AMORE CRIMINALE

“Perchè tu possa correre dal tuo nuovo amante. No, davvero, mi costasse pure la vita, no, non partirò, e la catena che ci lega ci legherà fino alla morte… Tu non mi ami più, che importa, dal momento che ti amo ancora, io. Questa mano è abbastanza forte per rispondere di te. Io ti tengo, donna dannata, e ti costringerò a subire il destino che inchioda la ta alla mia sorte. Mi costasse pure la vita, no, io non partirò, e la catena che ci lega, ci legherà fino alla morte”. Opera Carmen di Georges Bizet

 

In Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo che diceva di amarla: nel 2005 sono state 134 e nel 2006 sono state 112 le donne assassinate da mariti, compagni, fidanzati e amanti che, una volta lasciati, non hanno fatto altro che pensare “O mia, o di nessun altro”.

Le notizie riportate sono più eloquenti di qualsiasi altra considerazione e coprono tutta la possibile statistica dei crimini per amore.

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03.08.2008 Vessy (GE): anziano uccide moglie affetta da Alzheimer. Una donna di 77 anni è stata ritrovata morta venerdì sera in una casa per anziani medicalizzata a Vessy (GE). In base ai primi elementi dell’inchiesta il marito di 79 anni l’avrebbe uccisa perché non sopportava più di veder soffrire la moglie affetta dal morbo di Alzheimer. In seguito l’uomo avrebbe tentato di togliersi la vita.

Uccide la moglie davanti ai carabinieri Repubblica — 12 gennaio 2008   pagina 1   sezione: MILANO Uccide con una coltellata la moglie, che stanca dei maltrattamenti subiti sta andando via di casa. L’ uxoricida, Amerigo Maira, 34 anni, tossicodipendente, a San Vittore fino a marzo per droga, tira fuori un coltello e con un solo fendente alla pancia compie la tragedia. Barbara Belotti, 32 anni, muore nella sua casa di via Kennedy 60, a Garbagnate, proprio mentre i carabinieri entrano nell’ appartamento per tentare di salvarla. «Un tipico caso di maltrattamenti in famiglia reiterati» dicono gli investigatori. L’ uomo era in cura per la sua dipendenza dalle droghe ed era stato dimesso mercoledì dall’ ospedale psichiatrico. «Abbiamo inviato una relazione in procura – dice Maria Teresa Ferla, primario del reparto di psichiatria dell’ ospedale di Garbagnate – segnalando la pericolosità sociale dell’ uomo».

 

Strangolata in casa, si cerca il fidanzato Tra le ipotesi, una lite poi degenerata –Giovani, belli e appassionati di bici amatoriale, così erano descritti i due giovani conviventi da chi li conosceva. Eppure qualcosa di ancora troppo misterioso si è abbattuto su quella giovane coppia: lei trovata morta con i vestiti addosso, sul letto del suo appartamento a Sansepolcro (Arezzo) completamente in ordine. Lui scomparso e irraggiungibile telefonicamente

Sansepolcro (Arezzo), 23 agosto – Per tutti quelli che li conoscevano erano come i fidanzatini di Peynet: giovani, belli, innamorati, persino accomunati dalla stessa passione, la bici amatoriale. Lei l’ha trovata la madre alle undici di mattina, sdraiata sul letto, morta, ancora col collo segnato dalle mani che l’hanno strangolata. Di lui invece non c’è traccia. Sparito, come un fantasma, come uno inseguito da un rimorso che non gli dà tregua. E’ stato lui ad uccidere? E’ stato lui a stringere la presa attorno alla gola del suo amore? I carabinieri lo hanno cercato per tutto il giorno e continuano a cercarlo. Il sottinteso è fin troppo ovvio, anche se è impossibile avere certezze in questa primissima fase dell’indagine.

L’auto con la quale Luca Ferri, 26 anni, si è allontanato dall’appartamento in cui è rimasto solo il corpo di Silvia Zanchi, appena 23 anni, la fidanzata di una vita. Cosa possa essere successo dopo è un mistero. Può essere che Luca sia scappato, può essere che divorato dal dolore di un attimo di follia abbia scelto anche lui di farla finita (ipotesi che i carabinieri non scartano affatto), può essere persino (ma è uno scenario residuale allo stato attuale delle indagini) che con questa storiaccia non c’entri niente, che fosse fuori di casa, che non abbia ancora saputo niente. In questo puzzle tutto da comporre si inserisce pure una tessera che non torna. Nella tarda serata di ieri, ad Anghiari, paese di origine di lui, è stato trovato il cadavere di un trentenne che si è impiccato. E’ un’altra storia, garantiscono gli inquirenti. Quella di Silvia e Luca comincia ufficialmente intorno alle undici del mattino, quando la madre di lei, Fabrizia, si precipita nella casa di via delle Città Gemellate, a Sansepolcro, in cui i due fidanzati vivono insieme da dicembre, in attesa del matrimonio che stanno già progettando. La figlia non ha mai risposto al telefono, ma certo neppure la madre si aspetta quel che si trova davanti in camera da letto: Silvia ormai fredda, seppure vestita, i segni bluastri sul collo. Il medico del 118 si rifiuta di firmare il certificato di morte: questo non è un decesso naturale. Il resto è il classico scenario di un omicidio. I periti della medicina legale di Siena, giunti a metà pomeriggio, datano la fine di Silvia alle undici e mezzo-mezzanotte. Quel che sia successo si può soloprovare ad immaginarlo in attesa che si sappia che fine ha fatto Luca. E’ possibile che ci sia stata una lite, magari il classico scontro fra innamorati, che in un attimo di smarrimento e di rabbia una mano si sia stretta troppo attorno al collo, che quando la coscienza è tornata fosse ormai troppo tardi. Poi, forse, il rimorso, un dolore sordo per l’eutanasia di un amore, la fuga lontano dalla memoria e a caccia dell’oblio.

Di certo, dicono all’unisono vicini, amici e parenti, Silvia e Luca non litigavano mai. Non c’erano mai stati segni di gelosia, non c’erano mai stati screzi, almeno in pubblico. La classica coppia invidiata da tutti, anche se la vita non era mai stata facile: operai entrambi, lui in un nastrificio, lei in un maglificio, si guadagnavano il futuro passo passo, a costo di sacrifici. Per pagare la casa che avevano comprato e nella quale Silvia è stata strangolata, la ragazza lavorava come cameriera in un hotel durante il week-end. I fidanzati frequentavano un circolo cicloturistico di Anghiari, la ‘Dynamis’: lui è un bell’atleta, lei dava una mano nell’organizzazione. Sempre insieme anche nell’ultima vacanza, pochi giorni fa, sulla riviera adriatica, pare. Chi l’avrebbe pensato allora che Silvia sarebbe finita strangolata e Luca l’unico sospettato?

Salvatore Mannino e Federico D’Ascoli

Fontehttp://lanazione.ilsole24ore.com/2008/08/23/113169 strangolata_casa_cerca_fidanzato.shtml

 

Usa/ Assolda killer per uccidere la moglie con spada da samurai Rockefeller Auguste era convinto che la donna lo tradisse

New York, 23 ago. (Ap) – Rockefeller Auguste pensava che sua moglie lo tradisse e ne ha fatto una questione di onore. Per questo ha pensato di lavare l’onta con una spada da samurai, ma, non volendo commettere in prima persona l’omicidio, ha cercato di assoldare un uomo che la uccidesse e le tagliasse una mano, in modo da recuperare, se non l’amore della donna, almeno il diamante da 27.000 dollari che le aveva regalato al matrimonio. Per sua sfortuna, il killer era in realtà un poliziotto sotto copertura e la donna, 26 anni, ha scampato il pericolo, viva e con entrambe le mani attaccate al corpo.

Auguste è stato tratto in arresto mentre si trovava nel suo ufficio di Manhattan e deve ora rispondere dell’accusa di essere il mandante di un omicidio e per il possesso illegale di arma. Secondo quanto reso noto dalla polizia, l’uomo, 35 anni, sarebbe un designer di uno studio di architettura e avrebbe dato al killer l’arma e un anticipo di 500 dollari.

L’uomo avrebbe cercato di assoldare l’assassino perché era molto arrabbiato per avere speso migliaia di dollari per un matrimonio che non è mai stato celebrato, i due erano infatti sposati solo con rito civile. La donna aveva lasciato la casa dove vivevano alcuni mesi fa, dopo avere sporto denuncia per violenze domestiche. Secondo quanto reso noto da Kevin Morgan, avvocato di Auguste, l’uomo non avrebbe precedenti penali.

http://notizie.alice.it

 

TRAGEDIA FIGLIA DI UN’OSSESSIONE Temeva che la donna volesse tornare dal marito. Una lettera d’addio alla madre per ricordare i suoi fallimenti in amore <Non mi lascerai anche tu>: uccide la convivente Fano: la colpisce con 4 coltellate, poi sale in auto e si da’ fuoco

FANO <TI amo>, ha scritto in un biglietto che ha posato vicino al cadavere della donna che aveva appena ucciso a coltellate. <Ti raggiungo>, ha poi segnato in un altro foglio, poco prima di darsi fuoco nella loro auto, dopo essersi cosparso di benzina. Era un grande AMORE, quello che legava Gabriele Daniele Cordara a Donatella Barbanti, conviventi da circa un mese in un paesino dell’entroterra di Fano, Calcinelli di Saltara. Un AMORE che l’uomo temeva di perdere. La sua compagna infatti, una donna appena separata dal marito, forse cominciava ad avere qualche dubbio sulla tenuta del nuovo rapporto, e forse non escludeva la possibilita’ di tornare assieme al marito. Ma Daniele e Donatella erano una coppia che si voleva bene, <molto affiatata>, raccontano ora i vicini di casa. Originario di Milano ma residente a Calcinelli da diverso tempo Cordara, che aveva 35 anni, faceva il parrucchiere in un negozio di Pesaro. La sua compagna, invece, 36 anni, disoccupata, era originaria della vicina Fossombrone. Poco piu’ di un mese fa aveva accettato di andare a vivere con lui. La donna aveva un figlio. In questo periodo lo aveva mandato in vacanza da alcuni parenti, per completare in tutta calma le pratiche della separazione dal marito. La possibilita’ di costruire un rapporto piu’ profondo era stata una spinta in piu’ per poter uscire dalla monotonia di un AMORE ritenuto esaurito con l’uomo che e’ il padre del suo bambino. Poi, pero’, aveva avuto qualche ripensamento, normale in un momento difficile come quello della separazione. E di questi tentennamenti di Donatella, Cordara soffriva moltissimo. Avrebbe ingigantito le difficolta’ della decisione della compagna, che gli aveva confessato i propri dubbi, le proprie inquietudini e di considerare anche la possibilita’ di poter un giorno tornare con il padre di suo figlio. Temeva di perderla per sempre. Cosi’ potrebbe essere nato il diverbio di domenica sera, da cui e’ scaturita la tragedia. La lite tra i due e’ avvenuta attorno alle 22 di domenica. I vicini di casa hanno udito urla, voci alterate, ed hanno pensato ad una lite. Poi, improvvisamente, il silenzio. Cordara aveva ucciso la compagna. Secondo la prima ricostruzione dell’OMICIDIO, l’uomo l’ha colpita con un lungo coltello da cucina. L’ha colpita tre, forse quattro volte, all’addome e alle braccia mentre la donna si accasciava sul pavimento. Poi ha sollevato il cadavere e l’ha adagiato sul letto. Ha scritto alcuni bigliettini con le frasi <ti amo> e <ti raggiungo>. Quindi, in cucina, ha scritto una breve lettera alla madre dove ha ricordato i suoi precedenti fallimenti sentimentali, il timore che anche Donatella lo abbandonasse e la crisi che stava attraversando. Subito dopo Cordara e’ salito sulla Fiat Tipo della coppia ed e’ partito alla volta di San Venanzio, un paese vicino Calcinelli. Qui, nei pressi di una cava di pietra, in un luogo appartato, e’ sceso dall’auto, si e’ cosparso il corpo di liquido infiammabile, forse benzina, e’ risalito sulla vettura e si e’ dato fuoco. Il bagliore ha richiamato l’attenzione di una persona che ha avvisato i carabinieri. Poco dopo i militari si sono recati a casa della coppia per avvertire Donatella della morte dell’uomo, ma l’hanno trovata uccisa e adagiata sul letto. La casa era in perfetto ordine, i bigliettini scritti da Cordara erano li’, vicino al cadavere. La donna non era riuscita neanche a difendersi. (j. p.)

http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=1613181

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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