Articoli

IL SACRIFICIO IN AMORE

IL SEGUENTE ARTICOLO E’ TRATTO DA UN’INTERVISTA AL DOTTOR CAVALIERE SUL SETTIMANALE “VIVERSANI & BELLI”

«L’amore oblativo, quello che ha raggiunto il più alto livello di maturazione psichica e affettiva, non ha nemmeno un’età. Però, ha una condizione: non si aspetta dall’altro nulla in cambio. Il gesto ha l’unico obiettivo di dare benessere a chi lo riceve. Questo, è un dono sacro che non tutti sanno offrire. Alcuni, infatti, si sacrificano per far sapere all’altro ‘guarda quanto sono capace di amarti’, nella speranza che il loro oggetto d’amore appaghi il suo ego e li apprezzi più di prima», afferma Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta esperto di “mal d’amore”. «In generale, però, potremmo dire che con l’avanzare dell’età, il giudice supremo, la ragione, acquista più forza nella scelta. La passione viene ancora ascoltata, ma per periodi più brevi rispetto a quanto si fa quando si è più giovani, quando si è più impulsivi».

Il valore del sottrarsi

“Nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio”, ha detto il Mahatma Gandhi. Vale anche per la conquista dell’amore del partner? «L’amore sacrificale potrebbe nascondere egoismo, pretesa, o essere un test per mettere alla prova se stessi e l’altro», fa riflettere il dottor Cavaliere. Certo è che «bisogna sdoganare il concetto di amore romantico, dove il sentimento è senza limiti. Un coppia non è una favola dove tutto fila liscio: i due individui, nel momento in cui pensano alla costruzione del noi, devono anche essere disposti a fare un sacrificio per l’altro». Potrebbe trattarsi del cambiare stile di vita, cioè rinunciare a qualche uscita con gli amici o a qualche hobby per passare più tempo con il compagno, per esempio. E non c’è una sottrazione di una parte di sé che ha più valore di un’altra, l’importante è che ciò che si fa, sia autentico.

Ci si potrebbe pentire se…

Supponiamo che dopo avere accettato la richiesta dell’altro di fare un sacrificio, o che dopo essere faticosamente scesi a patti con noi stessi abbiamo messo nel cassetto il sogno di una vita, ci pentiamo: che cosa potrebbe succedere? «L’amore oblativo non si pente mai, perché ha compiuto il gesto in modo gratuito», sostiene Cavaliere, «si pente l’amore che è stato spinto da un moto passionale, senza lasciare alla ragione il tempo di meditare un sì definitivo. Dovremmo sempre chiederci se vogliamo davvero quello che stiamo per compiere».

L’altra metà del sacrificio

Daniela Spada, compagna dell’attore Cesare Bocci, durante una presentazione del loro ultimo lavoro narrativo a quattro mani “Pesce d’aprile”, che racconta di come insieme sono diventati più forti dopo che lei, a una settimana dal parto, ha dovuto affrontare le conseguenze di un ictus che l’ha costretta a cure e a un lungo lavoro di riabilitazione fisica, ha detto: “Nonostante lui volesse rimanermi accanto, io gli ho chiesto di non rifiutare le proposte di lavoro. Una volta uscito di casa avrei pianto, ma volevo che lui non si privasse di ciò che ama fare”. Si tratta di una rinuncia alla cura da parte del partner: un (doppio) sacrificio, potremmo dire, con una faccia diversa…«L’amore di semplice ha ben poco: richiede una continua messa in discussione, richiede il “sacrificio” di crescere, non più da soli, ma in due. Mettere da parte il proprio ego è un gesto ricco di comprensione, accoglienza e potenzialità di andare oltre», continua Cavaliere.

Box/Quando la rinuncia è per l’amore dei figli o dei genitori

L’amore è amore. Punto. E dovrebbe essere anche incondizionato e lasciato libero di scorrere, sia che fluisca in un rapporto di coppia, in quello con i figli o con i genitori. «Quando si sacrificano il proprio tempo o le proprie ambizioni, per esempio per passare più ore con i figli o gliele si sottrae con la convinzione di dare loro una vita più agiata, oppure quando si rinuncia a qualcosa per accudire un genitore malato, se il gesto è oblativo, allora sarà pieno di riflessione, ma privo di ripensamenti». Altrimenti? «Potrebbe essere il pretesto per non fare i conti con le proprie paure di fallire in questi aspetti della vita, o di non sentirsi abbastanza, o all’altezza di permettersi altro. Il discorso, però, potrebbe prendere una piega diversa. Molto dipende dalla storia personale di ognuno. Nel sacrificio potrebbe nascondersi la mancata domanda: ‘io cosa desidero davvero?’. Dovremmo porcela, sempre, per non pentirci poi», sostiene il dottore Cavaliere.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

L’AMORE SACRIFICALE: LA SINDROME DI ALCESTI

Solo gli amanti accettano di morire per altri; non solo gli uomini, ma anche le donne. E di questa mia affermazione offre agli Elleni una bella testimonianza la figlia di Pelia, Alcesti, che volle, ella sola, morire per il suo sposo, pur avendo egli padre e madre. E quella tanto li superò nell’affetto, in virtù dell’amore, da farli risultare estranei al loro figlio, e parenti solo di nome. E questo gesto da lei compiuto parve così bello non solo agli uomini, ma anche agli dei, al punto che questi, pur avendo concesso solamente a pochi uomini, fra i molti che compirono molte buone azioni, il dono di lasciar tornare l’anima dall’Ade, tuttavia lasciarono tornare la sua anima, meravigliati dalla sua azione. In questo modo anche gli dei onorarono l’impegno e la servitù al servizio dell’amore. Platone, Simposio.

 

Alcesti è una personaggio della mitologia greca, figlia di Pelia, re di Iolco, e di Anassibia. Suo padre Pelia la promise in sposa a chi sarebbe riuscito a mettere al giogo due bestie feroci.

Il re di Fere, Admeto, grazie all’aiuto di Apollo, riuscì nell’impresa e ottenne Alcesti in sposa. Il giovane, infatti, ricevette dal dio del sole un carro tirato da un leone e da un cinghiale. Apollo, una volta compiuta l’impresa, chiese ad Admeto di sacrificarsi per ricambiare l’aiuto ricevuto. Admeto chiede ai suoi genitori di sacrificarsi per lui ma loro rifiutano. Allora, Alcesti decide di sacrificarsi al posto del suo sposo.

Ancora in lutto Admeto ospita Eracle a casa sua e gli racconta la sua storia. Eracle, commosso sia dalla storia, sia dall’ospitalità che gli ha offerto il povero Admeto, decide di scendere negli Inferi, e riporta Alcesti sulla terra.

Emblema della donna ideale nella Grecia del V secolo, Alcesti è la sposa fedele e la madre affettuosa che, sopraffatta dalla passione, è disposta a sacrificare la propria vita per salvare quella del marito. Vede spegnersi la sua esistenza nel fiore della giovinezza, e si offre alla morte senza lacrime nè afflizione, non rimpiangendo il pasato nè rimproverando Admeto dell’egoistico patto con Apollo.

Il mito di Alcesti diventa una tragedia di Eurupide. Nell'”Alcesti” Euripide riesce a creare un mondo femminile idealizzato, dove la donna diventa eroina di fronte alla morte. Alcesti cede alla debolezza del marito, e con uno sconvolgente atto di fermezza, non indugia a sacrificare la propria gioia per il bene dell’uomo.

Nella tragedia d’Euripide la scena più signficativa di questo sacrificio femminile è quando Alcesti lascia la terra chiedendo al marito solo di conservare indelebile nel suo cuore il proprio ricordo e di non amare in futuro altre donne, in una scena struggente davanti al palazzo reale che marca ancor più l’evidente contrapposizione tra coraggio femminile e debolezza maschile.

La vicenda di Alcesti si risolve, come in una favola, con il classico lieto fine in cui il bene trionfa su un destino che in questo caso tanto malvagio non è, dimostrando come l’ostinata volontà di una donna possa riuscire a commuovere anche la fredda morte.

Nella realtà non è così, ma quanto donne tutt’oggi continuano ad avere una visione ‘sacrificale’ dell’amore ? Ed il lieto fine, come per Alcesti, è raro nell’amore sacrificale. Nel campo della dipendenza affettiva tale concesione dell’amore è ancora così diffusa da portarmi ad individuare una vera e propria Sindrome di Alcesti.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it