lo respingo imprigionandomi e schermandomi della mia stessa paura di amare, se non mi costringo ad un modo di essere che mendica amore con sofferenza, se mi aiuto a prendere contatto con la parte naturale di me, apprezzandomi e riconoscendo che io merito amore, merito tanto, merito il bene, allora non respirerò solamente l’aria inquinata che mi preservo, ma tutto l’amore di cui e’ impregnata.

Per amare, per ricevere amore, non c’e’ bisogno di diventare egoisti e sentimentalmente avari, non vi e’ utilità nel costruirsi intorno un muro indistruttibile, perché quella e’ la casa dove regna il non amore.
Noi non abbiamo bisogno di innalzare dei muri, perché quella e’ un’arte che ci viene insegnata già fin troppo rigorosamente e che non e’ la soluzione, perché non permette di lasciar trapassare amore dentro di noi.
I muri si costruiscono attraverso le paure e la paura siamo noi, se non la lasciamo andare via.
La paura e’ il non amore, il non amore e’ la paura che ne abbiamo.
Quello che ho imparato io e’ che dobbiamo imparare a lasciare andare, e non trattenere; dobbiamo costruire e non distruggere, ma per costruire qualcosa che si regga sulle proprie basi e’ necessario sapere che cosa si sta costruendo e perché. Per arrivarci, con trasparenza, e’ necessario imparare ad interpretare, riconoscere, ammettere, accettare le proprie sensazioni.
Il filtro che impedisce il contatto con le sensazioni più profonde e’ sempre lei: la paura.
La paura blocca il respiro, blocca il fluire dell’energia, che fa da veicolo dentro di noi per far trapassare le sensazioni in tutta la loro pienezza.
La paura e’ un’emozione ingannevole, per non farci “sentire” e’ capace di congelare le sensazioni e di manomettere i nostri pensieri. La paura ci confonde, per questo e’ molto importante sconfiggerla, e l’unico modo che abbiamo per sconfiggerla e’ affrontarla.
Finché non l’affrontiamo ci appare come un mostro imbattibile, che si presenta sotto le più disparate sembianze, se invece impariamo a familiarizzarci, possiamo scoprire che noi siamo più forti e che più forte e’ l’amore, che paziente ci viene incontro in ogni momento della vita e che aspetta solo di essere riconosciuto e accolto.

Io scelgo l’amore, perché solo in questo modo riesco a comunicare in modo coerente con il mondo.
Se indossi l’amore, e lo porti agli altri, lo si legge nei tuoi occhi, lo si sente nel profumo della tua pelle, e se lo conservi dentro di te non hai bisogno di rincorrere chi non può offrirtene, perché ne hai una fonte tua da cui attingere ed incroci e accogli spontaneamente lo sguardo di chi desidera apportarne ancora nella tua vita.

Scelgo l’amore perché scelgo di essere fedele a me stessa e perché ho capito che il male che ci fanno gli altri e’ il male che abbiamo deciso di accogliere noi e di trattenere.
Abbiamo deciso di leggere le pagine della sofferenza e di saltare quelle della benevolenza, perché così ci hanno insegnato. Affettivamente abbiamo delle lacune, talvolta così grandi da renderci degli analfabeti nella lettura dei codici dell’amore.
Interpretiamo amore e invece e’ paura.
Interpretiamo cattiveria, invece e’ paura.
Non guardiamo dove l’amore c’e’, perché l’occhio ci cade sulla paura.
Cresciuti in mezzo alla paura, siamo capaci di specchiarci e di riconoscerci, sentirci, solo attraverso di essa e non siamo in grado di assorbire ed esprimerci attraverso il sentimento libero e gioioso.
Ma se nessuno e’ stato in grado di insegnarci a riconoscerlo, a nutrirlo, a dargli fiducia, noi possiamo scegliere nuovamente della nostra vita, possiamo decidere di rieducarci ad un amore che non senta più il peso delle catene che noi gli abbiamo ricamato sopra.

Ogni tanto nella vita accadono dei piccoli miracoli, di cui possiamo essere noi gli artefici.
La mia famiglia e’ intrisa di paura, io sono cresciuta a braccetto con la paura.
Ho imparato che l’unico mezzo di comunicazione appagante ed universale e’ quello che si esplica attraverso l’amore, anche quando sembra essere impossibile.
Ma l’amore e’ possibile, sempre.
Quando ho smesso di rispondere all’aggressività con altrettanta aggressività, quando ho smesso di rispondere al dolore con il dolore, quando ho iniziato a rapportarmi deponendo le armi pungenti con cui mi difendevo, ed ho iniziato ad interpretare quei messaggi con il significato della paura, e’ successo qualcosa.
E’ cambiato qualcosa.
Ho riconosciuto la paura ed ho provato a combatterla con l’amore.
L’amore e’ più forte e la paura dell’altro di fronte ad una tale potenza si scioglie, anche solo momentaneamente. Avviene una liberazione, uno scambio. Se gli offri amore, l’altro lo sente, e abbatte i muri eretti dalla paura.

Io sto scegliendo di regalare e di regalarmi amore.
Auguro una tale gioia a tutti quanti voi.

Yana

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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SCELGO ME e LA FUGA VERSO ALTROVE

Tratto dalla discussione del forum “scelgo me!” (forum “fine di un amore”)

Autore: v_veronica07

Sezione: Messaggi di Speranza

Selezione a cura di Carlotta Onali

 

Ciao a tutti,
è la prima volta che scrivo anche se conosco questo forum da oltre un anno. La mia relazione a distanza si è appena conclusa (anche se temo che non fosse mai iniziata…). Ho 38 anni e sin da piccola un unico romantico sogno…una mia famiglia! Durante lo svolgersi della mia esistenza ho accumulato esperienze che erano il riflesso della mia convinzione interna:l’obiettivo di una famiglia è per me impossibile. Non ne sono capace. Ed ho fatto di tutto per dimostrarmelo. Unicamente attratta da uomini sfuggenti, indifferenti, immaturi, incapaci di dare. A 27 anni mi sono resa conto, dopo la lettura del libro della Norwood, di essere affetta da dipendenza affettiva. Segue psicoterapia di 5 anni con una psicologa e di altri 3 anni con psichiatra…ambedue utili a livello di acquisizione di consapevolezza ma nulla di più. Con enormi difficoltà, abitando in una piccola provincia del sud dove l’amore che fa soffrire è assolutamente normale, creo un gruppo per donne con dip affettiva che ha breve vita dato che era composto da solo 4 donne peraltro neanche molto motivate.
E quindi veniamo alla mia ultima “storia”. Lo conosco in chat oltre un anno fa. Fu subito passione. Lui separato, 2 figli e appena uscito da una storia di 2 anni. Mi convinco che è affidabile nonostante sia fantastico quando stiamo insieme ma scompaia non appena ritorna nella sua città. Poi dopo un mese, alla vigilia della nostra prima lunga vacanza insieme, mi lascia per tornare con la sua ex. Decido di non sentirlo più. Dopo 2 mesi torna da me dichiarando di avermi sempre pensato e che vorrebbe stare con me “seriamente”. L’idillio dura 2 mesi durante i quali si rifiuta di farmi conoscere i suoi figli, perchè da troppo poco tempo si è lasciato con la sua ex e mi nasconde a sua sorella ….sembriamo amanti clandestini. Infine non si fa sentire…lo sorprendo a chattare con altre e lo lascio. Il tutto con enorme dolore. Mi fa sentire rifiutata, la mattina mi sveglio (se riesco ad addormentarmi) con una forte ansia. Trascorre l’intero inverno e a giugno ricompare dichiarando di non volere storie al momento e raccontandomi che negli scorsi mesi era ritornato per la terza volta con la sua ex facendo in tempo a firmare un compromesso per l’acquisto di una casa in cui vivere con lei, poi per una sfuriata di lei si sono lasciati. Io sono molto fredda e distaccata e più lo sono e più mi corre dietro fino ad offrirmi una crociera insieme a titolo risarcimento danni per la vacanza che l’anno prima non avevamo mai fatto. Non senza titubanze accetto. Solito film lui è presente e affettuoso finchè siamo insieme, sempre che non senta da parte mia alcuna richiesta, e appena distanti diventa irraggiungibile. Al ritorno dalla crociera mi confessa di essere un pò malinconico perchè ricorda solo i momenti più belli trascorsi con la sua ex e che gli fa bene sentirla per ricordarsi l’impossibilità della loro relazione. Mi sento usata e glielo dico. Lui afferma che ho equivocato. Di nascosto guardo i messaggi sul suo cell e scopro che manda gli stessi sms a me alla sua ex e ad altre 2 donne. Dopo un meraviglioso weekend trascorso insieme, con lui amorevole come non mai, lo ritrovo in chat. Nel suo profilo ha messo una foto in cui eravamo insieme naturalmente epurata della mia immagine. Uso questo ultimo dolore per trovare la forza di troncare e scompaio per un paio di giorni. Mi manda un sms in cui mi dice che suo padre è molto grave ed è ricoverato in ospedale. Lo chiamo, gli sono vicina. Lo rassicuro, gli dò tutto il mio calore. Il giorno dopo (oggi) lui di nuovo in chat, con quella foto. Gli faccio presente che mi ha dato un dispiacere mettendo proprio quella foto. Non mi risponde.
Fine del terzo atto BASTA!
E ci vuole coraggio e forza per non rispondere alle sue richieste di aiuto e scegliere per una volta ME.
Scegliere l’immancabile vuoto, i sensi di colpa, l’ansia, la solitudine e l’inferno che conosco bene. Ma rimane poco tempo ed il mio sogno da realizzare e una battaglia tutta mia da combattere …quella contro la vocina interna che dice “non ce la fai, non è per te”
Chiudo con una frase che ho letto oggi “Dì a te stesso dapprima che vuoi essere; poi fa di conseguenza ciò che devi fare” Epitteto.
Un grazie a tutti per l”ascolto”

v_veronica07

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Tratto dalla discussione del forum

“La fuga verso “Altrove” ovvero mi presento”

Autore: Skara

Sezione: Messaggi di Speranza

Selezione a cura di Carlotta Onali

Dopo aver interagito un poco con voi, aver letto moltissimo, mi sono resa conto di non essermi presentata, ma di aver lasciato qua e là qualche orma sulla mia storia.

Famiglia difficile la mia, povera di tutto, soldi, affetto, cultura, una crescita con nonna e zia dai due anni ai dodici, del prima nulla si sa per certo le versioni sono discordanti, due anni fino ai 14 con dei genitori ricomparsi dal nulla, violenza e abuso pane quotidiano, nasce la fuga verso “altrove”, da casa con l’aiuto di un assistente sociale e il rientro ad una vita più serena, pare tutto vada bene studio, mi diplomo, mi laureo, trovo un lavoro stabile, ma nel frattempo passano gli anni e a 38 dopo l’ennesima ricaduta in una storia “persa” già in partenza, l’inizio della terapia che mi ha condotto fino a voi.

Apparentemente tutto scorre, c’è il lavoro, il mutuo, ma nel frattempo ho traslocato 14 volte, cambiato 7 città, perchè “altrove” ovvero io, neppure sapeva di fuggire, pensava solo di essere una dinamica donna nell’era della flessibilità, invece era sempre una fuga, dai rapporti, tre storie importanti in 40 anni di vita, tutte segnate, a vederle ora dopo due anni di analisi, dall’infattibilità di ognuna.

“Altrove” ha scoperto alla non piccola età di 40 anni che ha sempre avuto paura delle relazioni, che dentro le riecheggiano o come abbandoni o come violenza, quindi o si evitano scegliendo accuratamente persone complesse, ad incastro mirabilante con le proprie nevrosi, uno molto grande da fanciulla, un peter pan da adulta, uno sposato nella maturità, o peggio scelte in modo da far risuonare quella corda mai ricucita della ferita antica.

Vivo così la mia duplicità adesso, consapevole che il mio funzionamento adattivo e sociale è buono, il mio mondo affettivo un deserto, che anche io ho contribuito a creare. Cosa farò di questa consapevolezza non so, forse le emozioni ed i sentimenti non si riallineeranno mai con il pensiero, però ora scatta la campanella d’allarme, e tolto il carro armato con cui ho superato senza dubbio difficili traguardi, finalmente sento che ho anche un anima, piena di bellezza e desolazione, che trema e palpita, ho scoperto cosa voglia dire sentirsi, sentire se stessi.

E poi ho scoperto voi, tanti, diversi, vivi.

Una carezza

Skara

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

AUGURIO D’AMORE (messaggio di speranza dal forum)

Cari tutti,anche quest’anno si sta avvicinando il periodo delle feste, che per qualcuno forse è già iniziato. Scrivo per tutti, ma principalmente per quelli che in questo momento stanno soffrendo e che probabilmente sentiranno acuire in modo feroce la loro sensazione di solitudine. Nei momenti di pausa dal quotidiano, quando le famiglie e gli amici si stringono per festeggiare qualcosa, quando ci si ferma per un attimo e si ha più tempo per riflettere, non è una novità: se non si sta bene si rischia di percepire con più forza la propria sofferenza. Anche quest’anno voglio volgere un pensiero speciale per chi si trova in questo stato;so come ci si sente, ci sono passata anche io, e so che può essere davvero doloroso.Non voglio scrivere nulla di scontato o di banale, voglio solo portarvi la dimostrazione del fatto che la sofferenza si supera, che si può star meglio, che anche le separazioni o i soprusi più devastanti, ed apparentemente impossibili da superare, sono gestibili e possono addirittura generare un nuovo modo di essere o una nuova vita, anche migliore. Voglio ricordare che si può stare meglio, anzi bene, perché so quanto in certi momenti sembra impensabile poter tornare a vivere sereni.Non bisogna avere fretta, anche se, quando si sta male, la cosa più naturale ed immediata è quella di desiderare solamente di uscirne subito e di saltare tutte le fasi di sofferenza che in molte situazioni invece sono inevitabili ed anche indispensabili, per uscirne, ma anche per raggiungere una nuova consapevolezza e quindi una nuova fase della propria vita. In alcuni casi c’è la messa in discussione e lo sgretolamento di un’intera vita, di un modo di vivere che è sempre stato vissuto come scontato, di un’unione che costituiva un appoggio o una condivisione fondamentale per noi.

La rottura di questo non può che portare alla sofferenza, alla distruzione di tutti quei punti di riferimento che improvvisamente ci vengono a mancare e che così facendo ci danno la sensazione di non poter quasi più respirare, o di non riuscire a trovare la motivazione per continuare a farlo.Ma la distruzione di qualcosa, seppur dolorosa, non preclude una ricostruzione, a volte anche di qualcosa di più bello, o il ritrovamento di qualcosa di noi che magari prima ci mancava senza che ce ne rendessimo conto.Con questo non voglio permettermi assolutamente di sminuire il dolore di molti, che certamente deve essere vissuto e che ha ragione di essere. Voglio solo ricordare che può finire e che può anche trovare un senso che adesso sembra non avere.Io sono stata una persona molto infelice ed oggi mi sento, tra tutti i miei alti e bassi e le mille difficoltà, una donna serena.Porto sempre con me quella speranza e quella fiducia necessarie per affrontare ciò che non va, sono ancora capace di sentire dentro di me intensamente il dolore quando vivo un distacco, un’ingiustizia o qualsiasi cosa che sperimento come portatrice di malessere, ma nonostante questo mi sento aperta alla vita ed ho fiducia nel futuro. E’ cambiato il mio modo di sentire la vita e di pormi di fronte o all’interno degli eventi e questo ha fatto tantissima differenza.Volevo dirvi che per raggiungere questo stato ho sofferto molto ed ancora oggi ci sono delle cose nella mia vita che vanno sistemate.Ma credo, nonostante tutto, che ne valga la pena, e lo penso veramente.Ho ancora tantissima strada da fare, cioè tutta quella che mi manca nella vita, ma la serenità che ho raggiunto nel rapportarmi con me stessa rispetto al mio passato è un dono grandissimo che ho deciso di farmi, che ho accolto insieme a tutte le fasi che sono state necessarie per arrivarci, e che oggi mi permette di camminare in modo più equilibrato attraverso tutti gli avvenimenti.

Non so se sono riuscita a trasmettere quello che volevo, ma so che il sostegno, la fiducia e la speranza sono stati i regali più importanti che ho ricevuto nei miei momenti più difficili.Di certo con queste parole non risolverò i vostri problemi, ma voglio comunicarvi una cosa che reputo importante. Io sono cresciuta e mi sono rigenerata nel tempo, e continuo a farlo, attraverso moltissime risorse concrete, è vero, ma quello che è stato importante, sempre, è stata proprio la fiducia che ce la potevo fare, la convinzione, la volontà, la pervicacia.E questi atteggiamenti sono stati spesso incoraggiati dalle persone che mi stavano vicino, che comprendevano il mio stato d’animo o che mi sostenevano pur non comprendendomi a fondo. Spero davvero che queste feste non siano per alcuni troppo dolorose, ma soprattutto spero che, comunque verranno vissute, non abbiano il potere di oscurare del tutto la speranza che sicuramente contenete dentro di voi e che prima o poi, ne sono certa, si farà sentire di nuovo. Buone feste

Yana (moderatrice del Forum)

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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QUESTA GELOSIA SCONOSCIUTA… (discussione del forum)

Tratto dalla discussione “Questa gelosia sconosciuta…” (forum “GELOSIA E TRADIMENTO”)

Autore: Sommer

Argomento: gelosia

Selezione a cura di Carlotta Onali
Per la prima volta nella mia vita sento gelosia del passato della persona che in questo momento sto conoscendo. Lui, come me, ha vissuto un rapporto importante che lo ha lasciato in pezzi ma a differenza di me continua a mantenere rapporti amichevoli con la sua ex… qualche volta si sentono. Il loro rapporto si è concluso due anni fa.
Non discuto sulla serietà del ragazzo in questione sono consapevole che il disagio sia dentro me per questo ho bisogno di voi. Sono sicura che i vostri pareri, le vostre esperienze mi aiuteranno a fare luce.

A creare dolore è bastato leggere una frase sulla sua ex risalente al 2005 scritta sul suo blog sul quale non scrive più. Nulla di che… ma è bastato per sentire un dolore dentro che ha causato un pianto assurdo. Il sentire quanto fosse importante per lui mi ha ferita, il dolore che ho sentito mi ha riportato alla mente sensazioni vecchie legate alla scoperta del tradimento…le ho subito riconosciute quindi sono consapevole che si tratta di ferite ancora aperte/dolore ancora non del tutto elaborato. Un po’ esagerato provare smarrimento di questo tipo causato da una frase scritta tre anni fa quando nessuno dei due conosceva l’altro. Non trovate? Mi chiedo perchè io stia provando questo…

Ho paura che lei possa tornare nella sua vita, a volte le persone si amano si fanno del male ma poi si ritrovano mentre io sono qualcosa di nuovo che ancora non ha nessuna radice forte.

I fatti dicono di starmene calma e tranquilla, inoltre lei vive un altro rapporto, ma le mie sensazioni corrono e mi feriscono…ad esempio non sono riuscita a chiudere occhio la notte successiva alla lettura di quella frase, mi sono addormentata con fatica e a brevi tratti mi svegliavo come impaurita con il cuore in gola e questo non accadeva dal periodo immediatamente successivo alla scoperta del tradimento e all’abbandono. Sento la paura di poter essere abbandonata a causa di qualcun’altra…penso alla sua ex perchè con lei ha condiviso qualcosa di importante quindi penso che possa avere dell’ascendente su di lui ma potrebbe benissimo essere una nuova conoscenza o semplicemente il suo decidere di non proseguire la conoscenza con me.

Sto vivendo una situazione familiare complessa e dolorosa che ha come scombussolato il mio sistema emotivo e sono sicura che sta incidendo anche sulla mia sfera prettamente personale. Non posso parlarne a questo ragazzo siamo nella fase della conoscenza non sarebbe opportuno sia perchè non ci sono fatti e poi perchè sarebbe davvero inopportuno per la fase esistente tra noi mettermi a parlare della sua ex e delle mie paure.

Mi aiutate a capire voi? Grazie Sommer

 

Ciao sommer,
leggendo le tue parole mi è sembrato di sentire me stessa..
Io ho il terrore, non la paura.. il terrore del passato sentimentale di chi condivide ormai la propria vita con me.
Col tempo ho imparato a non fare domande, a lasciar stare il passato lì dove sta perchè ho visto che mi fa star male da morire.

Però non è facile, cavolo se non lo è.. Anche perchè sono una testarda ostinata e ho la devastante capacità di autoconvincermi di cose allucinanti che magari nascono da situazioni innocenti ma la mia mente le distorce in dubbi, angosce, pensieri foschi e questo non solo riferito alle ex ma anche al presente.

Tornando al passato.. ho imparato a capire che se è il suo PASSATO e io il PRESENTE, un motivo ci sarà: non dico che ho imparato ad evitare di starci male, ma ho iniziato a comprendere che se fra di loro è finita e a me viene dimostrato che è così e che ci sono solo io nel suo cuore, bè.. allora è così.

Però scrivi che hai letto cose passate, che comunque loro si sentono ancora.. io ho un mio carissimo amico che era mio ex, lui ora è impegnato ma riusciamo a sentirci serenamente ogni tanto e ad uscire con il gruppo di amici comuni senza nessun problema.

Ho notato che su tutto questo meccanismo di gelosia influisce molto la nostra vita familiare: io ho iniziato a star da cani quando ho scoperto i tradimenti di mio padre, avevo 16-17 anni e da lì ho iniziato a non esser più sicura su niente. Il problema che ho io di base è un decisamente bassa autostima e da lì nascono le mie paure più assurde.
Se stai attraversando una situazione familiare burrascosa può essere che influisca in maniera decisiva sulla tua vita sentimentale.

Dici che è troppo presto parlare con questo ragazzo di questa sofferenza.. io credo che se si condivide un affetto, per quanto sia iniziato da poco, certe paure devono venir affrontate assieme, ma senza buttare in tragedia il tutto: semplicemente esporre il proprio punto di vista, ciò che si sente anche per far capire all’altro che si sta soffrendo.

Lui magari nemmeno immagina che tu in questo periodo stia male per il suo passato e nel momento in cui lo scoprisse potrebbe rimanerci male proprio perchè non ne avete parlato prima, ad esempio. Ma sono io così, se ho qualcosa che non mi fa star tranquilla cerco di sbrogliare il nodo il prima possibile proprio per evitare di soffrire ulteriormente e inutilmente il più delle volte..

spero di averti dato perlomeno uno spunto di riflessione; ti sono vicina perché ti capisco perfettamente
Un grande abbraccio Malinconia

 

Grazie Malinconia.
Da ieri sera sono più serena, mi sono fermata a riflettere su alcune cose e questo mi ha “calmata”.

Io so per certo che l’insicurezza che mi ha travolto è stata scatenata da un evento legato alla mia famiglia che mi ha fatto percepire fragile e da li è stato un susseguirsi di pensieri distorti. Questi pensieri/stati d’animo innescano un dolore che faccio fatica a controllare…tipo reazioni a catena. Stavo benissimo fino a quando non sono venuti fuori problemi di famiglia e all’inizio me la sono cavata alla grande dopo qualcosa si è incrinato lasciando dentro me una sgradevole sensazione dentro.

Un’amica mi ha fatto un elenco di persone che dopo la fine di una relazione rimangono amiche e anche io ne conosco qualcuna. Ma come ho già scritto forse non è l’ex il problema, potrebbe benissimo essere una ragazza nuova…quindi il problema è un’altra e l’ex sembra essere rivale perchè ha già condiviso emozioni/progetti/sentimenti. Ma come hai detto bene tu se lei fa parte del suo passato da due anni un motivo ci sarà e se io in qualche modo sono nel suo presente allora è su questo che devo concentrarmi e lasciare che le cose evolvano.

Manca autostima, in questo sono d’accordo con te, ma c’è anche la paura che tutto possa non evolvere non so quanto e precisamente come queste due cose siano legate tra loro. Io ho paura di questo, ho paura di dover affrontare un distacco.

Ci siamo detti poco in merito agli ex, lui a novembre quando ne abbiamo parlato mi è sembrato ferito. Ha detto una frase con un tono di voce molto sofferente e questo mi ha fatto capire che il ricordo di lei è doloroso…questo vale anche per me.

Sono demoralizzata perchè mi rendo conto di quanto lavoro io debba ancora fare su me stessa. Ogni volta che penso di essermi messa “in piedi” accade qualcosa che mi fa capire che non è esattamente così. Mi sembra un lavoro così enorme…mi sembra di fallire continuamente ogni volta sbuca fuori qualche punto che va rivisto e corretto. Io prima queste paure non le sentivo. Il tradimento ha aperto un pozzo senza fondo.

Avrei bisogno di essere tranquillizzata ma al momento non posso avere di più.
Grazie Sommer 

Ciao sommer,
mi sono rispecchiata nelle tue parole, quando dici che il tradimento ha aperto un pozzo senza fondo.
E’ esattamente ciò che penso anch’io. Il tradimento ha spalancato una voragine all’interno di me e da questo enorme buco emergono sentimenti che pensavo sopiti o definitivamente superati, stati d’animo che non conoscevo affatto, pensieri che non pensavo di avere. Tutto è in bilico e continuamente in discussione.
Mi sento continuamente sospesa e sono profondamente stanca di lavorare su di me.
Come te anch’io avrei bisogno di essere tranquillizzata, di essere in qualche modo sollevata ma anche per me ciò non avverrà.

Riguardo la tua gelosia credo sia veramente legata al tradimento a cui sicuramente si sono sommati i problemi famigliari. Non so se anche prima del tradimento avessi problemi di autostima ma sicuramente dopo un evento così traumatico tutto si enfatizza e moltiplica di intensità.
Non è tanto l’ex o un’amica o quant’altro ad essere l’effettivo problema quanto, secondo me, il non essere più sicuri di niente. Il tradimento ti lascia un senso di insicurezza profondo che non è facile da superare.
Io pensavo che se avessi lasciato mio marito forse avrei avuto fiducia in un nuovo compagno. Poi ho riflettuto che ormai il mio metro di fiducia è inesorabilmente cambiato e quindi immagino che, se fossi al tuo posto, soffrirei del medesimo problema.
Con affetto Velia

 

Grazie Velia.
Stavo bene…davvero fino a qualche giorno fa stavo bene. Mi sentivo tranquilla con le mie percezioni/emozioni/sensazioni poi ho iniziato a sentirmi di nuovo frammentata. Orribile sensazione.
E’ vero…si perde fiducia in se stessi in primo luogo e di conseguenza anche nelle proprie percezioni.

Soffro, soffro ogni volta che percepisco quanto il mio rapporto precedente sia stato distruttivo e soprattutto soffro ogni volta che comprendo quanto io abbia permesso a quel rapporto di distruggermi.

Una domanda: sentite la competizione con l’altra/ex? Bisogna concentrarsi su se stessi, lo so ma io non riesco a non fare certi pensieri. Cosa state facendo/avete fatto per affrontare questo aspetto? Sommer

 

Ciao Sommer,
questo è un tema che mi tocca molto da vicino e che ho vissuto in diverse fasi.

Premetto che io non sono mai stata una persona gelosa: ho sempre riso e scherzato sull’argomento ma non ho mai sentito quello spasimo che ho poi compreso essere davvero la gelosia.
Con mio marito, in particolare, non l’avevo mai vissuta perchè avevo l’assoluta certezza che per lui esistessi solo io.

Questo è uno dei motivi per cui ho faticato tanto ad arrendermi all’evidenza dei fatti e a dover accettare il suo tradimento.
Ed è senz’altro il motivo che ha reso il tutto ancora più difficile e doloroso.

Ciò che più mi ha mandato in confusione, come ha detto anche Velia, è stata la sensazione di non potermi fidare delle mie percezioni.
Questo mi spaventava molto. Un po’ mi spaventa anche ora ma cerco di superare tutto ciò considerando che non posso sapere e capire tutto, non posso controllare tutto e tutti e devo accettare questo aspetto.
Cosa un po’ difficoltosa per me che anche sul lavoro sono una patita del controllo.
Ho la convinzione che avere il controllo significhi anche essere al sicuro.
Il punto è che posso “controllare” solo me stessa.

Per quanto riguarda l’altra, mi sono sentita in competizione per quegli aspetti che so mio marito ha trovato in lei e che prima trovava in me.
Questo mi ha ferita molto.
Adesso non mi sento in competizione con lei: mi addolora sempre pensare che abbia fatto parte del nostro cammino, questo sì.

La mia percezione di lei e del tradimento è cambiata nel tempo, man mano che lavoravo su di me e che ricostruivo il mio matrimonio.
In questo momento c’è molta vicinanza emotiva tra me e mio marito e questo mi fa sentire tranquilla, anche se certo non tranquilla come quattro anni fa.

Non so se riesco a spiegarmi bene, oggi ho anche la febbre e fatico a mettere insieme i pezzi nel mio cervello.
Quello che voglio dire è che dopo un tradimento si diventa consapevoli che l’altro può farti male, quanto più ti ama tanto più può ferirti.
Questo spaventa e la paura è certamente una sensazione sgradevole e dolorosa, soprattutto se ci si lascia sopraffare; è anche vero che amare una persona vuol dire, secondo me, saperla accettare nella sua interezza e con la possibilità che dunque possa ferirci.

Credo anche io che proseguire la relazione o instaurarne una nuova non cambi le sensazioni di chi ha subito un tradimento: le paure sono le stesse.
Penso che man mano che ci si conosce e che ci si rapporta ad altre persone, la paura verrà riproporzionata.
Non abbiamo usato correttamente gli strumenti in nostro possesso in una circostanza specifica, eppure noi ci relazioniamo ogni giorno con decine di persone e ci sono momenti precisi, anche in questo luogo virtuale, in cui le nostre capacità percettive ci consentono di comprendere altri esseri umani.

In fondo abbiamo imparato che dobbiamo migliorare la tecnica, gli strumenti già li abbiamo.
Il mio psicoterapeuta mi ripete sempre che nel momento stesso in cui ho accettato che gli altri non siano perfetti e che mi possano ferire, ho fatto un salto nel mondo adulto.
Certo, anche io rimpiango a volte la sensazione di profonda sicurezza ed abbandono ma la consapevolezza che ho adesso è ciò che mi consentirà di affinare la tecnica.

Non sono sicura di essermi spiegata come volevo ma più di così, oggi, non posso.
Spero di averti scritto comunque qualcosa di utile.
Un abbraccio Zebretta

 

Leggendo le varie risposte che sono state date mi son venute in mente due concetti che reputo importanti: la fiducia ed il “controllo”.

Ora cerco di spiegarmi meglio.
Io ad essere sincera sono anni che non ho più fiducia in niente e nessuno, il periodo in cui ho visto il mondo che conoscevo, il mio mondo, la realtà in cui vivevo, sgretolarsi davanti ai miei occhi è stato quando ero adolescente, più o meno 7-8 anni fa.

Ho già accennato alle situazioni che ho vissuto in quel periodo: mia madre alcolista da una vita, mio padre assente e per di più che tradiva mia madre con altri uomini..
Ciò che mi ha gettato nella confusione più assoluta è stato l’aver perso i punti di riferimento che fino a quel periodo per me erano fondamentali e che ritenevo ben saldi.. niente di più sbagliato..

Mi sono resa conto che ero assolutamente “inutile” perchè non ero riuscita a controllare la situazione, non ero riuscita ad accorgermi di cose, situazioni che avevo davanti a me da tanto tempo..
Sto pagando ancora quel periodo, le ferite che mi porto dentro sono aperte, vive.. ci sono momenti che mi fanno male Dio solo sa quanto.. ci sono momenti in cui la lucidità và a farsi benedire e l’unica cosa che sento è un dolore profondo, che parte da radici ben aderenti al mio cuore e quando questo capita sembro un’altra persona.

Mi sono resa conto che non avrò mai il controllo di nulla se non di me stessa, ed è forse la cosa più difficile da comprendere e da mettere in atto.. e questo riflette dei cambiamenti anche nella vita di coppia.

Mi sono resa conto che o mi fido di chi mi sta accanto o è meglio che me ne stia da sola, l’alternativa di farmi divorare dai dubbi, dalle angosce, dai sospetti non mi alletta più ormai..

Sommer, tu chiedi come si possa riuscire ad attutire questo dolore.. io posso parlarti per me, per la mia esperienza.. e non ti nascondo il fatto che di strada ne ho veramente tanta da fare, perchè il dolore a volte è talmente forte che tutti i buoni propositi vengono oscurati dalla disperazione!

Io ho iniziato ad evitare il discorso “ex”, lo evito come la peste perchè mi fa star male, malissimo e se c’è qualcosa che mi fa soffrire allora cerco di parlarne fino alla nausea con il diretto interessato perchè parlarne mi fa star meglio. E ne parlo anche con mia mamma, mi conosce meglio di chiunque altro e, per quanto sia in conflitto con lei quando beve (per fortuna sono periodi!), sfogarmi con lei mi aiuta a “ritrovare la bussola” e a non farmi sopraffare da sentimenti negativi. Oppure ne parlo con qualche mia amica e mi confronto con loro su come reagisco e come reagiscono loro a determinate situazioni sentimentali

Grazie per aver scritto questo post, si sta rivelando un’ulteriore spunto di riferimento per la sottoscritta
Un abbraccio, e ricordati che non sei sola con questo dolore!!! Malinconia

 

Quello che mi ha portato a scrivere il thread è stata la sensazione di poter perdere il controllo…cerco di spiegare non so se quando parliamo di perdita di controllo intendiamo la stessa cosa.

Ho letto quella frase e il dolore è esploso…non ricordo di avere pensato a nulla la sensazione che ho avuto è stata quella del cuore che mi esplodeva mi sono portata le mani sul viso e sono scoppiata a piangere. I pensieri sono venuti dopo e non mi sono piaciuti.

Qualche ora e mi sono ripresa, capire che quel dolore non l’aveva causato lui. Mi sono intristita perchè ho pensato: “Brava Sommer!!!! Non vuoi che lui ti faccia del male ma se avessi fatto una scenata, se non ti fossi controllata non solo avresti ferito/deluso lui ma avresti danneggiato te stessa allontanandolo e questa è l’ultima cosa che desideri” (poteva non essere questa la conseguenza ma credo che non avrebbe giovato perchè sarei davvero stata inopportuna…la distanza e la fase che stiamo vivendo non sarebbero stati elementi a favore).
Per questo mi sono chiesta:
Cosa alimenta questa gelosia che non conoscevi? A che punto sei del tuo percorso? E’ normale quello che hai provato? E adesso cosa faccio?

Lo so sono esagerata ma mi sono visualizzata come una donna che fa scenate…tipo alzarsi dal tavolo al ristorante lasciandolo solo come uno stoccafisso…versare il contenuto di un bicchiere in testa e scappare via…non rispondere alle telefonate o peggio prenderle e chiudere il contatto…iniziare con i sospetti. Insomma avete capito scene da film, non sono così e difficilmente diventerò così ma il dolore e la paura in quel momento erano così forti che ho avuto la sensazione che avrei fatto qualcosa di eclatante solo per puntare l’attenzione che quel disagio c’era. Non so se riesco a farmi comprendere.

Poi la conversazione tra noi c’è stata ero ancora un po’ scossa la malinconia è stata notata ma sono riuscita a confonderla/giustificarla con la stanchezza. Oggi sono tranquilla questo ragazzo è davvero un tesoro, in questo momento non ha certo bisogno delle mie paranoie/paure devo rispettare il fatto che sta vivendo anche lui un momento complesso.
Sono felice di averlo incontrato, aver saputo leggere le sensazioni/emozioni di quell’incontro e correre verso lui, solo che a volte penso dove stia la fregatura della serie “troppo bello per essere capitato a me”.

La mia famiglia è un tasto dolente, sono ferita tanto ferita…distrutta e disossata ma decisa a non lasciarmi soffocare.
Cosa ne pensate? Sommer 

Ciao sommer,
Purtroppo credo che per quanto si cerchi di superare gli accadimenti della nostra vita, e per quanto li possiamo riporre in luoghi segreti e pensare che stiano lì, buoni e tranquilli senza più poterci far del male, c’è sempre un qualche cosa che li può richiamare in vita e sbatterceli in faccia. Il dolore che si prova in quei momenti è pari, se non addirittura di intensità superiore, a quello che si era provato nel passato. Ma si supera con molta più facilità e ci lascia un po’ scombussolati, vagamente malinconici ma meno doloranti rispetto al passato e soprattutto è più facile da riconoscere e capire.

Io credo che ciò che ti ha provocato una reazione tanto sproporzionata all’evento in se sia stato il ricordo, magari sopito, di qualcosa di simile che ti è accaduto con il tradimento. O forse semplicemente è la paura di arrivare anche solo a pensare che lui sia veramente interessato a te e non stia meditando alcun inganno.
Il tradimento ci lascia ferite e doloranti e soprattutto senza alcuna stima di noi stesse e quindi, in questo momento iniziale del tuo rapporto hai semplicemente tanta paura e la tua frustrazione e la tua paura di essere ancora ferita si sono manifestate in questo modo.

Non è facile ricominciare ad aprire il nostro cuore ferito a qualcuno e abbiamo paura che possa nuovamente sanguinare e qualche volta questo ci porta ad avere comportamenti che esulano dalla nostra “normalità”. Non so bene come spiegare ma è come se si attivassero i recettori del dolore e il nostro corpo entra in tilt e ha reazioni assurde ad eventi apparentemente, per gli altri, normali. Ma in quei momenti è il nostro vissuto che riemerge e che parla ma non è facile per gli altri capirlo e spesso nemmeno per noi, almeno nel momento dello “scoppio”.
Penso sia questo che intendi quando parli di perdita di controllo.

Soffrire di gelosia retroattiva poi è una caratteristica di tutte le persone un po’ insicure, a mio avviso. E’ il nostro modo per cercare di dire a noi stessi che siamo NOI quelli veramente importanti, che lui ha cominciato ad esistere solo dal momento in cui ci ha conosciute. In parte sicuramente è anche vero ma certo il passato non si può cancellare e continuare a figurarselo davanti non giova affatto. Si rischia di creare dei fantasmi che in realtà non esistono. E poi potrebbe anche lui essere geloso del tuo passato.

I sentimenti che ci hanno accompagnato nel nostro passato fanno parte di noi e ci rendono quello che noi siamo nel presente e che, nel tuo caso, ha colpito e interessato questo ragazzo.

Per quanto riguarda la tua famiglia io credo che sia importante ad un certo punto mettere dei paletti. La famiglia, i rapporti famigliari, sono importanti ma non ci devono impedire di vivere la nostra vita. Non è sempre facile fare questo: si scatenano sensi di colpa, ci possono essere addossate responsabilità e quant’altro. Ma forse ad un certo punto dovrebbe scattare in noi la molla dell’autoconservazione. Non possiamo farci carico più di quanto non abbiamo già fatto dei problemi della nostra famiglia.
Con affetto Velia

 

Malinconia immagino che la situazione che hai vissuto in casa non sia stata per nulla semplice. Io ho vissuto dinamiche diverse ma allo stesso tempo devastanti.
Mi sono sentita responsabile della crisi dei miei genitori per molto molto tempo…quando ero piccola e la situazione tra loro stava precipitando io ero l’elemento in più. Era difficile parlare tra di loro che tutto quello che riguarda me diventava esasperante quindi quando il loro scontro veniva innescato da qualche decisione che riguardava me o da qualcosa che avevo fatto/detto io il mio senso di colpa cresceva in modo esponenziale portandomi lentamente a fare il meno richieste possibili, non dire che qualcosa non mi piaceva o a manifestare necessità. Mi andava bene tutto…
La stessa dinamica è tristemente riemersa con motivazioni diverse nel rapporto con il mio ex…il sentirmi responsabile di alcune sue reazioni mi ha portato nello stesso meccanismo. Anche se ero in grado di capire che non era mia responsabilità non sono stata in grado subito di reagire.
E’ stato durissimo capire…dolorosissimo. Ancora oggi è fonte di pianto, di dolore.

Sono stata soffocata, ostacolata, alterata dall’ambiente e dalle tare ereditarie legate alla mia famiglia. Ho impiegato tempo a trovare il mio modello di vita e per ottenerlo ho fatto di tutto compreso sbattere la porta di casa dove non sono tornata per un anno sia fisicamente sia interrompendo rapporti con i miei genitori. E’ stata la cosa più salutare…avevo bisogno di aria. Il distacco emotivo non è perfetto…ho ancora del lavoro da fare.

Velia io a mio attivo ho solo una scenata di gelosia non ho ancora deciso se è da candidare all’oscar o da inserire in una tragedia greca. Dopo aver saputo del tradimento prima ho fatto un pianto dignitoso, silenzioso…le lacrime mi rigavano le guance poi sono esplosa.
Comprendo la tua rabbia e immagino che sia difficilissimo ricostruire dopo un uragano della portata del tradimento.
Hai ragione quando dici che il non aver potuto agire nell’immediato è stato provvidenziale perchè avrei sofferto molto di quel passo falso. Solo il pensiero mi fa stare male figuriamoci se avessi davvero agito.

Il mio ex ha lasciato una pesante eredità. Ho ripreso a camminare ma non ho ancora un’andatura stabile…cado spesso, mi rialzo zoppicando a volte riesco a correre ma non ho ancora trovato un’andatura armoniosa.

Sto meglio rispetto ad una settimana fa, mi è rimasta una strana sensazione di stanchezza…non so come spiegare. Ho dormito pochissimo nei giorni scorsi e pensato molto adesso che inizio a riprendermi sento stanchezza fisica ed emotiva. Oggi mi sono isolata da tutto e tutti.
Oggi non ho sentito la mia voce… Sommer 

Oggi ho letto dei vecchi thread…uno si è rivelato essere molto interessante non ho ancora finito di leggerlo, è molto lungo.
Mi sono sentita compresa nelle paure che mi tengono compagnia in questo periodo e che non conoscevo fino a poco tempo fa.
Il circolo/la trappola è: dipendenza- paura della perdita- pensieri negativi- ansia- perdita controllo emotivo. Controllare questo circolo necessità di una grande dose di volontà.

Pensavo di avere chiaro molte cose dentro di me e pensavo di essere a buon punto del mio cammino invece mi sono resa conto che forse non è proprio così…ho pianto come conseguenza del sentirmi demoralizzata. Allo stesso tempo mi sento fortunata ad avere capito cosa sia ad inquietarmi perchè se so cosa mi fa stare male allora non brancolo nel buio più nero. Avere/potere avere una spiegazione alternativa al mio sentire non credo sia poco.
Sapere che quel disagio è prevalentemente dentro me dovrebbe aiutarmi a riflettere prima di qualunque azione e questo ridurrà, quanto meno spero, la probabilità di commettere errori. Non so se riesco a spiegarmi…

Sono stata due anni sola, ho affrontato una paura liquida non indifferente per avvicinarmi a questo ragazzo e adesso che lui è reale nella mia vita apro un altro capitolo della mia crescita personale.

Io e lui siamo simili e c’è un buon dialogo, molta comprensione e vicinanza emotiva. Mi piace molto, moltissimo…di più, non voglio perderlo, desidero che tutto prosegua ed evolva.
Sono contenta di non aver agito sull’onda della mia emotività…sarebbe stato veramente terribile. Sapere di NON avere fatto quel passo falso mi fa stare bene…

Devo imparare a controllarmi nella sfera affettiva come mi controllo in tutte le altre relazioni. Almeno questo è quello che al momento credo sia il da farsi. Come?…ancora non lo so. Sommer

 

Ciao Sommer,
gran bel tema complicato!
Della gelosia mi colpisce il carattere estremamente indomabile, anche quando siamo razionalmente molto preparati sull’argomento e su molte tematiche che lo sottendono.

Non credo avrò molto da aggiungere a quanto già detto; mi sento di risponderti prima di tutto perchè mi sono trovata ad affrontare questo tipo di situazioni emotive diverse volte e quindi mi ritrovo nei tuoi pensieri e nei tuoi quesiti, in secondo luogo perchè vorrei portare la tua attenzione sugli aspetti positivi della questione, visto che quando l’ansia da gelosia sopraggiunge, si tende a farvisi rapire e ad assecondarla, con un interminabile susseguirsi di ragionamenti distruttivi che si focalizzano sugli aspetti negativi.

Quindi la mia intenzione non è quella di fornire chissà quali nuovi spunti, ma piuttosto quella di dialogare insieme con questa dinamica per esorcizzarla un pò.

Quello da cui parto sono questi due fondamentali concetti con cui concordo pienamente e che secondo me sono il cardine di questa “problematica”:

Soffrire di gelosia retroattiva è una caratteristica di tutte le persone un po’ insicure, a mio avviso (Velia)
e poi tutto il ragionamento fatto sia da te che da altri sull’illusione-bisogno-impossibilità di avere il controllo su tutto, che è legato alla paura della perdita, o più generalmente della sofferenza.

Io non credo che tu abbia bisogno di comprendere molto di più Sommer, a questo proposito (opinione personale), ma semplicemente che tu debba continuare, come stai facendo ampiamente, a lavorare per l’accettazione e l’elaborazione di questa sensazione che scatta dentro di te.

Io credo che sia normale che certi meccanismi emergano anche quando siamo più consapevoli ed abbiamo fatto un grande lavoro su noi stessi, perchè il superamento di certe dinamiche o convinzioni inconsce non è immediato. Anzi, da una parte credo anche che riaffrontare emotivamente determinati temi conflittuali per noi sia una parte del lavoro necessario.
Se ci sono dei nodi irrisolti dentro di noi emergeranno finchè non li avremo elaborati a dovere, e questo potrebbe ripetersi svariate volte nelle più disparate occasioni e situazioni: se impariamo ad accoglierli nonostante il disagio che ci arrecano, continueremo a progredire in quello che deve essere l’insegnamento da attingere e l’evoluzione di noi da compiere.

Credo che tu Sommer stia compiendo un grande passo in avanti circa la tua crescita in questo momento, o quantomeno ne hai certamente la possibilità, se cogli questo malessere in tal senso.
C’è una cosa che ho imparato e che può sembrare banale, ma che secondo me è una grande verità: il fatto che nella vita ogni cosa s’impara facendola.
Quindi anche superare le difficoltà è un’abilità che si ottiene attraverso il confronto stesso con le difficoltà.

Hai sottolineato questa caratteristica rispetto al “paragone” con la ex:
Ho paura che lei possa tornare nella sua vita, a volte le persone si amano si fanno del male ma poi si ritrovano mentre io sono qualcosa di nuovo che ancora non ha nessuna radice forte

Se da un lato questa può essere sempre una possibilità (ma allora dovremmo avvicinarci solamente a compagni “vergini sentimentalmente”, e sai anche tu che questo, realizzabile o meno, comporterebbe problematiche relazionali ben più “gravi” dal punto di vista della stabilità del rapporto e della condivisione), dall’altro lato questa, come hai già osservato, potrebbe rivelarsi completamente solo una tua paura.

Puoi guardare lo stesso dato di fatto attraverso un’altra ottica: tu sei la persona da conoscere, quella che può potenzialmente dargli anche più di quanto lui stesso può immaginare e da cui lui è attratto ADESSO.
C’è una sostanziale differenza tra adesso e prima: forse prima non vi sareste incastrati come adesso, perchè entrambi eravate differenti e probabilmente avevate bisogno di altro, che oggi non vi stimola ed appartiene più perchè vi siete evoluti. Come tu non hai più bisogno di ciò che desideravi prima, vale lo stesso per lui.

E se questa tua paura dovesse per qualche motivo rivelarsi veritiera, allora sai benissimo anche tu che, per quanto sicuramente doloroso e deludente, vorrebbe dire che non è lui la persona con cui puoi incastrarti serenamente adesso. Per quella che sei tu adesso, come conseguenza della tua crescita ed esperienza di vita.

Questo implicherebbe che c’è ancora di meglio per te.
Da qualsiasi parte si gira la cosa, secondo me il risultato finale non cambia: il nostro cammino ci porta dove è meglio per noi, che sia quello che desideriamo ora o meno.

Nel frattempo credo che vivere ed amare nonostante la paura sia la cosa migliore che tu possa scegliere perchè, come una persona qui mi ricorda spesso con grande saggezza, l’alternativa alla vita è l’immobilità.

Un’altra cosa su cui vorrei portare l’attenzione è questa, che però sottolineo non vuole nel modo più assoluto essere un consiglio.
Hai scritto che “non puoi parlarne con il tuo ragazzo” e poi hai dato le tue motivazioni.
Non so onestamente cosa sia meglio o peggio fare nella tua specifica situazione, ma vorrei solo sottolineare che quando siamo convinti che “non possiamo” fare una cosa, in realtà spesso non ci rendiamo conto che siamo noi che abbiamo compiuto una scelta.
Abbiamo sempre più alternative di fronte ai dilemmi; quindi prova a valutare, se ti sembra il caso, come mai per te la scelta migliore è stata ed è (se ho capito bene) quella di non confrontarti con lui e se le motivazioni non riguardino qualcosa dentro di te che trovi particolarmente difficile affrontare.

In realtà avrei altre cose da dire, in particolare sulle dinamiche famigliari legate a questo tema, ma questo argomento si è talmente articolato, che per ora mi fermo qua.

Mi scuso perchè molto probabilmente sono stata un pò troppo “filosofica”, ma forse avevo necessità di srotolare questi pensieri e metterli per iscritto.
Vi ringrazio per queste riflessioni e ringrazio te, Sommer , per avere aperto la discussione perchè per me è importante affrontare questi temi.
Un abbraccio a tutti Yana 

“come mai per te la scelta migliore è stata ed è (se ho capito bene) quella di non confrontarti con lui e se le motivazioni non riguardino qualcosa dentro di te che trovi particolarmente difficile affrontare”. (Yana)

In questo momento sta affrontando un periodo complesso legato al fatto che si trova all’estero e si sta mettendo in gioco sotto l’aspetto professionale. Io sono il fulmine prima della partenza…l’interesse per me lo ha ammesso nella paura e solo dopo essere partito.
Lui ha proposto, non volendo rinunciare, di vivere questo momento con tranquillità, di continuare a conoscerci nella misura in cui questa distanza consente e di “riparlarne” di persona nei mesi prossimi quando è previsto un incontro.
Manifestargli gelosia adesso senza che ce ne sia reale motivo che senso avrebbe se non quello di creare ansia, di rovinare tutto e di farlo sentire messo alle strette? E’ il mio modo per avere rispetto di lui e della fase che sta vivendo.

Entrambi siamo stati delusi, traditi e abbandonati ed entrambi ci portiamo dentro delle ferite e delle paure non ancora del tutto risolte. Credo che ci siano dei percorsi o parte di percorsi che ognuno deve fare con se stesso vorrei cercare di capire/capirmi prima di condividere. Non voglio censurarmi ma non voglio essere come egoista puntando l’attenzione su di me non tenendo conto di lui.

Non ho alcuna difficoltà a differenza di quanto avveniva in passato ad ammettere che ho delle insicurezze. Accetto le mie insicurezze perchè ho capito che se non occulto il fatto che esistono allora significa che posso solo migliorare. Le mie insicurezze, i miei dubbi sono amici e non nemici perchè sono il punto di partenza per un cambiamento. Ho imparato ad essere “umile” (non riesco a trovare un altro termine spero di farmi comprendere).
Sto provando gelosia,voglio capire le insicurezze che la alimentano perchè non voglio che questo aspetto evolva in modo sbagliato/incontrollato dentro me. Vorrei per quello che posso che il dolore migliori la mia vita e non il contrario.

Si vive per tentativi ed errori…la vita è tutta una serie di tentativi ed errori. Sono d’accordo con te Yana, bisogna vivere…il fatto è che a parole è tutto facile ma vivere sebbene sia naturale è dannatamente difficile.

La mia famiglia…ho bisogno di condividere alcune pensieri perchè mi stanno facendo male. Forse vado off e un po’ mi sento in colpa ma non posso farlo con nessuno.
Sto subendo un silenzio atroce ed un isolamento da parte di un componente della mia famiglia con la motivazione che io ho smesso di prendermene cura a causa del mio dolore. Vengo “colpevolizzata” quindi “punita” perchè mi sono concentrata troppo su di me “Il tuo dolore ti ha fatto dimenticare….”
A me sembra una violenza psicologica cerco di spiegarmi.
Io non ho smesso di prendermi cura degli altri ho modificato il modo di prendermene cura…ho detto che ero per quello che potevo disponibile…cosa che ho fatto quando mi è stato chiesto. Ho smesso di anticipare la richiesta di aiuto, questo si.
Io non avevo la forza di prendermi cura di me stessa e ho dato poco a me stessa per molto tempo. Inoltre la persona in questione iniziava una relazione con una persona impegnata proprio mentre io venivo tradita e lasciata per l’altra ammetto che non ero in grado nè di vedere la sua felicità in quel ruolo nè di accogliere il suo inevitabile dolore quando tra loro è finita. Lei era “l’altra”…ho avuto rispetto ma volevo distanza di quel ruolo da me. Inoltre una frase mi ha ferita: “…certe persone non capiscono perchè vengono tradite” io mi sono sentita ferita da quella frase anche se non era riferita a me nello specifico. Io ero una persona tradita e di certo in quel momento era la frase meno opportuna che mi si potesse dire.
Io non sempre ho ricevuto le attenzioni e l’aiuto che avrei desiderato nei miei momenti di difficoltà. Ho imparato che le persone possono darmi (o decidere di non darmi) quello che possono nella misura in cui sono in grado di farlo, per quello che sono e anche per lo stato emotivo in cui si trovano.
Io ci vedo della subdola violenza, non so come reagire, il modo in cui farmi capire/spiegare. Nessuno ha mai chiesto perchè mi fossi allontanata ma si è pronti a dirmi che ho sbagliato a farlo senza ascoltare le mie motivazioni. Questa persona dice che le ho mancato di rispetto ma anche io credo che lei abbia mancato nei miei riguardi.

Non riesco ad affermare questa nuova Sommer all’interno della famiglia alla luce del mio percorso personale, del mio cambiamento…

Scusatemi ma sento che questa cosa mi sta rallentando sono sicura che trovare un mio nuovo ruolo e farmi rispettare nella famiglia possa aiutarmi a sentirmi meno inquieta, è come se avessi perso identità.

Voglio bene a questa persona, ci vedo tanta tenerezza nella sua voglia di protezione da parte mia e nel fatto che gli sono come mancata ma non accetto questo modo ostile di fare nè di essere bersaglio della sua rabbia.
Scusatemi ancora e grazie mille per l’appoggio… Sommer 

Carissima Sommer,
hai tutta la mia comprensione e vicinanza per il dolore che il rapporto e l’incomprensione con questo famigliare ti sta procurando, accompagnato da questa sorta di “perdita d’identità”.

Non mi riesce difficile concepire la sensazione di perdita di contatto con se stessi, perchè le dinamiche famigliari fanno parte di noi, dello sviluppo della nostra personalità.
Quando c’è un cedimento, una perdita o una frizione consistente all’interno di un legame famigliare, il nostro stesso mondo interiore accusa il colpo.
I nostri legami famigliari più stretti sono l’origine della nostra personalità e sono lo specchio di noi stessi da così tanto tempo e in modo così viscerale, che recidere questo legame anche solo nel suo aspetto più negativo appare sempre molto complesso.

Eppure sappiamo che fa parte della crescita riuscire ad emanciparci dal nucleo familiare e ad un certo punto diventa nostra responsabilità.
Questo però non ci solleva dal dolore quando ci sentiamo in conflitto o veniamo delusi in qualche modo da uno di questi legami fondamentali per il nostro cuore.

Quindi ti comprendo.
La tua posizione mi sembra complicata perchè sono mischiati insieme questioni di affetti famigliari e un tuo personale cambiamento.
Il conflitto che si viene a creare dentro quando ci distanziamo in qualche modo dagli schemi che ci sono stati proposti, e che in qualche modo ci hanno nutrito, è immenso.
E’ già difficile venire completamente compresi ed accettati da conoscenti, amici e compagni quando si muta uno schema di comportamento o un atteggiamento; figuriamoci quando l’accettazione deve partire da chi ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Forse la sensazione di perdita di identità, almeno per un pezzettino, risulta speculare.

Si pensa che questo dovrebbe avvenire in maniera più naturale con un familiare, perchè più incondizionato è l’amore..ma sappiamo che non funziona proprio così.
Almeno non sempre e specie se manca un dialogo efficace, o se ci sono altre problematiche consistenti.

Se tu sei convinta di quello che sei diventata adesso, degli aspetti che hai maturato di te, continua sulla tua strada.
Continua a crederci, è quello che mi viene da dirti, indipendentemente dal senso di colpa o dal dispiacere che le dinamiche conseguenti ti provocano.
Sembra duro dirlo così, ma quando decidiamo di cambiare, una delle responsabilità che dobbiamo assumerci è quella di sapere che non tutti approveranno o capiranno. E spesso tra queste persone ci sono quelle più care, che comunque nonostante tutto continueranno ad amarci, a modo loro.
Tu mi dirai che basterebbe anche non comprenderti o non approvarti, senza però accusarti o prendere le distanze in maniera cosi eclatante.
Io la penso così e credo che vivrei il tuo stesso stato d’animo, ma evidentemente quella persona è in grado di esprimere il suo malessere o il suo disappunto solamente in questo modo.
E secondo me se tu, nonostante la sofferenza, continui a percorree la strada che hai intrapreso, perchè sei convinta che sia quella più giusta anche nei tuoi stessi confronti, potresti cambiare qualcosa.
A volte quando decidiamo di modificare o ridimensionare un nostro atteggiamento siamo noi per primi che non siamo subitamente in grado di approvarci completamente, perchè il senso di colpa ci aggredisce e chi si relaziona con noi lo alimenta.
Ma dobbiamo tentare con tutta la forza che abbiamo di perseverare, per fare quel passaggio che porta al vero consolidamento del nuovo modo di essere.

Per quanto riguarda la decisione di non esprimere il tuo disagio in questo momento al ragazzo con cui ti relazioni, tu hai valutato determinati aspetti ed hai agito di conseguenza. Stai agendo in base a ciò che tu sei e va benissimo così.
La mia non era un’opinione favorevole o sfavorevole, infatti non so bene dirti come reagirei io stessa, magari esattamente come te;
la mia intenzione era portare l’attenzione sul fatto che molto spesso agiamo in un determinato modo convinti di essere in qualche modo alle strette: ma chi ci mette veramente alle strette siamo noi.
Siamo noi che, inconsapevolmente o meno, dettiamo le regole, mettiamo paletti, prendiamo delle decisioni, e questo sia in senso positivo che negativo. Lo facciamo in base a convinzioni, valori, priorità, paure.
Mi aveva colpito il tuo “non posso”.
A volte, se spulciamo tra le motivazioni che prendiamo in considerazione per effettuare delle scelte, possiamo scoprire cose interessanti sul nostro modo di porci, di pensare, di agire.
Un abbraccio Sommer! Yana 

Stamane tra le lacrime mi sono detta: “non so ancora come ma andrò fino all’inferno a piedi e scalza ma non mi arrendo, troverò un modo per farmi capire”. Poi mi sono guardata allo specchio e sono scoppiata a ridere perchè in questo momento sono poco credibile con della babbucce con la testa da orso, un pile con le bretelle, spettinata, occhi molto tristi e soprattutto sono impaurita come una bambina
Ma dove vuoi andare Sommer…a quale battaglia ti stai preparando se quello di cui hai bisogno è solo che qualcuno ti abbracci forte dicendo che è tutto tranquillo, che tornerà il sereno.

Quello che mi è di conforto è sapere che quello che sento sia compreso e rientri nella “normalità” del momento. Sapere che quella che sento come una regressione in fondo è solo un momento, un passaggio.

Ma devo arrendermi al fatto che spesso non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Io ci ho già provato: ho scritto, ho telefonato, ho urlato e pianto in turco, aramaico e ostrogoto. Al momento non sono riuscita a farmi capire o forse non sono stata ascoltata. Non so cosa mi inventerò ma di una cosa sono sicura non farò nessun passo indietro nel senso che troverò parole, gesti e momento per spiegare e farmi ascoltare ma sento di avere il diritto ad avere me stessa come priorità e soprattutto ad avere rispetto del mio dolore e momenti. E se sarà necessario dovrò alzare bandiera bianca e battere in ritirata perchè io le battaglie contro i mulini a vento non ne voglio fare più.
Ci sono degli atteggiamenti che percepisco come una violenza psicologica perchè fanno leva sul senso di colpa. Ho fatto presente alla persona in questione che non portano da nessuna parte se non a creare situazioni ostili e ho fatto anche presente di quanto siano destabilizzanti per me a livello emotivo. Tristemente noto che non ne viene tenuto conto, ancora una volta avere comunicato a qualcuno una mia fragilità e proposto un diverso modo di comunicare viene usato per colpirmi.

Il fatto che si tratti della propria famiglia d’origine quale confine? Nel senso bussare ad una porta che continua/si ostina a rimanere chiusa è da dipendenti e questo vale nell’amore uomo/donna ma anche nell’amore in generale, nelle amicizie. Spero di farmi comprendere, non riesco a dirlo diversamente.

Yana ho capito quello che volevi dirmi sottolineando il mio “non posso” la tua è stata un’ottima osservazione. Ho riflettuto anche io se in fondo non fosse un modo più o meno consapevole di attuare vecchie dinamiche. Perchè ho fatto un elenco del perchè non potevo tenendo conto di lui ma non ho detto nulla del vantaggio che il parlarle poteva portare a me. Lui deve vivere serenamente ma anche la mia serenità è da tenere in considerazione. Sono riuscita a dare delle spiegazioni a me stessa per cui la mia risposta continua ad essere “No, non posso” ma forse sarebbe giusto dire “No, non voglio”. Le notizie che ho di lui continuano a farmi sentire nel giusto. Lui non ha bisogno delle mie paure ed io devo/voglio imparare a gestire le mie paure da sola…in questo momento è solo una mia paura e come tale devo affrontarla e superarla. Al momento penso/sento questo.

C’è un tempo per ogni cosa ed io devo stare attenta alla mia predilezione per i frutti acerbi. Devo imparare ad aspettare la stagione del raccolto. Questo rapporto al momento ha bisogno di tempo.

Qualcuno ha vissuto la mia stessa fase e vuole condividere la sua esperienza? Io sono cambiata ma la mia famiglia no ed io non mi riconosco nella loro comunicazione sono disposta a mediare ma non a lasciarmi soffocare/annullare. Non voglio arrendermi…nel bene e nel male quella è la mia origine.
Sono timidamente orgogliosa di questa Sommer, sono contenta di quella bambina impaurita che ha imparato ad essere coraggiosa. Voglio che continui a crescere così…
Al momento non riesco a dire di più ma mi piacerebbe che il confronto continuasse, se possibile.
Grazie Sommer 

Ciao Sommer,
avete toccato molti punti sensibili della mia esperienza.
Spero di riuscire a spiegare con chiarezza cosa sento, anche se mi rendo conto che è difficoltoso perchè sono punti su cui lavorare ancora molto, anche per me.

Anche nella mia famiglia c’è qualcuno che vive una relazione con una persona sposata, relazione tutt’ora in essere e dalla quale io cerco più che posso di distaccarmi.
Preferisco non parlarne, non solo perchè è un argomento che inevitabilmente va a toccare punti molto dolenti per me, ma anche perchè valuto (nel senso di comprendo il suo modo di rapportarsi) questo famigliare anche attraverso questa storia.

L’esperienza che ho vissuto mi ha permesso di capire molto di più delle dinamiche relazionali e la voglia di affrontarle in un discorso aperto a volte è davvero tanta.
Eppure non posso perchè mi trovo un muro contro, fatto di convinzioni e credo anche di necessità di difendersi, che mi rende difficilissimo qualunque tipo di confronto.

A me è stato detto che, in fondo, il ruolo di amante era funzionale alla rivitalizzazione di quel matrimonio.
In quel momento ho visto passare davanti ai miei occhi tutto il dolore, lacerante e profondo, che questa esperienza “rivitalizzante” ha avuto su di me e ho capito quanta distanza ci fosse tra me e questo mio famigliare.
Una distanza enorme, che si respira ogni volta che si ritorna su quest’argomento.
Ci si torna anche se io sono riluttante e non interagisco e credo sia evidente a chiunque quanto mi pesi parlare di questo o gioire di quegli incontri.
Rispetto la sua scelta, è la sua vita ma non posso condividerla.
Eppure il mio “dovere” è ascoltare e capire, perchè se non lo faccio io, chi dovrebbe farlo?

Sono cresciuta in una famiglia con un forte senso del dovere, in cui mi si è continuato a ripetere che bisogna fare questo, bisogna dire quello , a prescindere da cosa io penso e sento perchè le regole non sono in discussione.
E non lo sono nella misura in cui violarla significa amare di meno.

Anche di fronte al tradimento, che io non ho mai confermato ma so, da alcune frasi buttate qua e là, essere stato intuito, mi sono state riproposte le regole d’oro al riguardo.
In modo molto sottile e forse per questo ancora più invasivo e doloroso.
La pressione che ho subito in quel periodo (come se non ne avessi già abbastanza) ha finito coll’esplodere e travolgere i confini di quello che fino ad allora era stato il senso del dovere per me.
Non so come spiegare, all’improvviso azzeri tutto e tu diventi il centro dell’universo perchè è il solo modo che hai di salvarti.

Cominci a chiederti quale senso abbia il dovere, fino a che punto ci si deve spingere prima di perdersi in favore di qualcun altro.
E con fatica cominci a costruire le tue regole, i tuoi confini.
Le persone intorno a te sono abituate a misurare il tuo amore in base alla tua disponibilità, alla tua presenza e sono confuse.
Credo che il punto cruciale sia riuscire a far capire che amare di più se stessi non vuol dire amare meno gli altri, anzi, vuol dire amarli di più e in un modo diverso.

Ho provato in molti modi a spiegare quello che sento e questo mi è costato anche scontri violenti e ferite profonde.
Non posso dire di sentirmi compresa, non intimamente:leggo una sorta di rassegnazione alla nuova me, come se fossi ormai “perduta”.
E al contempo provo una sorta di tenerezza verso queste persone che sono legate indissolubilmente a me, come se all’improvviso fossi io la persona adulta che deve confortare i più piccoli dell’amore che prova nei loro confronti.

Non so nemmeno io come comunicare con loro: forse non sono ancora abbastanza forte per poterlo fare senza che mi feriscano.
Quindi sto cercando di evitare il confronto, di lascer cadere le provocazioni per non aumentare le fratture.
Spero, col tempo, di riuscire a diventare abbastanza sicura di me da riuscire farmi capire.
Cerco, nel frattempo, di ricordare che lo smarrimento che vedo nasce dall’amore, anche se dimostrato in un modo non proprio funzionale.

Avrei altre cose da aggiungere ma mi sono dilungata più di quanto credessi su questo punto e mi sento anche un po’ provata: per la prima volta, dopo tanti mesi, mi ritrovo con gli occhi lucidi davanti allo schermo.
Un forte abbraccio Zebretta

 

Zebretta,
riconosco quel muro fatto di convinzioni e di necessità di difendersi che rende impossibile qualsiasi tipo di confronto di cui parli. Credo di non essere ancora pronta perchè il solo pensiero di affrontare un confronto dopo tutti i fallimenti che ho collezionato mi sfinisce. Non ho nessun elemento nuovo, rispetto ai mesi precedenti, che possa farmi sperare in un risultato diverso.

Concordo con Yana quando mi suggerisce che posso cambiare qualcosa anche solo continuando a percorrere la mia strada.
Perchè se sono serena inevitabilmente trasmetterò questo e potrò relazionarmi diversamente in modo naturale anzichè forzato.

“all’improvviso azzeri tutto e tu diventi il centro dell’universo perchè è il solo modo che hai di salvarti” (zebretta)
Non riuscivo a sentire le frasi d’occasione: “…non ci pensi che lui sta bene senza di te? Rassegnati al fatto che lui non ti vuole più e sta con un’altra…”
Non discuto sul fatto che fosse la realtà dei fatti. Non capisco perchè continuare a ripetermelo…cosa pensavano che me lo ero dimenticato?
Non sopportavo il fatto che non si capisse che il mio malessere era profondissimo e che avevo paura. Tutti avevano anche in quell’occasione delle aspettative di reazione e sono rimasti delusi anche nel modo in cui ho elaborato quel dolore.
Avevo nel cuore e nelle orecchie un rumore di fondo lasciato dal mio ex e quello che mi veniva gentilmente offerto come aiuto l’ho rifiutato perchè non era un aiuto ma fonte di altro disagio/dolore. Ma non ne ho fatto una colpa a nessuno…ho semplicemente preso consapevolezza che non mi potevano essere d’aiuto. Ho dato delle motivazioni non sono sparita e nella mia solitudine ho iniziato a curarmi, a rigenerarmi…
Ho un elenco di situazioni in cui ho dato il mio ascolto, il mio aiuto…dato dietro richiesta. Come ho già detto ho smesso di avere la presunzione e di impegnarmi per capire di cosa gli altri avessero bisogno.

Stasera mi sento demoralizzata, ho pianto molto. Vorrei essere in grado di rispondere diversamente…non ci riesco. Mi dispiace un po’
La cosa che mi butta a terra è questo incrocio, questa contaminazione famiglia/amore. Vorrei tenere separate le cose invece basta poco e tutto viene alterato/mescolato portandosi via e/o alterando quello che di bello questo ragazzo riesce a darmi seppur nella distanza.
Mi sento senza identità negli affetti…invece vorrei essere qualcuno adesso.

A volte vorrei mettere le mani oltre lo schermo del pc per fargli una carezza…mi concentro perchè la sua voce mi rimanga il più possibile nelle orecchie e dopo i saluti inizio a strizzarmi l’anima con i pensieri e le paure che iniziano a sbucarmi fuori da ogni dove, quando meno me lo aspetto.
Ero serena fino a poco tempo fa. L’evento legato alla mia famiglia ha intaccato qualcosa e la lettura di quella frase ha fatto precipitare tutto. E se fosse un segno negativo premonitore?
Scusatemi vi ringrazio tantissimo. Sommer 

Spendo un enorme quantità di energie per ” tenere a bada” i sentimenti negativi che certi schemi comportamentali della mia famiglia e il loro modo errato di relazionarsi tra di loro (e ahimè a me) mi suscitano.

E’ cosa comune, quando un membro della famiglia cambia e abbandona il comportamenti disfunzionali ( che però sono molto funzionali all’equilibrio malato della famiglia) che gli altri si trovino un pò spiazzati dal suo comportamento
perchè a loro volta devono cambiare qualcosa, mettersi in discussione e forse non erano pronti a farlo

Con gli anni si sono abituati, sopratutto mia mamma a non considerarmi più la parte ” malata”,
io cerco il + possibile di essere diplomatica ma nello stesso tempo di non lasciarmi coinvolgere dai loro problemi…

Ci si riesce? Difficile
L’ideale nei casi come il mio sarebbe quello della terapia famigliare ( quando ho smesso di avere problemi abitavo sempre con loro).

Ah…il mio ruolo era quello dell’elemento di disturbo, la parte malata della famiglia, la pecora nera.
Quella che con il suo comportamento sbagliato accentrava tutti i problemi su di se
Il mito familiare era che tutti i problemi erano creati dal mio modo di comportarmi ribelle e trasgressivo,
e questo evitava quindi agli altri (genitori) di guardarsi dentro e scoprire i propri di problemi: di coppia, di insicurezze, di depressioni
Es: mio padre e mia madre litigavano? C’ero sempre di mezzo io
Mio fratello piccolo andava male a scuola? Certo con quella situazione in casa ( così non veniva rimproverato e dopo 3 dico 3 bocciature al liceo si è fermato senza prendere il diploma)
Mia sorella era un pò depressa? La si capiva e si cercava di accontentarla anche nell’impossibile per riparare i danni subiti dalla situazione familiare negativa (ovviamente creata dalle mie ” colpe”)

Ogni tanto ci riprovano, a coinvolgermi nelle loro dinamiche…..ma io gentilmente sorrido (con grande sforzo) e invento una scusa urgente per andarmene….
Animachebrilla

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it