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AMORE MATERNO

Di seguito riporto un brano significativo dell’“Amore Materno”, tratto dal libro “L’arte di amare” di Erich Fromm.

 

“L’amore materno …è un’affermazione incondizionata della vita del bambino e dei suoi bisogni. Ma è necessario fare un’importante aggiunta a questa definizione. L’affermazione della vita del bambino ha due aspetti; uno è rappresentato dalle cure necessarie alla preservazione della vita e alla crescita del bambino. L’altro aspetto va oltre la pura e semplice conservazione: è l’attitudine che instilla nel bambino un amore per la vita, che gli dà questa sensazione: è bello essere vivi, è bello stare su questa terra! Questi due aspetti dell’amore materno sono espressi in modo molto semplice nella storia biblica della creazione. Dio crea il mondo e l’uomo. Ciò corrisponde alla semplice affermazione della esistenza. Ma Dio va oltre. Ogni giorno dopo che la natura, o l’uomo, sono stati creati, Dio dice: “È bello.” L’amore materno, in questo secondo giardino fa sentire al bambino che è bello essere nato; instilla nel bambino l’amore per la vita e non solo il desiderio di restare vivo. La stessa idea può essere applicata ad un altro simbolismo biblico. La terra promessa (terra è sempre simbolo di madre) è descritta come “traboccante di latte e di miele”. Il latte è il simbolo del primo aspetto dell’amore, quello per le cure e l’affermazione; il miele simboleggia la dolcezza della vita, l’amore per essa, e la felicità di sentirsi vivi. La maggior parte delle madri è capace di dare “latte”, ma solo una minoranza di dare anche “miele”. Per poter dare latte una madre non deve soltanto essere una “brava mamma”, ma una donna felice, e non tutte ci riescono. L’amore della madre per la vita è contagioso, così come lo è la sua ansietà; ambedue gli stati d’animo hanno un effetto profondo sulla personalità del bambino; si distinguono subito tra i bambini – e gli adulti – coloro che ricevono soltanto “latte” e coloro che ricevono “latte e miele”.

In contrasto con l’amore fraterno e con l’amore erotico, che sono amori sullo stesso piano, i rapporti della madre col bambino sono, per la loro stessa natura, su un piano diverso, in cui uno ha bisogno di aiuto, e l’altro lo dà. È per questo carattere altruistico che l’amore materno è stato considerato la più alta forma d’amore e il più sacro dei vincoli affettivi. Tuttavia la vera conquista dell’amore materno non sta solo nell’amore della madre per il neonato, ma nel suo amore per la creatura che cresce. In realtà, la grande maggioranza delle madri sono madri amorose finché il bambino è piccolo e completamente legato a loro. Quasi tutte le donne desiderano avere figli, sono felici coi loro piccoli e sono premurose con loro. E questo ad onta del fatto che non ” ottengono ” niente in cambio, tranne un sorriso o l’espressione soddisfatta nel viso del bambino. Sembra che questa forma d’amore sia radicata sia negli animali che nella razza umana. Ma, qualunque sia il peso di questo fattore istintivo, nell’amore materno hanno molta importanza alcuni fattori psicologici. Uno di questi è l’elemento narcisistico. Finché il neonato continua a far parte della madre, il suo amore e il suo attaccamento possono essere una soddisfazione al suo narcisismo. Un altro elemento può essere costituito dal bisogno di possesso della madre. Il bambino, essendo debole e completamente soggetto alla sua volontà, è un oggetto naturale di soddisfazione per una donna autoritaria e tirannica.

…Ma il bambino deve crescere. Deve emergere dal grembo materno; diventare un essere completamente indipendente. La vera essenza dell’amore materno è di curare la crescita del bambino, e ciò significa volere che il bambino si separi da lei. Qui sta la differenza con l’amore erotico. Nell’amore erotico, due persone distinte diventano una sola. Nell’amore materno, due persone che erano una sola, si scindono. La madre deve non solo tollerare, ma desiderare e sopportare la separazione del figlio. 16 solo a questo stadio che l’amore materno diventa un compito così difficile da richiedere altruismo, capacità di dare tutto senza chiedere niente e di non desiderare niente altro che la felicità dell’essere amato. È anche a questo stadio che molte madri falliscono nel loro compito. La narcisista, l’autoritaria, la tirannica può riuscire ad essere una madre “amorosa ” finché il bambino è piccolo. Solo la donna veramente ” amante “, colei che é più felice di dare che di ricevere, può essere una madre amorosa durante il processo di separazione del bambino.

L’amore materno per il bambino che cresce, amore fine a se stesso, è forse la forma d’amore più difficile a raggiungersi, ed è anche la più ingannevole, a causa della facilità con cui una madre ama la propria creatura. Ma proprio a causa di questa difficoltà, una donna può essere una madre veramente amorosa solo se può amare; se è capace di amare H proprio marito, altri bambini, il prossimo, tutti gli essere umani. La donna che è incapace di amare in questo modo, può essere una madre affettuosa finché il bambino è piccolo, ma non può essere una madre amorosa. La condizione per esserlo è la volontà di affrontare la separazione, e, anche dopo la separazione, la capacità di continuare a amare.”

Sempre tratto dallo stesso libro questo brano sulla concezione dell’ “altruismo materno”

“La natura dell’altruismo si manifesta in modo particolare nell’effetto che la madre ” altruista ” ha sui propri figli. È convinta che il suo altruismo insegnerà ai figli a provare che cosa significhi essere amati, e ad apprendere, a loro volta, che cosa significhi amare. L’effetto del suo altruismo, tuttavia, non corrisponde mai alle sue aspettative. I bambini non mostrano la felicità delle persone convinte di essere amate; sono tesi, timorosi del giudizio materno, e ansiosi di appagare le sue speranze. Di solito, sono colpiti dall’ostilità repressa della madre verso la vita, ostilità che essi sentono oscuramente, restandone spesso influenzati. Nell’insieme, l’effetto della madre “altruista” non è troppo diverso da quello della madre egoista anzi, spesso è peggiore, perché l’altruismo della madre impedisce ai figli di criticarla. Si sentono nell’obbligo di non deluderla; imparano, sotto la maschera della virtù, il disprezzo per la vita. Chiunque abbia possibilità di studiare l’effetto di una madre dotata di genuino amore per se stessa, può vedere che non c’è niente di più utile che dare a un bambino l’esperienza di ciò che è amore, gioia, felicità, che solo può ricevere il bambino amato da una madre che ama se stessa.”

 

Dott.ssa Rosalia Cipollina

DIPENDENZA AFFETTIVA VERSO I FIGLI

“L’amore materno per il bambino che cresce, amore fine a se stesso, è la forma d’amore più difficile a raggiungersi, ed è anche la più ingannevole, a causa della faciltà con cui una madre ama la propria creatura. Ma proprio a causa di questa difficoltà, una donna può essere una madre veramente amorosa solo se può amare, se è capace di amare il proprio marito, altri bambini, il prossimo, tutti gli esseri umani. La donna che è capace di amare in questo modo, può essere una madre affettuosa finchè il bambino è piccolo, ma non può essere una madre amorosa. La condizione per esserlo è la volontà di affrontare la separazione, e anche dopo la separazione, la capacità di continuare ad amare.” Erich Fromm

 

I brani citati rapppresentano uno spunto di riflessione sul ruolo di essere genitori senza sviluppare una dipendenza affettiva verso i figli.
Oggi mariti e mogli si aspettano di essere l’uno per l’altro la maggior fonte di calore, affetto e sostegno; essi considerano il loro matrimonio come una sorta di rifugio; vivono in funzione reciproca per ricaricarsi quando le energie vengono meno, trovare insieme una soluzione ai problemi, consolarsi, dividere gli alti e i bassi della vita familiare ed extrafamiliare.
Questo grande carico di aspettative che ognuno dei due coniugi riversa sull’altro diventa inevitabilmente causa di tensioni e conflitti.
Una delle principali fonti di conflitto è la divisione dei compiti relativi ai lavori domestici e alla cura dei bambini. Anche nelle coppie che si ripropongono una divisione equa di tali compiti in realtà, dopo la nascita del bambino, le donne svolgono più lavori domestici di prima e i padri si occupano dei bambini meno di quanto loro stessi avessero previsto.
Il grado di coinvolgimento degli uomini incide sulla percezione che le loro mogli hanno della qualità del matrimonio e della vita familiare.
Meno un padre si sente coinvolto nella cura dei figli, più è probabile che lui e la moglie perdano fiducia nel rapporto di coppia.
I principali fattori di ostacolo ad una equa suddivisione dei ruoli familiari è la difficoltà nel sradicare l’idea che l’allevamento dei figli sia compito delle donne. Gli uomini non hanno modelli maschili di riferimento, e le donne difficilmente riescono a rinunciare al ruolo di figure primarie di accudimento.
Gli uomini si aspettano che le loro mogli siano esperte di bambini fin dall’inizio; si sentono a disagio davanti alla propria inadeguatezza e basta un minimo di critica, anche implicita, perché rimettano il bambino nelle mani dell’esperta.
Le donne che sono madri a tempo pieno possono sentirsi minacciate se i loro mariti diventano troppo abili. Molti padri si sentono tagliati fuori da un ruolo centrale (cambiare un pannolino dopo che la mamma ha allattato non gli sembra un contributo importante) così rinunciano e si buttano nel lavoro dove sanno di poter offrire un contributo visibile.
Più gli uomini assumono ruolo attivo nella cura dei figli , più confusa o negativa è la reazione dei propri genitori. Molti nonni considerano i ruoli familiari paritari come una minaccia o una critica alla famiglia tradizionale. Questa tensione intergenerazionale, sottile ma efficace, mette un freno allo slancio dei padri.
L’economia dell’occupazione e l’assenza di adeguati servizi di assistenza extrafamiliare spingono i padri a lavorare e le madri a restare a casa.
Per essere sicuri che i nostri figli crescano nella atmosfera familiare giusta dobbiamo:

– Sentirci soddisfatti di noi stessi e della nostra vita.

– Risolvere il problema del “chi fa cosa”, invece di evitarlo.

– Provare a fare i conti con ciò che ci tormenta nelle relazioni con i nostri genitori.

– Pensare al modo di conciliare lavoro e famiglia dedicando il giusto tempo ad entrambi.

– Metterci d’accordo su quelle che pensiamo siano le esigenze di nostro figlio e sul modo di soddisfarle.

Se sapremo far funzionare meglio il nostro rapporto di coppia saremo anche dei buoni genitori.

Le seguenti, indicazioni di massima utili a meglio svolgere la funzione genitoriale, pur ribadendo che quest’ultima rimane unica ed irripetibile per ogni situazione, serviranno per commettere qualche “errore” di meno ed essere più consapevoli della proprio funzione genitoriale.

  1. Cercate di vedere il mondo dal punto di vista di vostro figlio. Mettete da parte tutte le idee che vi siete fatti su di lui e riflettete su chi è vostro figlio, quali sono le piccole grandi prove che affronta quotidianamente, e in che maniera le affronta
  2. Immaginate come apparite agli occhi di vostro figlio. Se per lui siete genitori severi, affettuosi, invadenti, autorevoli o altro…Questa nuova prospettiva potrebbe modificare il modo in cui vi ponete nei suoi confronti, il modo di parlargli e ciò che dite.
  3. Considerate i vostri figli perfetti così come sono. Accettateli per quello che sono, senza pretendere che siano più simili a voi o a come pensate che dovrebbero essere.
  4. Siate coscienti delle aspettative che avete sui figli e considerate se sono veramente rivolte al loro interesse. Siate consapevoli anche del modo in cui comunicate queste aspettative e di che peso possano avere nella loro vita.
  5. Anteponete i bisogni di vostro figlio ai vostri ogni volta che sia possibile, poi vedete se c’è un terreno comune in cui anche i vostri bisogni possano essere soddisfatti.
  6. Quando vi sentite perduti, o in scacco, restate immobili. Meditate sulla situazione, su vostro figlio e su di voi. Se questo non è sufficiente a suggerirvi una soluzione, allora la cosa migliore è non fare nulla finchè le cose non si chiariscono. A volte rimanere in silenzio fa bene.
  7. Ascoltate attentamente ciò che vostro figlio vi dice. Ascoltate con le orecchie, con la testa e con il cuore.
  8. Imparate a vivere nelle tensioni senza perdere il vostro equilibrio. Vostro figlio, specialmente quando è piccolo, ha bisogno di vedere in voi il suo centro di equilibrio e di fiducia, un punto di riferimento affidabile attraverso cui può trovare l’orientamento all’interno del suo paesaggio personale.
  9. Chiedete scusa a vostro figlio quando vi accorgete di aver tradito la sua fiducia, anche in modi apparentemente insignificanti. Una scusa dimostra che avete ripensato ad una situazione considerandola dal punto di vista di vostro figlio. Attenti però a non essere spiacenti troppo spesso; le scuse perdono il loro significato se ne abusiamo, oppure diventano un modo per non assumersi le proprie responsabilità.
  10. Ogni figlio è speciale ed ogni figlio ha bisogni speciali. Non trattate i vostri figli tutti nello stesso modo perché non ne esiste uno che sia uguale ad un altro.
  11. Ci sono momenti in cui bisogna essere chiari, forti e non equivoci. Ponete delle regole facilmente identificabili e costanti, ma ammettete, solo occasionalme nte, una certa flessibilità.
  12. Il più grande dono che potete fare ai vostri figli è il vostro Sé. Fare il genitore equivale a continuare a crescere nella conoscenza e nella consapevolezza di sé. Questo è un lavoro continuo che ciascuno può portare avanti in qualunque modo gli sembri più adatto (con la psicoanalisi, con la meditazione, con l’introspezione, ecc…). Facciamolo dunque per il bene dei nostri figli e per il nostro.

Dott.ssa Rosalia Cipollina