LA DANZA INCONTROLLATA: OSSESSIONE E DIPENDENZA

“Scarpette Rosse” La danza incontrollata: Ossessione e Dipendenza

La dipendenza si connota attraverso un esplosivo agire “furtivamente” che si verifica laddove l’individuo sopprime ampie parti dell’Io tra le ombre della psiche. Egli reprime gli istinti positivi e negativi, i bisogni e i sentimenti dell’inconscio e fa si che essi dimorino nel regno delle ombre. Succede così che tale individuo si trovi a condurre una vita simulata, come se non volesse sentire o vedere qualcosa: una parte sconosciuta di sé che egli avverte in modo angoscioso. E allora procede furtivamente, ingannando sé stesso, gettando via il tesoro dei propri bisogni, delle proprie tensioni di dolore e di paura, che gli potrebbero indicare una strada per colmarli e ritrovare una gioia reale. In questo modo egli è costretto a rubacchiare morsi e pezzetti ovunque.

Quando non accettiamo una parte di noi o una nostra emozione rimaniamo soli. Fingiamo di non essere così e combattiamo in silenzio. E’ come se non respirassimo: o forse alcune volte proviamo a respirare troppo velocemente o non respiriamo affatto rifacendoci ad un ideale di perfezione del tutto o niente. L’unica alternativa al furto del piacere è un atto di coraggio rispetto all’affermazione di ciò che sentiamo e siamo fino in fondo. Ciò significa imparare ad ascoltarci anche nelle tensioni spiacevoli: imparare ad essere noi fino in fondo con i nostri limiti e le nostre risorse.

Abbiamo un’alternativa di fronte ad una falsa vita rubata: guardare e riconoscere la fame del bambino deprivato che è dentro di noi e che protesta a gran voce. Nascondere la fame di questo bambino ed il dolore e il senso di vuoto che questo comporta significa rischiare che essa ci bruci e ci consumi attraverso atti rubati compiuti come un rito magico da non rivelare agli altri.

Quando non riconosciamo la fame ci illudiamo che altri ci regalino “Le scarpette rosse” che sono in grado di stordirla e di non sentirla, di farci danzare in un mondo meraviglioso e fantastico in cui non esistono bisogni. In questo modo, ci rifiutano di vivere la vita con i suoi cicli ed i suoi ritmi di crescita e decrescita, di vita e di morte per poi arrivare ancora alla vita. Intanto la nostra fame non viene saziata ma continua ogni volta a crescere ed a diventare un buco incolmabile che ci divora.

Con le nostre scarpette ideali diamo inizio all’ultima danza: una danza nel vuoto dell’inconsapevolezza. Siamo come bambini che volteggiano lontano dalla vita e ci rifiutiamo di prendere il cibo adatto e concreto per saziarci, perché questo costa fatica e lotta. Continuiamo a danzare frenetici pensando che qualcosa di magico ci fermi o che ci fermeremo quando lo decideremo.

Ma non è così: finché non riconosciamo la fame e non sappiamo procurarci un cibo che costa fatica, dolore ma anche gioia di un pieno concreto, continueremo la nostra infinita azione senza mai fermarci. E’ necessario riappropriarci del nostro istinto vitale per riconoscere le trappole di un facile paradiso e saper dire basta. Non è la gioia di questo paradiso irreale a rendere sempre più grande il nostro vuoto, ma piuttosto la mancanza di gioia che sentiamo mentre siamo all’interno di esso.

Quando non ci rendiamo conto della nostra fame, continuiamo a danzare ed a nascondere il nostro dolore e la nostra tristezza di fronte a qualcosa che è rimasto vuoto in noi, sia solo per guardare e sentire questo vuoto, per poi decidere l’azione adeguata per poterlo colmare.

Dipendenza e fame del nostro bambino deprivato sono connesse. Finché non ci assumiamo la responsabilità della nostra parte adulta che può essere in grado di nutrire e colmare la fame del nostro io bambino continueremo a negare le nostre libertà interiori ed esterne accettando continui soprusi su di noi e le persone che amiamo. Finche non riconosciamo questo bambino deprivato, sarà lui a prendere l’intero controllo su di noi ed a ricercare qualsiasi cosa: sostanza, persona, azione, lavoro, ecce… che in quel momento subito lo possa placare. E’ necessario riprendere la capacità di sentire fino in fondo tutte le emozioni di questo bambino interiore: piacevoli e spiacevoli, per poi imparare ad essere “Buoni genitori” che sanno prendersi cura di lui. Nessun altro lo potrà fare se non noi.

Le persone trascinate dalle “Scarpette Rosse” all’inizio pensano che possa esistere un intervento esterno da parte di qualcuno o di qualcosa (es. la sostanza) che in qualche modo possa colmarle e ritrovare la risoluzione illusoria di tutte le loro tensioni. E’ come se fossero dei neonati e cercassero un grande seno con un latte non nutriente in grado di placare ogni loro bisogno. In realtà la dipendenza è una grande mamma che divora tutti i bambini che si sono perduti e li getta sulla porta del Boia.

E’ necessario tornare alla vita fatta a mano, modellata giorni per giorno: è necessario riprenderci l’adulto in grado di provvedere al bambino, anche se ciò comporta dolore.

Separarsi dalle “Scarpette Rosse” e dalla vita ideale è doloroso. Ma la separazione è una benedizione.

Troveremo la nostra strada e ricominceremo a correre con le scarpe fatte da noi magari più imperfette, ma che ci daranno la gioia di una nostra creazione.

Dott.ssa Flavia Accini

Formatrice, Psicodrammatista, esperta in tecniche di conduzione di gruppo.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *