SENSO DI COLPA INDOTTO E NARCISISMO

Il senso di colpa è un’emozione passeggera, lieve o intensa causata dalla sensazione di aver compiuto o pensato un’azione, direttamente o indirettamente, percepita come sbagliata.

La ruminazione può complicare questa emozione e tenerla in vita per molto tempo. Molto spesso chi tende a ruminare soffre di senso di colpa cronico ed è totalmente preso da questo sentimento, da far sì che influisca sulla propria vita sociale e relazionale.

Ma il senso di colpa non viene solo da noi stessi, spesso può essere indotto anche dalle persone che ci sono vicine.
Questo è il caso di una relazione di qualsiasi tipo con una persona con disturbo narcisistico. Questo tipo di persone cercano spesso di sovrastare l’altro nella relazione e per fare ciò tendono anche ad utilizzare strumenti manipolativi, come il senso di colpa.
Questa sensazione, che ci viene indotta dal narcisista, è un falso senso di colpa perché nasce da errori che non abbiamo commesso.

Dottor Leandro Cavaliere Psicologo (Laureato in Neuroscienze) iscrizione OPRC 9704

Studio in Vietri sul Mare (Sa) e Torre Annunziata (Na) ➡️ Possibilità di Consulenze anche tramite video chiamata                           ➡️ Per info e contatti 3341652502 o leandro.cavaliere1@gmail.com

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GELOSIA E CERVELLO

La gelosia non è né sinonimo né contrario di amore, è una spinta irrazionale che devasta i rapporti facendo ottenere il contrario di ciò che si desidera. Questo sentimento nasce dal timore, dal sospetto o dalla certezza di perdere la persona amata ad opera di altri.

Ma cosa succede nel cervello quando si prova gelosia?

Un gruppo di ricerca dell’Università della California ha condotto alcuni esperimenti su scimmie originarie del sud America, note per la loro spiccata monogamia, per osservare le aree cerebrali coinvolte nella gelosia.
I risultati hanno dimostrato una maggiore attività nella corteccia cingolata, associata al dolore sociale e del sentirsi esclusi negli esseri umani, e nel setto laterale, associata al legame di coppia negli esseri umani.
Quindi, sembra che nel cervello il sentimento di gelosia venga vissuto come una diffidenza verso il legame instaurato con la persona e di conseguenze come una specie di rifiuto sociale subito dalla persona amata.
Infine, durante l’esperimento è stato anche registrato un incremento dei livelli di cortisolo nell’organismo, a prova del fatto che la gelosia è un sentimento che può provocare un aumento dello stress.

Questa ricerca è un primo passo sulla comprensione dei meccanismi cerebrali e del nostro organismo sottostanti la gelosia. Sicuramente, con ulteriori studi, riusciremo a capire a pieno cosa succede nel nostro corpo quando proviamo questi sentimenti legati all’amore.

Dottor Leandro Cavaliere Psicologo (Laureato in Neuroscienze) iscrizione OPRC 9704

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Fonte: “Maninger, N., Mendoza, S. P., Williams, D. R., Mason, W. A., Cherry, S. R., Rowland, D. J., … & Bales, K. L. (2017). Imaging, behavior and endocrine analysis of “jealousy” in a monogamous primate. Frontiers in ecology and evolution, 119.”

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FIDES e FOEDUS: PATTO D’UNIONE e FEDELTÀ

Nulla potest mulier tantum se dicere amatam
vere, quantum a me Lesbia amata mea est.
Nulla fides ullo fuit unquam foedere tanta,
quanta in amore tuo ex parte reperta mea est.

TRADUZIONE E ANALISI
Nessuna donna può dire d’essere stata amata tanto sinceramente, quanto la mia Lesbia è stata amata da me.
Nessuna fedeltà fu mai tanta in alcun patto, quanta si è potuta trovare da parte mia nel mio amore per te.

✅In questo Carme del poeta latino Catullo sono presenti i due termini che rappresentano l’idea di amore che lui ha: FIDES e FOEDUS.
➡️Per Catullo, l’amore è il più grande dei sentimenti ma necessita della fedeltà FIDES e del rispetto del FOEDUS che è il patto sacro d’amore che unisce i due amanti. L’ amante di Catullo, Clodia non si impegna in questo patto, dedicandosi ai suoi tanti amanti giovani ed occasionali, confondendo la passione con l’amore.
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa). Possibilità anche di effettuare consulenze telefoniche o tramite videochiamata

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

NON POSSO VIVERE CON TE, NE SENZA DI TE

Il grande poeta romano Ovidio in questi versi che riporto di seguito ben descrive uno dei più frequenti tormenti d’amore il
💔NON POSSO VIVERE CON TE, NE SENZA DI TE💔
Spesso capita nelle relazioni di trovarsi in situazioni in cui se si sta insieme all’altro si sta male per tutta una serie di problematiche individuali o di coppia ma allo stesso tempo se si prova a separarsi si sta ancora più male ed il dolore, la mancanza, l’assenza dell’altro conduce a ritornare a stare insieme.
Ed inizia un andare via ed un ritornare senza fine, logorante e che ad ogni giro lega sempre di più.
La via d’uscita esiste ed è cambiare l’affermazione in ❤️POSSO VIVERE CON TE E SENZA DI TE❤️
Per cambiare l’affermazione serve capire il perché di tale dissidio, quali sono le cause profonde, quali comportamenti sani attuare.
Solo un percorso terapeutico profondo e mirato può aiutare in tal senso.
➡️ Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

✅”Lottano tra loro e tirano il mio debole cuore in opposte direzioni l’amore e l’odio ma (penso) vince l’amore.
Ti odierò se potro; altrimenti, ti amerò controvoglia:
anche il toro non ama il giogo che porta, eppure porta il giogo che odia.
Fuggo dalla tua infedeltà, ma mi riporta indietro la tua bellezza; detesto la tua condotta colpevole,ma amo il tuo corpo.
Così non riesco a vivere nè con te nè senza di te,
e mi sembra di non sapere che cosa voglio davvero.
Vorrei che tu fossi meno bella o meno impudica:
una bellezza così incantevole non si accorda con costumi corrotti.
Le tue azioni meritano l’odio, il tuo bel viso induce all’amore:
o me infelice, esso è più potente delle tue colpe!
Rispàrmiami, te ne prego, per i diritti del letto che ci unisce, in nome di tutti gli dèi, che spesso si lasciano ingannare da te, in nome della tua bellezza, che per me ha potere divino, in nome dei tuoi occhi, che hanno conquistato i miei!
Comunque ti comporterai, sarai sempre mia; tu scegli soltanto se vuoi che io ti ami perché anch’io lo desidero, oppure perché vi sono costretto!
Piuttosto alzerei le vele e mi affiderei al soffio dei venti e vorrei una donna che, s’io non volessi, mi costringesse ad amarla.
Publius Ovidius Naso – Amores – 3.11 b

Dott. Roberto Cavaliere

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L’ ATTESA NELLE RELAZIONI

“ATTESA – tumulto d’angoscia suscitato dall’attesa dell’essere amato in seguito a piccolissimi ritardi (appuntamenti, telefonate, lettere, ritorni)…

“Sono innamorato? – Si, poiché sto aspettando”. L’altro, invece non aspetta mai. Talvolta, ho voglia di giocare a quello che non aspetta; cerco allora di tenermi occupato, di arrivare in ritardo; ma a questo gioco, io perdo sempre: qualunque cosa io faccia, mi ritrovo sempre sfaccendato, esatto, o per meglio dire in anticipo. La fatale identità dell’innamorato non è altro che: io sono quello che aspetta.

(Nel transfert, si aspetta sempre – dal medico, dal professore, dall’analista. Ancora più evidentemente se sto aspettando allo sportello d’una banca, o alla partenza d’un aereo, subito stabilisco un rapporto aggressivo con l’impiegato, con l’hostess, la cui indifferenza svela e irrita la mia sudditanza; si può così dire che, ove vi è attesa, vi è transfert: io dipendo da una persona che si fa a mezzo e che impiega del tempo a darsi – come se si trattasse di far scemare il mio desiderio, d’infiacchire il mio bisogno. Fare aspettare: prerogativa costante di qualsiasi potere, “passatempo millenario dell’umanità”)….

Un cavaliere era innamorato di una nobildonna. Lei gli disse: “Sarò vostra solo quando voi avrete passato cento notti ad aspettarmi seduto su una sedia, nel mio giardino, sotto la mia finestra.” Ma alla novantanovesima notte, il cavaliere si alzò, prese la sua sedia sotto il braccio e se n’andò.”

In questo significativo brano del semiologo Roland Barthes, tratto dal libro “Frammenti di un Discorso Amoroso” edito da Einaudi, viene esplicitato bene l’attesa nelle relazioni. Tre i punti che sottolinerei :
✅ Chi aspetta è spesso colui che è più legato all’altro, che forse ne dipende ;
✅ Che se si è nel ruolo di chi attende è difficile passare nel ruolo di chi fa aspettare ma non è impossibile;
✅ Se si tiene troppo una persona in “attesa” si rischia che quest’ultima vada via definitivamente.

Dott. Roberto Cavaliere

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GLI “INGANNATORI” NELLE RELAZIONI

In tutti i grandi ingannatori è degno di nota un fenomeno al quale essi devono il loro potere.
All’atto dell’inganno vero e proprio, fra tutti i preparativi, come l’orrendo nella voce, nell’espressione e nei gesti, in mezzo all’efficace messa in scena, sopravviene in loro la fede in se stessi:
è questo che poi parla così miracolosamente e convincentemente a coloro che stanno intorno.
I fondatori di religioni differiscono da questi grandi ingannatori per il fatto di non uscire da questo staro di inganno di sé medesimi: eppure essi hanno molto raramente momenti di lucidità, in cui il dubbio li sopraffà; ma di solito si consolano attribuendo questi momenti di lucidità al maligno avversario. Deve esserci inganno di se stessi, perché questi e quelli sortiscano effetti grandiosi. Giacché gli uomini credono alla verità di tutto ciò che viene manifestamente creduto con forza.
Nietzsche .
In questo brano del filosofo Nietschze viene sottolineato uno degli aspetti di forza dell’ingannatore: la forza e la convizione con cui credono in quello che dicono e lo manifestano agli altri. Infatti spesso l’ingannatore è convinto lui stesso delle sue ingannevoli ragioni e questo dà forza al convincimento altrui.
E’ uno dei meccanismi alla base delle tecniche di vendita: se vuoi vendere qualcosa ci devi credere o almeno devi far finta che tu stesso per primo ci credi.
Ingannare se stessi per prima per poter ingannare l’altro.
Si crede sempre a quello che viene comunicato con forza e determinazione.
Alle eprsonalità narcisistiche cio riesce bene ed in maniera naturale.
Cercare sempre riscontri oggettivi e mai fidarsi solo delle parole per quanto convincenti possano essere.

Dott. Roberto Cavaliere

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LA FERITA DEI NON AMATI

Vi sono persone che nel corso di tutta la vita, non riusciranno mai a pensare e tanto meno a dire: “Mia madre non mi ha amato”, oppure “Mio padre non mi ha voluto bene”, o ancora “Mia madre e mio padre non mi hanno voluto bene” o semplicemente: “Non sono amato”, anche se sentono che le cose stanno così. Una frase come questa, terribile, distruttiva, non può affiorare neppure nel silenzio di un dialogo interiore. Eppure, la sua fondamentale verità cerca incessantemente di esprimersi. Poiché la via più breve, quella della esplicita affermazione, le è preclusa, la vaga consapevolezza del proprio “essere non amato” si apre complicate vie d’uscita. Da persone psicologicamente “illuminate” quali siamo, raccontiamo forse senza inibizione che da bambini siamo stati lasciati soli in questa o quella occasione, che non siamo stati compresi, che i genitori erano troppo presi o malati, che rigidi principi religiosi li rendevano timorosi, che avevano nei nostri confronti pretese eccessive, che erano incapaci di interessarsi alle nostre particolari inclinazioni e così via. Di tanto in tanto cambiano gli argomenti con cui cerchiamo di spiegare il nostro fondamentale disagio e di liberarcene. Come povere anime alla ricerca della salvezza vaghiamo inquieti da una spiegazione all’altra. Tuttavia, la carica di energia è più forte di ciò che possono esprimere le parole. E così, proseguendo nel nostro tortuoso cammino, ci nascondiamo la chiara, semplice verità: “Non sono stato amato e continuo a non esserlo”. È una verità che vale anche per chi è stato amato troppo o nel modo sbagliato. La carenza d’amore si cela dietro molte maschere. Oppure cerchiamo di moderare la forza esplosiva di queste affermazioni filtrandole attraverso un gergo psicologico. Diciamo allora che siamo simbiotici, che soffriamo di frustrazioni risalenti alla prima infanzia, che manchiamo di empatia o che abbiamo una ferita narcisistica; ricorriamo cioè alla psicologia per eludere l’intenso dolore primordiale: “Mia madre non mi ha amato”, oppure: “Mio padre non mi ha amato”, “Mia madre e mio padre non mi hanno amato” o semplicemente: “non sono amato”. Con l’espressione “non amato” intendo la sensazione di non essere amato che c’è alla base dell’incapacità di vivere di una persona.

Tratto dal libro “Le Ferite dei non amati” edito da RED Edizioni

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IN AMORE FERMATI CON CHI TI VUOLE SFOGLIARE E NON SPOGLIARE

“- E allora vai

– Avrò paura?

– Sì

– Poca o tanta?

– Tantissima

– A destra o a sinistra?

– Se puoi non schierarti mai, resta al centro. Del tuo cuore.

– E se arriva il lupo?

– Il lupo arriva, ma anche il gatto, il cane, l’orso, le acciughe, il vento, il sole, la neve. Amore mio, arriverà tutto, non posso ometterti niente.

– E se mi perdo?

– Che ti perdi non è un forse, ma una certezza; quindi quando ti perdi chiedi informazioni

– A chi?

– Ecco, a chi. Se dovesse succedere prima di aver imparato a riconoscere tutte le erbe spontanee, i fiori e gli alberi, aspetta, non chiedere a nessuno, chè poi può succedere che scambi ciliege per bacche velenose. Aspetta, impara i prati i boschi e soprattutto i venti, poi, se ancora sarai perduta, saprai da sola a chi rivolgerti

– Ma il tempo è contato

– No, il tempo è contatto, è toccare tutto, provarci almeno, tutte le parti

– Mi risolverò?

– Non sei un rebus, sei un puzzle senza pezzi mancanti. Imparerai a metterli insieme, dal verso e con lo sguardo giusto

– Promettimelo

– Di più, te lo giuro

– Incontrerò l’amore?

– Te lo auguro, ma attenta a chi ti vuole spogliare, fermati piuttosto da chi ti vuole sfogliare. Chè l’amore, per me, assomiglia molto a qualcuno che ti tiene la fronte mentre tu, vomiti i giorni più duri.

– Allora vado?

– Allora vai.”

CIT alice in the womderland

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LETTERA SULL’AMORE

Il premio Nobel per la letteratura John Steinbeck nel 1958 scrisse una lettera al figlio primogenito Thom che gli confessa di essersi perdutamente innamorato di una sua compagna di college.
La risposta di Steinbeck è molto significativa ed approfondita sul tema dell’amore e si commenta da sola. A tutt’oggi è ancora valida ed induce non poche riflessioni.

New York 10 novembre 1958
Caro Thom,

Abbiamo ricevuto la tua lettera stamattina. Risponderò dal mio punto di vista e, ovviamente, Elaine dal suo.
Primo, se sei innamorato, è una cosa bella, forse la migliore che possa capitarti. Non permettere che nessuno la sminuisca o la renda meno importante.
Secondo, ci sono molti tipi di amore. C’è quello egoistico, meschino, avaro, che usa l’amore per l’auto affermazione. E’ il tipo terribile e paralizzante. L’altro tipo è la manifestazione di tutto quanto di buono c’è in te: la gentilezza, la considerazione, il rispetto, non solo il rispetto sociale delle buone maniere, ma il rispetto in senso più alto, cioè il riconoscimento dell’altro come unico e prezioso. L’amore del primo tipo ti può rendere malato, piccolo e debole, ma quello del secondo tipo ti può dare una forza, un coraggio, una bontà e persino una saggezza che neanche sapevi di avere.
Dici che non è un’infatuazione da ragazzi. Se provi questo sentimento così profondamente, di sicuro non lo è.
Ma non credo che tu stessi chiedendomi cosa provi. Tu lo sai meglio di chiunque altro. Tu vuoi un aiuto per capire cosa fare, e io posso dirtelo.
Esulta, sii felice e grato.
L’oggetto d’amore è il migliore e il più bello. Cerca di esserne all’altezza.
Se ami qualcuno, non c’è niente di male a dirlo. Solo ricorda che alcune persone sono molto timide e a volte nel parlare bisogna tenere conto di questa timidezza.
Le ragazze sanno e sentono quello che provi, ma di solito amano anche sentirselo dire.
A volte succede che per qualche ragione ciò che tu senti non sia ricambiato, ma questo non rende quello che provi meno buono o prezioso.
Infine, so quello che provi perché lo provo anch’io e sono felice che possa provarlo anche tu.
Saremo lieti di incontrare Susan. Sarà la benvenuta. Ma sarà Elaine a organizzare tutto, perché è il suo territorio e ne sarà contenta. Anche lei conosce l’amore e forse potrà aiutarti più di me.
E non avere paura di perdere. Se è la cosa giusta, accadrà. La cosa più importante è non avere fretta. Le cose belle non scappano via.
Con amore,
Pa.

Dott. Roberto Cavaliere

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L’ATTO DI AMARE HA TRE CONTRARI

Freud denota tre contrari del comportamento dell’amare. Oltre al classico contrario dell’odiare egli ne individua altre due che sottolinea magistralmente nel seguente passaggio ed una di queste conduce al narcisismo

“L’atto di amare non è suscettibile di uno solo, ma di tre contrari.

Oltre all’antitesi amare-odiare, vi è quella amare ed essere amati; e inoltre l’amare e l’odiare presi insieme si contrappongono allo stato dell’indifferenza o della mancanza d’interesse. La seconda di queste tre antitesi, l’amare e l’essere amati, corrisponde propriamente al cangiamento dell’attività in passività, e può anch’essa esser ricondotta a una situazione di base com’è avvenuto nel caso della pulsione di guardare. Questa situazione di base consiste nell’amare sé stessi, ciò che per noi caratterizza il narcisismo. Ora, a seconda che sia sostituito con una persona estranea l’oggetto o il soggetto, si ha la meta attiva dell’amare oppure quella passiva dell’essere amati; di queste due mete l’ultima rimane vicina al narcisismo.”
Sigmund Freud

Dott. Roberto Cavaliere

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