LE DOMANDE DELL’AMORE

“Mio caro Friedrich, ho dovuto fare l’esperienza che non c’è davvero nulla di più arduo che amarsi. È un lavoro, un lavoro a giornata, Friedrich, a giornata. Com’è vero Dio, non c’è altro termine. Come se non bastasse, i giovani non sono assolutamente preparati a questa difficoltà dell’amore; di questa relazione estrema e complessa, le convenzioni hanno tentato di fare un rapporto facile e leggero, le hanno conferito l’apparenza di essere alla portata di tutti. Non è così. L’amore è una cosa difficile, più difficile di altre: negli altri conflitti, infatti, la natura stessa incita l’essere a raccogliersi, a concentrarsi con tutte le sue forze, mentre l’esaltazione dell’amore incita ad abbandonarsi completamente… … Prendere l’amore sul serio, soffrirlo, impararlo come un lavoro: ecco ciò che è necessario ai giovani. La gente ha frainteso il posto dell’amore nella vita: ne ha fatto un gioco e un divertimento, perché scorgono nel gioco e nel divertimento una felicità maggiore che nel lavoro; ma non esiste felicità più grande del lavoro, e l’amore, per il fatto stesso di essere l’estrema felicità, non può essere altro che lavoro. Chi ama deve cercare di comportarsi come se fosse di fronte a un grande compito: sovente restare solo, rientrare in se stesso, concentrarsi, tenersi in pugno saldamente; deve lavorare deve diventare qualcosa”. (Da una lettera del poeta Rainer Maria Rilke ad un giovane amico)

 

Un nuovo amore dovrebbe sempre scaturire da un incontro e non da una ricerca.

Ma anche se dovessimo cercarlo e importante chiedersi cosa e chi si vorrebbe trovare e perché.

Le domande che bisognerebbe porsi sono diverse. La risposte, autentiche ed oneste, che senti in te, sono importanti, per capire perché non lo trovi, o come trovarlo.

Una possibile sequenza potrebbe essere la seguente

  • Perchè cerchi un amore ?
  • Perché ti senti vuoto e triste, e vai alla ricerca di chi ti riempia o di tiri fuori dalla tua tristezza ?
  • Oppure cerchi qualcuno da salvare, per non dover pensare a salvare te stesso ?
  • Vuoi solo dare, pensando di essere generoso, ma in realtà non ti metti in gioco?
  • Vuoi solo prendere e non hai voglia di dare ?
  • Cosa sei disposto a svelare, e ad ascoltare, a ricevere e a donare, quanto puoi vivere il contatto senza controllo emotivo, senza fare bilanci, e restando fedele a te stesso?
  • E’ davvero solitudine, questo malessere che senti ?
  • Risentimento verso chi non c’è, e verso di te per non aver meritato nessuno accanto ?
  • Se ci fosse qui qualcuno, con te, staresti davvero meglio, o sarebbe solo un modo per scaricare la tua negatività su di lui, per appoggiarti, farti trainare, o anche solo distrarti?
  • Si risolveranno automaticamente tutte le cose alle quali puoi pensare solo tu ?

Dare il nome giusto al bisogno che si prova, comprendere le motivazioni che ci spingono e i dubbi che ci offuscano, aiuta a far succedere quello che più ci sta a cuore, senza sforzo, come è naturale che avvengano le cose importanti, ma con impegno.

E’ una grande sfida riverberare sull’altro positività e non il proprio dolore ed i propri bisogni. Quando cerchi qualcuno che ti ami perché tu non sai amarti, trapela il tuo bisogno, la paura, la pretesa: è ciò che mette in fuga l’altro. La tua paura di restare solo, di sbagliare, ti fa restare solo. Diventi pesante, troppo serio, arrendevole, troppo gentile.

Durante la vita gli altri cambiano, cambiamo noi e i nostri bisogni. Se in alcuni periodi ha prevalso il bisogno di fusione, in altri può essere più importante la capacità di dare nuovi stimoli, la presenza concreta oppure l’affettuosità, il gioco o la leggerezza. In ogni caso l’autenticità.

Qual che avviene fra le persone è tanto più interessante e profondo, quanto più e libero da pretese ed aspettative, bisogni mal risposti e altre zavorre.

La nostra felicità non dipende dagli altri, possono esserne parte, ma non possono crearla né distruggerla.

Questa libertà può farci sentire leggeri, renderci forti, far sì che sia il desiderio a guidarci, non la paura: è questo che attrae l’altro.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

STALKING E DIPENDENZA AFFETTIVA

“Se ami saprai che tutto inizia e tutto finisce e che c’è un momento per l’inizio e un momento per la fine e questo non crea una ferita. Non rimani ferito, sai che quella stagione è finita. Non ti disperi, riesci a comprendere e ringrazi l’altro: “Mi hai dato tanti bei doni, mi hai donato nuove visioni della vita, hai aperto finestre nuove che non avrei mai scoperto da solo. Adesso è arrivato il momento di separarci, le nostre strade si dividono” Non con rabbia, non con risentimento, senza lamentele e con infinita gratitudine, con grande amore,con il cuore colmo di riconoscenza. Se sai come amare, saprai come separarti”(OSHO)

 

All’interno del fenomeno della dipendenza affettiva, spesso la persona dipendente attua una serie di comportamenti che potrebbero ravvisare molte analogie con i comportamenti tipici del fenomeno dello “stalking”.

La parola “stalking” deriva dal linguaggio venatorio della caccia e letteralmente significa “fare la posta” per poi estendersi al comportamento intenzionale, malevolo e persistente, di seguire o molestare un’altra persona, creando così il fenomeno dello stalking.

Secondo gli studiosi il fenomeno dello stalking necessita della presenza di tre elementi:

  • un soggetto, detto stalker, che investe di un’intensa fissazione ideo – affettiva una determinata persona.
  • una sequenza comportamentale ossessiva di atti di sorveglianza, di controllo, di comunicazione, di ricerca di contatto
  • la persona individuata dallo stalker, detta stalking victim, che percepisce a livello personale come invadenti e sgraditi tali comportamenti, vivendoli come delle minaccia alla propria persona e svillupando un senso di ansia, di paura e altre problematiche psicologiche.

I comportamenti tipici del fenomeno dello stalking sono: telefonate, sms, pedinamenti, lettere e fiori, appostamenti vari (casa, lavoro, ecc…), violazione di domicilio, visita sul luogo di lavoro, minacce di violenza, violenza fisica e sessuale di diversa entità, fino ad arrivare a comportamenti estremi come tentato omicidio ed omicidio.

La maggioranza degli stalkers sono di sesso maschile ed attuano tali comportamenti nei confronti di compagne che hanno interrotto o vogliono interrompere la relazione.

Il comportamento di stalking viene agito per diversi motivi, quali:

  • per recuperare la relazione
  • per vendicarsi dei torti subiti
  • per dipendenza affettiva
  • per desiderio di continuare a esercitare un controllo sulla vittima.

Nel caso della dipendenza affettiva il dipendente-persecutore agisce il prorpio stalking per due motivi principali:

  • al fine di esercitare un controllo per timore di essere lasciato
  • dopo la rottura di una relazione per recuperarla o vendicarsi della sua ex.

Il livello di stalking messo in atto, e i correlati aspetti violenti variano in base al grado di intimità precedente esistente nella relazione. Una maggiore intimità presenta un maggiore rischio di violenza. A volte l’entità del fenomeno è anche associata a disturbi di personalità presenti nel molestatore. Molti studiosi ritengono che il fenomento non possa essere studiato tenendo conto solo del molestatore ma vada studiata la relazione di coppia che è una variabile importante nel fenomeno dello stalking.

Il profilo psicologico dello stalker ha diversi punti in comune con quello del soggetto affetto da dipendenza affettiva. Si è in presenza, il più delle volte, di una personalità debole che, per la paura di essere abbandonato, al pari di un copione già vissuto di esperienze infantili simili, si lega ossessivamente a qualcuno. Quindi lo stalker manifesta un gran bisogno d’affetto in presenza di disturbi relazionali legati ad eventi traumatici. Facendo riferimento alla teoria dell’attaccamento nello stalker c’è la presenza di un modello di attaccamento insicuro (ansioso – ambivalente, evitante o disorganizzato) per cui il non può fare a meno dell”altra persona, la quale diventa necessaria per la propria esistenza.

Scopo di questo articolo non vuole essere quello di accomunare il fenomeno dello stalking con quello della dipendenza affettiva, non fosse altro che lo stalking è anche perseguibile giudiziariamente. Si vuole, invece, far riflettere come il comportamento nei confronti dell’altro, di chi soffre di dipendenza affettiva, può, se portato all’estremo, diventare un comportamento da molestatore. Contribuendo, in questo modo a far “allontanare” ancora di più chi si teme di perdere o si è perduto.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

TIPOLOGIE DEI DIPENDENTI AFFETTIVI (di Susan Peabody)

Introduzione

La dipendenza affettiva è un problema grave. Non solo è “la droga per eccellenza” per molte persone, ma ci sono migliaia di alcolisti e tossicodipendenti in recupero che soffrono di dipendenza affettiva e non ne sono coscienti.

La dipendenza affettiva può essere meno problematica rispetto alla loro dipendenza da droga o alcohol, ma può minare il loro recupero da queste sostanze.

Questo articolo è stato scritto originariamente per l’Associazione “Love Addicts Anonymous” (Dipendenti Affettivi Anonimi) per permettere alle persone di comprendere se soffrano di questo disturbo.

Categorie tipiche di dipendenti affettivi

Dalla prima pubblicazione di “Addiction to love” (Susan Peabody – 1989) non molto è cambiato nel mondo della Dipendenza Affettiva eccetto il modo in cui la consideriamo.

Nel 1989, ciò che sapevamo di questo disturbo emergeva ancora dalle nostre conoscenze sulla Codipendenza. Allora, per molti di noi, Dipendenza Affettiva e Codipendenza erano un’unica cosa. Tuttavia oggi comprendiamo che ciò non è vero.

Il dipendente affettivo codipendente è solo uno dei molti tipi di dipendente affettivo. Per comprendere in modo chiaro come i dipendenti affettivi si differenziano tra loro, ecco un’elenco:

Dipendente Affettivo Ossessivo

Gli OLA (Obsessed Love Addicts) non riescono a lasciar andare il partner, neanche se questi è: non disponibile, a livello emotivo o sessuale, impaurito di impegnarsi, incapace di comunicare, non amorevole, distante, abusivo, indagatore e dittatoriale, egocentrico, egoista, dipendente da qualcosa al di fuori della relazione (hobbies, droghe, alcohol, sesso, un’altra persona, il gioco d’azzardo, lo shopping compulsivo, etc)…

Dipendente Affettivo Codipendente

CLA (Codependent Love Addicts) sono i più ampiamente riconosciuti. Rappresentano un profilo particolarmente comune. Molti di loro soffrono di scarsa autostima ed hanno un modo di pensare, sentire e comportarsi, in certo modo, prevedibile.

Ciò significa che da una condizione di insicurezza e bassa autostima cercano disperatamente di rimanere attaccati alla persona da cui sono dipendenti, manifestando un comportamento codipendente. Questo include: essere permissivi, aiutare, prendersi cura del partner, esercitare un controllo passivo – aggressivo ed accettazione di abbandono ed abusi. In generale, i CLA faranno di tutto per “prendersi cura” dei loro partner nella speranza di non essere lasciati o di essere un giorno ricambiati.

Dipendenti dalla Relazione

Gli RA (Relationship Addicts), a differenza degli altri dipendenti affettivi, non sono più innamorati dei loro partners ma sono incapaci di lasciarli andare, di rinunciare. Solitamente sono così infelici che la loro relazione mina la loro salute, il loro spirito e benessere emotivo.

Anche nel caso in cui i loro partners li picchino o sappiano di essere in pericolo, essi sono incapaci di rinunciare al rapporto. Hanno il terrore di rimanere soli. Hanno paura del cambiamento. Non vogliono ferire o abbandonare i loro partners. Tutto ciò può essere descritto come: “Ti odio, non lasciarmi”.

Dipendenti Affettivi Narcisisti

Gli NLA (Narcissistic Love Addicts) utilizzano il dominare l’altro, la seduzione ed il trattenere l’altro per controllare i propri partners. A differenza dei codipendenti, che sono disposti a tollerare un notevole disagio, i narcisisti non accondiscendono a nulla che possa interferire con la loro felicità.

Sono assorbiti da se stessi e la loro bassa autostima è mascherata dalla loro grandiosità. Inoltre, piuttosto che essere ossessionati dalla relazione, gli NLA appaiono distaccati ed indifferenti. Non sembrano affatto essere dipendenti. Raramente ci si può accorgere che gli NLA siano dipendenti finché il partner non cerca di lasciarli. Allora non saranno più distaccati ed indifferenti. Entreranno in uno stato di panico ed useranno qualsiasi mezzo a loro disposizione per protrarre la relazione, incluso l’uso di violenza.

Molti psicologi hanno rifiutato l’idea che i narcisisti possano essere dipendenti affettivi. Può darsi ciò sia avvenuto perché raramente i narcisisti ricercano un trattamento terapeutico. Tuttavia, se mai capiti di poter vedere come molti narcisisti reagiscono all’abbandono, temuto o reale, ci si accorgerà che certamente essi presentano le caratteristiche del dipendente affettivo.

Dipendenti Affettivi Ambivalenti

Gli ALA (Ambivalent Love Addicts) soffrono di un disturbo di personalità evitante. Non hanno particolari problemi a lasciar andare il partner, hanno invece molti problemi ad andare avanti. Bramano disperatamente l’amore ma allo stesso tempo sono terrorizzati dall’intimità. Questa combinazione di tendenze è agonizzante.

Gli ALA sono a loro volta divisibili in categorie:

Torch Bearers (portatori di una fiamma) sono ALA che sono ossessionati da persone non disponibili. Ciò può avvenire senza che questi compiano alcuna azione (soffrire in silenzio) oppure con la ricerca di contatto con la persona amata.

Alcuni Torch Bearers sono più dipendenti di altri. Questo tipo di dipendenza si nutre di fantasie ed illusioni. E’ anche conosciuta come “amore non corrisposto”.

Sabotatori sono ALA che distruggono le relazioni quando queste cominciano a diventare serie o in qualsiasi momento venga percepita la paura dell’intimità. Ciò può accadere in qualunque momento, prima del primo appuntamento, dopo il primo appuntamento, dopo il rapporto sessuale, dopo che si sia manifestato il timore dell’impegno.

Seduttori Rifiutanti (Seductive Withholders) sono degli ALA che ricercano una persona quando desiderano un rapporto sessuale o compagnia. Quando si sentono impauriti o in pericolo cominciano a rifiutare compagnia, sesso, affetto, qualsiasi cosa li renda ansiosi. Se lasciano la relazione sono soltanto Sabotatori. Se invece continuano a ripetere il modello disponibile/non disponibile sono Seduttori Rifiutanti.

Dipendenti Romantici sono ALA che dipendono da più partners. A differenza dei dipendenti dal sesso, i quali cercano di evitare del tutto il legame, i Dipendenti romantici si legano ad ognuno dei loro partners, in grado diverso, anche se i legami romantici sono brevi ed avvengono simultaneamente.

Con “romantica” intendo una passione sessuale ed una pseudo intimità emozionale. Da notare che, sebbene i Dipendenti romantici si leghino a ciascuno dei propri partners, in vario grado, il loro scopo, insieme alla ricerca dell’intensità delromance e del dramma, è di evitare l’impegno ed il legame su di un piano più profondo con il partner. Spesso i Dipendenti romantici vengono confusi con i Dipendenti dal sesso.

Nota sui Dipendenti Affettivi Ambivalenti:

Non tutti gli evitanti sono dipendenti affettivi. Se si accetta la propria paura dell’intimità e delle interazioni sociali e non ci si lascia attrarre da persone non disponibili o semplicemente si crea un piccolo cerchio sociale, non si è necessariamente dei Dipendenti Affettivi Ambivalenti.

Ma se ci si strugge, anno dopo anno, su di una persona non disponibile o si tende a sabotare una relazione dopo l’altra o si hanno relazioni romantiche occasionali seriali o si avverte la vicinanza solo con un altro evitante, allora si può parlare di Dipendenti Affettivi Ambivalenti.

Combinazioni

Si può scoprire di soffrire di più di un tipo di dipendenza affettiva. Molte di queste categorie si sovrappongono o combinano con altri problemi comportamentali. Per esempio si può avere il caso del codipendente, alcolista, dipendente affettivo. Oppure di un Dipendente Affettivo/Relazionale.

La cosa più importante è identificare il proprio profilo personale per sapere con che cosa ci si stia confrontando.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

ORIGINI DI UNA DIPENDENZA AFFETTIVA

In generale il trattamento accordato al bambino determina il carattere della sua vita amorosa. Ad esempio gli innamorati usano i vezzeggiativi con i quali erano chiamati nell’infanzia: in amore si diventa puerili… L’amore è considerato qualche cosa di irrazionale; ma l’aspetto irrazionale può essere ricondotto a fonte infantile: la costruzione nell’amore è infantile. Una tale condizione amorosa trova una bellissima espressione nel Werther di Goethe quando il giovane Werther entra nella stanza e immediatamente si innamora della fanciulla. La vede mentre spalma il burro sul pane e questo gli ricorda la propria madre.

Nunberg e Federn – Dibattiti della Società Psicoanalitica di Vienna 1906-1908 – Bollati Boringhieri

Desiderava fare qualcosa che non lasciasse possibilità di ritorno.
Desiderava distruggere brutalmente tutto il passato dei suoi ultimi sette anni.
Era la vertigine.
L’ottenebrante, irresistibile desiderio di cadere.
La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza.
Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa.
Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso.

Milan Kundera- L’insostenibile Leggerezza dell’Essere-

La dipendenza affettiva si va costruendo sulla base di altri legami relazionali, anche se non sempre palesi e visibili, e delle loro vicissitudine nel tempo. Questi legami ed i loro vissuti fondono le aspettative che dovrebbero essere riscontrate all’interno della relazione attuale, in particolare quella fondata sulla dipendenza affettiva.

In particolare nel rapporto instaurato durante l’infanzia con i genitori, se quest’ultimi hanno lasciato insodisfatti i bisogni infantili costringendo i bambini i cui bisogni d’amore rimanevano inappagati ad adattarsi imparando a limitare i loro bisogni.Questo processo di limitazione può portare al formarsi di pensieri del tipo: “I miei bisogni non hanno importanza”o “non sono degno di essere voluto bene”.Da adulti, questi “bambini non amati” dipendono dagli altri per quanto concerne il proprio benessere psico-fisico e la soluzione dei loro problemi. Vivono nella paura di essere rifiutati, scappano dal dolore, non hanno fiducia nelle loro capacità e si giudicano persone non degne d’amore.

Inoltre quanto più i suddetti bisogni rimangono insoddisfatti all’interno del legame significativo infantile (quello madre-bambino), tanto più tale legame si rinnova immodificato nei confronti delle nuove figure di riferimento: il partner in questo caso. Allo stesso tempo più una relazione deve adempiere ad esigenze basilari di protezione e di sicurezza, tanto più forte è il legame che si sviluppa e tanto maggiori sono le minacce potenziali che possono provenire da qualsiasi situazione esterna che metta in discussione tale legame. A tali minacce si tende a reagire, all’inizio, con atteggiamenti d’aggressività nei confronti delle persone che mettono in pericolo la relazione o con altri atteggiamenti comportamentali che tendono comunque a proteggerla.

Di fronte ad un genitore freddo e non affettivamente disponibile, il bambino potrebbe mantenere il suo equilibrio affettivo cercando di minimizzare un comportamento dipendente verso un genitore che ha queste caratteristiche, con tutti gli effetti negativi che può comportare questo tipo di attaccamento verso la figura adulta (Bridges, Denham e Ganiban, 2004). Nel contesto dell’equilibrio, questa condizione potrebbe essere adattiva in quel momento, ma quel comportamento d’equilibrio (lo stile di attaccamento equilibrato verso il genitore), tolto dal repertorio infantile perché risultato non adattivo con quella figura parentale, potrebbe portare il bambino ad uno sviluppo emozionale deviante e condurlo a problemi emotivi e comportamentali, compresa la scelta di partners non disponibili affettivamente (Bridges et al., 2004).

Varie ricerche sono state condotte in tal senso.

Werner e Silbereisen (2003), hanno riscontrato in una loro ricerca, che le ragazze che hanno un rapporto conflittuale con il proprio padre e non compiono esperienza di sostegno da parte sua, hanno maggiori probabilità di coinvolgersi in relazioni affettive patologiche. Un’insana relazione uomo-donna vissuta all’interno della famiglia sembrerebbe influenzare lo sviluppo delle scelte affettive femminili inducendo le donne, che hanno vissuto quest’esperienza negativa con il proprio padre, alla scelta di partners devianti. Anche donne che hanno vissuto una relazione affettiva deviante con il proprio padre, fatta di abusi sessuali e psicologici, risultano più fragili rispetto a quelle che invece hanno avuto una relazione serena ed appagante con il proprio genitore (Miller, 1994; Werner et al., 2003). La fragilità di queste donne sembrerebbe condurle verso relazioni affettive in cui elemosinano attenzioni e continue conferme da parte del proprio partner perché quando l’altro non c’è, il suo pensiero, non basta a rassicurarle (Amaro e Hardy-Fanta, 1995).

Bieber e Bieber sostengono che le persone affette da dipendenza affettiva non hanno avuto colla figura paterna un rapporto di stima e di scambio amorevole generando così un’immaturità psicoaffettiva. Il loro parere è che un padre problematico per vari motivi non permette al figlio una facile identificazione. Lo stesso dicasi per una figura materna iperprotettiva che crea confusione affettiva nel figlio. Quest’ultimo svilluperà odio verso il padre contrapposto alla madre che verrè vissuta come accogliente.

 

Dott. Roberto Cavaliere

 

TESTIMONIANZA

Qui di seguito riporto la mia esperienza sulla dipendenza affettiva che, nel mio caso, è stata soprattutto dipendenza psicologica dalla mia famiglia.

Sono una donna di 39 anni e non mi sarei mai fatta delle domande se cinque anni fa, alla rottura di una relazione durata circa 14 anni, mi resi conto che non riuscivo a superare quel lutto, non riuscivo ad accettare il distacco da qualcuno che analizzando le cose profondamente, in fondo, non aveva altro legame con me che una sorta di mutuo soccorso, che improvvisamente nel momento in cui lui non aveva più bisogno di appoggiarsi a me, aveva messo in discussione.

Premetto che durante i 14 anni di fidanzamento-relazione io ero ingrassata di 16 kg e nonostante le diete, la ginnastica e tante terapie non riuscivo a dimagrire che di pochi chili. Il mio metabolismo si era fermato così come io avevo fermato il mio progresso interiore in quella relazione. Più mi legavo a lui attraverso cose materiali (acquisto di una casa, dell’auto etc.) più mi gonfiavo e alienavo dal resto del mondo.

La perdita di questo legame è stata per mesi da me rifiutata, mi ero chiusa in me stessa. I miei genitori, persone molto concrete e materiali, non riuscivano a darmi quel sostegno morale, anzi pretendevano da me una scelta definitiva (lui non ha mai deciso in maniera definitiva, mi lasciava per poi riavvicinarsi più e più volte) che io non riuscivo a fare. Il primo vero consiglio che ho accettato è stato da mio fratello: “va a vivere per conto tuo e cerca di farti aiutare se non ce la fai da sola”. Ancora lo ringrazio per questo, mi sono sentita amata da lui per la prima volta.

Dopo aver capito che cosa mi aveva legata a quest’uomo e aver preso coscienza che anche io volevo un tipo di relazione diversa, un’affinità con l’altro che non avevo mai preteso nella mia vita, ho incominciato a notare quelli che erano i miei problemi e a volerne capire l’origine. C’è voluto un percorso di psicoterapia di due anni e un altro anno di studi da parte mia per arrivare a comprendere.

La mia storia di disadattamento e insicurezza, sfiducia di me stessa era incominciata a 3 anni di età ca.

Ero una bambina molto sensibile e vivevo un particolare momento della mia vita, figlia unica fino a quel momento, avevo tanto desiderato un fratellino ed il mio desiderio si stava avverando. La mia mamma stava per partorire ed io non vedevo l’ora di vedere la faccia di quel nuovo venuto. Io che non riuscivo a staccarmi da mia madre neanche per un’ora, ero riuscita ad accettare la sua lontananza, il mio sradicamento da casa per stare con la nonna ed i miei zii in attesa di quella cosa nuova. Ero felice. Poi qualcosa turbò la mia serenità. Una sera vidi qualcosa che non capivo (avevo visto qualcuno toccare, palpeggiare mia zia che era in età puberale -13 anni) non potevo sapere se ciò che avevo visto era bene o era male, ma sapevo che io non lo avrei permesso a me, sentivo che c’era qualcosa di sbagliato e non capivo. Dopo questo fatto parlando con uno dei miei zii gli dissi che non volevo più dormire con mia zia e quando lui mi chiese perché, gli raccontai cosa avevo visto. Lui cercò di minimizzare e la sera dopo dormii con lui e quella cosa finì nel dimenticatoio. Qualche giorno dopo però ricordo di aver assistito ad un litigio di mio nonno con mia nonna, non so’ di cosa discutessero né riuscivo a ricordare se qualcuno mi avesse chiesto qualcosa. So’ solo che mia nonna difendeva qualcuno. Poi un’immagine mi aveva terrorizzato: qualcuno sopra di me, che mi teneva con le braccia alzate e che mi minacciava, mi diceva che ero bugiarda e cattiva, anzi che ero gelosa e che se avessi raccontato di nuovo quella cosa me l’avrebbe fatta pagare. Ero molto piccola e ciò che sto riportando è ciò che ho ricordato in psicoterapia, i ricordi prima del percorso terapeutico erano solo di questa grande litigata in cui io mi sentivo coinvolta, ma non ricordavo altro. Dopo 1 anno di terapia ricordai quello che ho riportato. Dopo due anni e mezzo sono arrivata a scoprire chi mi aveva fatto del male, una persona che era quasi una figura genitoriale per me, sia per età, che per la considerazione di cui godeva (era il primo figlio maschio) mio zio.

Ho dovuto prima ricordare, poi perdonare la rabbia che avevo nei confronti di mia madre, a cui imputavo di non avermi saputa proteggere, e di non avermi creduta nel momento in cui le avevo raccontato. È stata dura ed è stato ancora più pesante ammettere che due anni più tardi ho emulato ciò che avevo visto, coinvolgendo una mia cugina. Lo feci senza nascondermi e mia zia (la madre) vedendo il mio comportamento mi disse che quelle cose erano sbagliate tra due bambine, che un giorno avrei trovato un marito che mi avrebbe spiegato. Non mi turbò la sua spiegazione e trovai il coraggio di dire a lei ciò che non avevo più il coraggio di raccontare a nessuno. Lei mi abbracciò e mi disse che quella persona aveva sbagliato e che io non dovevo fare lo stesso errore. Per la prima volta mi sentii compresa, desiderai che quella fosse mia madre.

Mia zia ne parlò con mia madre (lo so perché ascoltai di nascosto); mia madre prima cercò di imputare la cosa alle fantasie dei bambini, poi vista l’insistenza le rispose che forse anche lei si era fatta suggestionare. Premetto che mia zia, una persona molto sensibile, all’epoca viveva un momento difficile della sua vita matrimoniale ed era arrivata a pensare di lasciare il marito; da nessuna delle sue sorelle aveva avuto appoggio morale, anzi tutte le dicevano che avrebbe dovuto sopportare la situazione (erano i primi anni 70 e il divorzio non era contemplato come via d’uscita).

A distanza di tre anni da questo avvenimento, il giorno della mia prima comunione. La mia felicità era offuscata solo dal fatto che non potevano parteciparvi mio fratello, confinato a casa di nonna con il morbillo, e proprio mia zia che era ricoverata in una clinica. Durante la festa mi appartai e scrissi una lunga poesia di morte: una madre chiede ad un angelo perché gli ha portato via il suo figlio migliore e l’angelo risponde che è proprio perché è il migliore che glielo ha tolto. Mi sentivo strana, era un giorno felice eppure i miei pensieri erano pieni di morte.

Il giorno dopo lo squillo del telefono ci svegliò, risposi io, gli altri dormivano. Dall’altro capo del filo il marito di mia zia che non aveva capito che non era mia madre ad avergli risposto. Ricordo solo che ho urlato, mia zia era morta. Stracciai quella poesia, per me significava come un aver decretato la sua morte o averla percepita e non essere stata in grado di aiutarla. Mi sentivo ormai sola, persa, inutile ma nonostante tutto reagii. Sono andata a ricercare i miei vecchi diari di allora e ho scoperto quanto ho scritto, quanto ho cercato inconsciamente l’aiuto degli altri. Ma nessuno poteva aiutarmi, non mia madre che doveva lottare con i propri sensi di colpa, non mio padre che era assente e tutto preso dal garantire alla famiglia il benessere economico.

E poi di nuovo a 10 anni sempre con mia cugina ci tocchiamo di nuovo e stavolta mentre eravamo sotto la custodia di mia nonna, inconsciamente volevo una reazione da lei, perché capivo che era lei il problema, non solo per me, ma anche per mia madre, mia zia, tutti i figli. Mia nonna reagì con violenza e messa a parte mia madre della cosa mi giudicarono e condannarono entrambe inchiodandomi alle mie responsabilità, facendomi sentire in colpa perché ero più grande, perché mia cugina era orfana.

Quindi, in età preadolescenziale ero arrivata alla considerazione che la colpa era in me, che ciò che mi aveva turbata non era responsabilità dell’adulto, ma del bambino. Ciò mi ha portata a considerare gli uomini mostri, soprattutto quanto più mi piacevano. Mi ha portato a scegliere ciò che non mi piaceva, per una sorta di autopunizione. Il fatto di non essere stata creduta mi aveva convinto che non ero degna di fiducia, che ero bugiarda e quindi a che serviva essere sinceri? E sono stata una grande bugiarda, una di quelle che inventa una vita parallela e sa farci credere agli altri.

Ma nonostante questo, ho saputo reagire. Dentro di me le cose che erano accadute avevano lasciato una ferita sanguinante, ma apparentemente ero una figlia modello: studiosa, socievole, piena di interessi artistici. I primi sintomi del malessere sono emersi nei rapporti con i ragazzi: mi mettevo in competizione con loro, volevo dimostrare di avere più carattere e forza di loro. E poi il confronto con mia madre: difficile che ciò che piaceva a me riscontrasse la sua approvazione. La relazione che poi ho portato avanti per tanti anni è nata proprio per fare un dispetto a lei. Ma nel corso del tempo, inconsciamente, mi rendevo conto che stavo facendo una scelta molto più vicina a lei che non a me, l’uomo che avevo scelto era molto simile a mio padre: un uomo che lasciava tutte le decisioni a me. In realtà avevo deciso di conformarmi a ciò che mia madre aveva voluto per sé. Non l’avrei mai ammesso allora, ma ora lo so, mandavo giù non solo cibo in quegli anni, ma tutta la mia delusione e disperazione.

Ci è voluto tempo e ce ne vorrà ancora molto per riuscire a sapermi proteggere. Perché è questo il mio problema, non so’ proteggermi da chi mi vuol bene. È come se, inconsciamente, delego la responsabilità di protezione a qualcun altro. La bambina che voleva essere protetta fa fatica a ribellarsi alle imposizioni degli adulti che pur amandola le fanno del male, con le parole o con i gesti. Ma saperlo mi rende più lucida per comprendere i miei comportamenti e, -a fatica, anche costringendomi a prendere posizioni forti- ho imparato a non far intromettere nessuno nelle mie scelte, nella mia vita personale. Un’altra conseguenza era il rendermi conto che non avevo un rapporto reale e positivo con il mio corpo, che ero come spezzata: da una parte c’era la mia anima, la mia mente che accettavo e di cui ero fiera, dall’altra il mio corpo che non accettavo, che non sentivo mio. Oggi peso circa 20 kg in meno e mangio ciò che mi fa piacere e bene mangiare. Il cibo non è più mattone per riempire la pancia che non vuole sentirsi vuota perché altrimenti sente l’eco di ciò che le manca o le è mancato, ma è piacere, è occuparmi di me.

Durante questi anni ho incontrato un uomo che viveva, come me, un disagio. Ci siamo sfiorati, ci siamo fatti del male, ci siamo lasciati e ci siamo ritrovati. Non so’ dove ci porterà tutto questo e forse non voglio neanche saperlo, voglio solo vivere in modo consapevole, saper godere della gioia senza aspettarmi con terrore il dolore. Donare il mio amore ma saper mantenere il mio centro, cioè me stessa, ciò che fa bene per me, ciò che io desidero.

Essere consapevole che l’altro può condividere con me, ma non può riempire il desiderio della bambina che non si è sentita amata. Quella bambina prima o poi riuscirà a guardare negli occhi suo zio e a non odiarlo più, riuscirà a capire che una persona apparentemente tanto sicura di sé e moralmente normale le ha fatto del male e chissà se ne è rimproverata molte volte.

Se qualcuno solo dieci anni fa mi avesse detto che custodivo un mistero dentro di me, gli avrei risposto che non c’era niente di misterioso in me, che tutto era chiaro e limpido e che mi sentivo perfettamente conscia di ciò che facevo. Oggi so’ che non era così, che ho negato ripetutamente a me stessa la possibilità di buttare fuori ciò che mi portavo dentro, che ho continuato imperterrita senza farmi domande finché tutte le mie certezze (un uomo) sono crollate davanti a me; ed è lì che ho preso coscienza che non era possibile che fondassi la mia vita su quella di un’altra persona e lì che ho deciso di trovare la vera persona su cui fondare la mia vita, me stessa.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LIMERENCE O ULTRATTACAMENTO

Il concetto di Limerence (in italiano ultrattaccamento) è stato elaborato dalla psicologa Dorothy Tennov in seguito ad uno studio scientifico sull’amore romantico. Questa psicologa ha intervistato oltre 500 soggetti sul concetto di amore. In seguito a tale ricerca Tennov ha coniato nel 1977 il termine “limerence„ pubblicandolo in Love and Limerence: The Experience of Being in Love.

Con tale termine la Tennov descrive lo stadio finale, quasi ossessivo dell’amore romantico. La Limerence è uno stato cognitivo ed emozionale caratterizzato da intenso desiderio per un’altra persona. Il termine limerence si riferisce spesso a voler intendere lo stato di una persona che esprime, preoccupazione per la persona amata, e, come mostrano recenti ricerche sulla neurochimica, uno stato mentale simile a un disturbo ossessivo-compulsivo. La Limerence sarebbe, infatti, lo stato ossessivo, l’idealizzazione irrazionale e l’intenso desiderio di essere ricambiati. Gli individui colpiti da Limerence sono costantemente attratti da partner sbagliati, soffrono amori non corrisposti e sono incapaci di imparare dalle loro esperienze. Ne deriva un senso di angoscia emotiva e un grave senso d’inutilità che accompagna la persona nel corso della vita. A tal riguardo tale stato può durare mesi, anni o anche tutta una vita, anche in un’assenza totale di reciprocità della persona amata. Inoltre in amore affetto e tenerezza esistono solo come disposizioni verso un’altra persona, a prescindere dal fatto che questi sentimenti siano ricambiati, laddove invece la limerence richiede che lo siano. Il contatto fisico con l’oggetto amato non è né essenziale né sufficiente a chi stia facendo esperienza di limerence, a differenza di chi prova un’attrazione sessuale.

Nello stato iniziale dell’innamoramento definito in inglese New Relationship Energy (NRE) si avvantaggia di una comunicazione aperta e di una consapevole mutualità di sentimenti ed è generalmente vista come una positiva esperienza di legame, mentre la limerence può disperdersi una volta che si sia stabilita una reciprocità, ed è caratterizzata da incertezza e ansietà.

Le principali caratteristiche del limerence sono:

  • Pensiero ossessivo e intrusivo sulla persona amata (detto limerent).
  • Timore del rifiuto
  • Speranza nel conquistare prima o poi l’altro
  • Manifestazioni fisiologiche del limerent (stati ansiosi, tachicardia e altro)
  • Intensificazione dell’attaccamento nelle avversità.
  • Attenzione selettiva a qualsiasi azione, pensiero, o circostanza che può essere interpretata favorevolmente come sentimento ricambiato da parte della persona amata.
  • Capacità d’ inventare o trovare spiegazioni logiche favorevoli ad azioni, pensieri e circostanze del tutto neutre in tal senso, della persona amata.

Pensiero ossessivo e intrusivo

Durante il limerence, i pensieri dell’oggetto limerent sono sia persistenti, che involontari che intrusivi. Limerence è in primo luogo un’ossessione che porta anche a vere e proprie fantasie sulla vita con la persona amata una volta conquistata . Inoltre tali fantasie si spingono anche a pensieri estremi quali il salvare la persona amata da una situazione di pericolo di vita o la persona amata che dichiara il proprio amore solo in punto di morte. Tutto questo prende vita particolarmente nei sogni, anche quelli a occhi aperti, che rappresentano una vera e propria fuga dalla realtà.

Timore del rifiuto e Speranza

Nel limerence si vive costantemente colla paura di un atto concreto di rifiuto che non lascia nessuna speranza. Speranza che è sempre presente in questa forma d’attaccamento che è alimentata dall’incertezza. Quest’ultima da una parte aumenta il dolore ma d’altra parte aumenta desiderio e speranza. Come accennato in precedenza, la speranza nel limerence porta a vedere solo i pensieri e le azioni dell’amato che confermano il desiderio di essere ricambiati, tralasciando tutto ciò che non va in tale direzione. Secondo gli studi, il limerence dura circa tre anni in media, ma può anche durare molto di più fino ad arrivare a coprire un’intera vita nei casi più patologici.

Tipologie di relazioni limerent

Abbiamo due tipologie di relazioni limerent:

Legame di Limerent-Nonlimerent: definisce le relazioni in cui uno dei due è limerent. Secondo la Tennov la maggioranza delle relazioni s’inquadra in questa tipologia e durano abbastanza a lungo.

Legame di Limerent-Limerent: definisce le relazioni in cui entrambi sono limerent. Per la Tennov questo tipo di relazione è breve.

La Tennov è del parere che le relazioni Limerent-Nonlimerent sono più forti e sicure se la donna è limerent e l’uomo è nonlimerent, perché l’uomo che è più limerent renderebbe la donna più incline ad abbandonarlo .

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email: cavalierer@iltuopsicologo.it

IL MITO E LA SINDROME DI ECO

Un giorno mentre Narciso era intento a vagare nei boschi e a tendere reti tra gli alberi per catturare i cervi, lo vide la bella Eco che, non potendo rivolgergli la parola, si limitò a rimirare la sua bellezza, estasiata da tanta grazia. Per diverso tempo lo seguì da lontano senza farsi scorgere e Narciso, intento a rincorrere i cervi, nè si accorse di lei nè si accorse che si era allontanato dai compagni e aveva smarrito il sentiero. Iniziò Narciso a chiamare a gran voce, chiedendo aiuto non sapendo dove andare. A quel punto Eco decise di mostrarsi a Narciso rispondendo al suo richiamo di aiuto e si presentò protendendo verso di lui le sue braccia offrendosi teneramente come un dono d’amore e con il cuore traboccante di teneri pensieri.

Ma ancora una volta la reazione di Narciso fu spietata: alla vista di questa ninfa che si offriva a lui fuggi inorridito tanto che la povera Eco avvilita e vergognandosi, scappò via dolente. Si nascose nel folto del bosco e cominciò a vivere in solitudine con un solo pensiero nella mente: la sua passione per Narciso e questo pensiero era ogni giorno sempre più struggente che si dimenticò anche di vivere e il suo corpo deperì rapidamente fino a scomparire e a lasciare di lei solo la voce. Da allora la sua presenza si manifesta solo sotto forma di voce, la voce di Eco, che continua a ripetere le ultime parole che gli sono state rivolte.

Eco rimanda a tante donne innamorate di Narcisi che vivono la loro passione nelle stesse modalità che rimanda il mito di Eco e Narciso:
completa dedizione al partner,
passione non ricambiata,
dolore struggente,
solitudine,
ossessione,
grido ripetitivo del proprio dramma interiore,
annullamento della propria persona,
lenta agonia.

Roberto Cavaliere

COSA NON E’ AMORE ?

non e'amoreNON E’ AMORE 

  1. IL CONTROLLO OSSESSIVO
  2. L’ISOLAMENTO DA TUTTI
  3. ATTRIBUIRTI SEMPRE LA COLPA
  4. UMILIARTI 

DONNE CHE AMANO TROPPO

“Donne che amano Troppo” è un libro scritto, negli anni ’70, dalla Psicologa americana R. Norwood che ha fatto da apripista alla discussione sulle dipendenze affettive. Sul sito si potranno trovare diversi passaggi di questo libro e dei successivi scritti, sempre della Norwood.

I libri della Norwood sono i seguenti:

  • Donne che amano troppo
  • Lettere di donne che amano troppo
  • Un pensiero al giorno
  • Guarire coi perchè

In Italia tutte le opere di questa autrice sono Edite da Feltrinelli

BRANI E FRASI TRATTE DAGLI SCRITTI

 

Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo. Quando nella maggior parte delle nostre conversazioni con le amiche intime parliamo di lui, dei suoi problemi, di quello che pensa, dei suoi sentimenti, stiamo amando troppo.

Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o li consideriamo conseguenze di un’infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo.

Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuosi lui vorrà cambiar per amor nostro, stiamo amando troppo.

Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo.

Amare troppo è calpestare, annullare se stesse per dedicarsi completamente a cambiare un uomo “sbagliato” per noi che ci ossessiona, naturalmente senza riuscirci.

Amare in modo sano è imparare ad accettare e amare prima di tutto se stesse, per poter poi costruire un rapporto gratificante e sereno con un uomo “giusto” per noi.

Donne che amano troppo sono molto responsabili, impegante molto seriamente e con successo ma con poca stima di sé; hanno poco riguardo per la propria integrità personale e riversano tutte le loro energie in tentativi disperati di influenzare e controllare gli altri per farli diventare come loro desiderano.

Hanno un profondo timore dell’abbandono; pensano che è meglio stare con qualcuno che non soddisfi del tutto i loro bisogni ma che non le abbandoni, piuttosto che un’uomo più affettuoso e attraente che potrebbe anche lasciarle per un’altra donna.

Molte donne commettono l’errore di cercare un uomo con cui sviluppare una relazione senza aver sviluppato prima una relazione con se stesse; corrono da un uomo all’altro, alla ricerca di ciò che manca dentro di loro; la ricerca deve cominciare all’interno di sé. Nessuno può amarci abbastanza da renderci felici se non amiamo davvero noi stesse, perchè quando nel nostro vuoto andiamo cercando l’amore, possiamo trovare solo altro vuoto.

Dobbiamo guarire dal bisogno di dare più amore di quanto se ne riceva; guarire dal continuare a estrarre amore dal buco vuoto che c’è dentro di noi.

Finchè continuiamo a comportarci così, cercando di sfuggire a noi stesse e al nostro dolore, non possiamo guarire.Più ci dibattiamo e cerchiamo altre vie di scampo, più peggioriamo , mentre cerchiamo di risolvere la dipendenza con l’ossessione. Alla fine, scopriamo che le nostre soluzioni sono diventate i nostri problemi più gravi. Cercando disperatamente un sollievo e non trovandone alcuno, a volte arriviamo sull’orlo della follia.

Ciò che manifestiamo esternamente è un riflesso di ciò che c’è nel più profondo di noi: ciò che pensiamo del nostro valore, del nostro diritto alla felicità, ciò che crediamo di meritare dalla vita.

Quando cambiano queste convinzioni, cambia anche la nostra vita.

LA VIA DELLA GUARIGIONE

-Andare a cercare aiuto

-Considerate la vostra guarigione una priorità che ha il diritto di precedenza su qualsiasi altra

-Trovate un gruppo di sostegno fatto da vostre pari che vi capiscano

-Sviluppate il vostro lato spirituale con esercizi quotidiani

-Smettete di dirigere e controllare gli altri

-Imparate a non lasciarvi invischiare nei giochi di interazione

-Affrontate coraggiosamente i vostri problemi e le vostre manchevolezze personali

-Coltivate qualsiasi bisogno che debba essere soddisfatto in voi stesse

-Diventate “egoiste”

-Spartite con altre donne quello che avete sperimentato e imparato

-Trovate affermazioni positive da ripetervi più volte nel corso del giornata: hanno il potere di eliminare i pensieri e i sentimenti distruttivi, anche quando la negatività dura da anni.

CARATTERISTICHE DI UNA DONNA GUARITA DALLA MALATTIA DI AMARE TROPPO

-Accetta pienamente se stessa, anche se desidera cambiare qualche aspetto della sua personalità.

Questo amore e rispetto di sé stessa è fondamentale e lei lo alimenta con affetto, e si propone di espanderlo

-Accetta gli altri come sono, senza cercare di cambiarli per soddisfare i suoi bisogni

-E’ consapevole dei suoi sentimenti e del suo atteggiamento verso ogni aspetto della vita, compresa la sessualità

-Ama tutto di se stessa: la sua personalità, il suo aspetto, le sue convinzioni e i suoi valori, il suo corpo, i suoi interessi e i suoi talenti. Valorizza sé stessa invece di cercare di trovare il senso del proprio valore in una relazione

-La sua autostima è abbastanza profonda da consentirle di apprezzare il piacere di stare insieme ad altre persone e preferisce uomini che siano a posto così come sono. Non le necessita che qualcuno abbia bisogno di lei per avere l’impressione di valere qualcosa

-Si permette di essere aperta e fiduciosa con chi lo merita; non ha paura di lasciarsi conoscere a un livello personale profondo, ma non si espone al rischio di essere sfruttata da chi non ha riguardo per il suo benessere

-Si domanda. “Questa relazione va bene per me? Mi consente di sviluppare tutte le mie possibilità e diventare quello che sono capace di essere?”

-Quando una relazione è distruttiva, è capace di lasciarla perdere senza sprofondare nella depressione ha una cerchia di amiche che la sostengono e fanno del loro meglio per vederla uscire da una crisi.

-Apprezza più di ogni altra cosa la propria serenità; tutte le lotte, le tragedie e il caos del passato hanno perso il loro fascino; ha un atteggiamento protettivo verso sé stessa, la sua salute e il suo benessere.

-Sa che una relazione, per poter funzionare, deve essere tra due patner che condividono valori, interessi e fini, e che siano entrambi capaci di intimità.

-Sa anche di essere degna del meglio che la vita può offrirle.

AFORISMI TERAPEUTICI di ROBIN NORWOOD

Siamo in grado di dedicarci da sole amore e attenzioni: non è necessario aspettare, inerti, che arrivi un uomo a dispensarceli.

Cercare di guarire dalla dipendenza relazionale (o da qualsiasi altra forma di dipendenza) senza fede è come camminare in salita, all’indietro, su tacchi a spillo.

Se stiamo realmente guarendo, non telefoniamo certo a un uomo per dirgli che non abbiamo più intenzione di parlargli.

Il nostro compito su questa terra è di crescere, imparare e aprire gli occhi.

Non praticare la propria dipendenza richiede uno sforzo maggiore del semplice ripetere a se stesse di cambiare.

Quando le persone stanno veramente cercando di cambiare, non perdono tempo a parlarne. Sono troppo occupate nel farlo.

Il vero cambiamento richiede una resa che è simile, per certi versi, a una crocifissione.

La vita consiste, dopotutto, nel prendere coscienza e crescere. Rendiamo questi processi più dolorosi perché non li accettiamo di buon grado.

La guarigione ci permette due doni: la qualità della nostra vita migliorerà e saremo davvero d’aiuto.

Recupero significa scegliere solo ciò che favorisce la vostra serenità e il vostro benessere.

Amare se stesse abbastanza da vincere la dipendenza è un prerequisito essenziale per amare un’altra persona.

Il vero recupero avviene quando smettiamo di situare il problema fuori di noi e dentro qualcun altro.

Per superare il rancore, all’altra persona augurate solo il bene e pregate perché lo raggiunga

Quando proviamo invidia, siamo preda dell’errata convinzione che in questo mondo non vi sia bene sufficiente per tutti.

Riceviamo quel che auguriamo agli altri, dunque augurate tutto il bene possibile!

Qualsiasi comportamento tra esseri umani che non sia onesto, aperto e affettuoso, affonda le sue radici nella paura.

Di solito gli uomini temono maggiormente di essere soffocati dalla partner, mentre le donne hanno più paura di essere abbandonate.

Quando le nostre ferite non sono ancora rimarginate, tendiamo ad essere pericolose.

Uomini e donne con problemi relazionali tirano su figli e figlie destinati a soffrire allo stesso modo.

L’amore per una persona ha in sé la stabilità emotiva non il disordine.

La capacità di amare un’altra persona sboccia da un cuore pieno, non da uno vuoto.

Ogni giorno, guardatevi allo specchio, dite il vostro nome e aggiungete: “Ti voglio bene e ti accetto esattamente per quello che sei”.

Se qualcosa non va bene per noi, in realtà non va bene per nessun altro.

Se davvero siete sulla via del recupero dell’amare troppo, sappiate di essere un miracolo.

Dovete considerare l’eventualità che, una volta smesso di amare troppo, la vostra relazione possa finire.

E’ attraverso il perdono che impariamo la lezione per la quale la nostra anima ha scelto questa esistenza.

La dipendenza relazionale è il tipo di dipendenza che viene maggiormente idealizzato.

Noi tutte tendiamo a rimuovere ciò che è troppo doloroso da accettare o troppo spaventoso da immaginare.

Se tutto ciò che abbiamo fatto sinora avesse davvero funzionato, non avremmo bisogno di guarire.

Il dolore è il più saggio dei consiglieri che bussa alla nostra porta.

Alcuni rapporti caratterizzati da forte dipendenza sono tra persone dello stesso sesso.

Una delle caratteristiche primarie dell’amare troppo è un’assoluta dipendenza, spesso mascherata da forza apparente.

Imparate a vivere evitando di concentrarvi su un uomo come la fonte o la soluzione di tutti i vostri problemi.

Per molte di noi la chiave della guarigione sta nell’imparare a fare esattamente il contrario di ciò che abbiamo sempre fatto.

Quando rinunciamo a fare la nostra parte di battaglia, la battaglia è perduta.

Non fate minacce che non siete in grado di mettere in pratica; anzi, meglio non farne affatto.

norwood

 

30 INDIZI PER RICONOSCERE CHI E’ ‘TOSSICO’ IN AMORE

Il meccanismo che attuano personalità narcisitiche o manipolatrici è ciclico e sempre uguale: prima c’è l’idealizzazione, poi si viene messi in discussione con la sottile arma della svalutazione e infine si viene scartati, ovvero abbandonati. Non hanno sensi di colpa, non provano rimorso e soprattutto non cambieranno mai. Dunque, chi gli/le sta accanto non può sperare di salvare la relazione, ma solo di uscirne e proteggersi.

Individuarli non è facile quando si è dentro la storia, ma ci si può liberare da questo tipo di relazioni malsane e patologiche. Una guida efficace per uscire da queste forme di dipendenze affettive è il best seller “Questo amore fa male. Come salvarsi dalle relazioni distruttive e tornare a vivere” di Jackson MacKenzie, Giunti Editore (14,50 euro). Il primo passo da fare è riconoscerli: ecco 30 segnali tratti dal libro, che vi permettono di capire se avete dato il vostro cuore a un individuo “tossico”.

1. Il gaslighting (una forma di violenza psicologica nella quale si presentano alla vittima false informazioni per indurla a dubitare della propria memoria e percezione) e il crazy-making (il ricorso a giochetti psicologici per confondere e destabilizzare la vittima, indebolendola sempre di più). L’individuo tossico ha la faccia tosta di negare il proprio comportamento manipolatore e di ignorare le prove anche quando le ha sotto il naso. Se tentate di smentire le sue menzogne con i fatti, vi critica e non vi prende in considerazione. Anziché esaminare le proprie condotte riprovevoli, incolpa voi accusandovi di essere pazzi e ipersensibili.

2. Non riesce a mettersi nei vostri panni o, se è per questo, in quelli di nessun altro. Tentate disperatamente di spiegargli come si sentirebbe se lo trattaste nello stesso modo, e si limita a fissarvi con sguardo vacuo. A poco a poco smettete di manifestargli i vostri sentimenti perché di solito reagisce con il silenzio o l’irritazione.

3. Ipocrisia all’ennesima potenza. “Fa’ quello che dico, non fare quello che faccio”. Questi soggetti hanno enormi pretese di fedeltà, rispetto e adorazione, ma dopo la fase di idealizzazione non ricambiano questi sentimenti, e prendono a tradire, mentire, criticare e manipolare. Voi invece dovete continuare a essere perfetti, altrimenti verrete giudicati instabili e rimpiazzati in men che non si dica.

4. Menzogne e giustificazioni patologiche. C’è sempre una giustificazione per ogni cosa, anche per quelle che non avrebbero bisogno di essere giustificate. Il soggetto tossico inventa bugie più rapidamente di quanto voi riusciate a mettere in dubbio le sue parole. Dà sempre la colpa agli altri, senza mai assumersi alcuna responsabilità. Dedica più tempo a razionalizzare il proprio comportamento che a correggerlo. Non mostra un briciolo di rimorso o imbarazzo nemmeno quando viene sbugiardato. Spesso sembra quasi che voglia essere colto in flagrante.

5. Lo psicopatico si sofferma sui vostri errori e ignora i propri. Se arriva in ritardo di due ore, non dimenticate che l’avete fatto aspettare cinque minuti al primo appuntamento. Se sottolineate il suo comportamento sbagliato, non esita a rinfacciarvi i vostri sbagli, per quanto lievi. Potreste sviluppare una tendenza al perfezionismo, consapevoli che il minimo errore verrà usato contro di voi.

6. Vi ritrovate a spiegare i fondamenti del rispetto umano a un uomo o a una donna adulti. Le persone normali capiscono concetti basilari come la sincerità e la gentilezza. Gli psicopatici appaiono spesso infantili e innocenti, ma non lasciatevi ingannare da questa maschera. Non dovrebbe essere necessario spiegare a un adulto gli effetti delle sue azioni sullo stato d’animo altrui.

7. Egoismo e una divorante sete di attenzione. Il soggetto tossico vi prosciuga le energie e vi rovina la vita. La sua fame di adorazione è insaziabile. In un primo momento vi illudete di essere gli unici in grado di renderlo felice, ma poi avete la sensazione che chiunque possa svolgere questo ruolo. La verità, tuttavia, è che nessuno riesce a riempire il vuoto nell’anima dello psicopatico.

8. Vi accusa di provare emozioni che ha provocato a bella posta. Vi definisce gelosi dopo aver flirtato sfacciatamente con l’ex, spesso sui social network, sotto gli occhi di tutti. Vi giudica asfissianti dopo avervi ignorato volutamente per giorni di fila. Usa le vostre reazioni costruite ad arte per ottenere la comprensione di altre vittime, cercando di dimostrare che siete diventati “isterici”. Con molta probabilità, un tempo vi consideravate persone molto accomodanti, ma l’incontro con lo psicopatico vi fa cambiare (temporaneamente) idea su voi stessi.

9. Vi ritrovate a fare i detective. Durante le relazioni precedenti non vi è mai successo, ma d’un tratto iniziate a indagare sulla persona in cui prima avevate cieca fiducia. Se ha una pagina Facebook, esaminate i post e gli album degli anni passati. Poi fate lo stesso con i suoi ex. Cercate risposte a una sensazione che non sapete come spiegare.

10. Siete gli unici a vedere la sua vera natura. Qualunque cosa faccia, sembra sempre che abbia un fan club pronto ad acclamarlo. Lo psicopatico sfrutta queste persone per ottenere soldi, risorse e attenzione, ma loro non se ne accorgono perché li distrae strategicamente con elogi vuoti. Le sue amicizie superficiali durano molto più a lungo delle sue relazioni.

11. Temete che ogni litigio possa essere l’ultimo. Le coppie normali discutono per risolvere i problemi, ma lo psicopatico ci tiene a precisare che le conversazioni negative mettono in pericolo la relazione, soprattutto se riguardano il suo comportamento. Il più delle volte i vostri tentativi di migliorare la comunicazione verranno puniti con il silenzio. Vi affrettate a chiedere scusa e a perdonare per evitare che il partner perda interesse nei vostri confronti.

12. L’individuo tossico erode pian piano i vostri limiti. Vi critica con atteggiamento beffardo e condiscendente. Fa un sorrisetto di scherno quando cercate di esprimervi. Le frecciatine diventano il principale strumento di comunicazione all’interno del rapporto. Lo psicopatico sminuisce ingegnosamente la vostra intelligenza e le vostre capacità. Se protestate, vi definisce ipersensibili e squilibrati. Forse cominciate a sentirvi turbati e rancorosi, ma imparate a reprimere questi sentimenti per il quieto vivere.

13. Il soggetto tossico vi nega qualunque attenzione e sgretola la vostra autostima. Dopo avervi riempiti di premure e complimenti, di punto in bianco sembra annoiarsi. Si chiude nel silenzio e si irrita quando vi mostrate interessati a continuare la relazione appassionata che lui o lei ha voluto creare. Iniziate a sentirvi di peso.

14. Pretende che gli leggiate nel pensiero. Non si fa vivo per diversi giorni, ma è colpa vostra se non siete al corrente dei progetti di cui non vi ha mai informati. Come se non bastasse, trova sempre una giustificazione che gli permette di calarsi nel ruolo della vittima. Prende decisioni importanti sulla relazione e le comunica a tutti tranne che a voi.

15. In sua presenza siete sempre tesi come corde di violino, ma volete piacergli a ogni costo. Perdonate quasi tutti i suoi comportamenti riprovevoli giudicandoli accidentali o trascurabili, perché siete costantemente in competizione con altri per la sua attenzione e i suoi elogi. Quando vi allontanate, non fa una piega, passando con disinvoltura alla successiva fonte di energia.

16. Un’incredibile quantità di “svitati” nel suo passato. Probabilmente un ex o un amico che non è tornato dallo psicopatico strisciando verrà etichettato come geloso, bipolare, alcolista o con altri epiteti ingiuriosi. Non illudetevi: il soggetto tossico parlerà di voi nello stesso modo con la preda successiva.

17. Scatena gelosie e rivalità nascondendosi dietro una maschera di candore. All’inizio concentra tutte le sue attenzioni su di voi, ma poi vi sconcerta facendo marcia indietro e dedicandosi ad altre persone. I suoi atteggiamenti vi spingono a dubitare costantemente del suo amore. Se usa i social network, stuzzica gli ex – prima tanto criticati – con vecchie canzoni, fotografie e battute private. Osserva le attività informatiche della “concorrenza” e ignora le vostre.

18. Idealizzazione, love-bombing (manifestazione deliberata di affetto e di attenzione, esercitata da un individuo per ottenere un’influenza sulla vittima) e lusinghe. Lo psicopatico comincia a bruciare le tappe non appena vi conoscete. Elenca le cose che avete in comune e vi ripete che siete la sua anima gemella. Come un camaleonte, copia i vostri sogni, speranze e insicurezze per instaurare subito un legame basato sulla fiducia e sull’entusiasmo. Vi cerca sempre per primo e sembra affascinato da ogni vostra sfaccettatura. Se avete una pagina Facebook, la riempie di poesie, canzoni, complimenti e battute intime.

19. Vi mette a confronto con ogni altra persona della sua vita: ex, amici, familiari e futuri sostituti. Nella fase di idealizzazione vi fa sentire speciali dicendo che siete di gran lunga migliori. Nello stadio della svalutazione, invece, usa i paragoni per scatenare gelosia e senso di inferiorità.

20. Le qualità che all’inizio ammirava in voi diventano all’improvviso difetti macroscopici. In un primo momento lo psicopatico sfrutta le vostre vanità e vulnerabilità più profonde, osservandovi e riproducendo esattamente ciò che crede vogliate sentirvi dire, ma dopo avervi presi all’amo comincia a usarle contro di voi. Così vi ritrovate sempre più spesso a cercare di dimostrarvi all’altezza di una persona che prima vi considerava perfetti.

21. La maschera si incrina. Ci sono brevi momenti in cui l’individuo tenero, candido e affascinante viene sostituito da una persona completamente diversa. Vedete un lato che non era mai emerso durante la fase di idealizzazione, ed è una sfaccettatura fredda, irriverente e manipolatrice. Notate qualcosa che non va nella sua personalità. Sembra che l’uomo o la donna di cui vi siete innamorati non esista più.

22. Si annoia facilmente. Lo psicopatico si circonda sempre di persone pronte a stimolarlo ed elogiarlo in ogni istante. Non sopporta di restare solo per lunghi periodi. Perde quasi subito l’interesse per qualunque cosa non lo affascini o non lo entusiasmi.

23. La triangolazione. Il soggetto tossico si attornia di ex, potenziali partner e chiunque altro gli dia attenzioni, comprese le persone che in passato ha criticato e giudicato inferiori a voi. Questo comportamento serve a generare confusione e a dare l’impressione che lo psicopatico sia sempre molto richiesto.

24. Maltrattamenti occulti. Fin da bambini impariamo a riconoscere le violenze fisiche e gli insulti espliciti, ma nel caso dello psicopatico gli abusi non sono così ovvi. Probabilmente vi accorgerete di essere stati maltrattati solo molto tempo dopo la fine della relazione. Attraverso l’idealizzazione personalizzata e la svalutazione subdola, l’individuo tossico erode l’identità di qualunque vittima. Da fuori sembra che voi siate usciti di senno mentre lo psicopatico si allontana con calma, totalmente incolume.

25. Il gioco della pietà e le storie patetiche. Le condotte scorrette di questo individuo affondano sempre le radici in un episodio strappalacrime. Il soggetto tossico sostiene di comportarsi così per colpa dei maltrattamenti ricevuti da un ex, da un genitore o addirittura da un gatto. Dice di aver sempre desiderato solo la serenità e la tranquillità e di odiare le scenate, quando invece la sua vita è più litigiosa di quella di chiunque altro conosciate.

26. Il ciclo agrodolce. A volte lo psicopatico vi riempie di attenzioni, altre vi ignora, altre ancora vi critica. In pubblico vi tratta diversamente da come fa in privato. Un giorno parla di matrimonio e il successivo vi molla senza tante cerimonie. Non sapete mai cosa prova per voi.

27. Questa persona diventa il centro della vostra vita. Passate sempre più tempo con il partner e i suoi amici, e sempre meno con i vostri. È il fulcro dei vostri pensieri e dei vostri discorsi. Vi isolate da tutti per garantirgli la massima disponibilità. Annullate ogni impegno e aspettate con impazienza le sue chiamate. Per qualche ragione, il rapporto sembra richiedere molti sacrifici da parte vostra, ma pochissimi da parte sua.

28. Arroganza. Nonostante l’immagine umile e dolce con cui lo psicopatico si presenta all’inizio, poi notate un’inconfondibile aria di superiorità. Vi tratta con sufficienza come se foste stupidi o emotivamente instabili. Dopo la rottura non si fa scrupolo a ostentare le nuove conquiste, assicurandosi che vediate quanto è felice senza di voi.

29. Pettegolezzi velenosi e mutevoli. Lo psicopatico pianta il seme della malignità sparlando di tutti, idealizzandoli in loro presenza e poi dicendone peste e corna non appena voltano le spalle. Vi ritrovate a provare antipatia o rancore per persone che non conoscete nemmeno. Per qualche ragione potreste addirittura sentirvi speciali perché il soggetto tossico ha deciso di lamentarsi con voi. Una volta che la relazione si guasta, tuttavia, correrà a gambe levate da coloro che ha insultato fino al giorno prima, riferendo che siete squilibrati.

30. I vostri sentimenti. L’amore e la compassione si trasformano in panico e ansia opprimenti. Chiedete scusa e piangete più di quanto abbiate mai fatto in vita vostra. Dormite male e vi svegliate ogni mattina con un senso di angoscia e disorientamento. Non avete idea di cosa ne sia stato della vostra indole rilassata, comprensiva e vivace. Dopo l’incontro con lo psicopatico vi sentite esausti, prosciugati, svuotati e sotto shock. Demolite la vostra esistenza sperperando soldi, interrompendole amicizie e cercando le ragioni dell’accaduto.