LA SINDROME DELLA CROCEROSSINA, COME SUPERARLA IN 10 MOSSE

Fare tutto per lui, cominciare una relazione solo con chi ha bisogno di essere accudito, ovvero fare la crocerossina: come possiamo smettere?

Superare sindrome crocerossina

La sindrome della crocerossina caratterizza tutte quelle donne che instaurano relazioni sulla base del prendersi cura dell’altro, vale a dire del partner. Per potersi prendere cura del partner, ovviamente, scelgono un partner che ritengono bisognevole di cure quali partner con problematiche di dipendenza di vario genere o con tratti temperamentali e comportamentali che rimandano all’idea di doverli curare.

Come superare tale sindrome? Innanzitutto chiedendosi perché c’è questo desiderio di curare qualcun altro. E’ solo un istinto naturale, tipico delle donne, o nasconde ben altro ? Potrebbe nascondere un’incapacità di amare autenticamente dando il giusto valore a se stesso e all’altro.

Potrebbe nascondere l’incapacità di prendersi cura di se stessi, lo spostare l’attenzione sui problemi dell’altro piuttosto che sui propri.
Potrebbe essere la replica di copioni relazionali visti attuati dai propri genitori durante l’infanzia. E altre mille cause ancora. Prendere atto che non è un istinto naturale e indagare le possibili cause di tale sindrome sono passaggi necessari per il superamento.

Per attuare ciò sono utili sia forme di psicoterapia individuale o di gruppo che gruppi d’auto-aiuto.  Non dimentichiamo che prima di prendersi cura dell’altro, capire i suoi bisogni, è necessario prendersi cura di se stessi, comprendere i propri di bisogni.

Concluderei con questo decalogo della psicologa statunitense Robin Norwood

LA VIA DELLA GUARIGIONE

  • Andare a cercare aiuto
  • Considerate la vostra guarigione una priorità che ha il diritto di precedenza su qualsiasi altra
  • Trovate un gruppo di sostegno fatto da vostre pari che vi capiscano
  • Sviluppate il vostro lato spirituale con esercizi quotidiani
  • Smettete di dirigere e controllare gli altri
  • Imparate a non lasciarvi invischiare nei giochi di interazione
  • Affrontate coraggiosamente i vostri problemi e le vostre manchevolezze personali
  • Coltivate qualsiasi bisogno che debba essere soddisfatto in voi stesse
  • Diventate “egoiste”
  • Spartite con altre donne quello che avete sperimentato e imparato

Trovate affermazioni positive da ripetervi più volte nel corso del giornata: hanno il potere di eliminare i pensieri e i sentimenti distruttivi, anche quando la negatività dura da anni

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

COME FARE SE I FIGLI NON ACCETTANO IL SECONDO MATRIMONIO

Il secondo matrimonio può essere un piccolo dolore per un figlio, ecco come dobbiamo comportarci per fare in modo che le seconde nozze siano anche per il bambino un momento di gioia

Non è raro che i figli non accettino il secondo matrimonio dei genitori dopo la separazione. Per stabilire come comportarsi in tal caso è necessario, innanzitutto, cercare di rispondere a queste quattro domande:

  • Perché non l’accettano ?
  • Che cosa non accettano del secondo matrimonio ?
  • C’è una responsabilità anche dell’ex partner in questa mancata accettazione ?
  • C’è una responsabilità del nuovo partner in questa mancata accettazione ?

Qualsiasi comportamento richiede una fase preliminare di profondo ascoltodelle ragioni dei figli sulla mancata accettazione, sul perché e sul cosa non accettano. Si tenga presente che anche la modalità con cui si è vissuta la separazione, se in maniera più o meno conflittuale, incide sull’atteggiamento dei figli.

Molto importante è anche l’atteggiamento dell’ex partner al riguardo. Cercare un alleanza in quest’ultimo affinchè i figli accettino è importante. Dopo aver ascoltato attivamente ed aver approfondito tutti questi aspetti far seguire una fase d’intesa operativa coi figli. Cercare, di comune accordo, il superamento delle criticità emerse, concedere un tempo di elaborazione di tale criticità.

Se nonostante tutto questo lavoro l’accettazione non arriva ? Accettare a propria volta che i figli non necessariamente debbono accettare il secondo matrimonio, che forse tale accettazione arriverà cogli anni o forse non arriverà mai. L’essenziale è aver fatto tutto il possibile perché ciò avvenisse.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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PERCHE’ I SENTIMENTI NEGATIVI VERSO L’EX SONO DIFFICILI DA SUPERARE

Si può provare rancore nei confronti dell’ex coniuge anche per molti anni dopo la separazione, cosa ci impedisce di andare oltre?

Superare sentimenti negativi ex

Rabbia, odio, risentimento e altri sentimenti negativi post-separazione sono abbastanza comuni soprattutto se la separazione è stata subita o è maturata sull’onda di una forte conflittualità di coppia o di un evento come il tradimento.

Come reagire se lui si risposa

In questi ultimi casi la separazione nasce sulla base di sentimenti negativi che tendono a perdurare nonostante la separazione stessa perché non sono state affrontate le vere cause che le hanno generate. E’ come se di fronte ad una febbre alta si prendesse solo l’antipiretico per abbassare la febbre senza ricercarne le vere cause e cercare di curarle.

In più la separazione con l’ulteriore strascico di conflittualità che comporta non solo non attenua tali sentimenti negativi ma addirittura li amplifica. Conclusione:il rimedio (la separazione) peggiora il male (i sentimenti negativi.) In questi casi si rende necessario un percorso introspettivo che aiuti quella separazione psicologica dall’ex partner ed elabori i sentimenti negativi che ancora permangono.

Finirei con una massima che è anche un consiglio da attuare:
Perdona gli altri, non perché essi meritano il perdono,ma perché tu meriti la pace.

Buddha

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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IL SACRIFICIO IN AMORE

IL SEGUENTE ARTICOLO E’ TRATTO DA UN’INTERVISTA AL DOTTOR CAVALIERE SUL SETTIMANALE “VIVERSANI & BELLI”

«L’amore oblativo, quello che ha raggiunto il più alto livello di maturazione psichica e affettiva, non ha nemmeno un’età. Però, ha una condizione: non si aspetta dall’altro nulla in cambio. Il gesto ha l’unico obiettivo di dare benessere a chi lo riceve. Questo, è un dono sacro che non tutti sanno offrire. Alcuni, infatti, si sacrificano per far sapere all’altro ‘guarda quanto sono capace di amarti’, nella speranza che il loro oggetto d’amore appaghi il suo ego e li apprezzi più di prima», afferma Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta esperto di “mal d’amore”. «In generale, però, potremmo dire che con l’avanzare dell’età, il giudice supremo, la ragione, acquista più forza nella scelta. La passione viene ancora ascoltata, ma per periodi più brevi rispetto a quanto si fa quando si è più giovani, quando si è più impulsivi».

Il valore del sottrarsi

“Nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio”, ha detto il Mahatma Gandhi. Vale anche per la conquista dell’amore del partner? «L’amore sacrificale potrebbe nascondere egoismo, pretesa, o essere un test per mettere alla prova se stessi e l’altro», fa riflettere il dottor Cavaliere. Certo è che «bisogna sdoganare il concetto di amore romantico, dove il sentimento è senza limiti. Un coppia non è una favola dove tutto fila liscio: i due individui, nel momento in cui pensano alla costruzione del noi, devono anche essere disposti a fare un sacrificio per l’altro». Potrebbe trattarsi del cambiare stile di vita, cioè rinunciare a qualche uscita con gli amici o a qualche hobby per passare più tempo con il compagno, per esempio. E non c’è una sottrazione di una parte di sé che ha più valore di un’altra, l’importante è che ciò che si fa, sia autentico.

Ci si potrebbe pentire se…

Supponiamo che dopo avere accettato la richiesta dell’altro di fare un sacrificio, o che dopo essere faticosamente scesi a patti con noi stessi abbiamo messo nel cassetto il sogno di una vita, ci pentiamo: che cosa potrebbe succedere? «L’amore oblativo non si pente mai, perché ha compiuto il gesto in modo gratuito», sostiene Cavaliere, «si pente l’amore che è stato spinto da un moto passionale, senza lasciare alla ragione il tempo di meditare un sì definitivo. Dovremmo sempre chiederci se vogliamo davvero quello che stiamo per compiere».

L’altra metà del sacrificio

Daniela Spada, compagna dell’attore Cesare Bocci, durante una presentazione del loro ultimo lavoro narrativo a quattro mani “Pesce d’aprile”, che racconta di come insieme sono diventati più forti dopo che lei, a una settimana dal parto, ha dovuto affrontare le conseguenze di un ictus che l’ha costretta a cure e a un lungo lavoro di riabilitazione fisica, ha detto: “Nonostante lui volesse rimanermi accanto, io gli ho chiesto di non rifiutare le proposte di lavoro. Una volta uscito di casa avrei pianto, ma volevo che lui non si privasse di ciò che ama fare”. Si tratta di una rinuncia alla cura da parte del partner: un (doppio) sacrificio, potremmo dire, con una faccia diversa…«L’amore di semplice ha ben poco: richiede una continua messa in discussione, richiede il “sacrificio” di crescere, non più da soli, ma in due. Mettere da parte il proprio ego è un gesto ricco di comprensione, accoglienza e potenzialità di andare oltre», continua Cavaliere.

Box/Quando la rinuncia è per l’amore dei figli o dei genitori

L’amore è amore. Punto. E dovrebbe essere anche incondizionato e lasciato libero di scorrere, sia che fluisca in un rapporto di coppia, in quello con i figli o con i genitori. «Quando si sacrificano il proprio tempo o le proprie ambizioni, per esempio per passare più ore con i figli o gliele si sottrae con la convinzione di dare loro una vita più agiata, oppure quando si rinuncia a qualcosa per accudire un genitore malato, se il gesto è oblativo, allora sarà pieno di riflessione, ma privo di ripensamenti». Altrimenti? «Potrebbe essere il pretesto per non fare i conti con le proprie paure di fallire in questi aspetti della vita, o di non sentirsi abbastanza, o all’altezza di permettersi altro. Il discorso, però, potrebbe prendere una piega diversa. Molto dipende dalla storia personale di ognuno. Nel sacrificio potrebbe nascondersi la mancata domanda: ‘io cosa desidero davvero?’. Dovremmo porcela, sempre, per non pentirci poi», sostiene il dottore Cavaliere.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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AMARE E SCEGLIERE TRA DUE UOMINI

IL SEGUENTE ARTICOLO E’ TRATTO DA UN’INTERVISTA AL DOTTOR CAVALIERE SUL SETTIMANALE “VIVERSANI & BELLI”

Indecisa come Bridget Jones

Uno è passionale, emozionante, divertente. L’altro è serio, affidabile, rassicurante. Incapaci di scegliere, ci ritroviamo imbrigliate in un eterno triangolo, tra ripensamenti e tira-e-molla. Bridget Jones insegna: chi non supera l’impasse rischia di restare single per sempre.

PASSIONE O AMORE?

«In una società edonistica, fondata sulla ricerca del piacere, si fa spesso confusione tra passione e amore», spiega il dottor Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta a Milano, Roma, Napoli e Salerno. «La prima è alimentata dalle differenze, dai contrasti, che fanno apparire l’altro come misterioso, irresistibile, affascinante. Il secondo si basa sulla condivisione e sull’affinità, essenziali per una progettualità comune. La passione è la prima fase dell’amore: siamo attratti da ciò che è dissonante, nuovo, diverso da noi, ma per passare alla seconda fase, quella dell’amore vero, è necessario ritrovare nell’altro le nostre stesse aspirazioni di vita, i medesimi valori. A volte non riusciamo a passare da una fase all’altra, ma questi due bisogni continuano a convivere e a scontrarsi: il desiderio di stabilità sprona a cercare partner responsabili, con cui costruire qualcosa di solido, ma il ricordo delle “farfalle nello stomaco” e del batticuore dei primi tempi spinge controcorrente, verso amanti narcisisti, sfuggenti. Come diceva Proust, desideriamo ciò che non possediamo del tutto».

Anche lui può restare imbrigliato in un triangolo amoroso, indeciso, come Ulisse, tra il richiamo sensuale della sirena e il bisogno di sicurezza e stabilità della sua Penelope. Una situazione che provoca dolore e frustrazione in entrambe le “pretendenti”. «Cerchiamo di capire le motivazioni dei suoi dubbi ma, se questi si trascinano da tempo, mettiamolo alle strette», consiglia lo psicologo. «Spesso queste donne si tormentano chiedendosi cosa c’è che non va in loro e perché non vengono “scelte”, mentre il problema è in lui, che non si decide per irresponsabilità o paura di sbagliare».

Dottor Roberto Cavaliere

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FRIENDZONE: LA ZONA AMICALE DELLE RELAZIONI

IL SEGUENTE ARTICOLO E’ TRATTO DA UN’INTERVISTA AL DOTTOR CAVALIERE SUL SETTIMANALE “VIVERSANI & BELLI”

L’amicizia può diventare amore? Se vi sentite come Rachel e Ross in “Friends”, legati da un affetto fraterno che vi rassicura e vi scalda il cuore, probabilmente vi trovate nella cosiddetta “friendzone”, un’area protetta di comfort in cui fiducia, comprensione e sostengo sono garantiti e non c’è spazio per le delusioni. Ma i sentimenti sono imprevedibili e, se l’altro comincia a far battere il cuore, non si può far finta di nulla: è ora di uscire dall’area amicale.

BUTTARSI O NO?

Avventurarsi fuori dalla friendzone vuol dire mettere in discussione un rapporto che ha basi solide, fondato su empatia, fiducia, lealtà, condivisione. Si dice che un amore è sostituibile, un amico no: vale la pena rischiare? Sì, perché, fingendo che nulla sia cambiato, il rapporto con l’altro risulterebbe falsato, non più autentico come prima. Bisogna mettere in conto i rischi: non solo di ricevere un no, ma anche di dover ricostruire l’amicizia.

 

SI PARTE IN VANTAGGIO  

«L’amore che scoppia tra due amici salta la fase iniziale dell’idealizzazione, in cui si tende ad avere un’attenzione selettiva verso gli aspetti dell’altro che risultano più affascinanti, rifiutando quelli che invece non combaciano con la propria immagine mentale di perfezione», spiega il dottor Roberto Cavaliere, esperto di problematiche di coppia. «Generalmente, quando la passione comincia a stemperare, l’immagine ideale entra in conflitto con quella reale e ciò genera delusione per il mancato rispetto delle aspettative iniziali. L’amicizia invece si fonda sulla conoscenza profonda dell’altro e l’accettazione di pregi e difetti. Non ci sono forzature per apparire sempre al meglio, come accade specialmente nelle prime fasi di una relazione amorosa. Ci si mostra per quello che si è, con spontaneità e naturalezza, e questo è senza dubbio un vantaggio».

COME FRATELLI

C’è anche il rovescio della medaglia. «La complicità, il cameratismo, l’affiatamento profondo si scontrano con il bisogno di scoprire l’altro un po’ alla volta, perché è quel pizzico di mistero che rende l’altro desiderabile e affascinante», prosegue l’esperto. «Vale anche dal punto di vista fisico: l’eccessiva confidenza diventa trascuratezza, mancanza di attenzione ai dettagli. Con un amico si può uscire anche in tuta e senza trucco, ma così lui non vedrà mai l’altro come un oggetto del desiderio».

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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AFFIDAMENTO CONDIVISO E COPPIE DI FATTO

Come viene gestito l’affidamento condiviso nel caso di figli minorenni nati al di fuori del matrimonio

Affidamento condiviso coppie di fatto

Nel caso delle famiglie di fatto che decidono di separarsi il Tribunale si regolerà in merito alla questione dei figli minorenni esattamente come farebbe con una coppia regolarmente sposata. E’ anzi preferita la soluzione dell’affidamento condiviso anche quando si parla di coppie di fatto

Come funziona l’affidamento condiviso

Diritto di visita del padre in affido condiviso

Generalmente in caso di separazione dei genitori il figlio viene collocato presso la madre, ma il padre in regime di affidamento condiviso (ma sarebbe così anche in caso di affido esclusivo) ha diritto a vedere il figlio secondo i termini e le condizioni stabilite in accordo con la madre o, in caso di disaccordo, dal Tribunale.

E’ anche possibile nel caso in cui gli orari e i giorni stabiliti non siano sufficienti o non si adattino agli orari di lavoro del padre, richiedere una modifica. E’ infatti ritenuto un principio importantissimo dell’affidamento condiviso quello di incoraggiare e sostenere il figlio nella costruzione di una relazione solida con entrambi i genitori.

Affidamento condiviso e mantenimento

Solitamente in caso di affidamento condiviso il genitore non collocatario è tenuto a versare all’altro un assegno di mantenimento per i figli che copra le spese cosiddette ordinarie per il minore. L’importo dell’assegno può variare in relazione alla situazione economica del padre e della madre e anche in base alle necessità del figlio.Bisogna inoltre ricordare che non è possibile scaricare o detrarre dalle tasse l’assegno di mantenimento che si versa per i figli, ma unicamente quello per il coniuge.

Affidamento congiunto dei figli

L’affidamento congiunto dei figli è invece differente rispetto all’affidamento condiviso che spingeva per periodi di convivenza di pari durata del figlio presso i genitori, spesso impraticabili, nel corso dei quali la responsabiltà del minore ricadeva nella sfera di influenza del genitore collocatario. Nel caso dell’affidamento condiviso la responsabilità dell’adulto nei confronti del figlio non dipende dalla collocazione

 

Dott. Roberto Cavaliere

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AMORE IMPOSSIBILE

“Gli amori impossibili non finiscono mai, sono quelli che durano per sempre” recita la protagonista nel film “Mine Vaganti”

Perché ?

Perché spesso tutto ciò che rimane incompiuto crea legame, un legame resistente che si alimenta del non avere avuto ciò che si desiderava. Si immagina ciò che poteva essere e non è stato perché non compiuto.

E’ una sorta di trappola della mente di cui se non si prende consapevolezza si rischia di rimanere intrappolati a lungo, se non per sempre.

Prendere consapevolezza della trappola e che il prosieguo ed il finale di quello che avremmo desiderato non è detto che sarebbe stato quello sperato.

Solo ciò che si compie è certo.

Roberto Cavaliere 

SAPER DISINNESCARE NEL CONFLITTO DI COPPIA

Ho imparato a disinnescare, a non trasformare ogni discussione in una lotta di supremazia. Non credo che sia debole chi è disposto a cedere, anzi lo trovo saggio. Le uniche coppie che vedo durare, sono quelle dove uno dei due riesce a fare un passo indietro…E invece sta un passo avanti…

(Perfetti sconosciuti – Film – 2016)

BDSM – BONDAGE – DOMINANZA E SOTTOMISSIONE

Il termine BDSM è un acronimo:

  • Bondage (B),
  • Bondage & Disciplina (B&D),
  • Dominazione e Sottomissione (D&S o DS)
  • Sadismo & Masochismo (S&M o SM).

che indicano un complesso di pratiche relazionali e/o erotiche e/o preferenze sessuali. Queste pratiche, che considerate al di fuori di un contesto consensuale sono generalmente considerate spiacevoli e indesiderabili, sono nel BDSM fonte di soddisfazione reciproca, e strumento di costruzione di un rapporto interpersonale.

Il BDSM si caratterizza e si distingue dall’attuazione patologica e non consensuale del sadomasochismo per diverse ragioni:

  • La consensualità: qui il “sottomesso” acconsente di essere tale, e i limiti e le regole del rapporto sono definite sulla base di un accordo paritario accettato da ambo le parti pienamente consapevoli in modo consensuale. Nel caso di un rapporto TPE, in cui il dominante ha il totale controllo sul sottomesso, sussiste in ogni caso la possibilità quanto meno legale, per il sottomesso, di ritirare il suo consenso in qualsiasi momento.
  • L’uso della “safe word” (o “parola di sicurezza”) che dà la possibilità al partner passivo di interrompere il gioco in qualsiasi momento. In alcuni casi la safe word è sostituita da un gesto fisico preventivamente concordato (es.: alzare o aprire la mano, lasciar cadere un oggetto etc.), soprattutto in quelle scene o giochi BDSM in cui il sottoposto (slave) è fisicamente impedito nella parola. È necessaria una parola o segnale ben preciso e concordato in anticipo, perché esprimere semplice diniego (no, no!) può fare parte integrante del ruolo di vittima prescelto e non essere interpretato dal dominante come un rifiuto reale. In alcune tipologie di rapporto BDSM, tuttavia, l’uso della safeword è consensualmente escluso dalle parti.
  • La flessibilità nei ruoli: nel BDSM ognuno è libero di scegliersi il ruolo che trova più congeniale e anche cambiare questo nel corso del tempo o a seconda del partner, se lo sente necessario. Nessuno e’ completamente dominante o sub. Di norma ciascun ruolo è espressione di una inclinazione personale destinata a essere duratura nel tempo, anche se può evolvere.
  • La soddisfazione reciproca: lo scopo è un’interazione bidirezionale positiva per entrambi. Non necessariamente tuttavia questa soddisfazione deve essere intesa come pari opportunità di raggiungere il piacere sessuale: in alcune tipologie di rapporti BDSM (in particolare relazioni 24/7 il piacere sessuale di un partner è limitato in funzione del piacere dell’altro; in questo caso la soddisfazione del partner sottomesso è soprattutto morale e psicologica.

Spesso, in ogni caso, il sesso nella sua forma tradizionale è presente in misura minoritaria nel rapporto BDSM, o addirittura ne è del tutto escluso.

Le tre regole fondamentali e necessarie del BDSM e i principi fondamentali per la sicurezza delle sue pratiche possono essere riassunti con la formula inglese Safe, Sane, Consensual (SSC) che può essere tradotta in italiano con Sicuro – Sano – Consensuale. La creazione di questa formula è attribuita all’attivista David Stein che nel 1984 la usò per la prima volta in questa forma lavorando per il GMSMA (Gay Male S/M Activists) con lo scopo: « di distinguere il tipo di S/M consensuale a cui ero interessato da quello abusivo, criminale, neurotico e autodistruttivo generalmente associato con il termine sadomasochismo »

Va in ogni caso ricordato che alcuni praticanti il BDSM prediligono la formula RACK ai principi del SSC; in questo caso, il consenso può riguardare anche attività che comportano rischi fisici per le parti, purchè ci sia consapevolezza e accettazione degli stessi.

Il piacere tratto da un rapporto BDSM è legato allo scambio di potere che intercorre fra sottomesso e dominante, dove l’umiliazione del sottomesso esalta il dominante, gratificato dalla sensazione di potere; il sottomesso invece viene gratificato dall’assenza di potere, cioè dalla sensazione di impotenza e dall’assenza di scelta, sottolineate e dimostrate dagli stimoli che il dominante, secondo sua volontà, infligge o elargisce. In ogni caso, in un rapporto BDSM ci sono sempre dei momenti di grande tenerezza in cui non c’è né dolore né tensione emotiva ma solo grande rilassamento per entrambi i partner, piacere e coccole. Nei rapporti non continuativi è la “riappacificazione” alla fine di una scena di dominazione, mentre nei rapporti 24/7 questi momenti possono essere più casuali e meno collegati alla specifica situazione.

I normali rapporti di coppia sono chiamati, con un termine anglosassone, vanilla (vaniglia, appunto), a significare la minore intensità erotica rispetto ai rapporti BDSM. In genere l’inizio di un rapporto BDSM (o il passaggio del rapporto da “normale” a BDSM) coincide con il consenso del partner sottomesso, che accetta di fidarsi ed essere dominato; a volte, nel seguito del rapporto, può essere il partner dominante a rifiutare, specie se il sottomesso richiede pratiche “spinte”, perché i suoi sentimenti glielo impediscono. Di norma se questa situazione si verifica e viene superata, con il dominante che accetta definitivamente il suo ruolo, il rapporto può considerarsi consolidato.

DOMINANZA E SOTTOMISSIONE NEL BDSM

La Dominanza/Sottomissione è una parte fondamentale nel BDSM (Bondage-Domination-Sado-Masochism). Con il riferimento specifico a questo termine, si intende sottolineare la componente maggiormente psicologica, emotiva e cerebrale, ovvero la relazione nel suo aspetto formale, emotivo e affettivo, nonché tutte quelle pratiche sessuali che esulano, in questo tipo di rapporto, dal puro e semplice contatto sessuale (che tuttavia può far parte, o meno, di una relazione di dominazione/sottomissione).

L’eccitazione viene infatti spesso provocata, in queste relazioni, oltre che dalle tradizionali pratiche del mondo bdsm, dal controllo e dall’autorità che il dom detiene sul sub. Entrambi sono in ogni caso consapevoli e consenzienti nell’accordare questo potere alla parte attiva, tanto che si usa spesso decidere una giornata prima su che cosa verterà il successivo incontro, e le regole del SSC (safe, sane, consensual) impongono che il sub possa concludere la scena in qualsiasi momento con una parola chiave. In realtà tutto verte intorno alla fiducia reciprocamente riconosciuta, e nei rapporti di dominazione/sottomissione più occasionali si può parlare di vere e proprie finzioni dette anche “scene”.

Come in altre attività legate al BDSM, questa condizione può essere limitata nel tempo (generalmente della durata della scena) o può essere uno stile di vita. Spesso tutto coinvolge anche vari comportamenti definiti fetish, tra cui i più comuni sono il boot worshipping (l’adorazione degli stivali), l’uso di vestiti in latex e il petplay, in cui il sub finge di essere un animale scelto dal dom.

È invalso nell’ambiente di coloro che praticano il BDSM e le pratiche relative alla dominazione-sottomissione schematizzare in maniera semplificata la popolazione in coloro che sono in grado di recepire tali attività e coloro che non sono in grado di comprenderle (definiti, questi ultimi, con il termine di vanilla) Fermo restando valido tutto ciò che usualmente vale per il BDSM, nei giochi di dominazione sono fondamentali i ruoli. In particolare si distingue un dominante, definito anche Master o Mistress, ed una o un dominato, definito anche slave. Si precisa che tali ruoli raramente sono intercambiabili, ovvero spessissimo, quasi sempre, la stessa persona assume sempre lo stesso ruolo perché consono alla sua natura psicologica. La pratica dei giochi di dominazione sottomissione costituisce infatti in genere una pratica mentale estremamente coinvolgente e in genere il ruolo è fortemente dettato dalle proprie sensazioni intime.

La simbologia maggiormente adottata consiste nell’uso del collare che viene donato dal/dalla top alla/al bottom. Il collare rappresenta in una qual misura l’impegno dei due in un rapporto BDSM con ruoli ed impegni precisi che i due prendono ma che quasi sempre sono dettati dal top. Si noti che in genere, nel caso di rapporto BDSM consolidato o comunque con un fattore di stabilità tra due o più persone, è il sub o la sub a fare richiesta palese o sottintesa di essere accettato nel proprio ruolo ed il/la top ad accettare o meno il legame. In generale si può comunque dire che è invalso l’uso che spetti al dominante l’ultima parola sull’accettazione di un rapporto BDSM di dominazione-sottomissione a rimarcare il potere di quest’ultimo nel legame tra i due.

Frequentissimo è l’abbinamento dei giochi di dominazione anche di altre pratiche, oltre quelle sado-maso già citate, quali il bondage, ovvero la legatura della sub da parte del top e l’umiliazione esplicata attraverso pratiche diverse. In tutte le pratiche citate è fondamentale saper valutare quanto per coloro che assumono il ruolo di dominante sia importante assumere la responsabilità della incolumità psicologica e fisica del sub che gli si affida. La perizia di coloro che assumono il ruolo di sub sta invece nel sapere scegliere una o delle persone in grado di gestire tale responsabilità con la dovuta serietà e perizia.

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Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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