FINE DI UNA RELAZIONE – IL DOLORE DELL’ABBANDONO

“Ma lei mi manca. So bene che è lei a mancarmi, non lo stupido fantasma di un desiderio irreale. Mi accompagna ovunque con la sua assenza, non riesco a scrollare da me la certezza che si trovi nella sua stanza e che tra poco scenderà la scala di legno rosso per venire da me, si infilerà nel letto e parleremo a bassa voce della giornata che sta per cominciare. Devo ragionarci sopra per rendermi conto che, quando tra poco mi sveglierò, aprirò gli occhi su un’altra stanza, situata in una città diversa e lei non ci sarà. Ma il giorno non viene. Finché l’oscurità mi accoglie (e così sarà per sempre), lei è, nei miei pensieri, nel cuore di questo pensiero che porto in me, nel cuore tenero e dolente di questo pensiero che in verità non è il mio, ma il suo, un pensiero nel quale lei mi prende con sé, mi protegge, mi ama come io la amo, nel nulla assopito della notte”.

Philippe Forest, Per tutta la notte, Alet 2006

 

Intervista al Dott. Roberto Cavaliere pubblicata sulla rivista “ViverSani & Belli” n.21 del 23 maggio 2008

 

Essere lasciati per “un’altra”: il dolore aumenta?

Dipende dai vissuti personali della separazione, ma generalmente il dolore aumenta. Aumenta perché la colpa della fine è attribuita all’altra . Si afferma: Se non ci fosse stata l’altra la relazione sarebbe continuata. Può darsi che l’altra abbia accelerato la fine, ma il più delle volte non è la causa determinante. Ma è tipico della personalità umana trasferire all’esterno i propri insuccessi.

Inoltre il dolore aumenta perché la vita affettiva e sociale che si è trascorsa insieme adesso l’ex partner la vive con l’altra. Taluni arrivano ad affermare che era preferibile che il partner fosse morto piuttosto che continui a vivere con un’altra.

Abbandono: un dolore “senza età”? Ci sono differenze sostanziali su come la persona vive e elabora l’abbandono a secondo dell’età (20/30:40 anni e oltre?)

Sicuramente l’età anagrafica in cui avviene l’abbandono è importante. Riguarda due dimensioni fra esse correlate: il dolore e la progettualità futura. Il dolore abbandonico dei 20 anni è un dolore più acuto ma dura meno nel tempo. Anzi, riveste quasi un carattere di crescita evolutiva dal punto di vista affettivo. Aiuta a maturare. Serve per esperienza per relazioni future. L’idea di una progettualità futura di coppia non è compromessa ed è quasi assente la paura di rimanere da soli. Man mano che l’età avanza il dolore tende a durare nel tempo, la speranza di una futura progettualità di coppia inizia ad essere compromessa, la paura della solitudine aumenta fino a poter diventare vera e propria angoscia.

Un accenno ai suoi incontri esperienziali: cosa fa più male, perché fa bene parlarne con gli altri, cosa s’impara. Perché le storie finiscono?

Nei miei seminari esperienziali la problematica che fuoriesce ed è più dolorosa è il vissuto abbandonico, con tutte le sue conseguenze: dolore, rabbia, senso di solitudine e via dicendo. Parlarne in gruppo serve, oltre che a condividere questa ambivalenza di sentimenti, a collocarli in una giusta posizione, ad osservarli attraverso anche le esperienze degli altri, sotto un’altra ottica. Ottica evolutiva, di crescita personale. Il gruppo diventa un specchio, ma uno specchio che restituisce un immagine riflessa di sé stessi meno deformata e più sincera rispetto al proprio specchio interno.

Le storie finiscono per i motivi più svariati. Sarebbe necessario farne un lungo elenco. In questa sede posso dire che oggi all’interno di una coppia la dimensione affettiva rimane importante anche nel tempo. Quando questa viene a mancare, a differenza del passato dove la dimensione coniugale o genitoriale rimaneva un forte collante, si decide di porre più facilmente fine alla relazione. Semplicemente finisce l’amore o quando nella fase iniziale si è troppo idealizzato l’altro e/o la relazione coll’altro, il frantumarsi di questa idealizzazione se non trova una progettualità di coppia, porta alla disintegrazione della relazione.

Dopo un amore…: si esce sempre cambiati? Cresciuti?

Non sempre si esce cambiati, cresciuti. Dipende dal percorso personale di elaborazione del lutto della fine di un amore. Se questo processo lo si è vissuto passivamente si entra in quella che gli psicoanalisti definiscono “coazione a ripetere” tendendo a cercare un riscatto nelle future relazioni ripetendo, però, sempre lo stesso copione, che ha portato alla fine del primo.

Inoltre è importante considerare il tempo che si è passato col proprio ex come “ vita acquistata e non vita persa”

In quanto tempo si supera in genere il dolore?

Per quantificare il tempo dobbiamo fare riferimento agli antichi greci che distinguevano due diversi concetti di tempo. Cronos che è il tempo cronologico, quello delle ore, dei giorni e dei mesi. Lo scorrere di Cronos e importante per superare un amore. Studiosi nordamericani sono del parere che sono necessari almeno sei mesi per superare la fine di una relazione o un abbandono. L’altro concetto di tempo è Kairòs che è un tempo individuale , un tempo necessario per dire “basta”, vale a dire il tempo del cambiamento interno. E’ quel momento i cui ci si rende conto che è il momento di voltare pagina. Questo tempo è variabile ed è il tempo necessario affinchè ci si possa mettere alle spalle la relazione finita.

Ci sono differenze nel dolore e elaborazione di un abbandono fra uomini e donne? Nel modo di reagire e, anche, a livello psichico profondo…

L’uomo, pur di fronte ad un ‘lutto sentimentale’ profondo e dilaniante, tende, generalmente, rispetto alla donna, ad elaborarlo in più breve tempo e prevalentemente a livello d’elaborazione esterna. Conseguentemente, mette maggiormente in atto, la tecnica del ‘chiodo schiaccia chiodo’ con le prevedibili conseguenze future per la ‘vittima’ che si presta a questo copione. Inoltre, capita anche che s’instaura subito un odio per il genere ‘femminile’ che porta ad instaurare una relazione per il solo scopo, più o meno inconscio, di vendicarsi, della persona che l’ha lasciato. Manca, quindi, nell’uomo, spesso, quella concezione dell’elaborazione del lutto sentimentale che è legato ad una concezione sia di tempo Kairos che di autentica elaborazione interiore. A livello psichico profondo l’elaborazione del lutto è anche legata alle precedenti esperienze vissute d’elaborazione del lutto ed a copioni familiari presenti e passati. Inconsciamente l’uomo assimila l’abbandono dell’amata ad un abbandono della figura materna.

A livello di comportamenti esterni l’uomo consuma il proprio dolore in maniera più attiva, vale a dire con maggiore rabbia, aggressività, fino ad arrivare a veri e propri comportamenti persecutori come lo stalking.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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