AVERE CURA DELL’ALTRO: SINDROME DELLA CROCEROSSINA

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, 
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te. 

Vagavo per i campi del Tennessee 
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. 
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza.
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…
io sì, che avrò cura di te.

TESTO CANZONE “LA CURA” DI BATTIATO

 

Nelle problematiche e dipendenze affettive e relazionali ed in particolare nella Codipendenza, prendersi “cura” dell’altro, nel senso della canzone di Battiato, è un ritornello di fondo del proprio amore.

Ma siamo sicuri che prendersi cura, anche nella canzone di Battiato, abbia una valenza affettivo-assistenziale? O non è piuttosto un anelito, una speranza che si scontra con ben altra realtà? O addirittura tale atteggiamento sortisce l’effetto contrario? Come afferma la Norwood:

“Donne che amano troppo sviluppano relazioni in cui il loro ruolo è quello di comprendere, incoraggiare e migliorare il partner; questo produce risultati contrari a quelli sperati: invece di diventare grato e leale, devoto e dipendente, il partner diventa sempre più ribelle, risentito e critico nei confronti della compagna. Lui, per poter conservare autonomia e rispetto di se stesso, deve smettere di vedere in lei la soluzione di tutti i suoi problemi, e considerarla invece la fonte di molti se non della maggior parte di questi. Allora la relazione si sgretola e la donna piomba nella disperazione più profonda. Il suo insuccesso è totale: se non si riesce a farsi amare neppure da un uomo così misero e inadeguato, come può sperare di conquistare l’amore di un uomo migliore e più adatto a lei? Si spiega così come mai queste donne fanno seguire a una cattiva relazione una peggiore: perchè con ciascuno di questi fallimenti sentono diminuire il loro valore. E sarà per loro difficile rompere questa catena finchè non saranno giunte a una comprensione profonda del bisogno che le riduce a comportarsi così.”

Non dimentichiamo che prima di prendersi cura dell’altro, capire i suoi bisogni, è necessario prendersi cura di sè stessi, comprendere i propri di bisogni.

 

Testimonianza dal Forum

Mia madre non ha mai creduto fosse un danno negarmi le sensazioni che vivevo, così le risposte senza senso alle mie domande scomode, invece di chiarire, mi confondevano al punto che ero giunta a credermi incapace di sentire. C’è da dire pure che nella mia famiglia non servivano le parole perché tutto era chiaro per tutti, ma io ero molto piccola e non sapevo come fare, portavo diligentemente e silenziosamente la mia parte di fardello ma non ne capivo il senso. Mi sentivo una pazza. Con il tempo e il confronto con il mondo esterno, mi sono resa conto che non solo sentivo ma lo facevo prima degli altri, fino quasi alla chiaroveggenza. Figuriamoci! Sembravo matta peggio di prima. Un giorno di molti anni fa diedi una risposta a quello che oggi è il mio ex marito rispondendo alla fine di un discorso che però lui non aveva ancora fatto! Ne scaturì una lite furibonda e impiegai due ore per fargli capire quello che intendevo. Mi avevano insegnato che le situazioni scomode vanno risolte in fretta e senza spiegazioni come quando c’è una situazione di pericolo imminente: se vedo un bambino arrampicato su un cornicione al terzo piano, non mi metto a spiegare che si potrebbe far male, prima lo afferro e lo tiro via, poi gli spiego perché.

Ho sempre vissuto così: io giudico che una cosa che ti potrebbe far male, la risolvo prima che accada perché è così che si fa, tu non sai cosa sia accaduto, io mi offendo perché sei un ingrato che non apprezza! Ma è roba da matti! …e pure da presuntuosi. Che diritto ho io di togliere a qualcuno un pezzo di vita fosse pure doloroso? Ringrazio Dio per avermi dato la possibilità di capire quel momento e oggi quando mi succede di percepire in anticipo certe cose, ho la pazienza di aspettare che il mio interlocutore mi faccia tutte le domande del caso oppure faccio la domanda “dove vuoi andare a parare?” e di questo ringrazio la mia analista. Non anticipo più gli altri nei loro percorsi e non fornisco più risposte a domande prima che mi vengano poste.

L’esempio lampante della mia guarigione definitiva l’ho avuto l’anno scorso quando mio figlio ha manifestato un certo calo di entusiasmo per lo studio :“vedi ma’, io lo so come ci si sente a prendere ottimo, lo faccio spesso! …allora hai deciso di vedere come ci si sente a prendere insufficiente? “Non so…” …lo studio è una cosa tua, e anche se io la considero una cosa importante, non lo fai per me. Nella vita ci sono cose che si devono fare, altre che si possono fare. Nella tua testa hai chiara la scala dei valori…vedi tu…sappi che molto probabilmente non ne sarai soddisfatto…
Alla pagella di metà anno i professori mi hanno chiamata e io dentro di me sorridevo già! INSUFFICIENTE! Solo in tre materie ma… pazientemente ho spiegato agli insegnanti quanto stava accadendo, quali erano le mie intenzione e con una certa soddisfazione, ho riscontrato che anche loro erano in accordo con me: questa prova con se stesso, gli sarebbe stata utile.
Tornata a casa ho dato la pagella a mio figlio che era così impaziente di leggerla…che faccia! Sembrava un fantasma! Dopo un po’ mi dice “ma’ avevi ragione…non mi piace mica prendere insufficiente.” 
…bèh meno male…sappi che adesso dovrai riparare.
Ecco ho imparato che non tutte le situazioni sono di grave pericolo! Ho avuto fiducia nella mia capacità di giudizio e in quella di mio figlio. Ho capito che non devo e non posso intervenire se il caso non lo richiede. Ho imparato a valutare e a fidarmi sia di me sia degli altri e anche se l’impulso primario sarebbe quello di intromettermi sempre e comunque, cerco di astenermi dal farlo.
Non è stato facile. Ho dovuto capire cosa scattava dentro di me in certi momenti e come fosse stata una serratura reale, ho dovuto riconoscere il clak. Adesso so che quando sento quel clak devo prendere fiato e ragionare: dico a me stessa che nessuno da un momento all’altro sarà travolto da una valanga, se non intervengo; mi fermo a sentire cosa emana la persona che ho di fronte e tutta la fiducia che mi ispira; mi fermo a ragionare su quali conseguenze può comportare realmente quel suo atteggiamento; non mi assumo responsabilità che non sono mie.
Se e quando intervengo, lo faccio in maniera molto chiara e sempre per me, cercando di non aspettarmi in cambio nulla. Presto favori solo quando le richieste sono esplicite e pretendo che lo siano, non mi faccio ingannare dal gioco “tu sai quello che voglio perché sei così sensibile”.

Rispetto le esigenze degli altri ma prima vengono i miei bisogni.

Averlo fatto prima! Ma forse non e mai troppo tardi per essere felici.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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