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ALLA FINE SI GUARISCE DALLA FINE DI UN AMORE

E’ il volto tuo che ho disegnato
chino per terra io l’ho dipinto:
ho usato il nero per i tuoi occhi
e bianca sabbia per la tua pelle
Quando la pioggia l’avrà lavato
e i tuoi colori confuso,
e quando il vento sarà passato
sarò alla fine guarito.

E’ il volto tuo che ho disegnato,
mi son seduto ed ho aspettato:
ho usato il nero per i capelli
e rossa sabbia per la tua bocca.
Verrà la pioggia e lo laverà,
confonderà i tuoi colori,
e quando il vento sarà passato
sarò alla fine guarito.

Colori di Angelo Branduardi

Questa canzone di Angelo Branduardi è una metafora di come dovrebbe essere un percorso di guarigione dalla fine di un amore.
All’inizio bisogna dar spazio ai ricordi, al dolore, alla rabbia non tentare di rimuoverli. Più si dà spazio a tali sentimenti come Branduardi riporta nella canzone e prima arriverà il tempo ad attenuare man mano tutto fino ad una graduale scomparsa, per quanto doloroso possa essere veder cancellare tutto, e si potrà dire di essere guariti.

Roberto Cavaliere 

LA TABELLA DI PERSEPOLI IN AMORE

La tabella di Persepoli prende il nome dalla famosa capitale persiana in cui sono state ritrovate migliaia di tavolette amministrative scritte in caratteri cuneiformi identificati poi con la lingua elamica, non semitica e neppure indoeuropea.

Per ottenere le cinque frasi della Tabella si legga, a partire dalla colonna di sinistra, la parola riportata in grassetto nell’ultima riga e quella riportata nella stessa colonna in un’altra riga a scelta, fino ad arrivare, senza mai cambiare la seconda riga scelta, alla colonna più a destra.

 

FATE POTETE FA PUO’ FARA’ NON DEVE
GIUDICATE VEDETE GIUDICA VEDE GIUDICHERA’ NON E’
CREDETE UDITE CREDE ODE CREDERA’ NON C’E’
DITE SAPETE DICE SA DIRA’ NON DEVE
SPENDETE AVETE SPENDE HA SPENDERA’ NON HA
NON TUTTO QUEL CHE PERCHE’ CHI TUTTO CIO’ CHE SOVENTE QUEL CHE

 

ADESSO ‘ADATTIAMO’ LA TABELLA DI PERSEPOLI ALLA LOGICA DELL’AMORE

 

FATE IN AMORE POTETE FA PUO’ FARA’ NON DEVE
GIUDICATE IN AMORE VEDETE GIUDICA VEDE GIUDICHERA’ NON E’
CREDETE IN AMORE UDITE CREDE ODE CREDERA’ NON C’E’
DITE IN AMORE SAPETE DICE SA DIRA’ NON DEVE
SPENDETE IN AMORE AVETE SPENDE HA SPENDERA’ NON HA
NON TUTTO QUEL CHE PERCHE’ CHI TUTTO CIO’ CHE SOVENTE QUEL CHE

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

TERAPIA DELLE OSSESSIONI E PAURE AFFETTIVE E RELAZIONALI

“Vedo cio che è bene e lo approvo ma seguo ciò che è male” S.Agostino

 

Di seguito suggerisco una breve terapia cognitiva (oggetto d’approfondimento nei corsi e seminari maldamore) utile a contrastare i pensieri ossessivi e fobici caratteristici del mal d’amore quali: paura dell’abbandono, paura della separazione, ossessione dell’altro, insicurezza della relazione, ecc….

I passaggi da attuare sono i seguenti:

  • Identificare i pensieri ossessivi e le paure fonti d’ansia ed angoscia. Distinguerli dai pensieri piacevoli ed utili relativi al quì ed ora del presente.
  • Riportare tali pensieri ossessivi e paure in froma scritta ed attribuire loro un punteggio in base ad una scala che và da 0 a 100 in funzione del loro carattere ossessivo e del loro carico d’ansia ed angoscia.
  • Stabilire un periodo di tempo (da mezz’ora a massimo di un ora) da dedicare giornalmente a tali ossessioni e paure. Il periodo di tempo và osservato sempre allo stesso orario e nello stesso posto.
  • Quando ci si accorge che i pensieri ossessivi e le paure occupano la mente, posporre il tutto al periodo stabilito al punto precedente.
  • Utilizzare il periodo di tempo stabilito per lasciare spazio a ossessioni e paure ed impegnarsi a trovare soluzioni, allo stesso tempo, al fine di affrontarle, con lo scopo di eliminarle.

Questa breve terapia necessita di pazienza e tempo per essere posta in atto nella sua totalità. E’ possibile che all’inizio non si riesca ad effettuare i vari passaggi, ma col tempo è l’allenamento i risultati si vedranno.

Concluderei con una massima zen:

Pensare, Che non ti penserò più È ancora pensarti.

Lasciami allora provare a non pensare Che non ti penserò più.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

 

TERAPIA DELLE DIPENDENZE AFFETTIVE E RELAZIONALI

CARATTERISTICHE DEL PROCESSO DI GUARIGIONE E DIPENDENZA:

ammettere l’incapacità di controllare la malattia-cessare di fare la colpa dei propri problemi agli altri – concentrarsi su se stesse, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni-cercare l’aiuto dai propri pari-cominciare ad affrontare i propri sentimenti invece di ignorarli ed evitarli-formare un circolo di amiche con interessi sani.

Quando incominciate a rinunciare a controllare chi vi sta vicino, potete realmente provare la sensazione fisica di cadere da una rupe.

Quando liberate gli altri dai vostri tentativi di controllarli,la sensazione di non avere più il controllo di voi stesse può essere allarmante. Ricordate che nessuno ha il potere di cambiare un altro, tranne la persona stessa. Concentrate le vostre energie sul compito di aiutare voi stesse.Rimarrà sempre la tentazione di cercare ancora fuori di voi una ragione di vita. Reprimete questa tendenza e continuate a concentrarvi su voi stesse.

Quasi tutta la follia e la disperazione che vi invade viene direttamente dai vostri tentativi di dirigere e controllare qualcosa che non è in vostro potere.

Finchè non ci assumiamo la piena responsibilità delle nostre decisioni, scelte, vita, felicità non siamo esseri umani pienamente maturi, ma restiamo delle bambine dipendenti e spaventate in un corpo da adulte. Diventando meno bisognose d’affetto, è più facile che i nostri bisogni vengano soddisfatti.

Donare il nostro amore senza aspettarci niente in cambio è la cosa più naturale (e giusta) da fare.

Quando finalmente ci limitiamo ad “essere” invece di “fare” ci sentiamo imbarazzate e molto vulnerabili. La mutua commiserazione come criterio di amicizia deve essere rimpiazzata da mutui interessi molto più remunerativi. Donne che amano troppo – Robin Norwood – Feltrinelli Editore

 

Innanzitutto la prima terapia è il TEMPO . Qualsiasi tipo di “terapia” voi intraprendiate dovete concedervi tempo, non potete pretendere che il tutto avvenga velocemente. Il tempo vi aiuterà anche a lenire le ferite. Inoltre, potrebbe essere utile non iniziare, come spesso succede, una terapia durante le fasi più acute. Si rischia di fallire in partenza.

Ogni terapia sulle dipendenze affettive deve passare attraverso tre fasi.

La prima fase è quella della “consapevolezza” . In questa fase ci si rende conto che si vive una relazione “sbagliata” sotto tutti i punti di vista, e si intende porvi fine.

La seconda fase è quella della “richiesta d’aiuto”. Anche se potrebbe essere presente la tentazione di riuscire da soli, invece è indispensabile ricercare l’aiuto di persone che si stima e ritenute in grado di supportare. Anche, perchè, così, senza volerlo, ci si responsabilizza maggiormente a proseguire il cammino intrapreso sulla strada della guarigione. Infatti diverso è se si deve rendere conto solo se stessi se si cambia idea, diverso è se bisogna rendere conto anche agli altri.

La terza fase è quella del “recupero” . In questa fase è richiesto il massimo impegno nel perseguire la “guarigione”. In questo periodo bisogna cercare di cambiare il modo di agire, pensare e sentire. Si entra nella fase vera e propria del recupero solo quando si incomincia a fare scelte che non ricalcano più i vecchi comportamenti.

Qui di seguito propongo una sorta di decalogo propedeutico alla terapia sulle dipendenze affettive.

  • Accettare se stessi completamente, pur nella consapevolezza che bisogna cambiare parti di sé.
  • Accettare gli altri per come sono, senza volerli cambiare per appagare i propri bisogni.
  • Avere coscienza dei propri sentimenti e atteggiamenti in ogni aspetto della propria vita.
  • Amare ogni aspetto della propria personalità senza cercare nella relazione il valore di sè stessi.
  • La propria autostima deve essere sufficiente a permettere di godere della compagnia dell’altro sesso, che vanno accettati per come sono. Non è necessario che qualcuno abbia bisogno di voi per sentirvi bene.
  • Bisogna permettere ad altri di conoscervi a livello profondo senza però permettere lo sfruttamento da parte di chi non è interessato alla vostra felicità.
  • Porsi la domanda se la relazione che si stà vivendo è idonea per voi, se permette di sviluppare le vostre potenzialità.
  • Se tale relazione vi distrugge bisogna avere la capcità di interromperla senza cadere in una sorta di stato depressivo. Fondamentale è la presenza di un gruppo di sostegno di amici e di interessi sani che vi permettano di superare la crisi.
  • Porre la propria serenità al centro di tutto. Lotte, drammi, caos non hanno nessun fascino se non sono finalizzate al raggiungimento della propria serenità.
  • Adottare l’aforisma : “Amarsi non è guardarsi l’un l’altro,ma è guardare insieme nella stessa direzione”. L’aforisma và inteso nel senso che la relazione deve avvenire fra persone che condividano simili valori, interessi ed obiettivi come coppia, al di là di quelli individuali.
  • Aspettare che il grande medico “il tempo” sani qualsiasi ferita. Il superamento di una dipendenza affettiva o della fine di una relazione, richiede due diversi tempi, secondo una concezione greca del tempo. Cronos che è il tempo cronologico, quello delle ore, dei giorni e dei mesi. Lo scorrere di Cronos e importante per superare una problematica affettiva. L’altro concetto di tempo è Kairòs che è un tempo individuale , un tempo necessario per dire “basta”, vale a dire il tempo del cambiamento interno. E’ in quel momento che ci si rende conto che è tempo di voltare pagina. Anche sul piano dell’elaborazione personale, distinguiamo un elaborazione esterna, più superficiale e di facciata, ed una interna, più profonda ma anche più dolorosa, che porta alla vera accettazione della dipendenza o problematica affettiva premessa per il suo effettivo superamento.Sta a noi dare il “giusto tempo”.

Sopratutto, nel frattempo, bisogna fare qualcosa di positivo per sé stessi, per riempire il vuoto della mancanza della persona amata. Non si può interromepere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro che ne prenda il posto. La nuova dipendenza, deve essere positiva: bisogna cercare un nuovo forte interesse, che non riempirà appieno il baratro lasciato dal precedente, ma ci aiuterà comunque.
La natura umana aborrisce il vuoto,soprattutto nell’area dei comportamenti e delle emozioni umane. Se non colmiamo, pur parzialmente, questo vuoto, il comportamento dipendente si rafforza.

Dott. Roberto Cavaliere

Tutte le terapie ed autoterapie presenti in tale sezione sono da considerarsi puramente indicative e non sostituiscono, lì dove ne ricorre la necessità, terapie tradizionali da effettuarsi con figure terapeutiche di pertinenza.

Le stesse indicazioni terapeutiche ed autoterapeutiche sono oggetto d’approfondimento nei Corsi e Seminari MALdAMORE

RICHIESTA DI CHIARIMENTO DI UNA LETTRICE

… il suo sito, l’ho quasi stampato tutto, tanto mi sono ritrovata in quello che ha detto! Ho fatto leggere anche alle mie amiche “codipendenti” quello che ha pubblicato e ne abbiamo discusso insieme. Un punto solo vorrei discutere con lei. Non sono d’accordo quando dice:”Non si può interrompere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro…bisogna colmare il vuoto”. Ma le persone non sono intercambiabili! Se penso poi che ciò potrebbe essere applicato a me stessa, cioè visto che non ci sono più io va bene anche un’altra, la cosa mi fa rabbrividire…Ma come si può sostituire un rapporto fatto di anni di conoscenza, condivisione, familiarità, intimità con un’altra banale esperienza? E poi c’è anche il corpo. Io amo quegli occhi, quelle mani, quella pelle che per me sono insostituibili e, come lei ben sa, sono maggiormente tali in quanto mi vengono negati. Poi c’è anche il fatto che sento dentro che la fonte d’amore si è esaurita, dopo aver amato tanto. Ad un certo punto, come si fa a ricominciare ad amare? Penso sia impossibile. Le sarò grata se mi manderà una sua risposta.

 

Apprezzo il suo “disaccordo” perché ritengo che soprattutto nel campo delle dipendenze affettive, nessuno può dire di avere la “cura” giusta. Per cui le replico con piacere e la ringrazio per lo “spunto riflessivo” che mi ha fornito. Innanzitutto il punto con cui lei è in dissaccordo è il seguente: “Non si può interrompere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro che ne prenda il posto. La nuova dipendenza,deve essere positiva però, bisogna cercare un nuovo forte interesse, che non riempirà appieno il baratro lasciato dal precedente, ma ci aiuterà comunque.” Quindi, quando parlo di sostituire la dipendenza affettiva con un’altra, intendo un altro tipo di dipendenza, questa volta sana. Infatti interrompere una dipendenza affettiva che ci ha “assorbito” in tutto e per tutto, ci precipita in un vuoto, o meglio in un baratro, che rischia di far fallire in partenza qualsiasi tentativo stesso, per quanto motivato, di superare la fine della relazione. Se noi tendiamo di colmare questo vuoto, questa dipendenza, non con un’altra persona (e qui che, forse, non sono stato chiaro)ma con una forma di dipendenza “sana” il vuoto ci apparirà meno vuoto. Un esempio: di solito le persone affette da “dipendenza affettiva” sono piene di mille risorse, di mille potenziali interessi, tutti “sedati” dalla dipendenza stessa. Rispetto al “portone sprangato ” della relazione che si è chiusa proviamo ad aprire il “piccolo oblò” del nostro vero essere. Cerchiamo di dipendere da noi stessi, dai nostri interessi sopiti, optiamo per un “sano egoismo”. Smettiamo di parlare con gli altri di “lui”, ma parliamo di “noi”, dedichiamoci a “noi”. Ci renderemo conto che da quell piccolo oblò potremmo arrivare a vedere un mondo per noi sconosciuto. Belle parole mi dirà, ma difficili da applicare di fronte al dilagare del dolore per la fine di un’amore. Incominciamo a fare dei piccoli e timidi passi, forse ritornermo indietro, forse andremo avanti, ma di fronte al dolore non recitiamo: “Non ci riesco!!!” . A volte, anche se ci sembra di aver tentato, è un tentativo poco sentito e motivato, che serve per giustificare, inconsciamente, il fallimento del tentativo stesso. E come dirsi: “Ci ho tentato, non ci sono riuscita, vuol dire che è l’unico vero amore della mia vita. E’ l’unico.Non voglio altri che lui”. Qui il discorso, come lei sa, diventa più complesso: copioni passati, codipendenza, complesso di cenerentola e via dicendo. Proprio per questo è necessario anche una profonda riflessione interiore. Conclusione: è un impresa titanica ma ci si puo riuscire, soprattutto se non adduciamo troppi prestesti con noi stessi. Cordiali saluti.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

AMARE SE STESSI PER ESSERE AMATI ANCHE DALL ’ALTRO

PERCHE’ AMARE SE STESSI PER ESSERE AMATI ANCHE DALL ’ALTRO ?

Una possibile risposta a tale domanda la fornisce lo scrittore Oscar Wilde nel libro “Il ritratto di Doran Gray”.

Il protagonista del libro, Dorian Gray, s’innamora, di una ragazza giovane e molto bella che si chiama Cybil e fa l’attrice ed a parere di orian è un’artista molto brava ed è incantato dal suo modo di recitare.

Ma ad un certo punto Dorian si disamora di Cybil.

Succede quando Dorian decide di portare i suoi amici, ricchi, nobili e snob, come lui, al teatro dove recita lei.

“Venite a vedere com’è meravigliosa, la mia amata!”.

Ma lei recita veramente in modo orribile. Lui ci rimane malissimo, va in camerino arrabbiato . “Ma che fai? Ma che figura mi hai fatto fare? Io porto tutti gli amici miei a vederti e tu reciti malissimo?”.

Cybil gli risponde: “Ma io ti amo, da quando amo te, non mi interessa più niente dell’arte, della recitazione. Io amo solo te, l’amore per te è talmente forte che non conta più niente, nemmeno il teatro. Che senso ha recitare bene quando ho conosciuto che cosa significa amare te?”.

E lui… la lascia. La scena è tremenda, perché lui è spietato in camerino, però si sente che pure lui soffre.

Soffre perché non la ama più.

Già lì, nel camerino, da quel momento, non la ama più. Perché non la ama più? Apparentemente perché lei ha recitato male.

In realtà avendola lui idealizzata anche come una brava attrice, non essendo lei più tale, cade l’ideale che lui si era costruito di lei.

Perché lei si è messa troppo nella posizione di oggetto d’amore e non di soggetto che significa non rinunciare alla propria individualità.

In poche parole cosa ha fatto questa donna, Cybil?

Ha amato il prossimo suo più di se stessa.

Il comandamento dice: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, no di più. Lei che ha fatto? Ah esisti solo tu, al diavolo la recitazione, al diavolo se stessa.

Amare se stessi significa mantenere la propria individualità, quell’individualità, quel modo di essere che ha contribuito anche a far innamorare l’altro. Rinunciarvi per un amore totale, assoluto, paradossalmente, delude l’altro.

Roberto Cavaliere

TERAPIA PER LA GELOSIA

..”E dunque confessa apertamente il tuo peccato; perché il negarlo in ogni suo punto con giuramento, non potrà smuovere mai né soffocare questa certezza che mi strazia” (Otello a Desdemona, dall’‘Otello’ di William Shakespeare, 1605, Atto Quinto, Seconda Scena)..

OTELLO: Se tradisce costei, oh allora il cielo irride a sé stesso. Non voglio crederlo.

DESDEMONA: Oh, Otello caro, il pranzo e quei bravi isolani, ospiti vostri, aspettano soltanto voi.

OTELLO: Quel fazzoletto che mi era tanto caro, e te l’avevo dato io, e tu l’hai dato a Cassio.

DESDEMONA: No: sulla mia vita e sull’anima mia. Mandatelo a chiamare e domandatelo a lui.

OTELLO: Guardati, anima dolce, dallo spergiuro. Guardati! Sei sul letto di morte.

DESDEMONA: Lo so: non per morirci ora.

OTELLO: Sì. Subito. E dunque confessa apertamente il tuo peccato; perché il negarlo in ogni suo punto con giuramento, non potrà smuovere mai né soffocare questa certezza che mi strazia. Devi morire.

DESDEMONA: Domani mi ucciderai. Lasciami vivere stanotte.

OTELLO: Ah, resisti? DESDEMONA: Solo mezz’ora… OTELLO: Ora. È deciso. Subito.

DESDEMONA: Il tempo di dire una preghiera.

 

Per combattere la gelosia occorre un duro lavoro interiore, non bastano solo le buone intenzioni.

Bisogna cercare di aumentare la propria autostima che, in chi è affetto da gelosia morbosa, è spesso bassa. Si può cercare di aumentarla indirizzando i propri interessi verso altri obiettivi che possono far aumentare la fiducia in sè stessi. Inoltre vanno anche indagate le cause di questa bassa autostima causa della gelosia. Spesso chi soffre di quest’ultima, durante la propria infanzia, non ha ricevuto adeguati riconoscimenti per i propri risultati o capacità da parte dei genitori. Quest’ultimi non hanno mai manifestato fiducia e stima nei confronti del “futuro” geloso, contribuendo a rafforzare il senso di “valere poco o niente”. Se “valgo poco o niente” s’arriva ad immaginare, in maniera più o meno inconscia, che anche il partner, prima o poi, preferirà un’ “altro migliore”.

Ma può anche accadere che si è gelosi perchè, nonostante un’adeguata autostima, questa ha subito un crollo a seguito di un “reale” tradimento passato. In questo caso si è in presenza di una certa rigidità personale, che vede tutto bianco o nero. Si pensa che se ho avuto fiducia e sono stato tradito, non bisogna avere più fiducia, perche le persone sono tutte uguali. Come si vede in questo caso, per combattere la gelosia bisogna diventare più “flessibili”, lavorare sulle proprie concezioni personali.

Infine la gelosia potrebbe essere anche giustamente motivata dal comportamento del partner. Ad esempio un partner che tende ad essere eccessivamente “esibizionista” in pubblico, sia per quanto riguarda l’abbigliamento che per i comportamenti. In questo caso è utile e necessario discutere con quest’ultimo della relazione di coppia in generale, e dei comportamenti che riteniamo “sospetti”, in particolare. L’obiettivo di ciò non è quello di porre il partner in “difensiva” o di “cambiarlo” ma di farlo riflettere sul senso della relazione e sulla sofferenza che taluni comportamenti possono arrecare.

Riepilogando per contrastare la gelosia ci sono 3 possibili percorsi :

Potenziare la propria autostima . Nella persona eccessivamente gelosa è presente sempre una bassa autostima ed è necessario intervenire, inizialmente per aumentare quest’ultima. Ogni tentativo di uscire da una gelosia morbosa senza aumentare l’autostima personale è destinato a fallire.

Potenziare le proprie capacità. Questo percorso è strettamente e questo conseguenzialmente legate al precedente. Infatti unitamente all’autostima bisogna potenziare le proprie risorse personali al fine di i migliorare l’immagine di sé, riducendo in questo modo depressione e rabbia legate all’idea della possibile perdita della persona amata

Cercare di non sapere, di non indagare . Quando si è gelosi si è portati ad effettuare quasi un comportamento di stalking quando invece è necessario ignorare tutto ciò che concerne la persona amata e il rivale o che è psicologicamente associato ai luoghi, alle occasioni, ai motivi della gelosia.

La tematica del superamento della gelosia, in particolare quella patologica, è oggetto di discussione all’interno dei Seminari Esperenziali sul MALdAMORE