COME CAPIRE SE E’ MEGLIO LASCIARE IL MARITO O RIPROVARCI

Decidere di lasciare il proprio compagno e di chiudere un matrimonio non è mai facile, come si deve fare per essere sicura di aver preso la decisione giusta?

Dilemma quasi shakespeariano quello di porsi la domanda : “Lascio o non lascio mio marito”. Conseguentemente la risposta richiede un attento e approfondito esame di riflessione. Proviamo a farlo.


–  Innanzitutto bisogna approfondire se le cause del malessere di coppia sono esclusivamente da attribuire al marito o anche al tipo di relazione instaurata o ancora a se stessi. Spesso si tende ad attribuire tutta la colpa del malessere individuale e di coppia all’altro. Prendere consapevolezza delle reali cause del malessere è premessa necessaria di qualsiasi decisione.

–  In seguito bisogna chiedersi che cosa si è fatto per riprovare. Si è comunicato il proprio malessere? Se n’è discusso in coppia? Il proprio marito si è reso disponibile ad ascoltare e a condividere soluzioni? E’ stato esperito in maniera concreta il tentativo di riprovarci?

–  Non da meno è chiedersi se si provano ancora sentimenti per il proprio partner e di che tipo. Se l’amore dovesse essere completamente spento, non c’è tentativo che sia efficace per riprovare. Almeno che non si abbiano altre motivazioni per continuare a stare in coppia.

– Quarto e ultimo passaggio quello fondamentale: Ci riprovo o no con mio marito è solo la logica conclusione degli altri tre delineati. La decisione di separarsi è solo la conclusione di un processo e non un’azione fine a se stessa.

“Stasera lo sa. Le persone dovrebbero lasciarsi prima di arrivare a quel punto, dove sono arrivati loro. Perché poi ti resta addosso troppo male. Invece non succede: si arriva fino in fondo, si scola tutta la merda, anche quella che non vi spetta, che rigurgita dai tombini, quella dell’intero palazzo, dell’intera città, di tutte le coppie che si sono lasciate prima di voi, contemporaneamente a voi.

Tutte le coppie che si lasciano s’infilano nello stesso buco, ripetono lo stesso giro nel castello degli orrori. No,non bisognerebbe arrivare dove sono arrivati loro. Ai primi sintomi bisogna andarsene, lasciare il campo. Tanto non va meglio, va peggio e peggio.”

Margaret Mazzantini

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

COME PARLARE DELLA SEPARAZIONE EVITANDO LE LITI PER PROTEGGERE I FIGLI

Come si fa ad introdurre il discorso separazione al marito cercando di non scatenare lotte che possono danneggiare i figli

Salve, ho 43 anni e avrei bisogno di un consiglio su come affrontare un momento molto difficile. Mi sono sposata a 24 anni dopo 3 di convivenza, praticamente conosco mio marito da una vita e ho passato insieme a lui metà della mia esistenza. Per anni non sono arrivati figli e dopo 10 anni di matrimonio sono iniziati i primi problemi, forse allora solo da parte mia; stanchezza, noia, l’ho tradito ma non glie l’ho mai confessato e credevo che col tempo si sarebbe risolto tutto.

Per dare nuovo vigore alla nostra relazione ho deciso di avere un figlio, strada in salita perché ci siamo sottoposti a cure per la fertilità: sono arrivati 2 gemelli che ora hanno 6 anni, ma questo non ha risolto il mio malessere e i nostri problemi. Anzi, ad aggravare tutto c’è stata la notizia che i nostri bambini erano affetti da autismo; lo stress da quando abbiamo avuto la diagnosi è salito alle stelle, abbiamo iniziato a litigare per ogni cosa ma soprattutto per le scelte riguardo ai nostri figli: adesso tra liti violente, recriminazioni, e il fatto che comunque continuo a non stare bene con lui come coppia siamo agli sgoccioli.

Il vaso da parte mia è già traboccato, ma ho la netta sensazione che lui non voglia ammettere che siamo ad un bivio ed io non ho la forza o il coraggio di parlargli apertamente e dirgli che mi voglio separare, seppure questo comporterà enormi problemi e non sono psicologici vista la nostra situazione. Vorrei sapere come posso fare a parlare con lui senza scatenare la guerra e il risentimento da parte sua, so che sarebbe deleterio per noi e per i bambini e vorrei fare tutto senza dispetti e altre liti inutili. Lui si dice ancora innamorato di me, ma sono convinta (forse perché da parte mia l’amore non c’è più) che in realtà lui non voglia affrontare un cambiamento così grande è solo legato ad una situazione ma non più a me. Mi può aiutare?

Elisabetta (nome di fantasia scelto dalla redazione)

Spesso quando ci separa se una delle parti non accetta la separazione per un qualsiasi motivo è difficile condurre la separazione stessa in maniera serena e senza conflittualità. La ricerca di una separazione serena da parte sua potrebbe anche essere dovuta ad eventuali sensi di colpa che lei potrebbe provare essendo lei a volere la risoluzione del rapporto. Se fossero presenti tali sensi di colpa ed ancora dubbi residui li affronti al più presto e vada per la sua strada senza ulteriori esitazioni.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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COME CONVINCERE L’EX A TORNARE INSIEME

Come fare se non si accetta di essere state lasciate? Esiste una strategia per riuscire a riconquistare l’ex malgrado tutto?

Salve, in questa giornata scrivo perché il mio stato di salute vacilla continuamente. Siamo giovani, abbiamo 17 anni, il mio fidanzato un mese e mezzo fa mi ha lasciato dicendomi che litigavamo troppo,non stava più bene con me e non sapeva più cosa provava. Ha finto due volte di essere ubriaco per giustificare il non avermi salutato, mi ha visto con altro ragazzo e in quel caso è venuto a salutarmi. Successivamente mi ha bloccato da Facebook e a distanza di neanche un mese da quando mi ha lasciata. Sono venuta a sapere che si era fidanzato. La ragazza in questione è più piccola di lui e non abbiamo assolutamente nulla in comune. Lei è la tipica ragazza molto alta, magrissima, priva di forme, bionda e con gli occhi azzurri mentre io invece sono bassina, più in carne, ben fornita di curve, mora e con gli occhi scuri. Io ora lo ammetto, non ho intenzione di lasciarmelo scappare anche se lui sta con un altra. Sono 2 settimane che non gli scrivo, sono in vacanza ma sto pensando a quando ritorno a come fare per riconquistarlo. Ho bisogno di un consiglio per tornare felice con lui! Ora non desidero altro, aspetto con ansia una risposta. Grazie mille.

Lara (nome di fantasia scelto dalla redazione)
Qualsiasi strategia di riconquista è efficace se la persona  riconquistare conserva ancora  un interesse verso la persona che ha lasciato. Ancor prima di riconquistare dovrebbe chiedersi su quali sono i veri motivi della fine della sua relazione. Una volta individuati può riproporsi all’altro, sempre che l’altro sia ancora disponibile a concedere un’altra possibilità.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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PERCHE’ FARE UN FIGLIO PER SALVARE UNA RELAZIONE NON FUNZIONA

Ogni coppia attraversa momenti difficili, critici, problematici che possono spaventare far temere che la relazione stessa può finire.

Se manca la capacità di mettersi in discussione o di mettere in discussione la relazione stessa da parte di entrambi i membri o da parte di uno  di essi, ecco che si cerca d’individuare la soluzione più facile, quasi una bacchetta magica che tutto risolve: facciamo un figlio. Ma fare un figlio non risolve niente . Vediamo perché:
– Sposta solo il problema nel tempo perché esaurita la fase della gravidanza e i primi anni di vita del bambino i problemi della coppia si ripresentano come prima se non addirittura accentuati.

– Quella di concepire un figlio potrebbe diventare una modalità ricorrente di risoluzione dei problemi. Ci sono coppie che in ogni fase di critica della relazione concepiscono un figlio. Questo avveniva soprattutto nel passato.

– Fare un figlio al massimo può rafforzare il legame di coppia genitoriale manon quello di coppia coniugale che prescinde dalla presenza di figli.

– Se concepire un figlio è un desiderio solo di uno dei due componenti della coppia (di solito la donna) potrebbe legare l’altro a rimanere in coppia solo per unvincolo genitoriale e non coniugale.

– Ma la cosa più importante di tutti è che un figlio dovrebbe essere desiderato enon frutto di un momento di crisi della coppia. Col passare del tempo il figlio stesso potrebbe capire che la sua nascita doveva contribuire a salvare la coppiae non frutto di un amore. Si può immaginare come tale vissuto può avereripercussioni psicologiche sul bambino e poi sull’adulto che sarà.

“….Il matrimonio moderno è soprattutto un’istituzione di salvezza e non di benessere. Ma gli psicologi, i consulenti matrimoniali, gli psichiatri ecc. continuano a ripetere che soltanto i matrimoni felici sono buoni matrimoni, ovvero che i matrimoni dovrebbero essere felici. In verità ogni percorso di salvezza passa anche per l’inferno. La felicità, nel modo in cui viene proposta ai coniugi d’oggi, rientra nella sfera del benessere e non in quella della salvezza. Il matrimonio è un’istituzione volta prima di tutto alla salvezza, per questo è così pieno di alti e di bassi; è fatto di sacrifici, di gioie e di dolori. Ciascun partner, ad esempio, prima o poi è destinato a scontrarsi con il lato psicopatico dell’altro, vale a dire con quel lato del suo carattere che non è modificabile e che tuttavia ha conseguenze dolorose per entrambi. Affinché il matrimonio non vada in pezzi, uno dei due partner deve arrendersi, e generalmente è proprio quello che nella relazione si dimostra meno psicopatico. Se uno dei due è emotivamente freddo, all’altro non resta che dimostrare in continuazione sentimenti d’amore, anche quando la reazione del partner è debole e spesso inadeguata. Tutti i buoni consigli che si danno alle mogli o ai mariti, del genere: “Questo non và bene, è intollerabile, una moglie/un marito non può lasciarsi trattare così”, sono perciò sbagliati e dannosi. Un matrimonio funziona soltanto quando si riesce a tollerare proprio ciò che altrimenti sarebbe per noi intollerabile.”

A.Guggenbuhl-Craig – Il matrimonio. Vivi o morti, Moretti e Vitale, Bergamo.

 

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PAURA DI SEPARARSI PER TIMORE DEL MARITO AGGRESSIVO

Un marito aggressivo verbalmente, seppure non violento, può paralizzare, come si può fare per superare il timore di questa persona e continuare per la propria strada?

Sono separata di fatto da due anni e ho una bambina di 8 anni. Ho scelto la separazione dopo anni di crisi. Meditata, sofferta. Mio marito non si sarebbe mai separato e infatti è andato su tutte le furie. Premetto che non mi ha mai picchiata e nemmeno la bambina, ma mi ha minacciata e ha da sempre con me un atteggiamento di grande aggressività verbale e subito dopo mi dice che mi ama alla follia.

Premetto anche che sono una donna laureata e indipendente economicamente, realizzata nelle amicizie e dal carattere determinato. Eppure mi ritrovo a pensare che questo suo atteggiamento mi ha letteralmente paralizzato per ben 2 anni. Terrorizzata dai suoi soprusi verbali e soprattutto dalla priorità di mantenere l’armonia per il bene della bambina (tentativo riuscito perchè è molto serena e non ha mai assistito a scenate. Ama suo padre e sta da lui volentieri) ho rinunciato alla separazione legale non tutelandomi economicamente e legalmente.

Per ben due volte l’avvocato prescelto ha mandato la raccomandata con richiesta di separazione consensuale e lui non l’ha ritirata. Dopo mi ha chiamata per insultarmi. Ho paura. Ora ho fatto un terzo tentativo e sono decisa a non tornare indietro. Ma so anche che di nuovo andrò incontro a reazioni aggressive che mi paralizzano. Ho paura che mi faccia male, che per dispetto si rivalga sulla figlia e vivo nel terrore.

Vorrei sapere qul è l’atteggiamento giusto da adottare con un uomo cosi. Un uomo bello, intelligente, istruito, terribilmente narciso e spesso gioco-dipendente. Insomma uno che non riesce a superare il trauma dell’abbandono perchè lo colpisce nel suo io più profondo. Inaccettabile per uno come lui.

Carolina (nome di fantasia scelto dalla redazione)

Per molte persone la separazione rappresenta un trauma insuperabile e sarebbero disposte a qualsiasi cosa pur di non separarsi. Ma non si può rimanere con una persona solo per il terrore delle conseguenze di un suo comportamento. Le consiglio di non indugiare troppo a separarsi perché alimentare troppo la speranza nell’altro può acuire la sua aggressività nel momento in cui prima o poi ci sarà il distacco. Inoltre le consiglio di creare una rete di sostegno intorno a lei di parenti ed amici che possano supportarla nei passaggi più difficili di tale separazione.

 

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LA PAUSA DI RIFLESSIONE,VANTAGGI E SVANTAGGI PER LA COPPIA IN CRISI

Alcune coppie scelgono di prendersi una pausa di riflessione, ma questa pratica è davvero utile o finisce per non essere poi così risolutiva?

Spesso nelle relazioni, qualsiasi tipo di relazioni, in un momento di crisi della relazione stessa uno dei due chiede una pausa di riflessione o entrambi la concordano insieme. Una prima distinzione è legata appunto se è richiesta solo da uno dei due o da entrambi.
– Se è richiesta da uno solo e l’altro la subisce questo, mette in vantaggio chi la richiede e in svantaggio l’altro che non sa che cosa aspettarsi dalla fine di questa pausa. Quest’ultimo potrebbe viverla come una spada di Damocle che pende sulla sua testa.

– Se è concordata da entrambi, è evidente che rappresenta un vantaggio per entrambi. In coppia bisognerebbe sempre cercare un accordo anche sulla pausa di riflessione.

La condizione più importante per valutare vantaggi e svantaggi di una pausa di riflessione è data dal come si vive questo periodo.

– Se la pausa di riflessione è vissuta in modo attivo, vale a dire che si riflette veramente sulla relazione stessa, sulle sue criticità, su come arrivare a un esito finale, allora è sicuramente un vantaggio averla effettuata. Potrebbe rappresentare un momento di crescita affettiva e relazionale per la coppia.

Se la pausa di riflessione è vissuta in modo passivo, vale a dire è un mero trascorrere del tempo, senza nessun tipo di riflessione, alla fine della stessa ci si ritroverà allo stesso punto di partenza e indubbiamente è stato uno svantaggio compierla. Non solo non ha risolto niente ma potrebbe contribuire ad accentuare le problematiche di coppia che ne sono state all’origine.

Quindi le due variabili dell’accordo della coppia sulla pausa stessa e le modalità di viverla rappresentano lo spartiacque fra vantaggi e svantaggi.

“Mio caro Friedrich, ho dovuto fare l’esperienza che non c’è davvero nulla di più arduo che amarsi. È un lavoro, un lavoro a giornata, Friedrich, a giornata. Com’è vero Dio, non c’è altro termine. Come se non bastasse, i giovani non sono assolutamente preparati a questa difficoltà dell’amore; di questa relazione estrema e complessa, le convenzioni hanno tentato di fare un rapporto facile e leggero, le hanno conferito l’apparenza di essere alla portata di tutti. Non è così.

L’amore è una cosa difficile, più difficile di altre: negli altri conflitti, infatti, la natura stessa incita l’essere a raccogliersi, a concentrarsi con tutte le sue forze, mentre l’esaltazione dell’amore incita ad abbandonarsi completamente…

… Prendere l’amore sul serio, soffrirlo, impararlo come un lavoro: ecco ciò che è necessario ai giovani. La gente ha frainteso il posto dell’amore nella vita: ne ha fatto un gioco e un divertimento, perché scorgono nel gioco e nel divertimento una felicità maggiore che nel lavoro; ma non esiste felicità più grande del lavoro, e l’amore, per il fatto stesso di essere l’estrema felicità, non può essere altro che lavoro.

Chi ama deve cercare di comportarsi come se fosse di fronte a un grande compito: sovente restare solo, rientrare in se stesso, concentrarsi, tenersi in pugno saldamente; deve lavorare deve diventare qualcosa”.

(Da una lettera del poeta Rainer Maria Rilke ad un giovane amico)

 

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FIGLI DI SEPARATI: COME VIVONO LA NASCITA DI UN FRATELLINO DA UNA NUOVA UNIONE?

I figli di separati possono essere particolarmente sensibili all’arrivo di un nuovo fratellino nato da una nuova unione, cosa possiamo fare per aiutarli?

L’arrivo di un nuovo fratellino comporta tutta una serie di vissuti psicologici che sono gli stessi anche per l’arrivo in una nuova unione da parte della propria madre, risultando, anzi, il più delle volte maggiormente accentuati. Provare gelosia, invasione del proprio territorio, sensazione di minaccia, paura della perdita dell’affetto del proprio genitore sono sentimenti comuni nei figli di primo letto.
Tutti questi sentimenti sono ‘raddoppiati’ in una seconda unione. In quest’ultima il figlio di primo letto avverte già l’aver perso uno dei due genitori e adesso potrebbe temere di perdere l’unico che rimane.
Come aiutarli? Ascolto e rassicurazione. Porsi nei loro confronti in posizione d’ascolto empatico ed emotivo. Chiedere loro che cosa provano, raccogliere le loro sensazioni, le loro emozioni, le loro paure, le loro ansie. In base a quello che si è raccolto con questa forma di ascolto procedere alle rassicurazioni.

Rassicurazioni da intendersi non solo in senso verbale ma anche nei comportamenti. Tenendo conto, allo stesso tempo, che per quanto si voglia rassicurare, il figlio di primo letto avrà sempre un po’ timori e ansie di essere ‘spodestato’ dall’essere il’primo’. Importante è anche l’atteggiamento del genitore ‘acquisito’ che non deve mostrare comportamenti espliciti di una preferenza per il ‘figlio naturale’ a scapito del ‘figlio acquisito’.

Per riflettere: “Le relazioni tra fratelli e sorelle sono il risultato di una grande intimità imposta non scelta. Qui sta il problema. Si può addirittura affermare che i rapporti di fratellanza siano una specie di malattia: una malattia d’amore cronica con i suoi istanti di complicità di benessere condiviso di ricordi comuni ma anche con momenti di crisi rivalità e gelosie. Tutto ha inizio con l’arrivo del secondo vissuto dal primogenito come un vero e proprio cataclisma.”

Marcel Rufo

 

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COSA FARE PER TORNARE AD AVERE UNA VITA DI COPPIA SESSUALE SODDISFACENTE

E’ quasi inevitabile che la vita sessuale di una coppia cambi negli anni e si modifichi, ma non bisogna mai perdere passione e intesa, lo psicologo ci consiglia su come fare

Una vita sessuale soddisfacente è la croce e delizia di ogni coppia. La passione tenta di stemperarsi col tempo e inoltre la passione, quella sessuale in particolare, è la prima a risentire delle varie tensioni che col tempo iniziano a gravare sulla vita di coppia. Quindi la stanza da letto diventa il termometro di un disagio di coppia che ha ben altre origini.

Pretendere di ritornare ad avere una vita sessuale soddisfacente intervenendo solo sulla dimensione erotica della coppia, come pretendono di fare certi manuali in tal senso, rischia non solo di non sortire l’effetto desiderato ma addirittura di peggiorare la relazione sessuale stessa.

L’intesa, le fantasie, le seduzioni, le complicità non vanno stimolate solo in stanza da letto, ma devono partire dalla vita quotidiana, anche in una coppia che sta da tanto tempo insieme. Ciò non toglie che stimolare direttamente l’eros attraverso fantasie, giochi e quant’altro in stanza da letto non sia importante ma, ripeto, se non inserito in un tutto il contesto della vita di coppia potrebbe non produrre nessun risultato.

Bisogna riconquistarsi, sedursi, amarsi, desiderarsi in tutti gli altri aspetti della vita di coppia per arrivare all’anello terminale di una vita sessuale soddisfacente. Inoltre recuperare una vita sessuale soddisfacente significa conoscere profondamente l’altro anche nel suo eros. In tal senso è utile comunicare come si vorrebbe vivere la propria sessualità senza timore di non essere capiti o fraintesi. La comunicazione alla pari è alla base di ogni aspetto della vita di coppia.
Potremmo sintetizzare il tutto riflettendo su questo brano:

“… Il sesso perde ogni potere quando diventa esplicito, meccanico, ripetuto, quando diventa un’ossessione meccanicistica. Diventa una noia. Lei ci ha insegnato più di chiunque altro quanto sia sbagliato non mescolarlo all’emozione, all’appetito, al desiderio, alla lussuria, al caso, ai capricci, ai legami personali, a relazioni più profonde che ne cambiano il colore, il sapore, i ritmi, l’intensità. Lei non sa cosa si perde con il suo esame al microscopio dell’attività sessuale, con l’esclusione degli aspetti che sono il carburante che la infiamma. Componenti intellettuali, fantasiose, romantiche, emotive. Questo è quel che conferisce al sesso la sua struttura sorprendente, le sue trasformazioni sottili, i suoi elementi afrodisiaci. Lei sta rimpicciolendo il mondo delle sue sensazioni. Lo sta facendo appassire, morir di fame, ne sta prosciugando il sangue. Se lei nutrisse la sua vita sessuale con tutte le emozioni e le avventure che l’amore inietta nella sessualità sarebbe l’uomo più potente del mondo. La fonte del potere sessuale è la curiosità, la passione. Lei sta lì a guardare questa fiammella morire d’asfissia. Il sesso non prospera nella monotonia. Senza sentimento, invenzioni, stati d’animo, non ci sono sorprese a letto. Il sesso deve essere annaffiato di lacrime, di risate, di parole, di promesse, di scenate, di gelosia, di tutte le spezie della paura, di viaggi all’estero, di facce nuove, di romanzi, di racconti, di sogni, di fantasia, di musica, di danza, di oppio, di vino. …….. Ci sono tanti sensi minori, che buttano come tanti affluenti nel fiume del sesso, arricchendolo. Solo il battito unito del sesso e del cuore può creare l’estasi.”

Anais Nin – Il delta di Venere

 

Dott. Roberto Cavaliere

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FIGLI DI SEPARATI: COME MANTENERE VIVO IL RAPPORTO DA GENITORE NON COLLOCATARIO

I figli di separati trascorrono generalmente più tempo con uno dei due genitori, come fare in modo che il rapporto con il genitore non collocatario non si logori?

Quando ci separa si ha la sensazione di separarsi anche dal figlio che rimane a vivere con l’altro genitore. Ciò avviene perché si fa confusione fra coppia coniugale e coppia genitoriale. Separarsi come coniugi non significa separarsi anche come genitori. Spesso accade, invece, che genitore che va via e figlio che rimane hanno il timore che la separazione fra coniugi si estenda anche al loro rapporto.

Che cosa fare allora? Semplicemente comportarsi come se si continuasse a condividere lo stesso tipo di relazione che si aveva prima della separazione. Cambia solo la condivisione dello spazio e del tempo che è evidente non possano essere più gli stessi di prima. Ma far capire al figlio che rimane che non condividere più lo stesso spazio e lo stesso tempo non significa non condividere più la stessa relazione e gli stessi sentimenti.

Come continuare a mantenere viva la relazione genitore-figlio? Continuare a essere presente nella vita del figlio come prima, né di meno, né di più. Presenza che deve investire i diversi aspetti della relazione: affettiva, emotiva, sociale e via dicendo. Ricordare sempre a se stessi e al figlio che da un figlio e da un genitore non ci separa mai.

Potrebbe essere utile al bambino leggere il seguente brano:

“Io non mi separo.
Resto un bambino intero.
Anche il papà e la mamma restano interi.
Separati ma interi.
Cambiano tante cose, però certe no.
Il bene che gli voglio. Il bene che mi vogliono.
Io sono sempre il loro bambino.
Di tutti e due.
E loro sono sempre miei,
ciascuno per conto suo.”

 Beatrice Masini e Monica ZaniIo non mi separo, Carthusia editore, 2011

 

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COME CONVIVERE CON IL CONIUGE ALCOLISTA

Vivere con un alcolizzato è estremamente difficile, ci sono dei comportamenti che ci aiutano quando viviamo con qualcuno con problemi di alcolismo
Convivere con un coniuge alcolizzato non è facile. E’ una relazione di coppia difficile quella con un alcolista, spesso disperata che mette a dura prova la resistenza individuale di sopportazione. Il coniuge alcolista assorbe energie, limita la vita sociale, richiede un continuo controllo e gestione della problematica.
Tutto questo si ripercuote sia a livello psicologico sia fisico su chi sta vicino a un alcolista. Sentimenti di rabbia, dolore, disperazione, mancanza di speranza sono costanti. Ripercussioni sul sonno e sulla salute fisica altrettanto. Col tempo arrivano sensi di colpa, senso d’impotenza, vergogna sociale, tendenza all’isolamento. Il tutto può condurre anche a vere e proprie forme di depressione.
Il partner può anche sviluppare una forma di codipendenza dal partner alcolista, vale a dire far dipendere il proprio umore, la propria vita dal problema dell’alcol dell’altro. In poche parole uno dipende dall’alcol e l’altro dipende dal partner che dipende dall’alcol, creando così un circolo vizioso. Questa forma di codipendenza è comune soprattutto quando è la moglie a doversi prendere cura del marito alcolista perché socialmente è normale che lo faccia.
Che cosa fare?
Innanzitutto piuttosto che ostinarsi a cambiare l’altro senza nessun risultato provare a cambiare se stessi con la speranza così che il proprio cambiamento impatti positivamente sull’altro. Per fare ciò può essere utile attuare i seguenti comportamenti:

1. Prendere consapevolezza che se il partner assume alcol come sostanza a propria volta si ‘assume’ il partner come dipendenza.
2. Accettare che non si può “smettere di bere” al posto dell’altro.

3. Accettare che non si può “curare” al posto dell’altro.
4. Non si può cambiare l’altro ma solo se stessi.

5. Rimettere al centro i propri bisogni e desideri.
6. Riprendere una vita sociale: uscire dall’ “isolamento dell’alcol”.

7. Non sentirsi in colpa se l’altro beve. L’alcol è una malattia, una forma di dipendenza che si presenta a prescindere da chi è il partner dell’alcolista.

8. Porsi dei limiti chiari per evitare di soffrire troppo.
9. Non bisogna assumersi responsabilità e/o fare cose al posto del partner alcolista.

10. Chiedere aiuto e sostegno per se stessi innanzitutto e solo poi per il partner.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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